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ASSOCIAZIONE 19.06.2024 |
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Un maxi
cuore di cinque metri
L'omaggio
ai 39 morti di Heysel
Il
progetto di due associazioni di famigliari
per ricordare i tifosi della Juve rimasti
uccisi nel 1985. L'assessore regionale
Marrone: "Spero che inizino al più presto i
lavori per gli angeli bianconeri". Sulla
scultura di ferro comparirà la scritta "Per
non dimenticare".
100.000 La somma in
euro stanziata dalla Regione. E’ destinata
al Comune per la creazione e la manutenzione
del monumento. 39 Le vittime tra i tifosi
allo stadio Heysel di Bruxelles nel 1985.
Alcuni rimasero schiacciati dal crollo di un
muro.
IL CASO - Un
grande cuore in ferro, delle dimensioni di 5
metri per 4, su cui è inciso il messaggio
"Heysel, + 39, per non dimenticare". E’
questo Il progetto per realizzare un
monumento dedicato appunto alle 39 vittime
della strage dell'Heysel, lo stadio belga di
Bruxelles dove morì un gruppo di tifosi
bianconeri poco prima della finale della
Coppa dei Campioni disputata fra Juventus e
Liverpool, il 29 maggio del 1985. Poche
settimane dopo l'anniversario della
tragedia, è l'iniziativa che vogliono
mettere in campo i promotori
dell'Associazione familiari Vittime
dell'Heysel e dell'associazione Quelli
di...via Filadelfia. Il primo passo per
rendere possibile la nascita del monumento
era stato fatto nello scorso mese di
novembre, quando fu creato un apposito
capitolo all'interno del bilancio regionale
da 100 mila euro, da stanziare a favore
della Città per la realizzazione e la
successiva manutenzione dell'opera. Nei mesi
passati furono avviate anche le
interlocuzioni fra il Comune e i promotori
dell'iniziativa: il luogo dove allestire il
monumento con tutta probabilità dovrà essere
la piazzetta già dedicata alle "Vittime
dello stadio di Heysel", che si trova a
pochi passi da strada del Fortino sul
territorio del quartiere di Barriera di
Milano, nella periferia nord. "Con
l’amministrazione abbiamo avviato un dialogo
già dallo scorso mese di dicembre, speriamo
di poter giungere in tempi rapidi alla
definizione di tutti gli aspetti tecnici e
urbanistici del caso, in modo da poter
cominciare quest'anno i lavori e celebrare
il prossimo anniversario all'ombra del nuovo
monumento dedicato alle Vittime dell'Heysel
- spiegano Beppe Franzo dell'Associazione
Quelli di... Via Filadelfia e Fabrizio
Landini dell'Associazione familiari Vittime
dell'Heysel. La piazzetta, che è già stata
intitolata alla tragedia di Bruxelles,
potrebbe diventare in prospettiva anche un
vero e proprio cuore pulsante in memoria di
quanto accaduto, consentendo di ospitare
all'interno di un contesto riqualificato un
programma di iniziative istituzionali e
sportive". Un auspicio che viene espresso
anche dall'assessore regionale Maurizio
Marrone, che alla fine del 2023 aveva
seguito l'iter per garantire le risorse
necessarie all'opera: sarà significativo che
Torino, con le risorse messe a disposizione
dalla Regione Piemonte, sia finalmente
vicina a concretizzare un segno tangibile e
perenne del ricordo dei 39 angeli bianconeri
dice. Per questo motivo spero che al più
presto possano iniziare i lavori".
(D. MOL.)
Fonte: La Stampa © 19
giugno 2024
Tweet:
Associazionefamiliarivittimeheysel.it ©
Fotografia: La Stampa ©
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OTELLO
LORENTINI (1924 - 2014)
di Francesco Caremani
Fondatore dell'Associazione tra le
famiglie delle vittime di Bruxelles, si è
battuto per chiedere giustizia per i morti
dell'Heysel.
Otello è morto l’11 maggio 2014, di maggio,
come Roberto, il suo unico figlio deceduto
nella strage dell’Heysel il 29 maggio 1985.
Era un giovane e bravo medico di Arezzo,
Roberto, tifoso della Juventus, era stato a
Basilea nell’84 (quando contro il Porto i
bianconeri conquistarono la Coppa delle
Coppe) e a Bruxelles ci andò, come sempre,
col padre e i due cugini, Andrea e Giovanni.
Un viaggio che doveva essere una festa, la
finale del secolo (come fu ribattezzata
allora) contro il Liverpool che si trasformò
nella tragedia del secolo e nella definitiva
perdita dell’innocenza del calcio mondiale.
Roberto era salvo, nonostante la calca e le
cariche degli hooligan del Liverpool, ma si
lanciò in mezzo all’inferno per tentare di
salvare un connazionale (molto probabilmente
Andrea Casula, 11 anni, la vittima più
piccola) con la respirazione bocca a bocca,
gesto che gli è stato fatale e oggi lo
ricorda una medaglia d’argento al valor
civile appesa nel salotto di via Giordano
Bruno 51.
Otello Lorentini non poteva accettare di
avere perso l’unico figlio (assunto
dall’ospedale di Arezzo con lettera datata
29 maggio 1985) per una partita di calcio,
così, su consiglio di un avvocato, fondò
l’Associazione tra le famiglie delle vittime
di Bruxelles per portare davanti a un
giudice i responsabili della strage che ha
cambiato per sempre il football. Un processo
lungo, difficile, condotto in solitudine,
quella solitudine che è durata decenni e che
in parte dura ancora, perché ricordare
l’Heysel dà fastidio a tanti, ricordare
quello che è accaduto, le colpe, i
comportamenti durante e dopo, soprattutto
dopo, non è cool, in particolare oggi dove
imperversa il gossip e il patinato, dove si
scrive e si parla sempre meno di calcio.
Molti, nel tempo, hanno conosciuto l’Otello
pubblico, ruolo al quale non si è mai
sottratto, ma pochissimi conoscono l’Otello
privato.
Otello è nato a Laterina, Valdarno aretino,
il 6 settembre del 1924, e aveva due
fratelli, morti entrambi giovani, negli anni
Ottanta, uno abitava a Firenze l’altro a
Roma, dopo essere stato Ammiraglio della
Marina Militare italiana.
Si è diplomato alla scuola professionale e
presto è entrato a lavorare nelle ferrovie,
per molti anni a Firenze, come responsabile
delle squadre che si occupavano della
manutenzione dei binari, poi, prima della
pensione, ad Arezzo. E fu proprio Roberto a
chiedergli di lasciare il lavoro per
occuparsi dei nipoti, Andrea e Stefano, così
lui avrebbe potuto concentrarsi sul lavoro
in ospedale e Arianna terminare gli studi di
Medicina. Nel 1978, intanto, era stato
nominato cavaliere del lavoro.
Liliana, invece, era di Arezzo, nata tra
Ceciliano e la Chiassa Superiore, si sono
sposati all’inizio degli anni Cinquanta e il
4 aprile del 1954 nacque Roberto, il loro
unico figlio. Sono riusciti a festeggiare le
nozze d’oro, ma in maniera molto sobria,
come era nel loro stile e anche perché dopo
la tragedia di Bruxelles Liliana aveva
cancellato le feste dal suo personale
calendario.
Appassionato cacciatore, si recava spesso in
Maremma dove aveva tanti ex colleghi, oltre
al gruppo di San Leo al quale nel tempo si è
aggregato, amici suoi e di Roberto. Otello
amava anche il calcio, tifoso della
Fiorentina, nella città di Dante ha vissuto
gli anni più belli di quella squadra e visto
giocare Julinho, Montuori, Hamrin e più
tardi ancora Antognoni. Ad Arezzo negli anni
Settanta è stato uno dei dirigenti
dell’Atala, società di calcio dilettante,
fondata tra gli altri da Franco Galantini,
più tardi dirigente FIGC e responsabile
delle rappresentative, con quella Juniores
nel 2000 ha vinto la Coppa Toscana. Non ha
mai lasciato il calcio, nemmeno dopo avere
perso Roberto all’Heysel, e crescendo i
nipoti come un secondo padre li ha sempre
accompagnati nel loro percorso sportivo, per
entrambi nel Santa Firmina. Stefano a
tredici anni fece un provino per il Parma,
accompagnato proprio da Otello e dalla madre
Arianna, ma il ragazzo decise che voleva
rimanere ad Arezzo e non lasciare gli
affetti più cari.
Ed è per amore del calcio e del figlio che,
lui tifoso della Fiorentina, decide di
accompagnare Roberto e i due nipoti, Andrea
e Giovanni Stazio, tutti e tre tifosi della
Juventus, a vedere prima la finale di
Basilea, nel 1984, e l’anno successivo
quella di Coppa dei Campioni contro il
Liverpool. Era un modo per stare insieme,
viaggiare e divertirsi e mai avrebbe pensato
di tornare da Bruxelles con il suo unico
figlio chiuso dentro una bara, per una
partita di calcio.
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"Ci ha insegnato l’educazione e uno stile",
ricorda il nipote Andrea, che ne ha raccolto
il testimone della memoria rifondando nel
2015 l’Associazione fra i familiari delle
vittime dell’Heysel. "Era molto distinto e
preciso, non andava mai fuori dalle righe e
sapeva sempre come comportarsi, anche quando
doveva esprimere un concetto forte. Non l’ho
mai visto perdere le staffe o abbandonarsi
ad atteggiamenti scomposti e volgari. Ci ha
insegnato il rispetto per gli altri e ci ha
fatto crescere come persone razionali ed
equilibrate. Soleva dire: "I Lorentini hanno
sempre la strada in salita, l’importante è
non mollare mai, se non molli alla fine le
situazioni si risolvono, mai demoralizzarsi
di fronte alle prime difficoltà", una
descrizione perfetta se riletta col senno di
poi, nella battaglia per avere giustizia
prima e memoria dopo.
Negli anni successivi alla strage
dell’Heysel ha fondato il Comitato Roberto
Lorentini – Giuseppina Conti, attraverso il
quale ha organizzato tornei sportivi, ma
soprattutto convegni, tavole rotonde e
incontri nelle scuole parlando di fair play,
perché le persone non dimenticassero quello
che era accaduto a Bruxelles il 29 maggio
1985 e, soprattutto, perché la memoria
diventasse un seme e non un feticcio. Dalla
fine degli anni Novanta, poi, la società
Santa Firmina ha dato vita al Memorial
Lorentini, in onore di Roberto.
Il 29 maggio 1985 allo stadio Heysel di
Bruxelles, prima della finale di Coppa dei
Campioni Juventus-Liverpool, sono morte 39
persone. Muoiono nel settore Z, schiacciate
e soffocate dalla calca, sotto i colpi degli
hooligan inglesi instupiditi dall’alcool,
con la connivenza decisiva delle autorità
belghe, della polizia locale e dell’UEFA,
incapaci di prevedere e d’intervenire.
C’è stata giustizia ? Come ha sempre detto
Daniel Vedovatto, l’avvocato italo belga dei
familiari italiani, in quelle condizioni e
con il diritto che all’epoca vigeva in
Belgio è stato ottenuto il massimo: condanna
dell’UEFA, di un capitano di polizia, dei
pochi hooligan rintracciati e risarcimenti,
che nessuno ha mai chiesto.
Forse qualcuno s’è perso, ma la condanna
dell'UEFA, resa corresponsabile delle
manifestazioni che organizzava e che
organizza, è storica, ha fatto
giurisprudenza e ha cambiato per sempre il
football europeo, soprattutto le coppe,
esigendo severi requisiti di sicurezza per
gli stadi delle finali e non solo. Se non ce
ne siamo accorti è perché ce ne siamo
dimenticati, trentacinque anni sono una
vita, un vuoto incolmabile e recuperare
terreno è quasi impossibile. Resta, però, la
forza di Otello Lorentini che ha guidato i
familiari delle vittime italiane contro i
migliori avvocati d’Europa, la forza che
l’ha spinto a citare direttamente l’UEFA nel
processo, dopo che in primo grado erano
stati tutti assolti, restano i volti, le
immagini, i ricordi, i sogni, i sorrisi e il
terrore di 39 persone che sono morte dentro
uno stadio per vedere una partita di calcio.
Quando si parla di Heysel, di giustizia, di
memoria per quella strage non dobbiamo mai
dimenticare che Otello Lorentini c’è stato
prima di tutti, quando tutti non c’erano. E
senza di lui, per quei 39 morti, per le
famiglie delle 32 vittime italiane, non ci
sarebbe stata né giustizia né, tantomeno,
memoria. Questo è stato.
Fonte:
It.gariwo.net © Francesco Caremani © maggio 2024
Video: Teletruria © Associazionefamiliarivittimeheysel.it
©
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L'albero
per Otello Lorentini nella foresta dei
giusti
Giornata intensa che si è aperta con il
Giardino dei Giusti-Artigiani di Pace,
inaugurato lo scorso anno in collaborazione
con Gariwo la foresta dei Giusti, dove sono
stati piantati tre nuovi alberi, uno dei
quali dedicato a Otello Lorentini, che con
la sua determinazione portò in tribunale i
responsabili della strage dell’Heysel
(Bruxelles) dove il 29 maggio del 1985,
perse il figlio Roberto nel prepartita della
finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e
Liverpool. Da allora e fino alla sua
scomparsa, avvenuta l'11 maggio del 2014, ha
sempre cercato giustizia e mai vendetta.
"Per la famiglia Lorentini è motivo di
grande orgoglio il fatto che mio nonno
Otello sia stato inserito nel Giardino dei
Giusti a Rondine - ha detto Andrea Lorentini
- E’ stato un uomo che ha mostrato grande
coraggio e determinazione nel momento in cui
ha scelto di fondare l’Associazione tra i
familiari delle vittime di l’Heysel dopo la
strage nella quale persero la vita 39
persone tra le quali il figlio Roberto. Ha
guidato le famiglie delle vittime italiane
nel processo che ne è seguito riuscendo a
far condannare la Uefa in una sentenza che
ha fatto giurisprudenza e che ha portato a
migliorare i criteri di sicurezza negli
stadi. Otello per anni si è impegnato contro
la violenza nello sport cercando di
spiegarne i veri valori, a partire dal
rispetto e dal fairplay per far sì che la
memoria di quella strage fosse un seme e non
un feticcio. Ha avuto la capacità di
trasformare il dolore per la perdita di un
figlio in uno strumento di pace".
Fonte:
Arezzonotizie.it
© 1 giugno 2024
Tweet: Associazionefamiliarivittimeheysel.it
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Video: Teletruria
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"Dentro l’Heysel" un
podcast di Emilio Targia
Pubblicato online in
quattro puntate su Spotify,
Apple Podcast, Amazon Music,
Spreaker e Google Podcast con
ascolto gratuito il racconto
della strage allo stadio di
Bruxelles datata 29 maggio 1985.
IL SOGNO (Prima Puntata) -
Juventus-Liverpool, la finale
perfetta. Il sogno che diventa
realtà. La qualificazione,
l’emozione, la caccia al
biglietto, gli articoli dei
giornali, la clessidra
dell’attesa e qualche presagio.
IL VIAGGIO (Seconda
Puntata) - Il
treno per Bruxelles, i dialetti
che si intrecciano, le speranze
condivise. I canti dei tifosi
italiani in centro città, le
birre degli inglesi. Le bandiere
bianconere e gli sguardi degli
hooligans. L’arrivo allo stadio,
l’interminabile fila, i gendarmi
a cavallo.
LO STADIO (Terza
Puntata) - Dentro
l’Heysel. La gioia. I cori e i
colori. La partita dei bambini.
Gli hooligans che invadono il
Settore Z. Il sogno che diventa
incubo. Lo smarrimento,
l’angoscia, la paura. Le urla e
i silenzi. Gli elicotteri,
l’esercito, la rabbia.
Paralizzati dentro a una bolla.
Emanuele di Napoli. Il pallone
di Andrea.
IL RITORNO (Quarta
Puntata) - Il
giorno dopo. Il risveglio. Il
dolore. Il ritorno all’Heysel.
Camminare su una Sindone di
cemento marcio. Gli oggetti che
ti fissano. Un mazzo di fiori.
Sul treno del ritorno. Le parole
dei sopravvissuti. Riavvolgere
il nastro. Sciogliere un pianto.
Senza memoria saremmo luci
spente.
Realizzazione di Mondadori
Studios a cura di Miriam
Spinnato, Elena Marinelli,
Danilo Di Termini. Progetto
grafico di Francesco Poroli.
Musiche originali di Gianluca
Casadei. Montaggio di Danilo Di
Termini e Andrea Dolcino. Post
produzione Indiehub Studio.
"Abbiamo provato a raccontare
quel che è difficile raccontare"
dichiara l’autore Emilio Targia,
giornalista e scrittore,
all’epoca giovane testimone
oculare della tragedia.
Fonte: Saladellamemoriaheysel.it
© Emilio Targia
© 20 maggio 2024
(Testo ©
Fotografie)
Audio: Mondadori Studios ©
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L'omaggio della
cittadella della Pace
Lorentini e
l’impegno per le vittime dell’Heysel
Otello nel
Giardino dei Giusti di Rondine
Otello Lorentini, padre di una
vittima dell'Heysel, sarà inserito nel
Giardino dei Giusti a Rondine per il suo
impegno nella ricerca di giustizia. La sua
memoria vive attraverso l'Associazione che
promuove il rispetto e il fair play.
AREZZO -
Fondatore dell’Associazione tra i familiari
delle vittime di Bruxelles, si era battuto
per chiedere giustizia per i morti
dell’Heysel. Dieci anni fa è morto Otello
Lorentini, padre di Roberto una
delle vittime della strage dell’Heysel del
29 maggio 1985. Ora sarà inserito nel
Giardino dei Giusti - Artigiani di Pace di Gariwo, la foresta dei Giusti a Rondine
Cittadella della Pace, il prossimo sabato 1°
giugno all’interno di YouTopic. Doveva
essere la finale del secolo, la coppa dei
campioni Juventus contro il Liverpool, ma si
trasformò in una tragedia. Nel settore Z,
muoiono, schiacciate e soffocate dalla
calca, 39 persone sotto i colpi degli
hooligan inglesi. Roberto, nonostante la
calca e le cariche degli hooligan del
Liverpool, era salvo. Ma si lanciò in mezzo
all’inferno per tentare di salvare un
bambino con la respirazione bocca a bocca.
Quel gesto gli è stato fatale e oggi lo
ricorda una medaglia d’argento al valor
civile. Otello non ha mai potuto accettare
di avere perso l’unico figlio per una
partita di calcio, così fondò l’Associazione
tra i familiari delle vittime dell’Heysel
per portare davanti a un giudice i
responsabili della strage. "Ci ha insegnato
l’educazione e uno stile", ricorda il nipote
Andrea, giornalista de La Nazione che ne ha
raccolto il testimone della memoria
rifondando nel 2015 l’Associazione fra i
familiari delle vittime dell’Heysel per
diffondere la cultura del rispetto e del
fair play nelle nuove generazioni. "Non
andava mai fuori dalle righe e sapeva sempre
come comportarsi, anche quando doveva
esprimere un concetto forte. Ci ha insegnato
il rispetto per gli altri e ci ha fatto
crescere come persone razionali ed
equilibrate".
Fonte: La Nazione.it © 16
maggio 2024
Video:
Teletruria ©
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