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STAMPA e WEB 2015
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ARTICOLI STAMPA e WEB ASSOCIAZIONE 2015  
 

Nel nome del padre

di Andrea Lorentini

All’Heysel ho perso mio padre Roberto, medico di 31 anni. Avrebbe potuto salvarsi, anzi si era già salvato, se non fosse tornato indietro per soccorrere un bimbo ferito. E la seconda carica degli hooligans gli fu fatale. Per questo è stato insignito della medaglia d’argento al valor civile. Mio nonno Otello, padre di Roberto, alla battaglia contro la violenza negli stadi e nello sport in generale ha dedicato gli ultimi 30 anni della sua vita. Ha fondato l'associazione dei parenti delle vittime ed ha affrontato un processo lungo 7 anni. Nel 1990, ottenne la condanna dell'Uefa per quanto era successo la notte dell'Heysel, quando disorganizzazione, superficialità ed errori avevano contribuito alla strage di 39 innocenti. Una sentenza, storica, che ha fatto giurisprudenza. Poi altre battaglie, altre dichiarazioni, altri impegni perché il calcio diventasse finalmente un mondo sicuro. Non è ancora così, ma Otello Lorentini lascia comunque un'eredità di impegno civile che non è stata inutile. Dopo la sua scomparsa, lo scorso 11 maggio, e nell’avvicinarsi del trentennale, ho deciso di raccogliere il testimone perché questo percorso non si arrestasse definitivamente, ma proseguisse sulla strada da lui tracciata.

Da qui l’idea di ricostituire l’associazione fra i familiari delle vittime. Alla mia proposta hanno risposto un buon numero di familiari. L’auspicio è che altri possano condividere questa esperienza più avanti. L’associazione, ovviamente, rappresenterà tutte le vittime dell’Heysel. Anche quelle famiglie che hanno ritenuto di non intraprendere questo percorso. L’Associazione avrà lo scopo di difendere in ogni dove, anche dal punto di vista civile e penale se necessario, la memoria dell’Heysel e di chi quel giorno vi perse la vita, oltre che battersi contro la violenza, fisica e verbale, nel calcio così come negli altri sport. Una memoria ancora oggi troppo spesso calpestata. Basti pensare a cori e striscioni che si sentono e vedono in alcuni stadi, frutto dell’ignoranza e dell’idea che non ci sono avversari, ma solo nemici. Chi oggi ha trent'anni non sa cos'è successo all'Heysel, non sa che sono morti degli innocenti, che in quella curva Z c’erano le famiglie, tifosi del calcio. Più passa il tempo e meno occasioni ci saranno per ricordare ciò che è accaduto, ma la memoria va allenata e se ci sarà bisogno d'intervenire lo faremo, perché non ne posso più di sentire offendere i morti, di sentire offendere mio padre morto all'Heysel".

L’associazione si propone d’intrattenere rapporti con tutte quelle associazioni (italiane e straniere) che hanno obiettivi simili, organizzare convegni e incontri per affrontare la tematica della violenza nello sport e condurre campagne di sensibilizzazione, verso il pubblico e le istituzioni politiche e sportive, italiane e internazionali. L’associazione è già al lavoro per individuare la maniera più degna per commemorare il trentennale dell’Heysel che ricorrerà il prossimo 29 maggio. In questi ultimi anni, con la presidenza di Andrea Agnelli, la Juventus si è posta in maniera diversa verso la tragedia di Bruxelles dopo che per oltre 20 anni ha completamente dimenticato e ignorato quella notte e le famiglie. Di questo rendo merito pubblicamente al dottor Agnelli che si è fatto carico di una nuova sensibilità e attenzione verso quella tragedia. L’auspicio è che questo terreno di confronto che si è aperto e la volontà della società bianconera di non considerare più l’Heysel un tabù, ma un pezzo della sua storia, possa portare ad una collaborazione fattiva con l’associazione che rappresento. Fonte: Associazione fra i Familiari delle Vittime dell’Heysel © 17 gennaio 2015 Fotografie: GETTY IMAGES © (Not for commercial use) Icone: Pngegg.com ©

 
 

Heysel: rinasce Associazione per vittime

Presidente Andrea Lorentini, padre morì per salvare altro tifoso.

(ANSA) - AREZZO, 10 FEB - Difendere la memoria dell'Heysel, in tutte le sedi, e di chi quel giorno morì, battersi contro la violenza fisica e verbale nel calcio e nello sport. Sono solo alcuni degli obiettivi dell'Associazione fra i familiari delle vittime dell'Heysel, rinata in questi giorni grazie all'impegno dei parenti delle vittime della strage di Bruxelles, del 29 maggio 1985, prima della finale di Coppa dei Campioni Juve-Liverpool. L'idea è dell'aretino Andrea Lorentini che all'Heysel perse il padre. Fonte: Ansa.it © 10 febbraio 2015 Icone: Pngegg.com ©

 
 

Heysel, nasce l’associazione dei familiari delle vittime

di Marco Bonomo

Nell'anno del trentennale della tragedia, i parenti si uniscono ufficialmente in un'associazione che lotterà affinché la memoria non venga più calpestata.

29/05/1985: la pagina più triste e dolorosa nella storia della Juventus, una ferita che chi ama i colori bianconeri si porterà dentro per sempre. Perché è insanabile una ferita causata dalla morte di 39 persone che perdono la vita per una partita di calcio, nella maniera più assurdo possibile. Un modo per lenire questa ferita però c’è, ed è il ricordo: perché chi dimentica è complice, soprattutto quando la memoria di quei 39 angeli viene spesso insultata in molti stadi d’Italia, non tutelata, calpestata. Oggi, nell’anno in cui ricorre il trentennale di quella tragedia, nasce l'"Associazione Familiari Vittime Heysel". Un’idea di Andrea Lorentini, figlio di Roberto, che quella notte morì mentre tentava di salvare un’altra persona. E nipote di Otello, che per anni si è battuto per salvaguardare la memoria del figlio e di tutte le altre vittime e che poco tempo fa è scomparso. "La memoria va allenata e se ci sarà bisogno d’intervenire lo faremo, perché non ne posso più sentire offendere i morti e la memoria dell’Heysel, come quella di mio padre". Sono parole proprio di Andrea Lorentini, che nell’assemblea costitutiva è stato eletto presidente. All’associazione ha aderito un buon numero di familiari, ma l’auspicio è che anche altri, non solo i parenti, possano condividere questa esperienza. E tra qualche mese ricorrerà il 30º anniversario: l’associazione "è già al lavoro per individuare il modo migliore per commemorare il trentennale dell’Heysel" (NdR: 29 maggio). Un ricordo che vedrà protagonista anche la Juventus, che negli anni della presidenza Andrea Agnelli si è dimostrata più sensibile al tema rispetto al passato, come dimostra anche il toccante ricordo durante l’inaugurazione dello Juventus Stadium: "In questi ultimi anni la Juventus si è posta in maniera diversa, dopo che per oltre vent’anni ha completamente ignorato e dimenticato quella notte e le famiglie delle vittime. Di questo rendo merito e ringrazio il Dottor Agnelli. L’auspicio è che la società non consideri più come un tabù l’Heysel, ma come un pezzo della sua storia e che così facendo possa collaborare fattivamente con la nostra associazione" conclude Andrea Lorentini. I tifosi non hanno mai dimenticato. Vedere quei -39 esposti, sentire quei cori, provoca sdegno, rabbia, dolore. Un dolore che si amplifica quando tutto ciò passa sotto silenzio. Ma da oggi hanno un nuovo punto di riferimento in questa associazione, affinché il monito contro la violenza fisica e verbale nel calcio e negli altri sport, sia sempre vivo. Come il ricordo di (+)39 angeli. Fonte: Blogdisport.it © 10 febbraio 2015 Icone: Pngegg.com ©

 
 

Strage Heysel: rinasce l'Associazione per ricordare le vittime

Il 29 maggio 1985, prima della finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool, morirono 39 persone. I familiari: "La memoria va allenata".

"Più passa il tempo e meno occasioni ci saranno per ricordare ciò che è accaduto. Ma la memoria va allenata e se ci sarà bisogno di intervenire lo faremo, perché non ne posso più di sentire offendere i morti e la memoria dell'Heysel, come quella di mio padre". Sono le parole di Andrea Lorentini, da poco nominato presidente della rinata Associazione fra i familiari delle vittime dell'Heysel. Il gruppo si è ricostituito con l'obiettivo dichiarato di difendere la memoria delle vittime della strage dello stadio Heysel di Bruxelles a seguito della quale, il 29 maggio 1985, persero la vita 39 persone a causa degli incidenti scoppiati nel settore Z prima della finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool. L’associazione intende battersi contro la violenza fisica e verbale nel calcio e negli altri sport. Nasce da un'idea di Andrea Lorentini che all'Heysel ha perso il padre Roberto, giovane medico medaglia d'argento al valore civile per essere morto mentre tentava di salvare un connazionale. A pochi mesi dal 30esimo anniversario di una delle più pagine più drammatiche della storia del calcio, Lorentini auspica che i ricordi di quanto accadde quella notte a Bruxelles non vadano sempre più sfumati: "In questi ultimi anni - spiega - con la presidenza di Andrea Agnelli la Juventus si è posta in maniera diversa verso la tragedia dopo che per oltre vent'anni ha completamente dimenticato e ignorato quella notte e le famiglie delle vittime. Di questo rendo merito al dottor Agnelli che si è fatto carico di una nuova sensibilità e attenzione verso quella tragedia. L'auspicio è che questo terreno di confronto che si è aperto e la volontà della società bianconera di non considerare più l'Heysel un tabù, ma un pezzo della sua storia, possa portare a una collaborazione fattiva con la nostra associazione". Fonte: Datasport © 10 Febbraio 2015 Icone: Pngegg.com ©

 
 

Heysel, rinasce l'Associazione familiari vittime

di Dario Pellizzari

L'idea è dell'aretino Andrea Lorentini, che perse il padre nella tragedia del 29 maggio 1985. L'obiettivo ? Difendere la memoria.

Il 29 maggio del 1985, lo stadio Heysel di Bruxelles, ex monumento all'ego postumo di Re Baldovino del Belgio, avrebbe dovuto ospitare una delle gare più importanti della stagione per gli appassionati del pallone, la finale della Coppa dei Campioni tra la Juventus di Michel Platini e il Liverpool di Kenny Dalglish. Fu invece la macabra scenografia di una delle più grandi e dolorose tragedie della storia del calcio internazionale. Colpa degli hooligan, criminali travestiti da tifosi che nell'occasione accesero la miccia dello scontro. Colpa della polizia belga, che intervenne poco e male dimostrando un'inadeguatezza senza fine. Colpa dello stadio, improponibile perché vecchio e colmo di guai, un mucchio di mattoni sistemati male, anzi, malissimo. Il bilancio al termine della giornata fu di 39 morti, di cui 32 italiani, e oltre 600 feriti. Per la cronaca, la partita si giocò: vinse la Juve con un rigore inesistente. Lo spettacolo deve andare avanti, si disse e si ottenne. Anche nel buio più profondo e impossibile. Per difendere la memoria di quel giorno maledetto, ha ripreso vita l'Associazione fra i familiari delle vittime dell'Heysel. L'idea è dell'aretino Andrea Lorentini, che all'Heysel ha perso il padre Roberto, giovane medico medaglia d'argento al valor civile per essere morto mentre tentava di salvare un connazionale. "Più passa il tempo e meno occasioni ci saranno per ricordare ciò che è accaduto – fa sapere all'Ansa Lorentini - ma la memoria va allenata e se ci sarà bisogno d'intervenire lo faremo, perché non ne posso più di sentire offendere i morti e la memoria dell'Heysel, come quella di mio padre". Il rispetto, prima di tutto. Anche in famiglia. "In questi ultimi anni - spiega il responsabile all'associazione - con la presidenza di Andrea Agnelli, la Juventus si è posta in maniera diversa verso la tragedia di Bruxelles dopo che per oltre vent'anni ha completamente dimenticato e ignorato quella notte e le famiglie delle vittime. Di questo rendo merito al dottor Agnelli che si è fatto carico di una nuova sensibilità e attenzione verso quella tragedia". Fonte: Panorama.it © 10 febbraio 2015 Icone: Pngegg.com ©

 
 

Heysel, rinasce Associazione per ricordare le vittime

Il presidente è Andrea Lorentini, il padre morì per salvare un altro tifoso della Juve.

AREZZO - Difendere la memoria dell'Heysel, in tutte le sedi opportune, e di chi quel giorno perse la vita, battersi contro la violenza fisica e verbale nel calcio e negli altri sport. Questi sono solo alcuni degli obiettivi dell'Associazione fra i familiari delle vittime dell'Heysel che è rinata in questi giorni grazie all'impegno dei parenti delle vittime della strage di Bruxelles, del 29 maggio 1985, prima della finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool. L'idea è dell'aretino Andrea Lorentini che all'Heysel ha perso il padre Roberto, giovane medico aretino medaglia d'argento al valor civile per essere morto mentre tentava di salvare un connazionale. Un'idea nata dopo la morte del nonno Otello che di quella tragedia è stato la memoria per ventinove anni: "Più passa il tempo e meno occasioni ci saranno per ricordare ciò che è accaduto - dichiara Lorentini -, ma la memoria va allenata e se ci sarà bisogno d'intervenire lo faremo, perché non ne posso più di sentire offendere i morti e la memoria dell'Heysel, come quella di mio padre". L'assemblea, svoltasi ad Arezzo, ha eletto Andrea Lorentini presidente ed Emanuela Casula vice presidente. "In questi ultimi anni - conclude Andrea Lorentini - con la presidenza di Andrea Agnelli, la Juventus si è posta in maniera diversa verso la tragedia di Bruxelles dopo che per oltre vent'anni ha completamente dimenticato e ignorato quella notte e le famiglie delle vittime. Di questo rendo merito al dottor Agnelli che si è fatto carico di una nuova sensibilità e attenzione verso quella tragedia. L'auspicio è che questo terreno di confronto che si è aperto e la volontà della società bianconera di non considerare più l'Heysel un tabù, ma un pezzo della sua storia, possa portare a una collaborazione fattiva con la nostra Associazione". Fonte: Tuttosport.com © 10 febbraio 2015 Fotografia: Andrea Lorentini © Icone: Pngegg.com ©

 
 

Calcio, Heysel: rinasce l'associazione per ricordare le vittime

Difendere la memoria di quel giorno e battersi contro le violenze negli sport. Il presidente è Andrea Lorentini: suo padre morì per salvare un altro tifoso.

ROMA - Difendere la memoria dell'Heysel, in tutte le sedi opportune, e di chi quel giorno perse la vita, battersi contro la violenza fisica e verbale nel calcio e negli altri sport. Questi sono solo alcuni degli obiettivi dell'Associazione fra i familiari delle vittime dell'Heysel che è rinata in questi giorni grazie all'impegno dei parenti delle vittime della strage di Bruxelles, del 29 maggio 1985, prima della finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool. L'idea è dell'aretino Andrea Lorentini che all'Heysel ha perso il padre Roberto, giovane medico aretino medaglia d'argento al valor civile per essere morto mentre tentava di salvare un connazionale. Un'idea nata dopo la morte del nonno Otello che di quella tragedia è stato la memoria per ventinove anni: "Più passa il tempo e meno occasioni ci saranno per ricordare ciò che è accaduto - dichiara Lorentini - ma la memoria va allenata e se ci sarà bisogno d'intervenire lo faremo, perché non ne posso più di sentire offendere i morti e la memoria dell'Heysel, come quella di mio padre". L'assemblea, svoltasi ad Arezzo, ha eletto Andrea Lorentini presidente ed Emanuela Casula vice presidente. "In questi ultimi anni - conclude Andrea Lorentini - con la presidenza di Andrea Agnelli, la Juventus si è posta in maniera diversa verso la tragedia di Bruxelles dopo che per oltre vent'anni ha completamente dimenticato e ignorato quella notte e le famiglie delle vittime. Di questo rendo merito al dottor Agnelli che si è fatto carico di una nuova sensibilità e attenzione verso quella tragedia. L'auspicio è che questo terreno di confronto che si è aperto e la volontà della società bianconera di non considerare più l'Heysel un tabù, ma un pezzo della sua storia, possa portare a una collaborazione fattiva con la nostra Associazione". Fonte: Corrieredellosport.it © 10 febbraio 2015  Icone: Pngegg.com ©

 
 

A trent'anni dalla strage dell'Heysel

rinasce l'associazione delle vittime

Difendere la memoria dell’Heysel, in tutte le sedi opportune, e di chi quel giorno perse la vita, battersi contro la violenza fisica e verbale nel calcio e negli altri sport. Questi sono solo alcuni degli obiettivi dell’ "Associazione fra i familiari delle vittime dell’Heysel" che è rinata in questi giorni grazie all’impegno dei parenti delle vittime della strage di Bruxelles, del 29 maggio 1985, prima della finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool. L’idea è stata di Andrea Lorentini che all’Heysel ha perso il padre Roberto, giovane medico aretino medaglia d’argento al valor civile per essere morto mentre tentava di salvare un connazionale. Un’idea nata dopo la morte del nonno Otello che di quella tragedia è stato la memoria per ventinove anni: "Più passa il tempo e meno occasioni ci saranno per ricordare ciò che è accaduto – dichiara Andrea Lorentini – ma la memoria va allenata e se ci sarà bisogno d’intervenire lo faremo, perché non ne posso più di sentire offendere i morti e la memoria dell’Heysel, come quella di mio padre". Una memoria ancora oggi troppo spesso calpestata. Basti pensare ai cori e agli striscioni che si sentono e vedono in alcuni stadi, frutto dell’ignoranza e dell’idea che non ci sono avversari, ma solo nemici. Chi oggi ha trent’anni non sa cos’è successo all’Heysel, non sa che sono morti degli innocenti, che in quella curva Z c’erano le famiglie, tifosi del calcio. I familiari delle vittime si sono riuniti all’Arbitro Club di Arezzo (nella città dove trent’anni fa nacque quella che, capeggiata da Otello Lorentini, si batté per ottenere giustizia facendo condannare l’Uefa in un processo lungo e difficile), in Piazzale Roberto Lorentini 1, per approvare lo statuto dell’Associazione ed eleggerne i rappresentanti: "Alla mia proposta – sottolinea Andrea Lorentini – ha risposto un buon numero di familiari. L’auspicio è che altri possano condividere questa esperienza più avanti. L’Associazione, ovviamente, rappresenterà tutte le vittime dell’Heysel". L’assemblea ha eletto Andrea Lorentini presidente, Emanuela Casula, figlia di Giovanni e sorella di Andrea, vice presidente, e Riccardo Balli, fratello di Bruno, segretario. l’"Associazione fra i familiari delle vittime dell’Heysel" è già al lavoro per individuare il modo migliore per commemorare il trentennale dell’Heysel che ricorrerà il prossimo 29 maggio. Fonte: Italian.ruvr.ru (La Voce della Russia) © 11 febbraio 2015 Icone: Pngegg.com ©

 
 

Nella strage Andrea Lorentini perse il babbo

Vittime dell'Heysel

Rinasce l'associazione

DIFENDERE la memoria dell'Heysel, in tutte le sedi opportune, e di chi quel giorno perse la vita. E' l'obiettivo della rinata Associazione dei familiari delle vittime fatta da chi quella tragedia l'ha vissuta da vicino. L'idea è dell'aretino Andrea Lorentini che all'Heysel ha perso il padre Roberto, giovane medico aretino medaglia d'argento al valor civile per essere morto mentre tentava di salvare un connazionale. Battersi contro la violenza fisica e verbale nel calcio e negli altri sport. Un'Associazione che rinasce grazie al giovane aretino e all'impegno dei parenti delle vittime della strage di Bruxelles, del 29 maggio 1985, quando morirono 39 persone a causa degli incidenti scoppiati nel settore Z prima della finale della Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool. Ad Andrea Lorentini l'idea è nata dopo la morte del nonno Otello che di quella tragedia è stato la memoria per ventinove anni: "Più passa il tempo e meno occasioni ci saranno per ricordare ciò che è accaduto dichiara Lorentini, ma la memoria va allenata e se ci sarà bisogno d'intervenire lo faremo, perché non ne posso più di sentire offendere i morti e la memoria dell'Heysel, come quella di mio padre". L'assemblea, svoltasi ad Arezzo, ha eletto Andrea presidente ed Emanuela Casula vice presidente. "In questi ultimi anni conclude Andrea Lorentini con la presidenza di Andrea Agnelli, la Juventus si è posta in maniera diversa verso la tragedia di Bruxelles dopo che per oltre vent'anni ha completamente dimenticato e ignorato quella notte e le famiglie delle vittime. Di questo rendo merito al dottor Agnelli che si è fatto carico di una nuova sensibilità e attenzione verso quella tragedia. L'auspicio è che questo terreno di confronto che si è aperto e la volontà della società bianconera di non considerare più l'Heysel un tabù, ma un pezzo della sua storia, possa portare a una collaborazione fattiva con la nostra Associazione". Fonte: La Nazione © 11 febbraio 2015 Icone: Pngegg.com ©

 
 

Heysel: rispetto per la verità storico

processuale e i familiari delle vittime

di Massimo Righi

Nell’anno del trentennale della tragedia dell’Heysel, Andrea Lorentini, presidente dell’Associazione Familiari delle vittime dell’Heysel, s’impegna per tenere viva la memoria storica dei fatti.

Il presidente dell’Associazione Familiari delle vittime dell’Heysel, Andrea Lorentini, ha come obiettivo di difendere la memoria della tragedia e di chi quel giorno perse la vita, oltre a battersi contro ogni forma di violenza nel calcio e negli altri sport. L’associazione, rinata in febbraio grazie all’impegno dei parenti delle vittime della strage di Bruxelles del 29 maggio 1985, ha eletto come presidente proprio Andrea Lorentini che all’Heysel ha perso il padre Roberto, giovane medico aretino medaglia d’argento al valor civile, per aver perso la vita nel tentativo di salvare un connazionale. E così, dopo la morte del nonno Otello che di quella tragedia è stato la memoria per ventinove anni, il nipote Andrea ha deciso di tenere viva la memoria dei fatti nell’anno del trentennale: "Con l’avvicinarsi del trentennale della tragedia dell’Heysel la macchina mediatica si è già messa in moto e con essa dobbiamo, purtroppo, denunciare i primi episodi di grave ignoranza sui tragici fatti di Bruxelles – afferma Andrea Lorentini. Nel pieno rispetto e libertà del lavoro giornalistico e della naturale e giustificata attenzione che da qui al 29 maggio televisioni, giornali, siti internet riserveranno a quella drammatica vicenda, l’Associazione esige che nell’accostarsi ai familiari sia tenuta una condotta umana e professionale degna, considerata la delicatezza dell’argomento.

L’Associazione – aggiunge sempre Lorentini – sarà grata a tutti quei soggetti che attraverso il racconto giornalistico o artistico daranno il proprio contributo per la difesa e la divulgazione della memoria. Al contrario non sarà tollerato alcuno sciacallaggio mediatico né sui contenuti tantomeno rispetto a chi vorrà divulgare il proprio prodotto per fini di lucro. L’Associazione – conclude il presidente – si riserverà, altresì, di tutelarsi in ogni sede qualora si verificassero mistificazioni e mancato rispetto della memoria storico-processuale". Bruxelles, 29 maggio 1985 – In occasione della finale di Coppa dei Campioni fra Liverpool e Juventus, giocata a Bruxelles nello stadio Heysel ora Re Baldovino, accadde un fatto di cronaca nera fra i più gravi della storia del calcio. Nel pre-partita, a causa dell’invasione degli hooligans inglesi nel settore adiacente occupato per lo più da tifosi della Juventus, il settore denominato Z cedette sotto la pressione delle cariche e crollò sotto il peso della calca, provocando la morte di 39 persone, di cui 32 italiane. Gran parte dei presenti rimasero schiacciati, calpestati e uccisi nella corsa verso una via d’uscita, per molti rappresentata da un varco aperto verso il campo da gioco. La follia degli hooligans inglesi, l’impreparazione delle autorità belghe, l’inadeguatezza della struttura e la paura diffusa, furono le cause determinanti della tragedia. Ciononostante, l’incontro si disputò ugualmente dopo quasi un’ora e mezzo di rinvio: la decisione fu presa dalle forze dell’ordine belghe e dai dirigenti UEFA, per evitare ulteriori tensioni. Per maggiori informazioni visitare il sito: www.associazionefamiliarivittimeheysel.it Fonte: Ilpallonegonfiato.com © 18 marzo 2015 Icone: Pngegg.com ©

 
 
 

L'associazione vittime familiari

Heysel rompe con la Juventus

di Barbara Perissi

Modifiche al testo teatrale sulla rievocazione della tragedia dell'Heysel, l'Associazione fra i familiari delle vittime rompe con Juventus FC, precisa che lo spettacolo teatrale non si farà, l'autore del testo e custode di saladellamemoriaheysel.it Domenico Laudadio cede i diritti all'associazione e dichiara: "il testo rielaborato dal mio coautore Omar Rottoli e il gruppo di esperti della Juventus pur essendo toccante ha in buona sostanza modificato la forma e le parole del testo originario omettendo citazioni e riferimenti chiari alle responsabilità sui fatti e sulle verità storiche e processuali quindi non tenendo conto delle richieste dell'associazione. Ho ceduto i diritti del testo teatrale all'associazione perché non venisse intralciato a causa mia il progetto di memoria che ritenevo prioritario". Lo spettacolo avrebbe dovuto tenersi in questi giorni, precisa il presidente dell'associazione, l'aretino Andrea Lorentini, le modifiche imposte dalla Juventus non sono piaciute all'associazione. "In questi anni tutto quello che abbiamo ottenuto dalla giustizia alla memoria lo abbiamo ottenuto grazie alla nostra forza, determinazione e dignità. Fuori dalle verità storiche e processuali c'è solamente la speculazione che noi rifiutiamo e combattiamo con ogni mezzo possibile". In occasione del trentennale l'associazione parteciperà insieme alla Juventus FC, come già riportato sul sito della squadra, alla messa in suffragio dei caduti dell'Heysel in programma a Torino il prossimo 29 maggio. "Quello – conclude Lorentini – sarà l'unico momento condiviso con il club bianconero". Fonte: Teletruria.it © 2 maggio 2015 Fotografie: Guerin Sportivo © Andrea Lorentini © Banner: La Stampa © Icone: Pngegg.com ©

 
 

"Da soli per avere giustizia"

di Francesco Caremani

Ricordo ancora quella sera del 29 maggio 1985 e i giorni seguenti. Un ricordo violento, perché quello che accadde cambiò per sempre il mio essere ragazzo, tifoso, e ha cambiato anche il giornalista che sono diventato. L’Heysel è una cicatrice che fa male ancora oggi e che non se ne vuole andare, forse proprio perché in troppi hanno cercato di cancellarla, ma non c'è cura. Anzi, una ci sarebbe: una memoria condivisa che dovrebbe avere (ha) come assioma l'unica verità storica e processuale riconosciuta dall'Associazione fra i familiari delle vittime dell'Heysel, presieduta da Andrea Lorentini, che a Bruxelles perse il padre Roberto, giovane medico aretino medaglia d'argento al valore civile per essere morto mentre salvava un connazionale. "Abbiamo sconfitto l'Uefa, abbiamo fatto giurisprudenza, ma in troppi se la sono cavata" mi ha detto Otello Lorentini prima di soccombere sotto gli acciacchi della vecchiaia e morire lo scorso maggio. Otello era il padre di Roberto e il nonno di Andrea. Lui le udienze del processo di Bruxelles se l'è fatte tutte. Prendeva l'aereo da Roma e poi cercava i giornalisti per informarli di quanto stava accadendo. Un processo per il quale i familiari delle vittime italiane si sono autotassati. Otello Lorentini fondò la prima Associazione per avere giustizia di fronte a una strage in cui tutti volevano farla franca: gli hooligans inglesi come l'Uefa, le istituzioni sportive come la politica belga. La paura era che le 39 vittime fossero uccise una seconda volta dall'ignavia, spesso in malafede, di un Paese che preferisce rimuovere le tragedie. Soprattutto per questo Otello e gli altri hanno litigato spesso, seppure a distanza, con Giampiero Boniperti. Perché, come mi ha detto Antonio Conti (che ha perso la figlia Giuseppina, 17 anni), guardandomi negli occhi: "Sono contento che se ne parli ancora, ma il dolore non se ne va".

In questi trent'anni non si è dimenticata solo la strage, ma anche la solitudine, la dignità e la forza con cui i familiari delle vittime sono andati avanti: "Mi hanno detto che m'avevano pagato il marito morto, che la macchina (che avevo anche prima) me l'ero comprata con quei soldi" ricorda Rosalina Vannini, vedova di Giancarlo Gonnelli. "Nessuno sa cosa ha significato andare avanti senza Giancarlo e con tutti i problemi che ha avuto nostra figlia Carla". Lei dell'Heysel non vuole ancora parlare. E allora, cosa ci resta di una battaglia condotta in solitudine da 32 famiglie italiane, fattesi forza nella figura di un uomo che aveva perso l'unico figlio per una partita di calcio ? Sicuramente c'è la condanna dell'Uefa, passata anch'essa sotto i tacchi di una certa inconsistenza giornalistica, che l'ha resa per sempre corresponsabile delle manifestazioni che organizza. Se gli stadi delle finali delle Coppe europee devono avere determinati requisiti di sicurezza (con biglietti nominali, dotati di microchip) non lo si deve certo all'evoluzione del calcio, bensì alla testardaggine di Otello Lorentini e allo choc di vedere tutti gli imputati assolti in Primo grado. Cosi il presidente dell'Associazione decise, insieme con gli altri familiari delle vittime italiane, di citare direttamente la Uefa, che è stata poi condannata in Appello e in Cassazione. A Hillsborough, Sheffield, il 15 aprile 1989, morirono 96 tifosi del Liverpool. E’ la strage che ha dato il via ai grandi cambiamenti che fanno della Premier League il campionato più sicuro dal punto di vista degli impianti. Disorganizzazione e inadeguatezza delle forze di polizia sono forse le cause più importanti, ma questo lo stabilirà l'inchiesta ancora in corso dopo 26 anni. Ecco, se avesse-ro imparato la lezione del 29 maggio 1985, se avessero riflettuto invece di respingere le accuse e cercare di nascondere la vergogna dell'Heysel, forse Hillsborough sarebbe rimasto solo il nome di uno stadio. In Italia, se possibile, è andata anche peggio.

Nel 1995, per il decennale, a Otello Lorentini promisero una puntata del Processo del Lunedì ad Arezzo, ma poi non se ne fece niente. Nel 2010 ci fu la prima messa della Juventus, che con la presidenza di Andrea Agnelli ha intrapreso, con difficoltà, un cammino verso i familiari delle vittime. Dietro, 25 anni di vuoto. "Ho ricevuto l'invito ma non andrò, ognuno ha la sua coscienza" mi disse Maria Teresa Dissegna, che all'Heysel ha perso il marito Mario Ronchi, uno dei tre interisti morti a Bruxelles. Abbandono, fastidio, oblio: questo hanno continuato a subire i familiari delle vittime e coloro che sono morti il 29 maggio 1985, insieme alle continue offese negli stadi italiani, quasi mai sanzionate: "In tutti questi anni la Procura federale non mi è sembrata cosi pronta e attenta" dice Andrea Lorentini. La memoria va allenata, perché non accada mai più. Lo dobbiamo a Otello Lorentini, Domenico Laudadio, Annamaria Licata, Claudio II Rosso, il Nucleo 1985, lo Juventus Club Supporters Juve 1897, il Comitato "Per non dimenticare Heysel" di Reggio Emilia, Andrea Lorentini e a tutti gli altri famigliari. Senza edulcorazioni, ipocrisie di parte e interessi economici. Anche per questo vado fiero della scritta che posso esibire sul mio libro "Heysel, le verità di una strage annunciata": "L'unico libro ufficialmente riconosciuto dall'Associazione familiari vittime Heysel". Chi ha ancora voglia di raccontare quello che è accaduto 30 anni fa, faccia i conti con le famiglie delle vittime. La storia dell'Heysel sono loro, nessuno si senta offeso. Fonte: Guerin Sportivo © 10 maggio 2015 Icone: Pngegg.com ©

 
 

Heysel, la "staffetta della memoria" da nonno a nipote

Andrea Lorentini aveva tre anni quando il padre Roberto morì nello stadio belga. Il nonno Otello fondò l'Associazione familiari delle vittime e la sua lotta portò alla sentenza che punì l'Uefa e a stadi più sicuri. Ora il nipote rilancia la battaglia per la giustizia.

AREZZO - Quando suo padre Roberto Lorentini perse la vita all'Heysel, Andrea aveva da poco compiuto tre anni. Di lui oggi non ha che pochi flash, ma in cuore serba tutta la determinazione e la generosità di quel giovane medico aretino che non esitò a tornare indietro per salvare un bambino, a costo della sua vita. Per fondare, anzi rifondare l'Associazione familiari vittime dell'Heysel, Andrea è partito da lì e dalla forza di suo nonno Otello che allo stadio c'era e vide morire il suo unico figlio. Attraverso l'Associazione, Andrea porta avanti il ricordo di quella tragedia "che non è avvenuta a caso" e lo fa nel rispetto della verità perché - dice - "non c'è memoria senza verità". Oggi Andrea Lorentini ha 33 anni, vive nella stessa casa di papà Roberto e nonno Otello, è sposato da poco con Elisa, ha una laurea in scienze della comunicazione e una professione, quella di giornalista, che lo ha spinto a seguire le orme del nonno. "Otello è scomparso lo scorso gennaio (NdR: 11 maggio 2014) a 91 anni. Quando perse suo figlio ne aveva 61 ed era andato in pensione da cinque mesi per occuparsi insieme a mia nonna di me e mio fratello Stefano, visto che mia madre Arianna era laureanda in medicina e aveva ovviamente bisogno di sostegno. Dal giorno della tragedia dell'Heysel - racconta Andrea Lorentini - non ha mai smesso di lottare, di cercare giustizia non solo per suo figlio ma per tutte le 39 vittime. Per affrontare il processo e costituirsi parte civile aveva bisogno però di trovare forza in un'associazione che fondò di lì a poco". "Nei primi anni la sua fu una sorta di battaglia contro i mulini a vento, nessuno ascoltava, nessuno sentiva. Dopo la prima sentenza che assolse la Uefa, nonno Otello non si perse d'animo e si batté per il secondo grado di giudizio. Faceva tanti viaggi a Bruxelles insieme ad avvocati di Arezzo che lo seguivano e che tutelavano l'associazione attraverso il legale italobelga Daniel Vedovatto.

Si deve alla sua forza - dice Andrea con orgoglio - se la storica sentenza del 1991, condannando l'Uefa, ha scritto una pagina che fa tutt'ora giurisprudenza e che obbliga la stessa Uefa a scegliere stadi e standard di sicurezza elevati dal momento che l'ha dichiarata colpevole per quanto accadde all'Heysel. Mio nonno ha dato sicuramente un grande contributo affinché la violenza negli stadi regredisse in alcuni casi fino a sparire totalmente". Nel 1992 l'Associazione si estingue ma Otello Lorentini non si ferma e fonda il Comitato contro la violenza nello sport Lorentini Conti (il cognome di Giuseppina l'altra vittima aretina dell'Heysel): "E' frutto del lavoro di questo comitato l'amichevole nel 2005 tra le formazioni primavera di Juventus e Liverpool, in quella della Juve c'erano Marchisio e Giovinco destinati poi ad altre platee". Subito dopo l'attività si ferma e, a gennaio di quest'anno, quando Otello scompare, Andrea Lorentini decide di fondare l'Associazione vittime dell'Heysel. "Con la morte di mio nonno non volevo che il ricordo scomparisse, ho fondato l'Associazione per difendere la memoria, portare avanti i suoi principi e promuovere iniziative per diffondere la cultura sportiva. Il 29 maggio saremo a Torino per la messa che condivideremo con la Juventus. Avevamo pensato anche ad un monologo che ricostruisse con esattezza i fatti ma non ci siamo trovati d'accordo con la società su un punto: per la Juventus l'importante è ricordare, per l'Associazione che rappresento è raccontare la verità, senza imbarazzi perché alla fine la Juventus è vittima essa stessa di negligenze e pecche di Uefa e organizzazione belga. Il disgelo con la società è avvenuto nel 2010 con Andrea Agnelli, con il quale mi sono incontrato più volte. Spero che il dialogo possa proseguire proprio sul desiderio di raccontare la verità che non condanna nessuno se non le coscienze degli uomini che quella sera, con le loro pesanti negligenze hanno, per contro condannato, a morte 39 persone". Fonte: Iltirreno.gelocal.it © 23 maggio 2015 Icone: Pngegg.com ©

 
 

Che cosa resta dell'Heysel, trent'anni dopo

di Francesco Caremani

Trent'anni fa la tragedia sugli spalti dello stadio belga prima della finale di Coppa Campioni tra Liverpool e Juventus. I silenzi, gli imbarazzi e la lotta dei sopravvissuti in questi anni.

Otello è morto l’anno scorso, di maggio come Roberto, il suo unico figlio deceduto nella strage dell’Heysel il 29 maggio 1985. Era un giovane e bravo medico di Arezzo, Roberto, tifoso della Juventus, era stato ad Atene nel 1983 (quando a sorpresa l’Amburgo vinse la coppa dalle grandi orecchie), a Basilea nel 1984 (quando contro il Porto i bianconeri conquistarono la Coppa delle Coppe) e a Bruxelles ci andò, come sempre, col padre e i due cugini, Andrea e Giovanni. Un viaggio che doveva essere una festa, la finale del secolo (come fu ribattezzata allora) contro il Liverpool che si trasformò nella tragedia del secolo e nella definitiva perdita dell’innocenza del calcio mondiale. Roberto era salvo, nonostante la calca e le cariche degli hooligan del Liverpool, ma si lanciò in mezzo all’inferno per tentare di salvare un connazionale (molto probabilmente Andrea Casula, 11 anni, la vittima più piccola) con la respirazione bocca a bocca, gesto che gli è stato fatale e che oggi una medaglia d’argento al valor civile appesa nel salotto di via Giordano Bruno 51 ricorda. A Bruxelles, nel fatiscente stadio Heysel, il 29 maggio 1985 morirono 39 persone, 32 italiani, 4 belgi, 2 francesi e un nordirlandese. Uccisi dagli hooligan inglesi, ubriachi all’inverosimile (tanto che avevano messo a ferro e fuoco la Grand Place poche ore prima) e armatisi in un cantiere adiacente l’impianto che era in ristrutturazione, con la responsabilità dell’Uefa e delle autorità sportive e politiche belghe, che non si curarono di scegliere uno stadio sicuro e che organizzarono cialtronescamente l’ordine pubblico. Senza dimenticare che il settore Z sarebbe dovuto essere completamente appannaggio del tifo neutrale accanto alla marea inglese, invece molti di quei biglietti furono venduti dai bagarini in Italia a prezzi maggiorati e per 39 angeli si rivelarono di sola andata. Angeli delle famiglie e delle comitive che entrarono in quello spicchio di stadio dopo una fila di quasi tre ore passando da una porta larga 80 centimetri, l’unica via di fuga che diventerà di fatto inaccessibile.

Angeli impreparati all’improvviso lancio di oggetti contundenti, ai pochi (circa sei) poliziotti che scappano, alla rete da giardino che li divideva e che viene giù in un secondo, alle cariche continue, impreparati a morire per una partita di calcio. Partita che si gioca lo stesso, decide l’Uefa insieme al Belgio. Non sanno più cosa fare e devono evitare altri morti. Si gioca per chiamare l’esercito (arriveranno i carri armati), si gioca per una questione di ordine pubblico e si assegnerà la Coppa dei Campioni perché così hanno voluto quelli del Liverpool. Non è un’amichevole, ma diventa una farsa perché si gioca mentre i 39 corpi sono ancora lì, in fila sotto la curva Z ridotta a un campo di battaglia, in cui gli hooligan hanno irriso i morti prima che li portassero via. Si gioca sapendo, come ha sempre confermato Stefano Tacconi, portiere di quella Juventus. Otello Lorentini non poteva accettare di avere perso l’unico figlio (assunto dall’ospedale di Arezzo con lettera datata 29 maggio 1985) per una partita di calcio, così, su consiglio di un avvocato, fondò l’Associazione tra le famiglie delle vittime di Bruxelles per portare davanti a un giudice i responsabili della strage che ha cambiato per sempre il football. Un processo lungo, difficile, condotto in solitudine, quella solitudine che è durata decenni e che in parte dura ancora, perché ricordare l’Heysel da fastidio a tanti, ricordare quello che è accaduto, le colpe, i comportamenti durante e dopo, soprattutto dopo, non è cool, in particolare oggi dove imperversano il gossip e il patinato, dove si scrive e si parla sempre meno di calcio. L’Heysel fa parte della nostra storia, anche sportiva, e ogni 29 maggio è lì a ricordarcelo, nonostante le amnesie, che vengono a galla quando nei nostri stadi o nelle adiacenze accade qualcosa di violento (inaspettato ?), allora tutti a sciacquarsi la bocca con la strage di Bruxelles, senza sapere, senza essersi documentati, tutti a citare la Thatcher e fare figure meschine, perché chi sa non confonde.

Gli inglesi non hanno messo mano al loro football dopo l’Heysel bensì dopo Hillsborough e ancora oggi, sono passati 26 anni, non conoscono la verità e le cause che hanno determinato la morte di 96 tifosi del Liverpool; non sanno che la tragedia di Hillsborough è figlia dell’Heysel, perché gli inglesi hanno preferito polemizzare, inventare scuse, arrabbiarsi per la squalifica dei club dalle coppe europee, mettendo la testa sotto la sabbia. Mai risveglio è stato più drammatico. Se avessero imparato la lezione, quella che nessuno, soprattutto in Italia, pare aver imparato, forse Hillsborough sarebbe rimasto solamente il nome di uno stadio. E la Juventus ? Una messa nel 2010 e una messa quest’anno, nel mezzo uno spazio dentro il Museum bianconero con targa e nomi, di più nemmeno Andrea Agnelli sembra capace di fare, il primo presidente che ha intrapreso, con difficoltà, un percorso verso la rinata Associazione fra i familiari delle vittime dell’Heysel, presieduta da Andrea Lorentini, figlio di Roberto e nipote di Otello, vice presidente Emanuela Casula che all’Heysel ha perso il padre e il fratello, Giovanni e Andrea. Rinata anche per difendere la memoria dei propri cari, vituperati e ignominiosamente offesi negli stadi italiani da trent’anni, cori sanzionati per la prima volta nel 2014, la perdita di memoria genera mostri come il sonno della ragione. Non c’è, infatti, una memoria condivisa e in troppi preferiscono cullare il proprio Heysel dimenticandosi dei familiari delle vittime e di quei 39 morti, quasi fossero un ostacolo per ammirare una coppa. L’Heysel sarebbe dovuta diventare la Superga bianconera, con tutte le differenze che in troppi banalmente sottolineano: un momento di comune condivisione di un ricordo che non potrà mai essere cancellato, dalle nostre memorie e dalle nostre coscienze. Senza dimenticare che a Bruxelles sono morti tre interisti, come Mario Ronchi che andò con gli amici, forse quando l’amicizia era più importante del tifo. Per questo l’Heysel dovrebbe essere, come Superga, una tragedia italiana non solo juventina, ma Lega e Figc hanno brillato meno della Juventus in questi trent’anni e mai hanno tentato di ricordare e di commemorare i 39 angeli di Bruxelles.

Qualche settimana fa l’Associazione ha chiesto il ritiro (simbolico) della maglia azzurra numero 39, simbolico perché quel numero di maglia in Nazionale non esiste, gesto accolto con scetticismo e critiche dall’opinione pubblica, si sa i parenti delle vittime si preferiscono silenziosi e discreti, quando reclamano rispetto e memoria vengono attaccati e stigmatizzati, perché, come ha detto Paul Valéry, "quando non si può attaccare il ragionamento, si attacca il ragionatore". E pare proprio una gara quella che in questi ultimi mesi ha tentato di sminuire l’autorevolezza dell’Associazione fra i familiari delle vittime dell’Heysel e di chi li ha sostenuti e accompagnati in tutti questi anni. Ma allora cosa resta dell’Heysel ? C’è stata giustizia ? Come ha sempre detto Daniel Vedovatto, l’avvocato italo belga dei familiari italiani, in quelle condizioni e con il diritto che all’epoca vigeva in Belgio è stato ottenuto il massimo: condanna dell’Uefa, di un capitano di polizia, dei pochi hooligan rintracciati e risarcimenti, che nessuno ha mai chiesto. Forse qualcuno s’è perso, ma la condanna dell’Uefa, resa corresponsabile delle manifestazioni che organizzava e che organizza è storica, ha fatto giurisprudenza e ha cambiato per sempre il football europeo, soprattutto le coppe, esigendo severi requisiti di sicurezza per gli stadi delle finali e non solo. Se non ce ne siamo accorti è perché ce ne siamo dimenticati. Trent’anni sono una vita, un vuoto incolmabile e recuperare terreno è quasi impossibile. Resta la forza di Otello Lorentini che ha guidato i familiari delle vittime italiane contro i migliori avvocati d’Europa, la forza che l’ha spinto a citare direttamente l’Uefa nel processo, dopo che in primo grado erano stati tutti assolti, restano i volti, le immagini, i ricordi, i sogni, i sorrisi e il terrore di 39 persone che sono morte dentro uno stadio per vedere una partita di calcio. Li sentite ? Stanno sussurrando qualcosa: "La storia (dell’Heysel) siamo noi, nessuno si senta offeso". Fonte: Il Foglio.it © 27 Maggio 2015 (Articolo Premiato Oscar Giornalismo 2016) Fotografia: GETTY IMAGES © (Not for commercial use) Icone: Pngegg.com ©

 
 

30 Anni di Heysel: Bambagia, Veleni e Melassa

La Memoria si alleni, ma sia sempre la Verità a salire sul podio più alto.

di Domenico Laudadio

Che sensazione strana, e molto più del precedente 25°. In Italia campeggia questa pessima consuetudine socio-mediatica della memoria che fa il salto della cavallina a cinque anni alla volta. Un mese, una settimana, il giorno che cade, poi la rincorsa si ferma. Fra qualche ora molte televisioni e quasi tutti i giornali riavvolgeranno il canapo marinaro dimenticato nei fondali dell’oblio rimuovendo l’ancora dalle sabbie ataviche e spronando le vele al vento dei ricordi di quella sera di maggio, quando un pallone prese le sembianze del clown, rimbalzando beffardo a pochi metri dai corpi nel cimitero dell’Heysel. Ritorneranno così le immagini televisive dai colori sbiaditi del 29 maggio 1985 a Bruxelles e soltanto lo strazio è rimasto intatto anche per chi ha tinto i capelli di argento. Qualcuno di loro li ha già raggiunti, altri hanno combattuto e magari vinto sopravvivendo ad un dolore scorpione, al suo veleno che paralizza i giorni. Familiari delle vittime, silenziosi e dignitosi, in tutti questi anni gli unici a poter parlare, gli ultimi ad essere interpellati da chi si iscrive alla sarabanda della presunzione. Non mi dispiace di non accodarmi alla nenia, talvolta ipocrita e meschina, del coro bianco dei soloni di una desolante assuefazione a fatti che ancora urlano vendetta, alla misconoscenza delle verità storiche e processuali. Si può stendere un sudario pietoso sui particolari più truci, ma non certamente rinunciare all’identificazione delle responsabilità di quanti furono gli artefici o colposamente sodali della carneficina di 39 innocenti. Lascio alla scrittura dei mestieranti le emozioni da prefiche, le morali semplicistiche da trenta denari. Dico solo che il male supremo non è tanto quella coppa di acciaio, ma negli occhi di chi ancora oggi non prova vergogna a risollevarla, giustificandosi dietro il paravento della compensazione. E allora comprendi perché è stata conservata frettolosamente nella bambagia, come un primogenito cieco dalla nascita che resterà a vita nella sua immeritata tenebra. Inutile muovergli sonagli, non vi sorriderà mai. La melassa di troppe parole non restituisce all’assenza di quei cari il senso compiuto. Si può avvicinare a stento e con discrezione una preghiera. Eppure anche Cristo si è arreso in croce alla solitudine, lo facciano anche i farisei del grande calcio e rinnovino i templi dove si adorano anche certi dei fasulli che si vendono a corrotti di mafie. Forse, allora, finalmente quel sangue dei martiri versato tragicamente e copiosamente rifiorirà in prati più verdi. "Il valore della Memoria, il dovere della Verità"… A fare e disfare la tela delle congetture, la Penelope devota al politichese corretto si arrenderà all’evidenza. Non è stato il muretto crollato, non sono morti per "cause naturali" come scritto nelle autopsie frettolose e infami di medici militari senza onore. "Una verità condivisa"… E’ come sposare insieme nella geometria il taglio di una torta nuziale a più piani. Il tocco maldestro e la mano esperta non sono fatti per l’amore eterno, a meno che non riscoprano l’emozione e l’umiltà in un tremito. Perché davanti a quei trentanove nomi e cognomi si abbassano vessilli e alabarde, si snocciola il silenzio come un rosario e si bacia la terra dalle ginocchia. Fonte: Giùlemanidallajuve.com © 29 maggio 2015 Icone: Pngegg.com ©

 
 

I familiari delle vittime all’Heysel: "siamo i garanti della memoria"

Torino - "Trent’anni dopo vogliamo far sentire la nostra voce perché siamo noi i garanti della memoria di quella che fu una strage annunciata, una memoria che non può prescindere dalla verità". Così Andrea Lorentini, presidente dell’Associazione Familiari Vittime dell’Heysel, che oggi ha preso parte alla commemorazione "Il valore della memoria, il dovere della verità", promossa dalla Consulta dei Giovani del consiglio regionale del Piemonte. "Dopo 30 anni – ha osservato Lorentini, figlio di una delle vittime dell’Heysel – la memoria deve essere difesa perché ancora oggi il ricordo è a volte offeso e oltraggiato, così come succede a tutte le vittime del calcio offese negli stadi. Per 30 anni si è fatta poca memoria e spesso fuorviante. Ma la memoria non può prescindere dalla verità di quei fatti". Una verità che per Lorentini è una sola: "gli hooligans sono gli assassini materiali, ma la Uefa e le autorità belghe furono responsabili morali per le scelte fatte e la gestione dell’ordine pubblico". Fonte: 12alle12.it © 29 maggio 2015 Icone: Pngegg.com ©

 
 

La partita infinita delle famiglie

"La memoria si allena"

di Giulia Zonca

Processi chiusi, resiste l’associazione delle vittime. "Ma ciascuno di noi ha il proprio pezzo di storia".

Per chi ha perso qualcuno dentro lo stadio dell’Heysel ogni 29 maggio arriva sempre nello stesso modo. Non importa che siano i 30 anni, i 29 o i 18, che la messa sia privata o condivisa, è sempre una spia che si accende, un dolore latente e un’emozione, il ricordo che si rinnova e il bisogno di non dimenticare: "La memoria si allena", è la semplice perfetta frase che ripetono tutti. Molte famiglie lo chiamano "giorno del raccoglimento", semplice, spoglio, un momento intimo impossibile da spiegare, non ha bisogno di rituali, si muove da solo con il suo carico: tutto si amplifica perché l’anniversario è per sua natura collettivo: "Il cuore torna alla tragedia e per fortuna la testa ti porta via". I parenti difendono le immagini private, quelle che salvano perché mantengono il calore a dispetto dell’assenza. C’è un filo conduttore pubblico che è l’associazione, passata in gestione già alla seconda generazione, e poi c’è un grumo di ricordi, personali e protetti che non vengono scambiati neanche tra chi ha in comune una notte d’orrore. Le testimonianze - Andrea Lorentini oggi è il presidente dell’associazione, l’ha ereditata dal nonno che l’aveva messa in piedi per avere giustizia. Ora che il processo è chiuso resta la volontà di tramandare, di raccontare la verità perché nulla venga dimenticato, perché le responsabilità non sbiadiscano. Poi ci sono le fitte, come la voce squillante di Andrea che si abbassa quando parla del padre Roberto, medico e medaglia d’argento al valore civile, deceduto mentre cercava di salvare un bambino. Di fare il suo lavoro: "Non ho alcun ricordo di lui, ero troppo piccolo ma sono cresciuto con il suo esempio. Ci ha lasciato il suo grande altruismo".

Andrea fa il giornalista sportivo, non ha chiuso il calcio dentro una scatola nera "anzi sono convinto che possa esprimere dei valori, non lo associo a quell’inferno". Sembra strano ma non ha mai scambiato il suo pezzo di storia con la famiglia di chi la completa, con la sorella e la mamma di Andrea Casula, la vittima più giovane, il bimbo che il padre di Andrea cercava di rianimare all’Heysel. La memoria collettiva - La sorella del piccolo Andrea, Emanuela, oggi è vicepresidente ma Lorentini trova normale che "ognuno tenga per sé il proprio pezzo di famiglia". La storia collettiva è finita sul prato insanguinato, non c’è altro da dire. Emanuela un giorno ha chiesto alla madre di smontare la cameretta totem del fratello tenuta uguale a se stessa nonostante gli anni. È successo tanto tempo fa, Emanuela aveva già capito che la memoria si allena in un altro modo. Come sottolinea Fabrizio Landini che in quel macello ha perso uno zio: "La memoria non va riesumata ma protetta, coltivata". Quando Giovacchino Landini era in vita, la famiglia gestiva una trattoria a Torino, ora si sono trasferiti in Liguria, tornano ogni anno per la messa: "Mio zio si sapeva godere la vita, peccato che non abbia potuto farlo a lungo come meritava. Io ero e sono rimasto tifoso della Juve, lo zio era così innamorato di quella squadra che non mi sono mai immaginato un tradimento. Non vado allo stadio, non per paura, per...". Le parole mancano, forse quella giusta è distanza. Quel filtro quasi impossibile tra il dolore e il ricordo. Per restare in equilibrio bisogna allenare la memoria, senza mescolare l’esempio da tramandare con le storie da custodire. Fonte: La Stampa © 29 maggio 2015 Icone: Pngegg.com ©

 
 

Il commento di Lucia De Robertis

(Vicepresidente del Consiglio Regionale della Toscana)

"Una bellissima iniziativa, che mi piace pensare legata allo straordinario incontro che si è svolto qui in Consiglio regionale lunedì scorso, alla presenza di Giorgio Chiellini e del presidente della Federcalcio Tavecchio, in memoria proprio delle vittime dell’Heysel". Così la vicepresidente del Consiglio regionale Lucia De Robertis commenta il ritiro della maglia numero 39 della nazionale annunciata dalla FIGC alla vigilia dell’amichevole a Bruxelles con il Belgio, partita dedicata proprio al ricordo di quella terribile tragedia. "Lunedì – ha aggiunto la vicepresidente – la Nazionale ha voluto essere presente alla nostra cerimonia di consegna del Gonfalone d’Argento all’Associazione Familiari Vittime dell’Heysel, proprio per dare una dimostrazione di vicinanza alle vittime di quell’assurda, indimenticabile, tragedia. Oggi un altro segnale di attenzione, una testimonianza di impegno verso un calcio che non usi mai più come strumento offensivo il ricordo dei 39 morti dell’Heysel. Proprio questo aveva chiesto Andrea Lorentini, giovane presidente dell’Associazione e figlio di una vittima di quella serata, lunedì. La risposta della Nazionale è arrivata subito, e ci riempie di soddisfazione e di orgoglio". Fonte: Arezzonotizie.it © 11 novembre 2015 Fotografia: Comitato Heysel Reggio Emilia ©  Icone: Pngegg.com © Grafica Logo: Gianni Valle (Studio Charivari grafica design) ©

 
   

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