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ARTICOLI STAMPA
PROCESSO
HEYSEL
1985-1992 |
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ARTICOLI
STAMPA PROCESSO HEYSEL
1985 |
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Arezzo, i parenti delle
vittime riuniti in associazione
L'incubo di
Bruxelles non è finito
"Giustizia per
i nostri morti"
AREZZO - Le famiglie
delle vittime dell'Heysel" si sono riunite ad
Arezzo ed hanno deciso di costituire
un'associazione per perseguire i responsabili
della tragedia sul piano penale e civile. A sei
mesi dalla tragedia, i sopravvissuti all'incubo
di Bruxelles chiedono giustizia. All'appello
lanciato da Otello Lorentini, padre del giovane
medico aretino morto nello stadio belga mentre
assisteva i feriti, hanno risposto 22 delle 34
famiglie colpite. Sono venuti da ogni parte
d'Italia, genitori, fratelli, amici, oltre a
qualcuno, pochi per la verità, che ha sentito il
bisogno di essere solidale. C'era anche un
neonato Club Juventus, intitolato alla memoria
di due aretini morti all'"Heysel", che ha donato
una targa ricordo ai parenti delle vittime.
"Molto poco" - hanno fatto notare con amarezza i
parenti delle vittime. Sono passati appena sette
mesi ma, della grande mobilitazione di coscienze
dei primissimi giorni, sono rimaste tracce molto
flebili ed inconsistenti. Infine, i parenti
delle vittime chiedono giustizia anche per i
feriti (circa 250, molti del quali
irrimediabilmente menomati). E' stato anche
fatto notare che finora anche il sistema di
solidarietà pubblico si è rivelato del tutto
insufficiente. Ogni famiglia colpita ha ricevuto
in media contributi oscillanti tra i 30 e 140
milioni. La maggior solidarietà economica è
venuta dalla Fondazione Agnelli, che ha inviato
a ciascuna delle famiglie dei 39 caduti nella
famigerata curva "Zeta" 15 milioni. Decisa
infine la costituzione di un'associazione. Sarà
denominata "Associazione delle vittime di
Bruxelles".
(G.D.)
Fonte: La Stampa
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26 novembre
1985
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ARTICOLI
STAMPA PROCESSO HEYSEL
1986 |
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Bruxelles, un
anno dopo
di Licia Granello
Otello
Lorentini è il padre di una delle vittime di
Bruxelles. Il figlio, Roberto, medico trentenne,
morì travolto mentre tentava di rianimare Andrea
Casula, il bimbo di 11 anni perito insieme al
padre. A Lorentini si deve la creazione
dell'associazione "Familiari delle vittime di
Bruxelles", che da un anno si batte perché
vengano perseguiti e puniti i responsabili del
massacro. "Abbiamo lavorato duramente per poter
attivare il procedimento penale, contattando
tutti per corrispondenza. All'associazione hanno
aderito 21 famiglie. Quattro hanno dato la loro
adesione morale: è gente anziana, non ha più
voglia di lottare. Gli altri hanno detto, no
grazie. Andare avanti non è facile: ci sono
notai che hanno chiesto 200.000 lire per
autenticare la firma del mandato. E ci sono
sindaci che a distanza di otto mesi hanno
chiesto i soldi del funerale... Abbiamo trovato
degli avvocati comprensivi, il loro patrocinio
non ci costerà tantissimo. E abbiamo trovato un
referente belga, fondamentale per il
proseguimento del lavoro a Bruxelles. Il 12
giugno faremo un convegno a Roma sulla violenza.
Il ministero degli Interni ci ha messo a
disposizione Palazzo Barberini, i soldati ci
hanno assicurato la messa a punto della sala e
la stampa dei manifesti". Quante adesioni avete
ricevuto finora ? "Nessuna. Ci ha contattato
solo la polizia, credo per motivi legati
all'ordine pubblico. Mi ha telefonato Lattarugo,
capo gabinetto del ministro degli Interni. Ah,
si è fatto vivo anche Sordillo, dicendo che non
può venire perché sarà in Messico, sa, i
mondiali... Ha detto di non preoccuparci perché
i soldi stanziati dalla Federcalcio arriveranno.
Certo, adesso, con i mondiali... Abbiamo chiesto
il patrocinio al Presidente della Repubblica,
non ha risposto. Abbiamo chiesto l'intervento di
Biagi, ci ha fatto scrivere dalla redazione di
"Spot" che era impegnato altrove. Della Juventus
non ci sono tracce, dopo il telegramma e la
Corona inviataci per i funerali di Roberto. Aldo
Ratti, direttore della "Fondazione Edoardo
Agnelli" ha declinato cortesemente, forse si
vergognava. O forse qualcuno gli ha suggerito di
lasciar perdere". Avete avuto altre notizie dal
Belgio ? "L'unica notizia è l'editto-farsa di
Baldovino. I famosi sei miliardi sventolati a
suo tempo non sono mai arrivati. Siamo venuti a
sapere che per vittime si intendono coloro che
stavano allo stadio dalle 19.15 in poi. E noi
che stavamo dentro dalle tre, in che categoria
stiamo ? Dicono che ci rimborseranno le spese
sostenute negli ospedali belgi, e il trasporto
delle salme fino alla partenza dal suolo belga.
Il tutto con le fatture originali allegate alla
richiesta... Hanno dimesso feriti che in Italia
sono stati poi ingessati per mesi, hanno stilato
certificati di "morte accidentale" per non dover
rendere conto al mondo della loro inettitudine.
E così, malgrado l'indagine della magistratura
italiana sia già chiusa, non si sa quando il
processo potrà essere celebrato. So che per
l'anniversario sono in programma manifestazioni
solo da parte italiana, a Bruxelles. Del resto
tutte le autorità sono rimaste al loro posto,
perché stupirsi ? La nostra è un'associazione
fondata sul dolore: vogliamo andare avanti. Ci
hanno detto che la causa costerà 100 milioni,
non importa. Dalle mie parti si dice aver le
spalle tonde, per far scivolare via le
responsabilità. Con noi non attacca. Boniperti
era tanto preoccupato per il suo stadio chiuso.
A me m'han chiuso l'unico figlio in un loculo.
Non s' illudano che ceda".
Fonte: La
Repubblica © 29 maggio 1986
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Repubblica
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Tragedia
Heysel, solo Boniek rinunciò al premio
ROMA
- S’è tenuto in questi giorni a Roma un convegno
sulla violenza negli stadi organizzato dall’
"Associazione vittime dello stadio di
Bruxelles". Un dato inquietante è emerso dal
convegno. Vale a dire che nessun giocatore della
Juve, tranne Boniek, rinunciò al premio partita
in favore delle vittime di Bruxelles.
Fonte: L’Unità © 14 giugno 1986
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ARTICOLI
STAMPA PROCESSO HEYSEL
1987 |
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Quella sciarpa
bianconera levata al cielo
di Marco
Ferrari
La tragedia dell’Heysel nel ricordo di
Otello Lorentini, l'aretino che vi perse il
figlio. L’azione per avere giustizia.
DAL
NOSTRO INVIATO (AREZZO) - Sono le 19.17 del 29
maggio 85. Un uomo solo vaga smarrito e
ammutolito nel campo erboso dello stadio Heysel
di Bruxelles. Agita una sciarpa bianconera. Non
certo in segno di trionfo. La alza in cielo
innocentemente. Quella sciarpa appartiene al
figlio. L'aveva comprata l'anno prima alla
finale di Coppa delle Coppe a Basilea. Quel
simbolo di sport e di vittoria è intriso di
sangue ancora caldo. Otello Lorentini, 63 anni,
pensionato aretino, ricorda a fatica quegli
attimi di paura. "Pensavo che mio figlio Roberto
potesse vedere la sua sciarpa, chiamarmi, dirmi
che era ancora vivo, che aveva superato
quell’ondata omicida. Attesi qualche attimo poi
rientrai nella famigerata curva Z. Frugai tra
quei corpi, alzai cadaveri su cadaveri, mi feci
largo tra pozze di sangue finché non lo vidi. Mi
precipitai su di lui, appoggiai la testa al suo
cuore, mi sembrava che battesse, invece erano le
mie tempie che scoppiavano". Il dramma
dell’Heysel sembra lontano dalla pace della
periferia aretina. Eppure in questa casa moderna
e ordinata dove abita la famiglia Lorentini
alberga ancora l'ombra di una tragedia
impensabile ed inspiegabile. Otello Lorentini,
62 anni, non è un tifoso juventino, forse
neppure uno sportivo. Ha un'aria bonaria e
taciturna frutto di trent’anni di solitario
pendolarismo da Arezzo a Firenze. Ma a Bruxelles
ci era andato volentieri finalmente in pensione,
aveva accettato di accompagnare il figlio
Roberto, 31 anni, medico, e i due nipoti Andrea
e Gianni, cresciuti e vissuti sempre insieme. E’
tornato dal Belgio con un dolore che non si può
rimarginare, una bara con il figlio dentro,
tanti e tanti interrogativi ancora da chiarire.
Adesso Otello Lorentini è presidente
dell'associazione vittime dell'Heysel. Un
compito che non gli restituirà certamente il
figlio Roberto ma che lo aiuterà a capire e far
capire agli altri i meccanismi perversi della
violenza.
In
questa abitazione aretina - dove abitano anche
la giovane moglie e i due figli di Roberto - la
tragedia belga ha spezzato il sogno innocente di
una famiglia operosa e semplice che ha fatto del
lavoro il simbolo dell’emancipazione. E’
difficile entrare tra queste pareti dove si
cerca di vivere come se la morte non avesse mai
oltrepassato quel cancello. Otello Lorentini, la
voce flebile, gli occhi bassi, il volto ancora
stanco dalla sofferenza, parla del dolore come
di una situazione emotiva con la quale bisogna
necessariamente vivere. Eppure l’impegno per
tutte le vittime dell’Heysel (32 italiani più
sei di altre nazionalità) sembra che abbia fatto
ritrovare a quest'uomo la voglia di vivere,
nonostante tutto. "Ho cominciato a luglio dello
scorso anno - racconta Lorentini - a contattare
tutte le famiglie delle vittime. Lo scopo finale
è quello di arrivare al processo penale, a Roma
o a Bruxelles. Una volta individuati i
responsabili - che per me sono le autorità
belghe, la polizia di quello Stato e i dirigenti
dell’Uefa, oltre ai tifosi inglesi, che sono gli
esecutori materiali della strage - in fase
civile ogni associato ha il diritto di fare
quello che vuole". Se il dramma dell'Heysel
appare oggi quasi dimenticato, queste famiglie
vogliono continuare a lottare. Lo hanno ribadito
in un recente convegno romano e lo faranno
ancora stimolando le autorità belghe e italiane
a scavare nella difficile verità. "Ci sono morti
di serie A e di serie B - dice Lorentini -
perché alcune famiglie hanno avuto gli
indennizzi, altri non hanno visto nulla. Il
governo italiano, quello inglese, la Cee e la
Fondazione Agnelli stanno forse facendo della
confusione. Mediamente gli indennizzi sono stati
di 30 milioni. Poi la Croce Rossa ha distribuito
contributi a due o tre famiglie, ma senza
precisi criteri. Morti da dimenticare, morti che
fanno paura. L'inchiesta della Procura di Roma è
giunta al termine, ma si attende un segnale dal
Belgio che però non arriva. "La magistratura
belga - sostiene Lorentini - vuole arrivare in
tribunale, ma sono altre autorità a bloccare
l'inchiesta. In questo caso il dibattimento si
terrà in Italia, anche se rendere esclusiva la
sentenza sarà difficile".
Ma
questa gente non riesce certo a dimenticare i
suoi morti. "Quei ragazzi - racconta Lorentini
sono arrivati a casa a pezzi. Hanno eseguito
l'autopsia e li hanno ridotti come bestie. E
tutto per stilare un certificato di morte
accidentale. Per questo il giudice Rossini, che
ha seguito l’Inchiesta, ha preteso una nuova
autopsia per stilare un diverso certificato per
morte da schiacciamento, da soffocamento o
addirittura da arma. E i belgi pretendono di
lasciare allo stesso posto o magari di
promuovere il borgomastro di Bruxelles e il capo
della polizia. Lorentini non sa esattamente
quello che è accaduto nei minuti e nei giorni
dopo la strage. "Ricordo solo che telefonai
all'ambasciata e che un funzionario ci è corso
in aiuto all'obitorio. Ancora oggi non so quanti
giorni ho passato nella capitale belga. Sono
rientrato con un volo di tifosi modenesi che
avevano posti disponibili". Da allora non ha più
visto una partita, neppure alla televisione.
Comprende gli sportivi, non ha nulla contro i
tifosi. Forse ad Arezzo intitoleranno un campo
storico al figlio e lui ci andrà. Spera che un
giorno anche una strada della città si chiami
con il nome del figlio. Non scorderà mai le
parole toccanti del sindaco di Arezzo ai
funerali, quando disse che la città si sentiva
più vuota. "Del calcio mi è rimasta la rabbia di
vedere la gente gioire per una coppa che
grondava sangue. Non si doveva esultare in quel
modo. Posso accettare - dice Lorentini - che la
partita sia stata eseguita per evitare il
peggio, ma i giocatori dovevano correre subito
negli spogliatoi, non fare neppure la doccia e
venire via. Quello non glielo posso perdonare".
Come
potrà mai far capire ai giocatori di oggi e a
quelli di domani il suo dramma, il dramma di
tante famiglie, l’orrendo destino di un uomo che
parte con la gioia e torna con il dolore ?
Otello Lorentini non lo sa proprio. Ma non perde
la fiducia e continua a farmi scorrere davanti
l’elenco delle adesioni al convegno romano delle
Associazione vittime dell’Heysel come se una
firma o un telegramma potessero in qualche modo
legittimare il suo sforzo, la sua opera di
verità, la sua irrinunciabile fede verso una
giustizia che pure tarda a farsi largo. Quel
figlio, quell’unico figlio se lo sono portati
via, ma non gli hanno certo portato via la sua
giustezza morale. Quello stesso giorno il
postino bussò alla porta dei Lorentini. Li
consegnò una lettera di assunzione del figlio
presso l’ospedale di Arezzo. Una lettera che
Roberto attendeva da mesi e che non ha mai
letto. Lo stesso postino ha suonato ancora,
qualche mese dopo ha consegnato a Lorentini la
medaglia d’argento al valore civile assegnata
alla memoria del figlio Roberto tra la folla
spaventata del settore Z mentre cercava di
proteggere e salvare un bambino. Una canzone di
Fabrizio De André recita di una donna che
aspettava un soldato vivo e si ritrova un eroe
morto, una medaglia accanto al letto. La guerra
à finita, ma la violenza e il dolore continuano.
Che civiltà stiamo costruendo ? Neppure un uomo
saggio e semplice come Lorentini sa rispondere.
Fonte:
L’Unità © 8 gennaio 1987
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Londra, il
processo per l’Heysel. Ventisei imputati per un
massacro.
Quella sporca notte di gloria
di Alfio Bernabei
In aula deliranti ricostruzioni
dell'eccidio di Bruxelles. I "marines", le
Falkland e quegli "italiani bastardi".
LONDRA
- Sono udienze lente e meticolose quelle
dell’aula numero 4 presso la Corte di Highbury
Corner, un distretto nel contro di Londra. Si
comincia sempre allo stesso modo: ore 10.30, la
presenza degli imputati, magistrato e avvocati,
un videoregistratore e tre monitor. Tocca
decidere quanti dei 26 imputati potranno essere
estradati in Belgio per rispondere della
carneficina dell’Heysel. Ieri, l'esame dei
verbali di Anthony Hogan, 23 anni di Liverpool,
ha preso tutta la giornata. L'avvocato Michael
Sherrard che richiede l'estradizione per conto
del governo belga ha letto le deposizioni
raccolte dalla polizia inglese quando nel giugno
dell’85, ha interrogato II giovane. Era uno di
quelli che hanno resistito fino alla fine, con
dozzine di "non so". Chi era a capo della carica
? Non so. Perché hai cominciato ? Non so. Hai
tirato qualcosa, cos'era ? Non so. La polizia
trae la foto 1 poi la 2 e la 3 e gli fa vedere
tre riprese da un video. Comincia a parlare:
"Eravamo arrabbiati perché la polizia ci aveva
preso le bandiere. Gli italiani comunque non
erano angeli. Sì, raccolgo da terra qualcosa, ma
sono dei biglietti che cercavo per souvenir".
Nell'aula del tribunale il video si ferma sul
fotogramma 063453, il momento che lo identifica.
Si fa riferimento alla foto pubblicata da Stern.
Il verbale continua: "Guarda, gli italiani si
stanno ritirando perché hanno paura. Adesso stai
caricando mentre gli italiani sono schiacciati.
Sei tu ?". "Ok, sono io". E la giustificazione:
"Volevo solo fare un giro, dare un'occhiata a
quello che succedeva, ero ubriaco".
I
26 ascoltano, ammiccano, alcuni hanno l'aria
preoccupata, altri ridono. Ce ne sono molti con
magliette a maniche corte, si ha l'impressione
di osservare una squadra di marines in abiti
civili. Si voltano tutti quando riaccendono i
monitor lasciando passare due fotogrammi alla
volta. Puntano col dito. Si ripensa per un
istante a una frase del verbale di Hogan "Era
eccitante". E’ dal 3 febbraio che si va avanti
così, ascoltando deposizioni che hanno
finalmente distinto e articolato fatti e nazioni
dietro la massa di corpi che si muovevano
davanti alle telecamere. Sono state foto e
filmati a permettere di identificare gli inglesi
e a convincerli a parlare. A confronto con il
clamore di quei giorni, queste udienze sono
sorprendenti per lo scarso interesse che
sollevano nei media inglesi, quasi silenzio
completo alla radio", brevi e infrequenti
resoconti sui giornali. Una mezza dozzina di
reporter presenti: o solamente due, incluso il
sottoscritto, nel caso dell'udienza di ieri. È
stato l'avvocato Michael Sherrard, Il 3
febbraio, ad avviare la richiesta di
estradizione per un fatto definito "collective
hooliganismi", vandalismo collettivo, perpetrato
da tifosi che si sono resi responsabili della
morte di 39 persone. "Le vittime", ha detto il
magistrato, "furono schiacciate contro un
angolo, caddero o furono calpestate, morirono
per soffocamento. Incluso un bambino di 10 anni.
Non voglio dire che gli imputati intendessero
causare dei morti. Non di meno il governo belga
ritiene che ognuna di queste persone abbia
responsabilità penali per le morti
sopravvenute".
L’età
media degli imputati si aggira sui 22 anni.
Vengono in maggioranza dal nord, Liverpool,
Merseyside. Ma ce ne sono anche di Londra e
dintorni. Che cosa li ha portati alla violenza
di Heysel ? Terry Wilson e Steve McDonald
avevano dei berretti della Juventus in testa
come trofeo ed erano ancora boriosi e contenti
quando hanno parlato a due giornalisti che hanno
deposto in questi giorni. Secondo McDonald, gli
italiani tiravano bottiglie e molti avevano
lunghi coltelli. "Sapevamo che ci sarebbero
stati degli incidenti perché capitano sempre
durante grandi partite". E Wilson: "Non ci siamo
accorti che c’erano dei morti, dapprima non ci
abbiamo creduto quando ce l'hanno detto. Mi
dispiace di quanto è avvenuto, ma sono ancora
orgoglioso di ciò che abbiamo fatto. Ha aggiunto
che nel mercato della frutta di Manchester dove
lavorava era apparsa la scritta "Liverpool 0
Juventus 39". Entrambi erano d’accordo che
quella di Heysel era stata una "notte di
gloria". Perché "una notte di gloria" ? Heysel
era solo uno stadio, niente missili, navi in
fiamme. E invece, gente massacrata con
l'applauso della maggioranza degli inglesi. Nei
giorni successivi alla tragedia, però, gli
osservatori più attenti e alcuni intellettuali
inglesi hanno immediatamente rilevato il
rapporto tra i marines che erano stati visti tre
anni prima, nel maggio '82 sui teleschermi
durante il conflitto Falkland Malvinas, e
l’orrendo episodio belga.
I
giornali avevano stampato "gloria" a caratteri
di scatola perfino sotto la foto di una nave
inglese devastata dalle fiamme. E lo stadio era
il posto adatto per usare il termine "Gotcha",
glorificato durante il conflitto con gli
argentini e che significa nello slang
militaresco "Ti ho preso". La Thatcher alzando
la bandiera, aveva detto alla televisione: "Dopo
essermi occupata per tanto tempo con le solite
cose… E’ eccitante trovarmi con una vera crisi
fra le mani". Checché se ne dica, non è
possibile isolare l’Heysel dal tipo di
patriottismo elevato alla massima pazza potenza
dalla "gloria del fuoco, dei missili e primi
ministri eccitati dalla guerra. Questi tifosi
inglesi (che molto prima di Heysel avevano
devastato, senza far morti, una cittadina vicino
a Londra, Luton) una volta all'estero a
confronto dei "latini" potevano solamente
attingere energia dai folgoranti esempi di
gloria che avevano irradiato i loro teleschermi
e accontentato vasta parte della popolazione. La
scritta "Liverpool 0 Juventus 39" che decorava
come una bandiera il mercato di Manchester non
era un'espressione da tifosi, ma da dogs of war,
cani da guerra. C’è stato chi tornato sobrio, ha
riflettuto sugli avvenimenti con disgusto e
rimorso. James Wallace, che ha perfino pensato
di farsi prete, o Kevin Hughes, "fu una cosa
stupida, mi dispiace". Ma impera ancora il
dubbio della vittoria, Alan Woodray: "Quando
cedette la rete e noi la traversammo, gli
italiani furono presi dal panico e si
raggrupparono. Suppongo che la nostra carica
abbia contribuito a spaventarli, gli italiani ci
avevano visto andare verso di loro e si erano
impauriti perché si erano trovati davanti a dei
tipi "psycho".
Essere
"psycho", in slang, significa andare ben oltre
Hitchcock. I personaggi dei cosiddetti film
nasties per esempio sono definiti psycho". "Ho
visto uno comportarsi da animale", ha detto
nella sua deposizione un autista belga. E
l’avvocato Sherrard ha aggiunto che uno degli
imputati ha potuto essere riconosciuto grazie al
fatto che si era vestito da Superman. E ancora,
al dì là delle Falkland, dell'orrore e della
fantascienza d'ordine astratto o individuale,
c'è di reale, connesso in qualche modo a questo
disastro umano, quel fenomeno di progressivo
deterioramento politico-culturale che devasta il
paese, forse causa prima dell’impotenza
degenerante in estrema violenza. E il fenomeno
forse non si limita solo a questa categoria. Non
è fuori posto rammentare che non lontano da
Londra, proprio questo fine settimana, si è
svolto il congresso dei giovani conservatori. I
militanti più accesi hanno caldeggiato la
reintroduzione della pena di morte nel prossimo
manifesto politico del governo in carica. Questi
giovani non avevano neanche lontanamente per la
testa i loro conterranei che si sono cimentati
in Belgio e nessuno di loro ha probabilmente
prestato la minima alienazione all'imbarazzante
spettacolo di queste udienze. I loro veri nemici
hanno un colore ben noto che qui non vale
neppure la pena di ripetere. Mai al termine
della conferenza si sono messi a cantare, come
in uno stadio, lo slogan "string’em up,
string'em up !" che significa, gioiosamente dal
loro punto di vista, "leghiamoli al capestro".
Fonte:
L’Unità © 12 Febbraio 1987
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Prima importante sentenza
in Inghilterra per la strage nello stadio
Heysel, processo
di Alfio Bernabei
Il giudice dice sì
all’estradizione, poi mette in libertà i 26
imputati.
NOSTRO SERVIZIO (LONDRA) -
I ventisei tifosi del Liverpool accusati di
omicidio in seguito alla morte di trentanove
persone nello stadio di Heysel nel maggio del
1965 prima della finale di Coppa del campioni
tra la Juve e la squadra inglese, sono da ieri
sera in libertà provvisoria dietro cauzione dopo
che un giudice dell'Alta Corte aveva deciso di
concedere l'estradizione per il processo in
Belgio. Accettando poi l’appello degli avvocati
difensori che intendono impedire l'estradizione
per il processo in Belgio ha concesso ai
ventisei imputati la libertà provvisoria. Dopo
venti lentissime udienze nella piccola aula
numero 4 presso la Corte di Highbury Corner, un
distretto vicino ai centro, la giornata di ieri
si è improvvisamente movimentata con un
drammatico susseguirsi di avvenimenti. Alle 11
di mattina il magistrato David Hopkin ha
concluso che esisteva sufficiente evidenza
contro tutti i ventisei tifosi presenti in aula
circa la loro partecipazione "alla carica, al
lancio di oggetti e agli scontri". "Tali azioni
illegali" ha aggiunto "sono continuate per
quindici minuti e hanno costituito parte
dell’azione concertata contro i tifosi
italiani". Il magistrato ha dichiarato che
venticinque tifosi si sono riconosciuti presenti
agli avvenimenti durante gli interrogatori della
polizia inglese iniziati subito dopo la
tragedia. Uno è stato identificato attraverso
una ripresa video. Nel corso delle udienze i
nastri delle registrazioni sono passati e
ripassati davanti ai ventisei tifosi seduti
proprio come una squadra lungo tre file di
panche alla sinistra del magistrato Hopkin.
Avevano un monitor per conto loro e due monitor
erano piazzati davanti agli avvocati e ai
testimoni. Immediatamente dopo il verdetto del
magistrato che per legge doveva comunque
aspettare il responso del ministro dell’interno
Douglas Hurd prima di avviare l’estradizione
richiesta dall’avvocato rappresentante il
governo belga Michael Sherrard, i difensori dei
ventisei tifosi hanno presentato due appelli
all’Alta Corte, uno per ottenere la cauzione e
l’altro per impedire l’estradizione. Alle due
del pomeriggio la richiesta è stata ascoltata
alla Alta Corte.
Il giudice Simon Brown ha
impiegato poco più di dieci minuti a decidere
che i ventisei tifosi dovevano essere rilasciati
dietro cauzione. Dovranno riapparire in
tribunale fra un mese quando gli avvocati
difensori presenteranno le loro tesi nel
tentativo di cambiare il verdetto del magistrato
e impedire l’estradizione in Belgio dei giovani.
La notizia è stata accolta con moderata
soddisfazione dall’Associazione fra le famiglie
delle vittime di Bruxelles: "è una soddisfazione
- ha detto Otello Lorentini, padre di una delle
vittime - permeata dal nostro desiderio di
giustizia e di preservare in futuro lo sport da
qualsiasi violenza". L'estradizione dei 26
tifosi del Liverpool da processare in Belgio
"potrà certamente contribuire in qualche modo
alla riammissione delle squadre inglesi in
Europa" dopo la squalifica a tempo indeterminato
decisa dall’Uefa che mise fuori dal giro
internazionale le squadre inglesi di società
dalle coppe europee di calcio. Secondo Hans
Bangerter, segretario generale dell’Uefa
intervistato telefonicamente nel suo ufficio a
Berna dopo la decisione della magistratura
britannica, si tratta di "un passo positivo"
anche se si è dichiarato "molto scettico" sulla
possibilità di un ritiro a breve termine della
squalifica: "non sono certo in grado di dire
quando potrà accadere". "Erano mesi - ha
proseguito Bangerter - che il magistrato belga
incaricato dell’inchiesta stava aspettando di
potere concludere il suo lavoro. Spero adesso
che il ministro degli interni britannico si
atterrà alla raccomandazione della magistratura
ed estraderà questa gente perché la si possa
processare davanti alle autorità competenti in
Belgio". A livello sportivo di sicuro l’Uefa
esaminerà la nuova situazione nella riunione
dell’esecutivo in programma il 10 marzo. A
questa sarà presente un inviato della
Federcalcio inglese che potrà esporre il suo
punto di vista anche se non avrà la possibilità
di ottenere risultati immediati.
Fonte:
L’Unità © 4 marzo 1987
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Heysel, nessuna
estradizione
di Alfio Bernabei
NOSTRO SERVIZIO (LONDRA) -
Sono tutti in libertà e non saranno estradati i
26 tifosi del Liverpool che si resero
responsabili del massacro di 39 persone nello
stadio di Heysel nel maggio del 1985 prima della
finale di Coppa del Campioni tra la Juventus e
la squadra inglese del Liverpool. Il 3 marzo
scorso un magistrato della corte di Highbury
Corner, David Hopkin, dopo venti udienze durante
le quali erano state lette le deposizioni che i
26 avevano rilasciato alla polizia, aveva
concluso che esisteva sufficiente "evidenza" per
imputarli di omicidio e aveva ordinato la loro
estradizione per essere sottoposti al processo
in Belgio, come richiesto dalle autorità di quel
paese. I 26 tifosi, presenti alle udienze, si
erano riconosciuti nelle immagini proiettate
dalla tv e nelle foto. Subito gli avvocati
difensori presentarono appello all'Alta corte
per impedire l’estradizione dei loro clienti.
Ieri mattina un inatteso colpo di scena. Il
giudice Watkins, dell’Alta corte di Londra, ha
annullato la sentenza del magistrato Hopkin. II
blocco all'estradizione ridà così la completa
libertà ai responsabili della strage. Alla base
di quest’ultimo verdetto un semplice cavillo
procedurale. I verbali degli interrogatori dei
26 tifosi, condotti dalla polizia inglese, non
furono presentati al magistrato entro i limiti
di tempo necessari e nella forma richiesta dalla
legge (mancava un timbro). Secondo uno degli
avvocati difensori, il verdetto pronunciato ieri
era scontato in quanto "l'evidenza", cioè le
prove, non era stata presentata entro i due mesi
dall’arresto dei tifosi. Il punto in questione
era però già emerso durante il processo e al
momento della sentenza, ma era stato ignorato
con il risultato che si è finito per dar vita ad
una costosa sciarada (20 udienze con un costo
che si aggira sulle 500 mila sterline). Inoltre
ieri si è fatto notare che nel trattato di
estradizione del 1901 fra Inghilterra e Belgio,
è detto che l'Inghilterra "può" consentire
all'estradizione di cittadini britannici, ma che
ciò non significa in alcun modo che "deve" farlo
tramutandolo in "obbligo". Il giudice Watkins,
dal canto suo, è rimasto costernato, per questa
decisione che legalmente è stato costretto a
prendere.
"Il no all'estradizione - ha detto -
lo considero una jattura. Ma non potevo fare
altro, colpevoli le autorità che non hanno
rispettato le procedure relative alla legge
sull'estradizione. Comunque l’avvocato Michael Sherrard, che ha rappresentato il governo di
Bruxelles nel corso delle udienze, ha dichiarato
di aver seguito le vie normali, e come la
gravità del caso gli abbia fatto pensare che la
questione inerente la presentazione dei verbali
entro certi limiti canonici di tempo finisse per
passare in seconda linea. Il giudice Watkins ha
poi tenuto a precisare che le prove raccolte
erano sufficienti per permettere l'estradizione
del tifosi in Belgio e per processarli per
omicidio. "I tifosi del Liverpool - ha detto
Watkins - hanno buttato giù le transenne e hanno
minacciato gli italiani. Hanno lanciato oggetti
e si sono resi responsabili di una delle
peggiori tragedie mai avvenute in una
competizione sportiva". I 26 tifosi sono così da
ieri nuovamente in libertà grazie a queste
incredibili motivazioni tecniche piuttosto che
di sostanza. "Continueremo i nostri sforzi per
ottenere l’estradizione", ha detto l'avv.
Michael Sherrard che rappresenta il governo
belga. E che si voglia fare presto lo
testimoniano le notizie che sono rimbalzate da
Bruxelles. Il portavoce del ministro della
Giustizia belga e vicepremier, Jean Gol, ha
infatti dichiarato: "Abbiamo due possibilità,
fare appello alla Camera dei Lords, o
ricominciare da capo davanti a una Corte analoga
a quella che aveva concesso l'estradizione in
prima istanza". Tutto lascia pensare che il
governo belga sceglierà la seconda strada,
proprio perché più rapida. Comunque una
decisione è attesa tra oggi e domani. Ironia
della sorte il verdetto di ieri è venuto dopo un
nuovo fine settimana di violenza negli stadi
inglesi, con incidenti anche alla stazione
ferroviaria londinese di King’s Cross. Sono
echeggiati di nuovo slogan razzisti contro i
neri, gli ebrei, i
pakistani.
Fonte:
L’Unità © 14 aprile 1987
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Partiti dalla Procura di
Roma contro gli "hooligans"
Ventisei ordini di cattura
per la tragedia di Heysel
di Cesare Martinetti
Durante la partita con la
Juventus i tifosi del Liverpool causarono la
morte di 39 italiani.
ROMA - Ventitré mesi dopo
la strage dello stadio Heysel sono partiti gli
ordini di cattura per omicidio contro gli
hooligans inglesi responsabili di quel massacro.
Li ha firmati ieri mattina il sostituto
procuratore di Roma Alfredo Rossini che da quasi
due anni indaga sulla morte dei 39 italiani
nella curva "Z" dello stadio di Bruxelles poche
ore prima della finale di Coppa Campioni
Juventus-Liverpool. Il magistrato ha deciso dopo
aver avuto conferma dall'ambasciata inglese che
l'Alta Corte britannica aveva respinto per vizio
di forma la richiesta di estradizione degli
hooligans avanzata dai magistrati belgi.
L'iniziativa della Procura di Roma non porterà
in carcere i ventisei inglesi accusati (sono
tutti in libertà provvisoria), ma ha il senso di
una provocazione per muovere l'inchiesta e
consentire di arrivare nel più breve tempo
possibile al processo contro i tifosi del
Liverpool. Per ora l'Italia non ha ancora
avanzato a sua volta richiesta di estradizione
per i 26. Forse lo farà, forse no. Dipende da
come si metteranno le cose dopo questo ennesimo
rinvio dovuto al rifiuto di estradizione opposto
dagli inglesi ai belgi. Il sostituto procuratore
Rossini non ha voluto commentare la sua
decisione, ma ha fatto capire che la Procura
romana dopo aver contribuito in modo
determinante all'inchiesta dei magistrati belgi,
non vuole rimanere solo a guardare e intende
spingere sull'acceleratore perché si faccia il
processo ai responsabili della strage nel più
breve tempo possibile. Sia pure dando credito a
tutte le cortesie formali con cui l'Alta Corte
britannica si è rammaricata per la mancata
estradizione dei ventisei, "il nuovo"
contrattempo è stato interpretato a Roma come
una zeppa al processo. L'inchiesta italiana
sull'Heysel venne aperta il giorno dopo la
strage. La magistratura era nel suo, pieno
diritto di indagine perché vittime del reato
compiuto in terra straniera erano 39 cittadini
italiani. Ci fu un lungo lavoro di raccolta di
testimonianze dei sopravvissuti che la Procura
romana inviò sia ai magistrati belgi che
all'autorità di polizia di Liverpool, incaricata
di individuare gli hooligans responsabili
dell'assalto assassino alla curva degli
italiani.
Grazie a questo lavoro furono
individuati i 26 giovani inglesi che con furia e
determinazione travolsero la debole recinzione
che li divideva dagli italiani, spingendo e
soffocando contro le transenne del vecchio
stadio della capitale belga i trentanove tifosi
juventini. I ventisei inglesi furono
riconosciuti dopo che dalla polizia di Liverpool
arrivarono le immagini di un centinaio di
hooligans tratte da filmati e ingrandimenti che
erano stati anche pubblicati con evidenza sulle
prime pagine dei giornali popolari inglesi dopo
la grande emozione di quella tragedia. Le
immagini, inviate dalla polizia britannica ai
magistrati belgi, furono girate da questi al
giudice italiano che le mostrò alle decine di
testimoni italiani. Da queste testimonianze sono
venuti fuori i nomi dei ventisei accusati.
Perché finora la magistratura italiana non ha
avanzato richiesta di estradizione per i
ventisei ? Alla Procura di Roma si fa capire che
era stata scelta la via di accettare un processo
per così dire in "campo neutro", e cioè in
Belgio dove il giudizio sarebbe stato completo,
non solo a carico degli hooligan, ma anche dei
responsabili delle mancate misure di sicurezza
allo stadio, che non sarebbe stato invece
possibile in Italia. E così la magistratura
romana ha deciso di contribuire all'istruzione
del procedimento, riservandosi eventualmente di
aprire un autonomo processo contro gli inglesi
se le conclusioni di quello belga non fossero
state "soddisfacenti" per le parti civili. La
decisione dell'Alta Corte britannica ha
modificato la strategia del magistrato
l'italiano. I giudici inglesi ("Con estremo
rincrescimento, considerate le orribili
circostanze del caso) hanno respinto la
richiesta di estradizione su ricorso dei
difensori degli hooligans: alla istanza belga
mancava un timbro. Un mese fa il tribunale di
Londra aveva invece accolto la richiesta e
ordinato l'immediato arresto dei ventisei. Ma
anche questa decisione è stata riformata
dall'Alta Corte che ha concesso a tutti la
libertà provvisoria. Ora si attende una nuova
mossa del governo belga che ha dichiarato di
voler proseguire la battaglia legale per
l'estradizione.
Fonte: La
Stampa © 15 aprile 1987
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I Lord mandano in carcere i
teppisti del Liverpool
Strage di Heysel, 24
arresti
LONDRA - Sono tutti in
carcere da ieri (tranne due per ora
irreperibili) i 26 tifosi inglesi accusati di
omicidio colposo per la strage dello stadio
Heysel a Bruxelles. La Camera dei Lord, ultima
istanza della giustizia britannica, ha deciso di
non rinnovare la libertà condizionata ai 26
imputati, che stanno cercando di non farsi
estradare in Belgio dove potrebbero essere
condannati fino a 15 anni di carcere. In aprile
l'Alta Corte britannica aveva annullato, per una
irregolarità di procedura, la decisione presa da
un giudice di estradare gli imputati in Belgio.
Il governo di Bruxelles si è appellato alla
Camera dei Lord che dovrà prendere la decisione
definitiva entro poche settimane. Nel frattempo
i 26 tifosi dovranno attendere il loro destino
in prigione. Ieri sono stati in 23 a perdere la
libertà. Un altro si trovava già in prigione per
altri reati mentre altri due imputati non si
sono presentati: uno è in vacanza e l'altro è
scomparso. Negli incidenti del 29 maggio 1985
allo stadio Heysel prima della finale di Coppa
dei Campioni Juventus-Liverpool morirono 39
persone, in gran parte italiani.
(Ansa)
Fonte: La
Stampa © 1 luglio 1987
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I Lord: "Estradate gli
ultrà di Heysel"
Processo in Belgio per i 26
hooligans
LONDRA - Saranno processati
in Belgio i 26 tifosi del Liverpool accusati di
aver innescato gli incidenti che provocarono il
29 maggio 1985 la tragedia dello stadio Heysel.
Cinque giudici dei Lord, massima istanza
giudiziaria del Regno Unito, hanno concesso ieri
al governo belga l'estradizione dei 26 tifosi
accusati di "omicidio colposo". L'estradizione
era stata autorizzata in prima istanza, ma
annullata dalla Corte superiore per un cavillo
legale (la mancanza di un timbro). I magistrati
hanno interpretato in modo meno restrittivo le
norme del trattato di estradizione tra i due
Paesi. I 26 tifosi, che si trovano in prigione
dal 30 giugno, rischiano condanne fino a 15
anni. Gli incidenti avvenuti sulle tribune dello
stadio prima della finale di Coppa dei Campioni
tra Juventus e Liverpool provocarono la morte di
39 persone (32 erano italiani). La sentenza
parla di "tragici e terribili" eventi. "Poco
prima del match i tifosi inglesi, molti
ubriachi, cominciarono a scatenarsi in azioni
violente, abbattendo recinzioni, travolgendo la
polizia ed avanzando minacciosamente verso gli
italiani. Centinaia di persone, tra cui donne e
bambini, furono ferite finendo calpestate, e 39
morirono. I 28 tifosi sono stati identificati
dalla polizia inglese sulla base dei filmati
televisivi e delle foto scattate durante gli
incidenti. (Ansa)
Fonte: La
Stampa © 14 luglio 1987
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Processo agli hooligans
BRUXELLES - Saranno
processati in Belgio i 26 tifosi del Liverpool,
accusati di aver provocato gli incidenti che il
29 maggio 1985 provocarono la tragedia dello
stadio Heysel. "Poco prima del match i tifosi
inglesi, molto ubriachi, cominciarono a
scatenarsi in azioni violente, abbattendo
recinzioni, travolgendo la polizia ed avanzando
minacciosamente verso gli italiani. Centinaia di
persone, tra cui donne e bambini, furono ferite
finendo calpestate e altre 39 morirono". Con
queste parole e con questa sentenza i giudici
dei Lords, il massimo organo giudiziario del
Regno Unito, ha concesso ieri l'estradizione dei
26 hooligans accusati di "omicidio colposo". I
26 tifosi, che si trovano in prigione dal 30
giugno e a cui non è stata concessa la libertà
provvisoria, rischiano condanne fino a 15 anni
di carcere. La loro ultima speranza di evitare
l'estradizione è un appello al ministro
dell'Interno, Douglas Hurd, che ha l'ultima
parola in materia. Ma il governo britannico ha
già fatto sapere che intende dare la "massima
collaborazione" al governo di Bruxelles, anche
se la corte di Londra aveva negato una prima
richiesta di estradizione per vizio di forma
(mancava un timbro). Del resto di dubbi ce ne
sono pochi. I tifosi sono stati identificati
dalla polizia inglese sulla base dei filmati
televisivi e delle foto scattate durante gli
incidenti. Inoltre c'è la documentazione di
Scotland Yard, lunga 1500 pagine, che porta le
testimonianze di 75 testimoni britannici. La
notizia è stata accolta con molta soddisfazione
negli ambienti giudiziari di Bruxelles, anche
perché il ministro della Giustizia, Jean Gol, si
è sempre mostrato molto deciso nell'avviare
nuovamente la procedura di estradizione
dell'aprile scorso.
Lo stesso ministro ha tenuto
ieri pomeriggio una conferenza stampa e ha
spiegato che i 26 hooligans appena arriveranno
in Belgio saranno rinchiusi nella prigione di Louvain, vicino a Bruxelles. "Non risiedendo nel
nostro territorio, nulla vieterebbe loro di
fuggire" ha aggiunto Gol. Davanti all'insistenza
con cui i giornalisti britannici gli hanno
chiesto garanzie sulla rapidità e sull'equità
del processo, Gol, irritato, ha dichiarato: "Le
vostre domande mi fanno trasecolare. Noi non
avevamo chiesto a questa gente di venire qui a
commettere crimini. Noi siamo un paese civile,
la nostra giustizia è almeno al medesimo livello
di quella degli altri paesi europei". Secondo
gli esperti la preparazione del processo
richiederà varie settimane. "Gli inglesi
estradati resteranno in carcere fino alla
sentenza" ha precisato Gol. I dossier delle
parti civili sono centinaia, chi fu ferito o chi
ebbe parenti uccisi in quella che doveva essere
soltanto una partita di calcio continua a
chiedere giustizia. Gol ha aggiunto che i 26
tifosi potranno ricorrere ad avvocati del loro
paese e che avranno a disposizione degli
interpreti. Sul banco degli imputati insieme a
loro ci saranno anche il segretario della
Federcalcio belga, François Roosens e due
ufficiali della gendarmeria incolpati di
omicidio volontario e in libertà provvisoria.
Sono quattro le imputazioni di cui i tifosi
arrestati dovranno rispondere ha sottolineato
Gol: omicidio colposo, gravi mutilazioni e
lesioni permanenti, lesioni non permanenti ed
aggressione con percorse. Viene riconosciuta
agli imputati l'assenza di volontà di uccidere,
per cui ha detto il ministro, il verdetto non
sarà affidato ad una giuria popolare, ma a tre
giudici di carriera, il che comporterà pene meno
pesanti.
Fonte: La
Repubblica © 14 luglio 1987
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Londra estrada in
Belgio i teppisti dell'Heysel
LONDRA - Il ministro degli Interni del Regno
Unito Douglas Hurd ha firmato gli ordini di
estradizione di 26 tifosi del Liverpool
richiesti dal Belgio perché accusati di avere
partecipato alla strage dell'Heysel, dove
trentanove persone, (32 gli italiani), persero
la vita nei tragici incidenti che si
verificarono poco prima della finale di Coppa
dei campioni tra Juventus e Liverpool. "Era
inevitabile" - ha commentato il difensore di 11
dei tifosi - secondo il quale il processo si
sarebbe dovuto svolgere in Inghilterra -
rivelando di avere ricevuto una telefonata dal
Ministero degli Interni nella quale gli è stata
confermata la decisione del ministro. L'accusa è
di omicidio preterintenzionale. "Sono furioso
per il fatto che gli accusati siano già stati
definiti hooligans britannici", è stata la
reazione del difensore, che ha aggiunto: "Si
tratta di semplici imputati". L'annuncio
dall'Inghilterra ha causato non poco imbarazzo a
Bruxelles. Il ministero della Giustizia belga
non ha finora ricevuto nessuna notifica
ufficiale circa la decisione del ministero della
Giustizia inglese. Una precisazione del
ministro, diffusa ieri sera e ribadita questa
mattina, fa seguito a un annuncio, fatto ieri da
responsabili della polizia giudiziaria belga,
secondo cui l'estradizione dei tifosi sarebbe
ormai certa per la notte tra martedì e mercoledì
prossimi. Intanto, la stampa belga conferma
l'esistenza di un "piano di battaglia"
predisposto dalle autorità politiche e
giudiziarie britanniche e belghe, in vista
dell'estradizione degli "hooligans", che il
ministro della Giustizia di Londra deve avallare
entro il 13 settembre. Secondo il giornale belga
"Le soir", il ministro britannico ha già
informato le autorità belghe della propria
intenzione di autorizzare l'estradizione. Il
ministro potrebbe anzi rendere pubblica la
propria decisione oggi stesso.
Fonte: Stampa Sera © 2 settembre 1987
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Hooligans, presto a
Bruxelles
La tragedia dell'Heysel
all'ultimo atto. L'estradizione è prevista per
l'8 settembre: i presunti colpevoli nel carcere
di Lovanio prima del processo.
DAL
NOSTRO CORRISPONDENTE (BRUXELLES) - La notizia è
stata data dalla polizia giudiziaria belga, che
non ne era autorizzata, e l'imbarazzo sfoggiato
dal ministero della Giustizia, in attesa che da
Londra venisse la comunicazione ufficiale, è
servito soltanto a sottolineare l'imminenza
della svolta decisiva nella tragica vicenda
dell'Heysel. Nella notte fra l'8 e il 9
settembre, saranno estradati in Belgio i 26
hooligans inglesi accusati degli incidenti che
il 29 maggio 1985, in occasione della finale di
Coppa tra Juve e Liverpool, costarono la vita a
39 persone (32 italiani). Dal 13 luglio, dopo
una serie di vicissitudini giudiziarie, i Lord
avevano concesso la richiesta della magistratura
belga. L'ultima parola spettava al ministro
britannico della Giustizia, Douglas Hurd.
Ricevute informazioni "confidenziali",
giustificate dalla necessità di coordinare il
trasferimento dei 26, la polizia giudiziaria
martedì ha rivelato tutto. A questo punto il
governo belga doveva solo tamponare la grana
diplomatica, perché i "piani di battaglia",
minuziosamente rivelati con anticipo, non
dovrebbero subire variazioni. Gli hooligans,
quindi, arriverebbero in Belgio a notte
inoltrata, fra martedì e mercoledì della
prossima settimana: a bordo di un aereo militare
C134, accompagnati da una schiera di agenti
belgi che li riceveranno in consegna dalle
autorità britanniche a un aeroporto presso
Londra. Il giudice istruttore che si occupa del
"caso Heysel", la signora Marina Coppieters't
Wallant, avrà 24 ore per interrogarli al Palazzo
di Giustizia: dovrà anzitutto accertarsi della
loro identità, quindi raccogliere, in una serie
d'incontri a quattr'occhi, gli elementi per
confermare l'accusa. Salvo clamorose sorprese,
gli hooligans saranno tutti rinviati a giudizio
e trasferiti nelle carceri di Lovanio, in attesa
del processo. Massima sicurezza e massimo
riserbo sembrano destinati ad avvolgere l'intera
operazione: un numero ristretto di fotografi
sarà ammesso all'aeroporto militare di
Melsbroeck per l'arrivo degli hooligans e ancora
meno numerosi saranno quelli che potranno
entrare nel carcere di Lovanio, preferito a
quello di Bruxelles per motivi di sicurezza.
Alle esigenze d'informazione supplirà il
ministro della Giustizia Jean Gol, con un'attesa
conferenza stampa nella quale si attendono
informazioni precise sul processo. Finora non ne
è ancora stata fissata la data, né è possibile
prevedere quanto durerà. Resta anche un dubbio
per quanto riguarda i tre Belgi (due ufficiali
della gendarmeria e un funzionario della
federazione calcistica) che dovranno rispondere
di negligenza: non è sicuro, infatti, se essi
saranno processati con i 26 tifosi del Liverpool
o se saranno giudicati separatamente, come è già
accaduto a 13 persone - otto inglesi, quattro
italiani e un belga - nei mesi successivi alla
tragedia dell'Heysel.
T. GAL.
Fonte: La Stampa © 3 settembre 1987
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Bruxelles maxi processo ai
tifosi inglesi
BRUXELLES
- Sarà il processo del secolo, dicono a
Bruxelles: e ha i segnali giusti per diventarlo.
Lo intenteranno le autorità belghe nei confronti
di ventisei tifosi del Liverpool, responsabili
della tragedia avvenuta il 29 maggio di due anni
fa allo stadio Heysel, prima che Liverpool e
Juventus disputassero la finale di Coppa dei
Campioni. Morirono 39 persone nei disordini, 32
delle quali italiane. Dopo due anni di richieste
e di carte bollate, le autorità belghe, infatti,
sono riuscite ad ottenere l'estradizione dei
ventisei tifosi, per poterli processare in
Belgio. E' la Camera dei Lord che ha dato
l'autorizzazione definitiva, resa esecutiva
dalla firma del ministro. Anche se il ministero
degli Interni, almeno finora, ha rifiutato di
dare conferma. La principale prova di accusa
contro i ventisei tifosi, in carcere dal giugno
dell'85, è una videocassetta sulla quale le
telecamere della polizia belga hanno fissato le
drammatiche immagini dei disordini. I magistrati
belgi e britannici, in sostanza, hanno potuto
studiare i volti tra la folla dei sostenitori
del Liverpool che attaccano violentemente i
tifosi della Juventus, costringendoli a
ritirarsi verso un angolo della curva Z. Le
persone morirono schiacciate dalla folla
impazzita, il muro di recinzione della curva
crollò facendo cadere centinaia di persone. Il
giudice britannico ha ritenuto che ci siano
indizi sufficienti per accusare i ventisei
tifosi della morte di almeno un tifoso italiano,
Mario Ronchi. Il processo, è ovvio, avrà tempi
lunghi.
Anche perché oltre ai ventisei tifosi,
sono sotto accusa due ufficiali della
gendarmeria belga che il giorno della tragedia
erano di servizio e Albert Roosens, allora
segretario della Federazione belga di calcio,
responsabile dell'organizzazione e, soprattutto,
della vendita dei biglietti. Una negligenza
incredibile l'aver messo a contatto, sulle
gradinate, i tifosi delle due parti. Una volta
in Belgio, gli "hooligan" saranno condotti al
Palazzo di Giustizia di Bruxelles dove verranno
interrogati immediatamente dal giudice che ha
seguito, fin dall'inizio, la complessa indagine.
Il giudice avrà 24 ore di tempo per ascoltare i
ventisei tifosi, quindi dovrà confermare il
mandato di arresto e notificarlo, prima del
trasferimento nel carcere di Lovanio. In un
servizio, la radio belga francofona, ha rilevato
le difficoltà del processo, mettendone perfino
in dubbio la "praticabilità", sia per
l'impotenza della documentazione da porre a
disposizione della difesa, sia per l'incertezza
su chi potrà assumere la difesa stessa dei
ventisei. Il ministro belga della Giustizia,
Jean Gol, ha promesso un "giudizio giusto e
sollecito", senza perdita di tempo. L'avvocato
Harry Livermore, che difende undici dei ventisei
tifosi, ha dichiarato che "l'estradizione era
inevitabile" anche se ha tentato, fino alla
fine, di evitarla. L'estradizione, che in
precedenza era stata annullata dall'Alta Corte
per un errore di procedura, è stata
definitivamente concessa sulla base di un
trattato internazionale del 1902 che rendeva
ammissibile per le accuse di omicidio volontario
o preterintenzionale, violenze a mano armata e
sequestro di persona.
Fonte: La Repubblica © 3 settembre 1987
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"Dovete processare i tifosi
italiani arrestati all'Heysel"
LONDRA
- "Anche gli italiani che hanno responsabilità
nella strage dello stadio Heysel dovrebbero
essere processati a Bruxelles, non è giusto che
i tifosi del Liverpool debbano pagare per
tutti". Lo hanno affermato ieri due deputati
britannici, in alcune interviste alla tv, dopo
che il ministero degli interni aveva concesso
l'estradizione in Belgio dei 26 teppisti
accusati della tragedia di Bruxelles. "Chiunque
abbia assistito all'orrore di quella partita ha
detto in una intervista alla Bbc il parlamentare
laburista Robert Waring avrà visto le bandiere
fasciste italiane, grandi striscioni che
affermavano che i tifosi del Liverpool erano
delle bestie". Il deputato di Liverpool, ha
chiaramente parlato di "provocazione". Un altro
parlamentare, il liberale David Alton, in una
intervista rilasciata ad un'altra televisione,
ha detto di essere d'accordo con la decisione di
concedere l'estradizione in Belgio. "Ma ritengo
fondamentale - ha aggiunto - che se esistono
prove contro i tifosi della Juventus, anche
questi devono essere portati davanti al giudice.
E' necessario presentare al più presto una
istanza agli italiani in questo senso". I due
parlamentari hanno entrambi chiesto al Governo
inoltre di agevolare le famiglie degli
estradati, aiutandole finanziariamente "sia per
una difesa legale efficace, sia per i
trasferimenti in Belgio per poter seguire il
processo". L'avvocato Paul Rooney, intanto, che
difende quattro dei tifosi del Liverpool
estradati, ha messo in guardia sull'eventualità
che la giustizia belga prenda i tifosi inglesi
come "capro espiatorio". "E’ evidente - ha detto
- che anche cittadini italiani e Belgi sono
coinvolti come responsabili nella tragedia, ma
sembra proprio che queste persone non verranno
giudicate da alcun tribunale". L'avvocato dei
quattro tifosi inglesi ha infine aggiunto che
"malgrado le assicurazioni del ministro degli
interni britannico Douglas Hurd, la Gran
Bretagna non potrà avere nessun controllo per
assicurarsi che quello di Bruxelles sia davvero
un buon processo".
Fonte: La Repubblica © 4 settembre 1987
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In rivolta le carceri del
Belgio "non vogliamo i teppisti inglesi"

BRUXELLES - Stato di
emergenza nelle carceri belghe. In due prigioni
di Bruxelles, i detenuti si sono ribellati alla
decisione delle autorità di concedere un
"trattamento speciale" ai 26 teppisti inglesi
estradati da Londra perché accusati della strage
allo stadio Heysel, in cui persero la vita 39
persone tra cui moltissimi italiani che
assistevano alla partita Juve-Liverpool. Il
carcere di Saint Gilles è stato ieri pomeriggio
nelle mani dei rivoltosi, che tengono in
ostaggio sette od otto guardie carcerarie. A
tarda sera la sommossa è stata domata. La
sommossa era scoppiata al termine dell'ora
d'aria, sulla scia delle oltre tre ore di
violenti scontri che durante la notte tra lunedì
e martedì si erano verificati a poche centinaia
di metri di distanza, nel carcere di Forest. Al
grido di hooligans, trois etoiles (ai teppisti
trattamento a tre stelle), i detenuti si sono
rifiutati di rientrare nelle loro celle,
appiccando incendi a brande e suppellettili e
mettendo in fuga gli agenti. Nella confusione,
tredici reclusi sono riusciti ad evadere, anche
se più tardi nove di loro sono stati
riacciuffati dalla polizia, che circondava il
carcere insieme alle forze speciali. A notte
alta, mentre si susseguivano i consulti tra il
governo e i responsabili dell'ordine pubblico,
alte lingue di fuoco avvolgevano in più punti
l'edificio, in particolare lungo le ali della
prigione. In serata, mentre la polizia iniziava
la riconquista del carcere, un portavoce dei
detenuti si era messo in contatto per telefono
con un giornalista del Tg di lingua francese: ha
detto che ci sarebbero almeno otto feriti gravi,
che i rivoltosi erano disposti a lasciarli
uscire. Intorno alle 22 la Gendarmeria di
Bruxelles ha comunicato di aver ripreso il
controllo della situazione. Non si hanno ancora
notizie chiare sull'intervento delle forze
dell'ordine. Un primo bilancio della rivolta
registra un centinaio di feriti soprattutto tra
i detenuti e ingenti danni. I 26 hooligans,
imputati di omicidio preterintenzionale, sono
attesi per oggi a Bruxelles. Secondo l'accusa,
scatenarono gli incidenti che insanguinarono la
finalissima di Coppa dei campioni del 29 maggio
'85 tra Liverpool e Juventus, con 39 morti, tra
cui 32 italiani, e centinaia di feriti. Nei
giorni scorsi, si era appreso che verranno
sistemati in veri e propri miniappartamenti
modernissimi, dotati di televisione e completi
di sala giochi con calcetto, carte e scacchi. La
notizia, ampiamente riportata dai giornali belgi
sotto titoli di scatola (Un hotel a tre stelle
per i teppisti di Heysel) ha provocato subito
tensione in numerose carceri del paese, ma in
particolare in quelle sovraffollate dalla
capitale. A Forest, un malandato edificio che
risale al secolo scorso, circa 200 dei 600
detenuti si sono ammutinati dando fuoco in molte
celle ai letti: all'ingresso della polizia, sono
iniziati violentissimi scontri, che per oltre
tre ore hanno tenuto impegnate le forze
dell'ordine e le guardie carcerarie. Alla fine,
il bilancio è stato di venticinque feriti, tra
cui numerosi agenti colpiti alla testa dagli
oggetti scagliati contro di loro dai rivoltosi.
Mentre scoppiava la rivolta a Saint Gilles, la
protesta è iniziata anche nel vecchio carcere di
Lovanio.
Fonte: La
Repubblica © 8 settembre 1987
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Trattamento di favore per i
teppisti dell'Heysel, due carceri in rivolta
Detenuti belgi: hooligans a
casa
di Fabio Galvano 
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
(BRUXELLES) - Hooligans a cinque stelle, noi
trattati come cani. Divampa la protesta dei
detenuti belgi, a poche ore dall'arrivo dei 26
estradati dall'Inghilterra per il processo
dell'Heysel. Domenica sera nel carcere
brussellese di Forest, ieri in quello di St.
Gilles, i detenuti hanno inscenato una protesta
che si è presto tradotta in rivolta. Dopo
l'energico intervento della gendarmeria, lo
scontro ha lasciato sul campo di Forest 25
feriti. A St. Gilles il bilancio potrebbe essere
più preoccupante: a tarda sera la gendarmeria
non era ancora riuscita a ristabilire l'ordine e
si parlava di almeno 7 feriti gravi. Non si
avevano conferme ufficiali, invece, alla notizia
di sette e forse otto guardie carcerarie nelle
mani dei rivoltosi. Durante gli scontri di St.
Gilles sono anche evasi 13 detenuti, dei quali
nove subito ripresi. Denunciando le loro
condizioni, da "prigione degli Anni Trenta" al
grido di "Hooligan ! Go home" i carcerati hanno
contestato la decisione del ministro belga della
Giustizia, Jean Gol, di riservare ai teppisti
del Liverpool la modernissima e confortevole ala
con tanto di tv in ogni cella, sala giochi,
impianti igienici di prim'ordine, del carcere di
Lovanio (anche qui, ieri sera, c'è stata una
protesta; ma senza incidenti). Ieri il ministro
è intervenuto per assicurare che gli hooligans -
il loro arrivo potrebbe già avvenire stanotte,
al massimo entro giovedì - non godranno di un
trattamento particolare. Ma il danno era già
stato fatto quando, giovedì scorso, egli aveva
cercato di rassicurare l'opinione pubblica
inglese elencando tutte le amenità del carcere.
Le immagini televisive del supercarcere di
Lovanio, destinate alla Bbc e al pubblico
inglese, erano state raccolte dalla tv belga e
viste dai detenuti di qui. L'effetto boomerang
era assicurato. La dinamica dei due incidenti a
Forest e St. Gilles è stata molto simile. Prima
striscioni e grida, poi vetri rotti, quindi
l'incendio di lenzuola e materassi, infine la
demolizione di alcune strutture interne. A
Forest ci sono volute cinque ore per domare i
disordini, verificatisi contemporaneamente in
due ali. I gendarmi sono intervenuti quando ci
si è resi conto che la situazione peggiorava. E'
stato il gruppo antiterrorismo Diane a entrare
in azione: nel giro di un'ora la rivolta era
domata. Dalle case circostanti si sono visti
circa centoventi detenuti trascinati nel
cortile, presi in consegna dalla polizia,
ammanettati, legati e fatti allineare in
ginocchio contro un muro, sotto la pioggia che
aveva cominciato a cadere. Sei gli agenti
feriti, una ventina i carcerati (uno grave,
nell'assalto con i lacrimogeni ha avuto un
infarto). A St. Gilles la battaglia è stata più
violenta. Il Belgio si trova di fronte a un
problema imprevisto, quello degli "hooligans a
cinque stelle". Il ministro Jean Gol non può
rimangiarsi la lunga lista delle promesse: le
due passeggiate al giorno in gruppi di tredici,
la disponibilità di libri e giornali della
biblioteca ma anche di quelli mandati da casa,
la televisione in cella (con allacciamento anche
ai due canali della Bbc), una sala di
ricreazione con pingpong e calcetto, visite
quotidiane dei famigliari, libertà di posta e -
sotto controllo - di telefono.
Fonte: La
Stampa © 8 settembre 1987
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"Quei teppisti del
Liverpool saranno subito estradati"
BRUXELLES - I ventisei
tifosi del Liverpool accusati della strage nello
stadio Heysel verranno estradati in Belgio
nonostante i disordini scoppiati nei giorni
scorsi in due carceri belghe. I detenuti dei
penitenziari di Saint Gilles e di Forest, che
erano stati protagonisti di una sommossa sedata
soltanto dopo molte ore dalla polizia, avevano
contestato la decisione delle autorità di
concedere un trattamento speciale ai supporter
della squadra inglese. I reclusi avevano
protestato in particolare perché le celle
riservate ai 26 inglesi sono molto più
accoglienti delle altre. Ieri la rivolta si è
estesa anche nel carcere di Lovanio dove i
detenuti si sono rifiutati di svolgere i soliti
compiti. "Sono atterrito" - ha dichiarato a
Liverpool l'avvocato difensore Sir Harry
Livermore. "Dio soltanto sa cosa potrebbe
accadere ai nostri compatrioti in Belgio, se
prima ancora del loro arrivo le carceri vengono
messe a ferro e fuoco". In realtà le
preoccupazioni del legale sono giustificate
visto che gli hooligans, i teppisti, dovranno
rimanere almeno quattro mesi nel carcere di
Lovanio in attesa di essere processati per i
tumulti avvenuti nel maggio 1985 prima della
partita Juventus-Liverpool, in cui morirono 39
persone, 32 delle quali italiane. Nonostante
dunque il malcontento e la tensione non si
plachino, il ministro degli Interni inglese,
Douglas Hurd, è apparso irriducibile e ha
dichiarato che sarebbe assurdo tornare su una
decisione che, presa dalla magistratura, è stata
ratificata anche dal governo. Quindi saranno
trasferiti in Belgio senza nessun rinvio. I
tentativi in Gran Bretagna di bloccare
l'estradizione sembrano dunque falliti. Neppure
il ricorso annunciato dall'avvocato Livermore ha
distolto il ministro dalla sua decisione.
Livermore aveva annunciato una nuova azione
legale per impedire l'estradizione se il
ministro Hurd non fosse stato in grado di
garantire che i teppisti saranno processati per
la morte di un solo tifoso, l'Italiano Mario
Ronchi.
Infatti l'estradizione era stata
concessa per l'omicidio preterintenzionale di
Ronchi dopo che i giudici inglesi avevano
esaminato il filmato girato dalla polizia belga
in cui si vedevano i tifosi del Liverpool
lanciarsi all'assalto della tribuna dove sedeva
l'italiano. E nemmeno la richiesta del deputato
di Liverpool Eric Heffer di convocare tutti i
parlamentari della regione per esaminare i
gravissimi sviluppi sembra aver prodotto
l'effetto di ritardare l'invio dei 26 a Lovanio.
L'urgenza del trasferimento è giustificata anche
dal fatto che se entro domenica non venisse
effettuata l'estradizione il provvedimento
cadrebbe in prescrizione. Anche in Belgio ci
sono state reazioni ufficiali ai disordini di
Forest e di Saint Gilles (il cui bilancio è di
un centinaio di feriti) e più in generale sul
provvedimento di accogliere gli imputati nel
processo per la strage di Heysel. Il ministro
della Giustizia belga Jean Gol ha risposto ai
detenuti, che lamentavano condizioni di
eccessivo affollamento dei penitenziari, e alla
stampa belga, che ha dato ampio rilievo
all'avvenimento. Gol ha affermato che a Saint
Gilles sono soltanto 51 i reclusi che vivono in
tre per cella e che comunque sono stati loro
stessi a sceglierlo. Per quanto riguarda il
supposto trattamento a tre stelle riservato agli
imputati inglesi il Guardasigilli ha ribattuto
dicendo che non si può parlare di una condizione
di privilegio. Infatti secondo Gol si
tratterebbe di una sistemazione in celle doppie
e per di più con servizi igienici in comune.
Certo queste giustificazioni non convincono né
l'opinione pubblica né la popolazione
carceraria. Ancora ieri su "Le Soir", il più
diffuso quotidiano belga in lingua francese,
compare una vignetta in cui si vede un signore
al telefono, molto somigliante al ministro, che
prende appunti ripetendo: "Con servizi privati e
letto doppio, certamente signor Hooligan". Tutto
ciò sembra non impensierire più di tanto
l'energico ministro belga che ha disposto le
misure per ricevere nei prossimi giorni i 26
indesiderati. Ma secondo voci ufficiose il
trasferimento potrebbe avvenire prima, forse
oggi stesso.
Fonte: La
Repubblica © 9 settembre 1987
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Le rivolte in prigione
dovute al timore di favori ai 26 inglesi
Carcere molle ai teppisti
dello Heysel. Infuriati i detenuti belgi
BRUXELLES - Sedate le brevi
ma violente rivolte nelle carceri ora in Belgio
infuriano le polemiche. Non tanto
sull’intervento estremamente deciso dei corpi
speciali che ha posto fine al tumulto l’altra
sera nella prigione di Saint Gilles, ma
piuttosto sui motivi che avevano scatenato la
protesta dei detenuti. A provocarne la rabbia
era stata la notizia di un presunto trattamento
privilegiato che le carceri belghe
intenderebbero riservare ai 26 teppisti
britannici attesi a Bruxelles per il processo
sulla strage del 29 maggio 1985 allo stadio
Heysel. Quella sera si giocava la finale di
Coppa dei Campioni tra le squadre di calcio del
Liverpool e della Juventus. Prima della partita
sugli spalti i tifosi inglesi assalirono i
rivali negli scontri e soprattutto nella
tremenda calca che ne seguì morirono 39 persone
tra cui 32 italiani. Ieri sia i giornali belgi,
sia quelli britannici tornavano sull’argomento
riconfermando quanto già scelto in precedenza e
cioè che per i 26 fanatici del Liverpool si
prepara un’accoglienza di favore se comparata
con le condizioni di vita dei detenuti belgi.
"Alberghi a tre stelle" venivano definite da un
quotidiano le celle riservate ai britannici. Un
altro, "Le Soir", pubblicava una vignetta in cui
il ministro della Giustizia Jean Gol nelle vesti
di un direttore di hotel rispondeva alla
telefonata di un cliente: "Certamente signor
Hooligan con servizi privati e letto doppio"
(hooligan è parola usata per definire i giovani
teppisti inglesi). Il ministro Gol al centro
della tempesta di critiche ha negato che ai 26
imputati in arrivo da Liverpool possa toccare un
trattamento di favore ed ha smentito quanto
lamentato dai detenuti di Saint Gilles cioè che
in quel carcere esistano condizioni di
sovraffollamento.
Disagio e inquietudine si
erano manifestati in molte carceri belghe alla
fine della settimana scorsa. La pronta
esplosione di violenza si era avuta domenica
sera a Forest. Una rivolta di breve durata, ma
violenta. Alla fine i feriti negli scontri con
la polizia intervenuta a riportare l’ordine
erano venticinque. Ancora più duri gli scontri
lunedì a Saint Gilles quando gendarmi e corpi
speciali hanno fatto irruzione nel carcere che i
detenuti ribelli stavano mettendo a soqquadro.
Lanci di gas lacrimogeni hanno preceduto di
pochi attimi l’assalto che si è poi sviluppato
in una serie di accaniti corpo a corpo. Iniziata
alle 17 la sommossa era già soffocata alle 22,
ma a prezzo di un altissimo numero di feriti,
circa 130, molti dei quali con gravi sintomi di
asfissia. Ingentissimi i danni anche perché i
rivoltosi avevano appiccato il fuoco a molti
locali. La durezza dell’intervento poliziesco ha
fatto nascere il sospetto in alcuni ambienti che
il bilancio dei feriti sia molto più grave di
quello ufficiale. Ecco perché gli eurodeputati
radicali hanno chiesto che si faccia luce su
quanto realmente accaduto a Saint Gilles. Da
Londra intanto il ministro degli Interni Douglas
Hurd ha confermato che i 26 tifosi del Liverpool
saranno estradati comunque, perché la decisione
della magistratura è stata ormai ratificata dal
governo. Chi tenta ancora di opporsi
all’estradizione è il loro difensore avvocato
Harry Livermore che ha preannunciato un’azione
legale tesa a bloccare il provvedimento in
extremis. "Sono atterrito, Dio solo sa cosa
potrebbe accadere ai miei assistiti se prima
ancora del loro arrivo le carceri vengono messe
a ferro e fuoco" ha commentato il legale.
Fonte:
L’Unità © 9 settembre 1987
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Sono arrivati a Bruxelles
Finalmente davanti al
giudice i teppisti dell’Heysel
BRUXELLES - Uno dei
detenuti che lunedì hanno partecipato alla
rivolta che ha sconvolto il carcere di Bruxelles
"Saint Gilles" è morto ieri. Le cause del
decesso sarebbero le emanazioni di gas e fumo
dovute agli incendi appiccati durante la
sommossa. Ma la polizia non ha divulgato il nome
del morto indicando solo che era "di origine
asiatica". Le rivolte nelle carceri scoppiarono
per protestate contro il trattamento di favore
riservato dalle autorità belghe ai 25 teppisti
britannici che il 29 maggio 1985 si
abbandonarono a sanguinose violenze nello stadio
Heysel, provocando la morte di 39 spettatori che
dovevano assistere alla finale di Coppa dei
Campioni fra Juventus e Liverpool. Mentre i
detenuti protagonisti delle proteste dei giorni
scorsi sono in celle sovraffollate e poco
igieniche l’ala della prigione di Lovanio
allestita per ospitare i teppisti britannici
isolati degli altri detenuti, è spaziosa, dotata
di servizi moderni e di un’area di svago, una
"prigione di lusso", come dicono i giornali
belgi. Comunque gli "Hooligans" sono finalmente
giunti ieri davanti al loro giudice a Bruxelles.
Erano attesi in 26, ma sono arrivati in 25, uno
di loro è stato trattenuto in Gran Bretagna per
rispondere di altri reati compiuti nel suo paese
prima delle violenze allo stadio Heysel. Gli
interrogatori sono subito iniziati condotti dal
giudice Istruttore signora Marina Coppieters
Wallant. I teppisti rischiano condanne non
superiori ai dieci anni. Il reato maggiore di
cui sono accusati è infatti quello di lesioni
gravi, inferte senza intenzione di uccidere. Il
processo durerà molto a lungo, almeno secondo le
previsioni. I testimoni che compariranno davanti
alla corte sono infatti numerosi. Saranno
sottoposti a giudizio anche due ufficiali della
gendarmeria che comandavano le forze di
sicurezza nello stadio, e il responsabile
dell’organizzazione della partita, il segretario
della federazione di calcio belga, Albert
Roosens. Intanto ieri i familiari dei detenuti
del carcere di Saint Gilles hanno protestato
contro la sospensione delle visite.
Fonte:
L’Unità © 10 settembre 1987
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A Bruxelles i teppisti
inglesi accusati della strage di Heysel
BRUXELLES
- Ben arrivati in Belgio, animali rossi. Così la
stampa belga ha accolto i 25 teppisti inglesi
estradati ieri dopo i disordini e le polemiche
dei giorni scorsi. Sono i presunti responsabili
della strage avvenuta nello stadio Heysel nel
maggio '85, quando morirono 39 persone, 32 delle
quali italiane. Sono giunti ieri alle 15
all'aeroporto militare di Melsbroek a bordo di un Hercules
dell'esercito. Subito dopo i 25 imputati, e non
26 (uno è stato trattenuto per reati commessi
precedentemente in Inghilterra) sono stati
trasferiti al palazzo di giustizia di Bruxelles.
L'edificio della fine del secolo scorso è stato
trasformato per l'occasione in una fortezza ed è
sorvegliato da un imponente spiegamento di
gendarmi e poliziotti. Il giudice istruttore, la
signora Marina Coppieters't Wallanter ad
aspettarli per gli interrogatori preliminari.
Entro oggi pomeriggio, cioè entro 24 ore
dall'arrivo degli accusati, il giudice dovrà
notificare i mandati d' arresto che
consentiranno il trasferimento dei tifosi nel
carcere di Lovanio, a circa mezz'ora dalla
capitale. Qui è stata preparata un'ala apposita
dove gli imputati attenderanno il processo, che
si annuncia lunghissimo. I venticinque
sostenitori del Liverpool rischiano condanne non
superiori ai dieci anni. Il reato per il quale
rischiano la pena più severa è quello di lesioni
gravi inferte senza intenzione di uccidere.
L'estradizione è avvenuta senza incidenti
nonostante il clima di tensione che aveva
caratterizzato la vigilia e che tuttora pervade
il Belgio. Nei giorni scorsi i detenuti dei
carceri belgi di Saint Gilles e di Forest
avevano organizzato violente sommosse contro il
presunto trattamento di favore che il governo
belga si accingerebbe a concedere ai teppisti
inglesi. In seguito ai disordini scoppiati nei
penitenziari, che poi si sono estesi anche a
quello di Lovanio, ci sono stati 100 feriti uno
dei quali è morto ieri. La polizia non ha
fornito il nome della vittima. Si sa soltanto
che è di origine asiatica e che è morto
asfissiato dal fumo e dal gas sprigionatisi
dagli incendi appiccati dagli stessi rivoltosi.
E' stata disposta comunque un'autopsia per
accertare le cause della morte del detenuto e
anche per fugare i sospetti nati dalle voci di
azioni violente della polizia durante gli
scontri nel carcere.
Contro la concessione di un
trattamento di favore ai tifosi inglesi si era
schierata anche la stampa belga. Ieri il
quotidiano "La dernière heure" ha scritto: "I
teppisti saranno giudicati in modo esemplare e
democratico, anche se non sarà facile mantenere
la serenità nel corso delle udienze con l'ombra
delle 39 vittime sulla coscienza di ognuno".
Questa è dunque l'atmosfera creatasi intorno al
trasferimento dei probabili responsabili della
strage che precedette l'incontro di calcio
Juventus-Liverpool. La stampa non è stata
ammessa all'aeroporto per assistere all'arrivo
degli indesiderati cittadini britannici. Le
fonti ufficiali hanno taciuto su tutta
l'operazione iniziata ieri mattina in
Inghilterra. I 25 che si trovavano nel carcere
londinese di Wormwood Scrubs sono stati
trasferiti a bordo di alcuni cellulari alla base
aerea di Brize Norton nell'Oxfordshire e da lì
sono stati presi in consegna dalla polizia
belga. A bordo dell'Hercules hanno poi raggiunto
Bruxelles. Che a nulla sarebbero valsi i
tentativi dei legali per impedire il
trasferimento lo si era capito dal tono del
ministro degli Interni inglese che martedì aveva
confermato la decisione nonostante le rivolte
dei detenuti belgi. Ieri infine è naufragato
l'ultimo tentativo per rimandare la partenza.
L'avvocato Harry Livermore infatti ha ritirato
il ricorso contro l'estradizione. Ho rinunciato
ad ogni ulteriore azione legale, ha dichiarato
Livermore prima che i suoi clienti partissero
per il Belgio, e credo che i miei assistiti
saranno trasferiti tra breve. L'avvocato aveva
presentato a mezzanotte un ricorso all'Alta
corte britannica chiedendo un rinvio in seguito
agli incidenti nelle carceri belghe. Il
magistrato però non aveva voluto prendere una
decisione immediata e ha ritardato l'esame del
caso, inducendo il difensore a recedere dal suo
proposito. Sul trattamento che verrà riservato
agli imputati ieri è intervenuto l'ambasciatore
belga Jean Paulvan Bellinghen. In un'intervista
alla Bbc il diplomatico britannico ha assicurato
che i 26 saranno trattati benissimo e giudicati
con giustizia. Gli è stato domandato perché
saranno processati soltanto i tifosi del
Liverpool e non quelli della Juventus. Risposta:
Perché gli italiani non parteciparono alla prima
fase dei disordini. Vi furono tumulti e
dimostrazioni da parte italiana soltanto dopo
che tutta quella povera gente era morta.
Fonte: La
Repubblica © 10 settembre 1987
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Estradati dall'Inghilterra
con 2 aerei militari, oggi l'incriminazione
Belgio, gli hooligans in
carcere
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
(BRUXELLES) - Venticinque tifosi del Liverpool,
accusati della tragedia dell'Heysel che oltre
due anni fa costò la vita a 39 persone, sono
stati estradati ieri dall'Inghilterra e presi in
consegna dalle autorità giudiziarie belghe. Nel
pomeriggio, al Palazzo di Giustizia di
Bruxelles, il giudice istruttore Marina
Coppieters't Wallant ha già avviato gli
interrogatori formali ed entro 24 ore - cioè
entro oggi pomeriggio - dovrà rimetterli in
libertà o, come sembra fuori dubbio, emettere
l'accusa formale. Solo allora gli hooligans
potranno essere trasferiti nel carcere di
Lovanio, dove li attendono le modernissime celle
che nei giorni scorsi hanno provocato risentite
proteste dei carcerati belgi e violente rivolte
nelle prigioni brussellesi di Forest e St.
Gilles. Proprio ieri, mentre i 25 venivano
trasferiti con eccezionali misure di sicurezza
dall'aeroporto militare di Melsbroek al Palazzo
di Giustizia, si è appreso che uno dei detenuti
di St. Gilles - un uomo "di origine asiatica" e
già sofferente d'asma, hanno precisato le
autorità - era deceduto in mattinata. Sarebbe
stato vittima di complicazioni polmonari dovute
al fumo degli incendi appiccati martedì sera a
numerose parti del carcere. Il ministro della
Giustizia Jean Gol, tuttavia, ha ordinato
l'autopsia. La prima vittima della rivolta
carceraria, che ha fatto anche 25 feriti a
Forest e 70 a St.Gilles, ha alimentato altre
proteste, soprattutto da parte dei familiari dei
detenuti. Ma anche la minaccia di altri
disordini è stata ieri relegata in secondo piano
dall'arrivo dei 25 (non 26: uno degli accusati,
infatti, è stato trattenuto in Inghilterra
perché deve rispondere di altri gravi reati
davanti alla giustizia britannica).
Per evitare
gli squadroni di fotografi e teleoperatori in
attesa all'aeroporto militare, il corteo - tre
furgoni cellulari e decine di auto - ha percorso
una strada interna, emergendo dai cancelli
dell'aeroporto civile di Zaventem prima di
dirigersi, indisturbato, verso il centro di
Bruxelles. Gli hooligans, i cui avvocati si
erano battuti fino all'ultimo per evitare
l'estradizione, e il cui arrivo in Belgio è
stato di fatto ritardato di qualche ora (era
previsto in origine per martedì notte) in
seguito alla grave situazione creatasi in alcune
carceri, sono stati visti soltanto al loro
arrivo al Palazzo di Giustizia, verso le 16.15.
Ad uno ad uno sono apparsi davanti al giudice
istruttore, che completerà stamane gli
interrogatori. Poi hanno affrontato la loro
prima notte belga, nelle celle della polizia
giudiziaria, sicuramente non confortevoli come
quelle di Lovanio - tv in cella, servizi
moderni, clima asettico da ospedale - che
durante le rivolte nei carceri brussellesi
avevano fatto coniare ai detenuti uno slogan di
sicuro effetto: "Hooligans a cinque stelle".
Accusati di quello che nella lunga e complessa
dicitura belga è l'equivalente dell'omicidio
preterintenzionale - una derubricazione che ha
facilitato l'estradizione e che consente il
processo davanti a tre magistrati anziché una
giuria popolare - i 25 hooligans rischiano
condanne che variano fra un minimo di 8 giorni e
un massimo di 10 anni a processo, secondo le
previsioni espresse nei giorni scorsi dal
ministro Gol, dovrebbe svolgersi entro fine
anno. T. GAL.
Fonte: La Stampa © 10 settembre 1987
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Sparano già su Matarrese
"Heysel" forse l'Uefa a
giudizio
Incarichi politici e
sportivi sarebbero incompatibili. Interrogazione
di 3 deputati sulla presidenza Federcalcio.
LONDRA - Harry Livermore,
l'avvocato difensore dei 25 tifosi del Liverpool
ritenuti responsabili del massacro di 39 persone
avvenuto due anni fa allo stadio Heysel, ha
rivelato oggi che potrebbero essere incriminati
anche il Borgomastro di Bruxelles, Herve
Brouhon, il capo della gendarmeria belga, Robert
Bernaert e due funzionari dell'Uefa che avevano
ispezionato lo stadio prima dei sanguinosi
disordini. Secondo i legali belgi che difendono
gli "hooligans", i quattro potrebbero diventare
coimputati in quanto colpevoli di negligenza.
L'impianto sportivo non era infatti in
condizioni adeguate per ospitare un evento come
la finale di Coppa del Campioni e la polizia
dimostrò di non essere all'altezza.
Fonte:
Stampa Sera © 11 settembre 1987
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Il Belgio non scorda Heysel
"per i teppisti niente privilegi"
BRUXELLES - I teppisti
inglesi accusati della strage avvenuta 27 mesi
fa nello stadio di Heysel sono stati trasferiti,
come previsto, nel carcere belga di Lovanio, a
20 chilometri dalla capitale. I tifosi del
Liverpool compariranno lunedì o martedì della
prossima settimana di fronte alla Camera di
consiglio del tribunale di Bruxelles che dovrà
confermare il mandato d'arresto. Poi dovranno
attendere il processo che dovrebbe svolgersi
entro la fine dell'anno o all'inizio del
prossimo. Sul banco degli imputatati saliranno a
fianco degli inglesi anche tre belgi. Si tratta
dell'ex segretario della federazione gioco
calcio belga e di due ufficiali della
gendarmeria addetti al servizio d' ordine la
sera del 29 maggio. Intanto, ieri notte sono
continuati gli incidenti nelle carceri belghe.
Dopo le sommosse di Saint Gilles, di Forest e
poi di Lovanio, che hanno provocato la morte di
un cambogiano e circa cento feriti, stavolta è
toccato alla prigione di Merxplas, nei pressi di
Anversa. A quanto pare durante i disordini
sarebbero evase una trentina di persone, la metà
delle quali sono già state riprese. Il motivo
della protesta è sempre lo stesso: il presunto
trattamento di favore che il governo belga
avrebbe intenzione di concedere agli imputati.
Il carcere a cinque stelle, come sintetizzava
uno slogan coniato dai carcerati durante le
rivolte, era stato in qualche modo promesso
dalle autorità belghe per tranquillizzare gli
avvocati difensori degli inglesi. Ma nonostante
i numerosi tentativi da parte degli avvocati per
impedire o almeno ritardare la partenza dei 26
supporter del Liverpool, gli hooligans sono
stati ugualmente estradati in Belgio. Mercoledì
sono giunti nella capitale belga coperti dal
massimo riserbo. Dopo gli interrogatori
preliminari il giudice istruttore, signora
Marina Coppieters' t Wallant, ha notificato loro
il mandato d'arresto per il reato che nella
procedura italiana corrisponde all'omicidio
preterintenzionale. L'accusa si riferisce agli
incidenti avvenuti a maggio del 1985 nello
stadio di Heysel prima dell'incontro di calcio
valido per la finale della Coppa dei campioni
tra Liverpool e Juventus. Sugli spalti ci furono
degli scontri violentissimi tra opposte
tifoserie che costarono la vita a 39 persone, 32
delle quali italiane. Grazie alla registrazione
di quei drammatici momenti, vissuti da milioni
di telespettatori in diretta, la polizia ha
potuto individuare gran parte dei teppisti
inglesi responsabili della strage.
Di una vera e
propria strage infatti si trattò. Gli incidenti
scoppiarono poco prima che scendessero in campo
i giocatori. Dal settore dei tifosi del
Liverpool partirono prima insulti, poi sassi e
in pochi minuti si passò ad un vero e proprio
assalto agli italiani, che nel tentativo di
fuggire, abbatterono il muretto opposto della
curva zeta. Oltre alla recinzione caddero nel
vuoto decine di persone. Nonostante i gravi
incidenti la partita si disputò ugualmente. I
protagonisti di quella notte di violenza hanno
però potuto beneficiare della derubricazione del
reato di strage per il quale avrebbero rischiato
l'ergastolo. Il capo d'imputazione è stato
tramutato in omicidio preterintenzionale,
consentendo di sveltire le operazioni
d'estradizione. Inoltre l'accusa per un reato
meno grave consentirà di celebrare il primo
grande processo internazionale contro i teppisti
degli stadi, davanti a tre magistrati che
dovranno esaminare un dossier di 47 mila pagine.
Gli imputati altrimenti sarebbero dovuti
comparire di fronte ad una giuria popolare che
sarebbe più facilmente influenzabile dal
movimento d' opinione diffusosi in Belgio negli
ultimi giorni. Ad accentuare il clima di
tensione avevano contribuito sia gli incidenti
scoppiati nelle carceri sia la stampa belga,
insorta, per ragioni diverse, contro i 25
hooligans (il ventiseiesimo è stato trattenuto
in Inghilterra per reati commessi in patria
precedentemente al maggio 85, ma sarà estradato
al più presto). I giornali locali mercoledì
titolavano: ben arrivati, animali rossi,
riferendosi al colore della maglia del
Liverpool. I mass media del Belgio hanno quasi
unanimemente chiesto una condanna esemplare che
faccia giustizia. Con l'invio degli inglesi
nella prigione di Lovanio non si sono placate le
polemiche sulle condizioni privilegiate
riservate loro. Infatti la sezione in cui sono
ospitati gli hooligans è la più confortevole
dell'antica prigione costruita nel 1860. Hanno a
disposizione 14 celle, ciascuna composta di due
ambienti ben illuminati, le docce, una sala
comune con la televisione e inoltre potranno
ricevere le visite dei familiari per due ore al
giorno. Inoltre la sezione del partito radicale
belga ha chiesto le dimissioni del ministro
della Giustizia Jean Gol.
Fonte: La
Repubblica © 11 settembre 1987
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Tempi lunghi per il
processo
Lunedì in Belgio si decide
per la libertà
provvisoria agli hooligans
dell’Heysel
BRUXELLES - Lunedì prossimo
la Camera di consiglio di Bruxelles deciderà se
prolungare o meno la carcerazione preventiva dei
22 Hooligans inglesi accusati della strage dello
stadio Heysel dove la sera del 29 maggio 1985,
prima della finale di Coppa Campioni, morirono
39 persone. I teppisti inglesi sui quali grava
il pesante capo di accusa di aver provocato i
tragici incidenti sono stati estradati nel
settembre scorso dalla Gran Bretagna e da allora
detenuti nel carcere di Lovanio. Fino a pochi
giorni fa erano 25 gli hooligans in attesa di
giudizio poi i giudici ne hanno messi in libertà
provvisoria tre lunedì, in attesa del processo,
che difficilmente verrà celebrato entro la fine
dell'anno. La Camera di consiglio di Bruxelles
deciderà la momentanea sorte degli altri. Una
decisione che verrà presa proprio quando vengono
alla luce gli inquietanti legami internazionali
dei teppisti degli stadi. Esisterebbe una vera
multinazionale del teppismo sportivo che
godrebbe di appoggi e sostegni logistici forniti
da movimenti europei di estrema destra. Una
triste e sconcertante verità è contenuta nel
dossier elaborato da un’equipe di studiosi
dell'università cattolica di Lovanio (Kul) alla
quale, proprio all’indomani della strage
dell’Heysel venne commissionata dal ministero
degli Interni belga la ricerca. Il materiale
raccolto dagli studiosi dell’Università
cattolica di Lovanio parla di organizzatissime
"squadre del disordine" che "accompagnerebbero"
anche squadre che non sono le loro. Esistono, ad
esempio, prove che incidenti fra due squadre
belghe sarebbero stati provocati da "tifosi"
olandesi.
Fonte:
L’Unità © 7 novembre 1987
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ARTICOLI
STAMPA PROCESSO HEYSEL
1988 |
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Strage dello stadio Heysel
Processo il 18 aprile
BRUXELLES
- Il processo contro i ventisei tifosi del
Liverpool accusati della strage dello stadio
Heysel avrà inizio il 18 aprile; lo ha reso noto
oggi un funzionario del ministero della
Giustizia belga.
Fonte:
Stampa Sera © 2 marzo 1988
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Vittime dell'Heysel Appello
dei familiari
AREZZO - Nella imminenza
del processo per gli incidenti avvenuti nello
stadio Heysel di Bruxelles, in occasione di
Juventus-Liverpool, la cui prima udienza è
fissata per il 18 aprile prossimo nella capitale
belga, l'Associazione delle famiglie delle
vittime, riunitasi ieri ad Arezzo, ha inviato
una lettera alla presidenza del Consiglio dei
ministri, alla Juventus ed alla Federazione
italiana gioco calcio, nella quale chiede di
essere concretamente aiutata, nel suo intervento
processuale di parte civile. Gli associati hanno
ascoltato la relazione dei legali italiani Paolo
Ammirati e Domenico Mammoli, che insieme
all'avvocato Brusio Pirrongelli, di Roma, e
Daniel Vedovatto, di Bruxelles, assistono le
famiglie dei morti e dei feriti, costituitesi
parte civile. I presenti - si afferma in un
comunicato - hanno concordemente rilevato come
di fronte al massiccio schieramento difensivo
dei 26 imputati inglesi, che si fanno assistere
da 40 avvocati, dei quattro imputati belgi che
si fanno difendere da altri 12 avvocati, le
famiglie italiane siano state lasciate sole ad
affrontare una dura battaglia processuale dove
saranno in discussione oltre la dignità
nazionale, la responsabilità dei singoli e dei
gruppi.
Fonte:
Stampa Sera © 21 marzo 1988
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Subito rinviato al 17
ottobre il processo per lo stadio Heysel
BRUXELLES
- E' stato rinviato al 17 ottobre il processo
per la strage dello stadio di Heysel, dove, il
29 maggio 1985, 39 tifosi - 32 dei quali
italiani - morirono durante gli incidenti che
precedettero la finale della Coppa dei Campioni
tra Juventus e Liverpool. Il processo, apertosi
oggi nell'aula principale del palazzo di
giustizia di Bruxelles, è stato subito
aggiornato, come era previsto, perché gli
avvocati difensori hanno chiesto tempo per
studiare il dossier che è di ben 50 mila pagine.
Imputati sono 27 tifosi teppisti britannici del
Liverpool, i cosiddetti "hooligans", per
omicidio preterintenzionale, e due ufficiali di
gendarmeria e un ex-funzionario dell'Unione
calcistica belga, per concorso nello stesso
reato. Tutti gli imputati sono a piede libero.
Fonte:
Stampa Sera © 18 aprile 1988
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Strage Heysel Oggi prima
udienza e poi rinvio
BRUXELLES - A quasi
tre anni dai drammatici incidenti in cui allo
stadio di Heysel persero la vita 39 persone, 32
delle quali italiane, si aprirà stamane a
Bruxelles il processo ai 27 "hooligans", tifosi
teppisti del Liverpool, la squadra inglese che
quel giorno, 29 maggio '85, doveva incontrare la
Juve per la finale della Coppa dei campioni. Ma
l'udienza durerà pochi minuti, il tempo per la
difesa di chiedere un rinvio di alcuni mesi.
L'accusa non si opporrà.
Fonte: Stampa Sera © 18 aprile 1988
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Oggi a Bruxelles comincia
il processo per i gravi disordini avvenuti tre
anni fa allo stadio in cui morirono6 39 persone.
I tifosi del Liverpool e tre dirigenti belgi
accusati degli scontri in cui morirono 39
persone.
In tribunale la strage di
Heysel Ma sarà fatta giustizia ?
di Paolo Soldini
La tragedia di Heysel
approda in tribunale. Ma è dubbio che giustizia
sarà fatta ! Quasi certamente il processo che
inizia oggi a Bruxelles contro 26 tifosi del
Liverpool, tre dirigenti belgi, accusati per i
gravissimi incidenti che il 29 maggio 1985
costarono la vita a 39 persone, sarà aggiornato
alla prima udienza. E nessuno sa quando potrà
riprendere.
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
(BRUXELLES) - Tre anni non sono bastati.
L’inchiesta che approda oggi nell'aula del
tribunale di Bruxelles è incompleta, monca,
avvelenata dalle polemiche. Dei 29 accusati per
la follia di quella tremenda serata allo stadio
di Heysel pochi, probabilmente, siederanno al
banco degli imputati. Forse i tre belgi, il
segretario generale dell'Unione calcistica
Albert Roosens e i due dirigenti della
gendarmeria che quella sera avevano la
responsabilità del servizio d'ordine, il
maggiore Kensier e il capitano Mahieu. Forse
qualcuno dei 26 teppisti britannici che erano
stati individuati nei filmati della tv,
estradati in Belgio e poi scarcerati dietro
cauzione. Centoventimila franchi belgi, meno di
quattro milioni di lire: tanto è stato valutato
il prezzo della loro libertà e secondo gli
avvocati difensori questo basterà a convincerli
a non sottrarsi al giudizio... D'altronde
nessuno degli imputati ha troppo da temere,
almeno per ora. L'istruttoria su cui si basa il
processo è tanto debole che dopo l’udienza di
oggi si dovrà, probabilmente, incominciare tutto
daccapo. Di fronte alla tremenda vividezza delle
immagini di quel 29 maggio, l'immagine della
giustizia è grigia, sfocata, elusiva. Ed è stata
così fin dall'inizio: c’era un ministro degli
Interni che non si volle dimettere e con il suo
cinismo e la sua arroganza diede l’esempio.
Jean-Ferdinand Nothomb se ne sarebbe andato dal
governo qualche mese dopo, per una storiaccia
tutta "belga" di rivalità linguistiche, ma di
fronte ai 39 morti di Heysel non ebbe neppure la
sensibilità, minima, di cercare, almeno, qualche
giustificazione.
Ma se l'esempio veniva
dall’alto perché stupirsi, poi, se l'inchiesta
si sarebbe impantanata sulle reticenze, i
silenzi, i più penosi scaricabarile ? E con che
coraggio la magistratura belga avrebbe potuto
reclamare una più attiva collaborazione delle
autorità britanniche, per individuare e punire i
teppisti assassini ? Così, se per i belgi sul
banco degli imputati siedono oggi solo Roosens e
i due dirigenti della gendarmeria, per gli
inglesi sarà ben difficile trovare le prove
dalle loro responsabilità individuali e, per
quelli che saranno condannati, se il processo
arriverà mai a termine, sarà altrettanto
difficile ottenere che scontino davvero la pena.
Questo esito triste della storia cominciata
quella maledetta sera allo stadio era,
d'altronde già scritto, in qualche modo, dalle
prime battute. 30 maggio 85. Il giudice
istruttore Marina Coppieters’t Wallant,
incaricato dell’inchiesta, incarica decine di
investigatori di studiarsi, a Bruxelles, Londra
e Liverpool, le riprese televisive e le foto per
identificare il maggior numero possibile di
teppisti e la natura dei loro atti di violenza.
Ma le difficoltà maggiori sono sul fronte belga.
Chi è responsabile delle incredibili falle del
servizio d'ordine e dei ritardi nell’intervento
delle forze di polizia ? Comincia, su questi
punti, uno scandaloso palleggio delle
responsabilità. 4-5 giugno. Il presidente della
Camera Jean Defraigne accusa le forze
dell’ordine e il ministro Nothomb. Al termine di
una seduta tumultuosa viene votata la
costituzione di una commissione d’inchiesta. 6
luglio, la commissione rende il suo rapporto.
Contiene critiche severe all'Unione calcistica
belga, alla Uefa e alla gendarmeria. Cinque
membri su nove mettono sotto accusa Nothomb, ma
questi rifiuta di dimettersi.
13 luglio. Mentre
alla Camera il dibattito è accesissimo, il
ministro della Giustizia e vicepremier Jean Gol
annuncia le proprie dimissioni per protestare
contro "il rifiuto ingiustificato da parte del
ministro degli Interni di assumersi le proprie
responsabilità". Sembra un gesto nobile, ma
probabilmente è solo un pretesto per regolare
ben altri conti tra il partito liberale, di cui
Gol è uno del massimi esponenti, e i
social-cristiani di Nothomb. La crisi di
governo, aperta dal gesto di Gol, sarà
ricomposta in estate con la decisione di andare
alle elezioni anticipate. 2 luglio 86. Per 26
teppisti, riconosciuti nelle riprese televisive,
il governo belga chiede a Londra l'estradizione.
La procedura sarà lunga e difficile: gli inglesi
chiedono "garanzie" e solo il 9 settembre
dell'anno successivo 25 dei 26 sospetti
arriveranno in Belgio. 29 gennaio 87. Roosens,
Kensier e Mahieu sono incolpati di omicidio
involontario. 4 settembre. Per rassicurare
l'opinione pubblica britannica, il ministro
della Giustizia mostra ai giornalisti le celle
della prigione di Lovanio dove saranno
incarcerati i teppisti; sono dotate di ogni
comfort. 6 settembre. Anche i detenuti leggono i
giornali. Nelle prigioni di Saint-Gilles e
Forest, a Bruxelles, scoppia una rivolta contro
il trattamento di favore riservato ai
britannici. 23 ottobre. La Camera di consiglio
del tribunale di Bruxelles decide la
scarcerazione dietro cauzione di sei imputati.
Il 26 febbraio di quest'anno tocca anche agli
altri venti. La cauzione è fissata a 120 mila
franchi e per tutti c'è l'obbligo di presentarsi
al processo. Quanti ce ne saranno, in aula,
stamane ?
Fonte: L’Unità © 18 aprile 1988
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La tragedia allo stadio
Heysel
Un tifoso torinese di nuovo
fermato
E' Salussoglia, condannato
a 2 anni in Belgio
Umberto Salussoglia, il
tifoso della Juventus condannato dal tribunale
di Bruxelles a due anni di reclusione nel
processo per le violenze nello stadio Heysel la
tragica sera del 25 maggio '85, rischia di
scontare la pena nelle carceri del Belgio. La
polizia tedesca di Kiefesfelden, posto di
frontiera con l'Austria, ha identificato ieri il
giovane, ricercato nei Paesi della Cee con un
ordine di arresto provvisorio emesso dalle
autorità di Bruxelles un anno fa, quando la
sentenza divenne definitiva. Umberto Salussoglia
stava lasciando la Germania, dopo aver trascorso
alcuni giorni di vacanza a Monaco di Baviera per
l'Oktoberfest. La magistratura belga, non appena
appresa la notizia del fermo, ha chiesto
l'estradizione del giovane alle autorità
tedesche: se sarà concessa, Salussoglia, che è
difeso dall'avv. Carlo Altara, passerà due anni
in una prigione belga. Ma la possibilità di
estradizione dipende dalle convenzioni esistenti
tra Belgio e Germania. I 24 mesi di reclusione
gli furono inflitti, senza sospensione
condizionale della pena, il 19 novembre '86,
alla fine del processo in cui era accusato di
aggressione ad un poliziotto, comportamento
violento e danneggiamenti. Accuse ritenute
fondate dai giudici. Salussoglia venne
condannato in contumacia: rimase a casa, mandò
un certificato medico: "Ho l'epatite". Estraneo
agli scontri
(Ndr: falso storico leggi
Nota Associazione) che provocarono il massacro (38
morti) dei tifosi
(Ndr: 39) italiani accorsi all'Heysel
per la finale di Coppa campioni tra Juventus e
Liverpool, Umberto Salussoglia fu ripreso dalla
televisione mentre con una scacciacani sparava
verso la curva occupata dai fans inglesi:
l'immagine del teppista con la pistola in pugno
fu trasmessa in tutto il mondo; divenne emblema
della violenza negli stadi.
Fonte: La
Stampa © 27 settembre 1988
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Per i 38 morti dell'Heysel
27 "hooligans" alla sbarra
La tragedia di
Juventus-Liverpool il 29 maggio 1985. Imputati
anche 2 gendarmi e l'ex segretario della
Federazione Calcio belga. Trentadue le vittime
italiane.
BRUXELLES - Giustizia, tre
anni dopo, per i 38 morti e i circa 300 feriti
di Juventus - Liverpool, la finale di Coppa dei
Campioni trasformatasi in strage la sera del 29
maggio 1985. Lunedì mattina, alle 8 e 45, i
giudici della corte d'appello di Bruxelles
cominceranno il lungo processo contro 30
imputati. Sono 27 "hooligans", i teppisti da
stadio inglesi che con il loro assalto
provocarono il crollo del muro del settore "Z"
dello stadio Heysel: cadendo nel vuoto, perirono
38 persone di cui 32 italiani, 4 Belgi, un
francese e un irlandese. Un cittadino inglese,
invece, morì accoltellato fuori dello stadio.
Estradati dall'Inghilterra due anni fa, gli
"hooligans" sono poi stati rilasciati in libertà
vigilata e rimpatriati a Liverpool (è difficile
che lunedì siano presenti per l'apertura del
dibattimento). Nella Sala delle udienze solenni
del Palazzo di Giustizia di Bruxelles, invece,
dovrebbero esserci i tre imputati belgi: due
poliziotti che erano di servizio allo stadio e
l'ex segretario della Federazione Calcio belga,
Albert Roosens. I legali di parte civile, però,
costituitisi per i familiari delle vittime,
hanno chiesto la convocazione (per i danni
civili) di altre quattro persone: il sindaco
della capitale belga, Brouhon, l'ex assessore
allo Sport, il presidente dell'Uefa, Jorge, e il
segretario della stessa organizzazione,
Wangester. Per i teppisti di Liverpool le accuse
sono di ferite volontarie e premeditate ed
omicidio plurimo preterintenzionale. Roosens e i
due gendarmi devono rispondere di omicidio e
ferite preterintenzionali. In sostanza non
avrebbero garantito la sicurezza nello stadio.
Un tifoso torinese, Umberto Salussoglia, è già
stato condannato a 2 anni di carcere per
violenza.
Fonte:
Stampa Sera © 15 ottobre 1988
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Inizia domani a Bruxelles
il dibattimento per la strage allo stadio del 29
maggio ’85. Sul banco degli9 imputati 26
hooligans, dirigenti belgi e Uefa. Storia di
compromessi e dimenticanze.
Heysel, un processo farsa
di Paolo Soldini
Trentatré imputati alla
sbarra per un processo che si annuncia lungo e
difficile. La strage dello stadio di Heysel, 39
morti, approda nell'aula di un tribunale. Si
avvicina il momento della giustizia ? E’ una
domanda cui non è facile rispondere: troppe
esitazioni, troppe manovre e troppe fughe dalle
responsabilità hanno riempito la storia dei tre
anni e mezzo che dividono da quel 29 maggio
1985...
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
(BRUXELLES) - Tornano le immagini di quella
serata di incubo, come in un corto circuito
della memoria. Come se non fossero passati i
mesi e gli anni. Invece il tempo è passato. Il
processo per la strage di Heysel si apre,
domani, tre anni e meno dopo l'orrore di quella
serata del 29 maggio 1985 allo stadio; I 1236
giorni che sembrano un nulla di fronte alla
scena della tribuna disseminata di cadaveri,
cristallizzata in tutta la sua irreparabilità, e
che invece sono tanti, troppi, e riempiti di
niente. Ci sono stati polemiche, buoni
propositi, un’inchiesta amministrativa e una
giudiziaria. Parole, tante. Ma le conseguenze ?
Il teppismo negli stadi è continuato, e "di
calcio" si continua a morire; la "severa
punizione" per i tifosi dei club britannici,
l'interdizione delle trasferte all’estero, è
presto diventata l'oggetto di un mercato
politico-sportivo. La ricerca delle colpe
specifiche, per la follia di quella finale di
coppa tra la Juventus e il Liverpool trasformata
in spettacolo di orrore e morte, ha rischiato di
affondare nelle sabbie mobili delle
irresponsabilità amministrative, per cui nessuno
è responsabile di nulla: la gendarmeria sul
posto perché aveva ricevuto l'ordine di
comportarsi così e basta, i dirigenti della
gendarmeria perché non erano sul posto, il
borgomastro di Bruxelles perché l'ordine
pubblico negli stadi non compete a lui, l'Unione
calcistica belga perché prende le direttive
dall'Unione europea, l'Uefa perché i suoi
dirigenti non potevano certo sapere delle
magagne nel sistema di sicurezza di Heysel...
Perfino il ministro degli Interni dell'epoca
Ferdinand Nothomb, che pochi mesi dopo se ne
sarebbe andato dal governo sbattendo la porta
per una questione di rivalità linguistiche in un
piccolo comune del Limburgo, alle richieste di
dimissioni aveva risposto, sprezzante: "E io che
c’entro ?". Solo i ventisei teppisti che gli
inquirenti britannici e belgi sono riusciti a
identificare nelle riprese tv della massa
scatenata dei tifosi del Liverpool di quella
sera sono stati inchiodati alle proprie
responsabilità. Ma ottenerne l'estradizione è
stato lungo e difficile, e al momento del rinvio
a giudizio Londra ha voluto e ottenuto per loro
"garanzie" tali di buon trattamento da provocare
una rivolta tra i detenuti "normali" nei carceri
di Bruxelles. D'altronde, è durata poco: dopo
qualche giorno erano tutti fuori, liberi su
cauzione.
È una vicenda avvilente, insomma,
quella che arriva domani davanti ai giudici
della quarantaseiesima sezione del Tribunale
penale di Bruxelles. E ne dà la misura il
commento che al processo ha dedicato un
settimanale belga; in buona sostanza, il
procedimento verterà sul diritto al
risarcimento, e da parte di chi, delle famiglie
delle 39 vittime del 29 maggio, 32 italiani,
quattro belgi, due francesi e un irlandese.
Perché c'è anche questo da dire: nonostante le
promesse a caldo, subito dopo la strage, del
governo belga, di quello britannico e anche di
quello italiano, alle famiglie delle vittime
nessuno ha pensato, e neanche ai feriti, né ai
mutilati. Nessuno ha pagato, neppure con un atto
minimo, incommensurabile alla tragedia di 39
vite stroncate, ma che comunque avrebbe dato il
segnale di una giustizia che esiste. Riuscirà il
processo a rovesciare questa triste lezione di
impotenza della giustizia ? Sul banco degli
imputati vi siederanno, con i 26 hooligans
britannici, il più vecchio 36 anni, il più
giovane 21, tutti accusati di omicidio
involontario e di lesioni involontarie, cinque
belgi: Albert Roosens, segretario generale
dell'Unione calcistica belga, il maggiore della
gendarmeria Michel Kensier, comandante del
distretto di Bruxelles, il capitano Johan
Mahieu, che comandava le forze dell’ordine allo
stadio quella sera, il borgomastro Hervé Brouhon
e la responsabile dell’assessorato allo sport
Vivane Baro. Dovranno rispondere, a vario
titolo, delle insufficienze del servizio
d'ordine e della struttura dello stadio. Ma gli
ultimi due sono alla sbarra solo perché citati
dalle parti civili: l'istruttoria non li aveva
sfiorati. Gli altri due imputati sono il
presidente della Uefa, il francese Georges, e il
segretario generale, lo svizzero Bangerter. Sarà
un dibattimento lungo, si parla di sei-sette
mesi, accidentato dalle eccezioni che gli
avvocati della difesa preannunciano già a
valanga e complicato dalle traduzioni dal
francese in italiano, in inglese e in tedesco.
Si comincerà così ha disposto il giudice
Verlinden, presidente della Corte, con la
proiezione dei filmati di quella tragica sera.
Immagini che non sarà facile riguardare.
Speriamo, almeno, che serva a qualcosa.
Fonte:
L’Unità © 16 ottobre 1988
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A Liverpool i tifosi si
sentono perseguitati
di Alfio Bernabei
LONDRA - "Prevedo che a
Bruxelles ci sarà solo del gran caos", ha detto
ieri Sir Harry Livermore, il legale di 14 dei 26
tifosi del Liverpool imputati di omicidio
involontario per il massacro di Heysel. Come ha
già fatto in passato alla vigilia di sedute
processuali, ha indicato che nutre profonde
riserve sull'organizzazione e l'andamento del
processo in Belgio. "Manca la traduzione
simultanea. I belgi dicono che non possono
permetterselo. Ci sarà un interprete per ogni
quattro imputati. Come faremo ? C'è poi un'altra
complicazione: la Corte ha pure il compito di
risolvere 1.200 richieste di indennizzi".
L’ambasciata belga a Londra ha nuovamente
ricordato al legale che i processi a Bruxelles
non si svolgono come in Inghilterra. "Seguiamo
il Code Napoleon. Forse i tifosi del Liverpool
sono fortunati di non avere a che fare con una
giuria che potrebbe anche tener conto dei
sentimenti che ha suscitato la tragedia".
L'altro avvocato britannico degli imputati, Rex
Makin, si è dimostrato un po’ meno prevenuto:
"In Belgio c'è un sistema diverso", ma sono
convinto che i nostri clienti avranno la
possibilità di ottenere un processo regolare
come da noi". Due degli imputati non saranno in
aula. Anthony Hogan sta scontando una condanna a
4 anni per atti di violenza e Gary Hynes si
trova in stato di detenzione in attesa di
processo per rapina aggravata. Ci sarà invece
Terry Wilson che, intervistato ieri, ha detto:
"Vorremmo vedere la fine di questa storia. Ma
dobbiamo tornare a Bruxelles, altrimenti i Belgi
potrebbero dire che siamo dei ragazzacci".
"Siamo innocenti", insiste, "abbiamo visto le
prove" non abbiamo commesso proprio nessun
omicidio o comunque lo vogliate chiamare. Io ho
solo cercato di salvare i miei compagni che
erano stati attaccati dagli italiani. E’ stato
solo al ritorno, sul ferry, che ho visto alla
televisione quello che era successo e ne sono
rimasto disgustato". Dice che i suoi compagni
erano tentati di non tornare in Belgio, ma ci
hanno ripensato dopo aver ricevuto lettere dai
loro avvocati. Così i 24 torneranno a Bruxelles
pur avendo dei gravi problemi finanziari che non
sanno come risolvere. E la signora Jean Hunt,
coordinatrice del "comitato dei genitori degli
imputati" che si è occupata di trovare fondi per
aiutarli. Due amici di suo figlio che non era
alla partita" sono fra gli imputati. La signora
Hurst li ritiene innocenti. "E’ diventata una
questione politica fin da quando la Thatcher ha
deciso che potevano essere estradati in Belgio.
E perché sono di Liverpool. Se fossero stati
fans di una squadra del Sud, forse sarebbe stato
diverso". E’ una allusione non solo alla
divisione che è venuta a crearsi fra il ricco
Sud e il povero Nord, ma anche al fatto che il
governo è venuto ai ferri corti con
l'amministrazione locale della città di
Liverpool, accusata di essersi ribellata alle
direttive governative sui tagli alle spese
pubbliche e di continuare a tener testa ai
conservatori. E far passare Liverpool come città
violenta, sempre secondo la signora Hurst,
potrebbe essere anche una manovra deliberata.
Intanto sta per essere messa a punto la nuova
legge per controllare la violenza degli
hooligans nei campi di football. I tribunali
potranno imporre anche un bando a vita su fans
incriminati. C'è sempre maggiore preoccupazione
davanti alla nuova ondata di criminalità che
solo nell'ultimo anno ha registrato un aumento
del venti per cento e tende a salire. I
conservatori hanno annunciato nuove misure
preventive di sorveglianza. In sei città entrerà
in vigore un bando sulla riduzione nelle vendite
di bevande alcoliche e verrà introdotto, per
coloro in libertà provvisoria o in stato di
sorveglianza, un nuovo sistema di controllo
elettronico, si tratta di un bracciale della
grandezza di un orologio da polso: allacciato
alla persona. Invia segnali ad una centrale
d'ascolto e ne permette la sorveglianza.
Fonte:
L’Unità © 16 ottobre 1988
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I 26 hooligans autori della
strage rischiano poco: veri imputati, le
autorità che non presero misure adeguate
Heysel, il Belgio processa
se stesso
di Fabio Galvano
II dibattimento si
annuncia particolarmente irto di scogli
procedurali, qualcuno grida già allo scandalo.
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
(BRUXELLES) - Sotto processo non saranno
soltanto i 26 hooligan inglesi, ma piuttosto il
Belgio delle manchevolezze e dei ritardi, quando
domani si avvierà nella sala delle udienze
solenni, al primo piano del Palazzo di
Giustizia, l'atteso processo di Heysel. A più di
tre anni da quella notte di Bruxelles in cui il
tifo per la finale di Coppa dei Campioni tra
Liverpool e Juventus si tramutò in morte e 39
persone (32 italiani) furono uccise nell'orrore
della diretta televisiva, saranno pochi - e
forse nessuno - i supporter inglesi a sedere sul
banco degli accusati. Rimessi tutti in libertà
provvisoria e rientrati in Inghilterra dopo una
breve permanenza in carcere (un trattamento
"cinque stelle" che aveva anche provocato
violente proteste in altre prigioni belghe),
sanno che anche in caso di condanna non potranno
essere estradati e quindi, venendo in Belgio,
correrebbero soltanto un grave rischio. Davanti
al giudice Verlinden, invece, ci saranno i
responsabili belgi dell'ordine pubblico in
quella sera del 29 maggio 1985, ci saranno le
autorità calcistiche - belghe ed europee -
chiamate in causa dalla parte civile. Ma tant'è:
la giustizia, tre anni dopo, si chiama
soprattutto indennizzo, e si rivolge quindi non
a un drappello di squattrinati teppisti, ma alle
istituzioni - la gendarmeria, la città di
Bruxelles, la Federcalcio belga, l'Uefa - che
hanno solide polizze d'assicurazione. I morti
riposano; ma alla loro ombra si gioca da domani
una partita che può valere svariati miliardi.
Nello stadio della morte molte cose sono
cambiate. Il settore della tragedia - il "blocco
Z" - è stato ribattezzato "Nord 1". Il muretto
di cinta che cedette sotto la spinta degli
hooligan ubriachi è stato ricostruito, le reti
di protezione sostituite, rinnovati i parapetti
d'acciaio.
Ma la cosmesi dell'acciaio e del
cemento, che ha riaperto lo stadio ai grandi
appuntamenti internazionali, non rimargina le
altre ferite lasciate aperte da quella serata di
orrore: troppo a lungo è continuato il palleggio
delle responsabilità. Nei giorni scorsi il
maggiore settimanale d'informazione di questo
Paese, Le Vif, parlava di "un cumulo di errori,
d'irresponsabilità e di negligenze", di "un
Belgio che ha offerto al mondo l'immagine di una
spaventosa inefficienza" e che, sul problema
degli indennizzi, "ha mancato l'occasione di
salvare la faccia", quindi di "un processo al
sistema belga". Gli hooligan sono accusati di
"avere inflitto con premeditazione,
volontariamente ma senza l'intenzione di
uccidere, colpi per provocare ferite a persone;
colpi e ferite che hanno tuttavia provocato la
morte". Parallelamente c'è l'accusa di avere
provocato lesioni permanenti, mutilazioni,
invalidità. Rischiano anni di carcere, ma il
compito dell'accusa e del pubblico ministero
Pierre Erauw non sarà facile: la legge belga non
riconosce la colpa collettiva e ciascun imputato
dovrà essere giudicato per la sua responsabilità
personale, ricostruita attraverso venti ore di
filmati cinematografici e televisivi che
riporteranno sotto la grande cupola del Palazzo
di Giustizia l'orrore di quella notte. C'è chi
dubita che l'accusa potrà mai esibire prove
convincenti, che gli hooligan potrebbero anche
essere assolti quando il processo si concluderà
fra tre, quattro, forse anche sei mesi. Diversa
la posizione degli accusati belgi ed europei.
Sul banco degli imputati siederanno domani il
maggiore della gendarmeria Michel Kensier,
comandante del distretto di Bruxelles, che
quella sera era rimasto al centro operativo, e
il capitano Johan Mahieu, che era il diretto
responsabile per l'ordine e la sicurezza allo
stadio di Heysel, ma che al momento della carica
omicida si stava occupando di un incidente
minore avvenuto all'esterno. Dovranno rispondere
di "mancanza di previsione o di precauzione, che
ha involontariamente provocato la morte". E' la
stessa accusa rivolta ad Albert Roosens,
segretario generale della Federcalcio belga
responsabile dell'organizzazione degli incontri
internazionali fra cui, appunto, la fatidica
finale del 29 maggio. Ma su iniziativa della
parte civile, che è guidata dall'avvocato Daniel
Vedovano cui sono affidati 104 dossier relativi
a 26 morti e 7 feriti, e che chiede indennizzi
che in qualche caso raggiungono i 22 milioni di
franchi (770 milioni di lire), dovrà comparire
in tribunale - poiché l'Heysel è uno stadio
comunale - anche il sindaco di Bruxelles:
l'impagabile Hervé Brouhon, che nelle ore della
tragedia difese l'operato della polizia
affermando di avere "fatto tutto il possibile,
anzi il necessario" e che, un anno dopo, rifiutò
il permesso a una cerimonia commemorativa. Con
il sindaco comparirà anche l'assessore allo
sport Vivianne Baro la quale, rispondendo a una
lettera di Roosens che esprimeva allarme per la
vetustà degli impianti, affermò che tutto il
necessario sarebbe stato fatto in tempo utile
per "evitare qualsiasi incidente". La parte
civile, che ha citato anche lo Stato belga, ha
inoltre messo sotto accusa Jacques Georges e
Hans Bangerter, il primo francese l'altro
svizzero, rispettivamente presidente e
segretario generale dell'Uefa, la federazione
calcistica europea.
Fonte: La
Stampa © 16 ottobre 1988
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A Londra, però, hanno
dimenticato tutto
Tacciono i giornali Parla
solo il legale
di Mario Ciriello
Il nostro corrispondente ci
telefona da Londra: è l'ora del processo per i
ventisei dell'Heysel. Ma soltanto il "Guardian"
di sabato ha ricordato il dramma; il resto della
stampa pubblica sbrigative notizie, non analizza
né commenta. Ciò non significa che si siano
dissolte tutte le apprensioni. I 26 imputati
temono condanne pesanti; le loro famiglie, gente
modesta, temono dolorose conseguenze
finanziarie; Sir Harry Livermore, il giurista
che difende 15 degli accusati, teme le
"debolezze" del gratuito patrocinio belga. Sir
Harry, che ha celebrato ieri il suo ottantesimo
compleanno, è figura di rilievo in Gran
Bretagna, paladino delle arti, amministratore
municipale. Ha dichiarato: "Il sistema legale
belga è forse migliore dell'inglese, ma
purtroppo mette a disposizione degli imputati
poveri soltanto avvocati con meno di tre anni
d'esperienza. Per di più questi giovani devono
occuparsi anche di altri casi, perché il
gratuito patrocinio non rende loro quasi nulla".
Ha parlato anche Joan Hurst, una signora che
assiste le famiglie degli imputati nelle loro
molte difficoltà. "Le spese per i viaggi e per
le cauzioni hanno colpito duramente molti
genitori. Una famiglia ha venduto la casa". Il
"Guardian" ha intervistato Terry Wilson, 22
anni, uno dei 26. "Sono innocente", ha
dichiarato. E ha aggiunto: "Anche gli altri
ragazzi sono innocenti". Come spiega allora la
tragedia del 29 maggio '85 ? E’ una versione che
già conosciamo. "I nostri compagni furono
aggrediti dagli italiani. Soltanto allora, noi
passammo all'attacco. Per difendere gli
aggrediti. Poi arrivò la polizia. Gli agenti mi
percossero una decina di volte. Lasciammo lo
stadio senza renderci conto di quanto era
avvenuto: lo scoprimmo soltanto sulla nave
traghetto, quella sera, quando guardammo la
televisione. Restammo sconvolti. Non potevamo
credere a quelle immagini. Io non avevo visto
nessun morto".
Fonte:
Stampa Sera © 17 ottobre 1988
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Si apre oggi a Bruxelles il
processo ai responsabili della tragedia
Heysel, teppismo alla
sbarra
di Lorenzo Del Boca
Il 29 maggio 1985, partita
Liverpool-Juventus, nel crollo della gradinata
morirono 39 persone, due torinesi, e centinaia
furono i feriti. Alcuni scampati parteciperanno,
a Londra, ad una trasmissione rievocativa della
rete tv Bbc. Ma chi è riuscito a scappare da
quell'inferno ora vuole soltanto dimenticare:
"E’ come rivivere un incubo". Ventinove maggio
1985, stadio Heysel, partita Juventus-Liverpool,
crolla il parapetto della tribuna e precipitano
gli spettatori: 39 morti - uno di Torino e uno
di Moncalieri - centinaia di feriti. A
Bruxelles, da oggi, compaiono alla sbarra 26
hooligans, i tifosi sanguigni del Liverpool
facili all'alcool e alla rissa, accusati di aver
provocato gli incidenti. Imputati che, forse,
non saranno in tribunale: perché andare in un
Paese straniero a rischiare una condanna ?
Invece, saranno fisicamente presenti i due
responsabili della polizia e Albert Roosens,
segretario della Federcalcio Belga. Loro
dovranno rispondere di "mancanza di previsione e
di precauzione" tanto da trovarsi impreparati ad
affrontare l'emergenza. Emergenza che la
televisione ha mandato in onda in diretta
proiettando le immagini di un massacro. La
tragedia si è spezzettata in una quantità di
storie personali. Francesco Galli, carpentiere
di Bergamo, ultimo di undici fratelli, mediano
di una squadretta di calcio, la "Kals", è andato
in Belgio per "farsi un regalo" e non è più
tornato. Domenico Russo di Moncalieri è morto
lasciando la moglie incinta: il figlio che è
nato è stato battezzato come lui e nessuno se
l'è sentita di andare alla Sip per togliere il
suo nome dall'elenco del telefono. Giovanni
Casula aveva accompagnato il figlio Andrea alla
partita per rispettare una promessa fatta due
anni prima: "se fai il bravo a scuola, ti porto
in Belgio". Era stato davvero bravo e
nell'ultimo tema aveva raccontato la sua
speranza di vedere la Juve dal vivo. Quanti sono
tornati con il volto sfatto dalle botte ? Hanno
raccontato di aver calpestato i cadaveri per
scappare, si sono fatti vedere con le sciarpe
bianconere usate come bende per tamponare le
ferite.
Carlo Duchene di Pinerolo è rimasto in
coma per parecchi giorni, ha avuto conseguenze
nell'uso delle braccia e ha difficoltà nel suo
lavoro da parrucchiere. Sono flash-back su
ricordi che nessuno ha accarezzato in questi tre
anni e mezzo e che, anzi, i più hanno tentato di
nascondere fra le pieghe della memoria. Meglio
dimenticare quella notte allo stadio di Heysel:
credevano di partecipare a una festa del calcio
e si sono trovati coinvolti in una battaglia di
lattine di birra lanciate come se fossero
proiettili. Per feriti e per familiari di morti
non fa differenza. Chi è tornato a casa
malconcio ma ha salvato la pelle ha la
sensazione che ripensare a quella marea di gente
spaventata sia come rivivere un incubo di
grandezza disumana. Mentre i familiari dei morti
hanno posto soltanto per un loro dolore -
privato e dignitoso - amplificato dal fatto di
sapere che i parenti se ne sono andati
"inutilmente". La televisione di Londra BBC ha
fatto fatica per convincere alcuni protagonisti
di quella notte a raccontare la loro triste
esperienza per un trasmissione che andrà in onda
mercoledì. "Guardi, non ho mai chiesto, a mio
marito di quei momenti. Lui non ne ha parlato e
io non ho cercato di farlo parlare...". Rosita
Binelli è la moglie di Marco Manfredi, autista
dell'ospedale di Moncalieri, tifoso della
Juventus, partito per Bruxelles per vedere la
sua squadra, travolto e calpestato da gente che
scappava, "scomparso" per una settimana e
tornato a casa come resuscitato ma senza
memoria. La sua vita è finita all'ingresso dello
stadio nello sventolare delle bandiere ed è
ricominciata in Francia quando gli hanno dato da
mangiare minestra e mele. Non sa come è arrivato
fin là, con chi, con che cosa. "E per la verità
non mi va nemmeno di pensarci". Non andrà al
processo e, come lui, la maggior parte delle
vittime. Alcune non hanno presentato nemmeno la
costituzione di parte civile, altre si fanno
rappresentare da un legale ma più per formalità
che per desiderio di risarcimento o di vendetta.
Fonte:
Stampa Sera © 17 ottobre 1988
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Intanto è iniziato a
Bruxelles il maxi-giudizio (durerà da tre a sei
mesi) per la strage dell'Heysel
Autodifesa degli
hooligans: "Processo assurdo"
di Fabio Galvano
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
(BRUXELLES) - Sono venuti tutti, per l'apertura
del processo: tutti tranne due, trattenuti per
altri reati nelle patrie galere. I 24 hooligans
inglesi accusati della tragedia dell'Heysel,
accompagnati da una schiera di oltre trenta
avvocati le cui parcelle sono a carico d'un
benefattore misterioso (ma qualcuno suggerisce
che si tratti del Liverpool), si sono fatti
strada a fatica - e in qualche caso a gomitate -
fra le telecamere che li attendevano:
ammorbiditi i toni punk e nascosti i tatuaggi,
sembravano ragazzi timidi e spaesati quando il
giudice Verlinden ha fatto l'appello. Si sono
fatti rimproverare una sola volta dal
magistrato, che nel mezzo dell'udienza li ha
invitati a "tacere e stare seduti composti". E
nei corridoi del Palazzo di Giustizia, a
contatto con cento giornalisti venuti da tutta
Europa, ripetevano a cantilena la lezione
mandata a memoria: "E’ un processo assurdo, ci
dispiace solo per i morti italiani". E'
cominciato così l'atteso processo per i fatti
del 29 maggio 1985, quando la grande festa del
calcio europeo, la finale di Coppa dei Campioni
fra Juventus e Liverpool, si trasformò in
tragedia, con 39 spettatori uccisi (32 italiani)
e oltre 500 feriti nell'orrore della diretta
televisiva. Era presente uno sparuto gruppo di
parenti delle vittime italiane: fra di loro
Otello Lorentini, presidente dell'associazione
che raccoglie 23 delle 31 famiglie coinvolte in
quel lutto, padre del medico Roberto Lorentini
che fu ucciso mentre assisteva le vittime della
prima ondata e che per quel gesto ha ricevuto la
medaglia d'argento al valore civile. Ma c'era
soprattutto una nutrita schiera di avvocati (459
persone si sono costituite parte civile) per un
processo destinato a tempi lunghi, fra tre e sei
mesi. Ci sono voluti più di tre anni perché la
giustizia belga potesse individuare i presunti
colpevoli e completare 50 mila pagine
d'istruttoria, in un palleggiarsi di
responsabilità che ha finito per mettere sul
banco degli imputati anche il Belgio delle
manchevolezze e del ritardi.
I tifosi inglesi,
accusati di lesioni volontarie e omicidio
preterintenzionale, rischiano dieci anni di
carcere (ma sicuramente non attenderanno la
sentenza); non sono però i soli imputati. Ieri,
seduti a qualche metro dagli hooligans, c'erano
anche il maggiore della gendarmeria Michel Kensier e il capitano Johan Mahieu, responsabili
quella sera della sicurezza all'Heysel, e l'ex
segretario della Federcalcio belga, Albert
Roosens, organizzatore della partita. Questo è
un processo che si svolge all'insegna degli
indennizzi: le famiglie delle vittime, ha
precisato Lorentini, hanno finora visto pochi
soldi; a parte il governo britannico e la
Fondazione Agnelli, egli spiega, nessuno si è
fatto avanti e il fondo stanziato dal governo
belga è congelato dalla corte dei conti. Ecco
quindi sul banco degli imputati, citati
dall'avvocato Daniel Vedovatto che guida i
cinque legali italiani di parte civile (Pirrongelli,
Mammoli, Ammirati, Catallotti e Pasqualin), il
sindaco di Bruxelles Hervé Brouhon e l'assessore
allo Sport Vivianne Baro (lo stadio è del
Comune), oltre a Jacques Georges e Hans
Bangerter, presidente e segretario dell'Uefa. Le
prime battute della babele processuale - cinque
le lingue in aula: francese, fiammingo, inglese,
italiano e tedesco - si sono svolte nel segno
delle eccezioni procedurali: quella, per
esempio, con cui lo Stato vorrebbe far
derubricare la propria imputazione per l'operato
della gendarmeria. Gli hooligans, affiancati
dagli interpreti, hanno assistito senza molto
comprendere a questa fase d'avvio. Né sono
valsi, ad animare quest'aula austera, i due
allarmi alla bomba di cui ha dato notizia, senza
crederci molto, il giudice Verlinden: "Siete
tutti liberi di uscire - egli ha detto - ma io
continuerò il processo: Stancamente, il grande
processo si è messo in moto: forse venerdì, dopo
un sopralluogo all'Heysel e al tragico "blocco
Z", potrà avviarsi l'esame dei filmati
televisivi - 18 ore - che sono serviti a
identificare gli hooligans; ma si dovrà
attendere fino al 4 novembre perché s'avvii
l'interrogatorio dei testimoni. E chissà se a
quell'epoca i 24 tifosi inglesi saranno ancora a
Bruxelles.
Fonte:
Fonte: La Stampa © 18 ottobre 1988
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"Chiediamo solo
giustizia"... Bruxelles processa i "red"
di Daniele Mastrogiacomo
BRUXELLES - Arrivano
all'alba. Due, tre, poi gli altri, tutti in
gruppo. Si abbracciano, sorridono. Ma gli
sguardi sono nervosi, duri, quasi sprezzanti.
Valigie in mano, vestiti eleganti, capelli
tagliati a zero, l'immancabile orecchino,
avanzano nella nebbia che ancora avvolge
l'ingresso del Palazzo di giustizia. Varcano il
portone decisi, scortati da un gruppo di
gendarmi armato di manganelli. Tra la folla che,
paziente, attende di assistere al primo grande
processo contro la violenza negli stadi,
qualcuno li riconosce. Eccoli, urla, sono loro.
Sì, gli hooligans. La fila, fino a quel punto
ordinata e composta, si scioglie. C'è uno
sbandamento. Premono gli agenti, premono i
fotografi, accorrono i giornalisti. Spintoni,
grida, gesti minacciosi, ma soprattutto grande
sorpresa. Nessuno se l'aspettava. Invece loro, i reds, i supporters del Liverpool, i più famosi e
temibili tifosi inglesi, sono lì. Ventiquattro
robusti giovanotti. Avranno al massimo 25 anni.
Operai, minatori, falegnami, pittori, molti
disoccupati. Ognuno con la propria storia da
raccontare: grande povertà, una cittadina
colpita dalla crisi economica, le speranze di
trovare un impiego, l'incertezza del futuro. Una
vita consumata per strada, tra mille delusioni e
una sola grande passione: il calcio e la squadra
del cuore, il Liverpool. Sono accusati di
omicidio preterintenzionale e di lesioni
gravissime. Tre anni e mezzo fa, la sera del 29
maggio 1985, qui a Bruxelles, nello stadio di
Heysel, assaltarono ad ondate successive il
settore riservato ai tifosi della Juventus. La
finale della Coppa dei Campioni doveva ancora
iniziare. Ma sugli spalti, sulle gradinate e ai
bordi del campo già si contavano 39 morti e 450
feriti. Un massacro, una vera strage, che colpì
soprattutto gli italiani. Ci furono ben 32
vittime. Vittime giovani, ma anche vecchi, donne
e bambini.
Le immagini strazianti di quei
sanguinosi momenti sono state immortalate e poi
trasmesse in diretta dalle televisioni di tutto
il mondo. Oggi sono conservate negli archivi del
tribunale di Bruxelles e fanno parte
dell'inchiesta. Scarcerati all'inizio di
quest'anno, i 24 hooligans hanno deciso di
presenziare ugualmente al dibattimento per la
strage allo stadio di Heysel. Una decisione
importante, che imprime al processo un carattere
diverso. Non più un atto ufficiale, un impegno
formale del governo belga per cancellare l'onta
di un massacro che si poteva evitare, ma un
processo senza precedenti contro la violenza
nello sport. Aperto e subito rinviato
nell'aprile scorso per le eccezioni sollevate
dalla difesa, il giudizio per quello che viene
definito dalle cronache locali l'affare di
Heysel, prende dunque avvio in un clima solenne
e spettacolare. La sede scelta è quella delle
grandi occasioni: l'aula centrale del vecchio
Palazzo di giustizia, un austero immobile tutto
in marmo costruito nel 1883 sotto il regno di
Leopoldo II. Le misure di sicurezza sono
imponenti. Jeep e blindati schierati davanti
agli ingressi principali, transenne, agenti in
divisa e in borghese, rigidi controlli con metal
detector. Si temono incidenti e l'incubo del
passato invita alla prudenza. Così, quando il
presidente della quarantottesima Chambre du
tribunal de correction Verlynde, dà inizio
all'udienza, la folla di curiosi, di testimoni e
di familiari delle vittime è ancora impegnata a
superare le rigide formalità d'ingresso. Alle
9.00 l'aula è già colma di gente. Il tavolo
della Corte, con un presidente e due giudici a
latere, entrambi donne, è in fondo vicino a una
parete. Ai lati siedono gli avvocati. Quaranta
rappresentano la difesa, una decina la parte
civile. Gli imputati, gli hooligans, sono
raggruppati in mezzo alla grande stanza,
assistiti da tre interpreti.
A lato, ci sono
invece gli imputati eccellenti, quelli citati in
giudizio dai legali dei familiari degli uccisi.
Nomi importanti, tutti accusati di concorso in
omicidio preterintenzionale: Hervé Brouhon,
sindaco di Bruxelles, l'assessore comunale allo
Sport, Vivianne Baro, Albert Roosens, presidente
dell'Unione calcio belga, George Jacques,
presidente della Uefa; quindi due ufficiali
della Gendarmeria: Johan Mahieu e Michel
Kensier. Devono rispondere anche loro di
concorso in omicidio. Stando al nutrito dossier
elaborato dalla commissione parlamentare
d'inchiesta, i due dirigenti della Gendarmerie,
responsabili dell'ordine pubblico durante la
partita, sarebbero intervenuti in modo tardivo e
scoordinato. Centinaia di testimonianze e le
diciotto ore di filmati allegati agli atti
dell'inchiesta formale, non lasciano dubbi:
l'atteggiamento della polizia quella sera fu
incerto e tentennante. Centinaia di supporters
inglesi vennero ammassati proprio a fianco della
curva Z, destinata ad accogliere i tifosi della
Juve. I due gruppi erano separati soltanto da
una rete di ferro. Una rete da pollaio, ricorda
oggi Otello Lorentini, presidente
dell'Associazione delle vittime di Heysel e
presente in aula come teste. Quel giorno ero
sugli spalti con mio figlio e due nipoti. Gli
hooligans erano lì, a pochi metri da noi. Erano
ubriachi. Urlavano, cantavano, lanciavano
lattine, qualche razzo. Atteggiamenti, come
dire, normali, folcloristici. Nessuno poteva
immaginare cosa stavano meditando. Di colpo
hanno iniziato a rompere i gradini di marmo.
Poi, lo ricordo bene, è una scena che non
scorderò mai, uno di quelli è saltato sulla rete
e con due colpi l'ha distrutta. Venivano a
ondate. Facevano vere e proprie cariche.
Andavano e tornavano. La gente è stata presa dal
panico. Ha cercato scampo... E' stato un
massacro.
Otello Lorentini quella sera ha perso
un figlio. Un medico di ventotto anni. L'ho
rivisto soltanto a mezzanotte, racconta con gli
occhi lucidi, era deforme. La folla l'ha
schiacciato mentre tentava di rianimare uno
spettatore con la respirazione artificiale. Che
cosa doveva fare ? Era un medico e di fronte a
quel massacro stava facendo il suo dovere. Ci
hanno offerto un risarcimento di pochi milioni.
Ma è un argomento che non voglio affrontare. Io
non cerco vendetta, chiedo solo giustizia".
Decine e decine di testimonianze. Racconti,
grandi tragedie, vite sconvolte in pochi minuti
di assurda violenza. I familiari delle vittime
partecipano al dibattimento. Ma solo in pochi
sono riusciti a venire. "Troppe spese da
affrontare", spiega ancora Lorentini. "La nostra
Associazione vive attraverso un'autotassazione.
Ogni tanto raccogliamo dei fondi. Sì è vero la
Thatcher ci ha inviato pochi mesi dopo la
tragedia 250 mila sterline, circa 500 milioni di
lire. Un altro miliardo lo abbiamo ricevuto
dalla Fondazione Agnelli. Ma i soldi serviranno
soprattutto a risarcire i familiari". L'appello
degli imputati finisce poco prima delle 11.00.
Vengono proposte le prime eccezioni procedurali.
Parla l'avvocato generale che difende lo Stato,
anch'esso citato in giudizio; parla il legale
della Gendarmerie. L'udienza scorre tra mille
difficoltà. Sarà un processo lungo: almeno
cinque-sei mesi. I primi interrogatori sono
previsti per il 4 novembre, venerdì prossimo ci
sarà un sopralluogo allo stadio di Heysel con la
visione dei filmati che hanno consentito di
individuare alcuni dei responsabili del
massacro. Alle 17.00 il presidente aggiorna il
dibattimento. Si prosegue stamani. Bombe
permettendo. Per ben due volte i soliti anonimi
hanno minacciato di far saltare in aria il
palazzo.
Fonte: La
Repubblica © 18 ottobre 1988
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Platini sull'Heysel
Ha ribadito: "Bisognava
giocare" - Carraro: "Dobbiamo aiutare i
familiari delle vittime".
Mentre a Bruxelles
prosegue, fra eccezioni e traduzioni in cinque
lingue, il processo ai 24 hooligans inglesi
accusati della tragedia dell'Heysel, due voci
importanti sono intervenute ieri per parlare del
tragico avvenimento. Una è quella di Michel
Platini, testimone oculare. In una serie di
interviste a quotidiani francesi, l'ex
calciatore e neo vicepresidente della squadra
del Nancy, ha dichiarato fra l'altro: "Sono
convinto, ancora oggi, che fosse necessario
giocare l'incontro, altrimenti i morti sarebbero
stati di più. Prima del calcio d'avvio,
ritardato di due ore circa e dopo la vittoria
della Juventus siamo stati presi dalla
tristezza. Ma sul terreno, anche se molti non lo
hanno capito, ha prevalso la passione. L'Heysel
è l'orrore, il peggiore ricordo della mia
carriera. Quello che si fa a Bruxelles è il
processo alla società attuale". "Perché un
processo ! - ha continuato Platini - Non ci sono
responsabili. Voglio dire che tutti e nessuno lo
sono. Io, in passato, me la sono presa con gli
organizzatori e l'Uefa, ma credo invece che
questa tragedia prima o poi doveva succedere". A
Rimini, partecipando ad un dibattito
sull'innovazione turistica, il ministro Franco
Carraro ha detto: "Le famiglie delle vittime
all'Heysel devono avere giustizia e lo Stato
italiano non può non provare sgomento nel
sentire che la parte civile che li rappresenta
al processo si trova in precarie condizioni
economiche. E' per questo motivo che intendo
sottoporre alle organizzazioni sportive e a
tutti gli organi competenti di farsi carico di
un aiuto per non lasciarle sole". Sempre a
proposito dell'Heysel, la Bbc ha organizzato a
Londra un dibattito fra alcuni familiari delle
vittime, parenti degli hooligans accusati e
giocatori del Liverpool. Al termine, il
principale imputato è sembrato essere lo stadio
della capitale belga, definito "decrepito,
inadatto, spaventoso". Il giocatore Phil Neal ha
poi confermato che anche il Liverpool dopo aver
saputo della "tragedia", voleva giocare per
"evitare altri problemi".
R.S.
Fonte: La Stampa © 19 ottobre 1988
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Strage Heysel. Aperto il
processo a Bruxelles per i 39 morti allo stadio:
imputati eccellenti, insieme ai teppisti 17
inglesi, ora liberi dietro cauzione.
"In nome della legge":
hooligans alla sbarra
di Paolo Soldini
Prima udienza al processo
per la strage di Heysel. Tre anni e mezzo dopo,
i responsabili delle violenze che costarono la
vita a 39 persone, nello stadio dove si
attendeva la finale della Coppa dei campioni tra
la Juve e il Liverpool arrivano in un aula di
tribunale. Ma le prime battute, ieri, hanno già
fatto intendere che il processo sarà lungo e
difficile. II momento della giustizia è ancora
lontano.
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
(BRUXELLES) - Un processo difficile, lo si
sapeva dalla vigilia, e la conferma è venuta
subito ieri mattina nella grande sala delle
udienze solenni della Corte d’Assise quando il
presidente della quarantesima sezione del
tribunale Verlynde ha aperto il procedimento "in
nome del Re". Erano passate da poco le nove e
fin dal primo mattino la folla dei giornalisti
cameramen e fotoreporter in agguato si accalcava
davanti ai "metal detectors" piazzati
all’ingresso del palazzo di Giustizia,
attraverso i quali occhiuti gendarmi facevano
filtrare insieme curiosi, imputati e familiari
delle vittime. Anonimi questi ultimi se non per
il lutto di qualche donna e qualche parola
scambiata in italiano, riconoscibili gli
hooligans inglesi con il bavero alzato a coprire
il viso o il cappuccio dell’eskimo calato sulla
testa, arcinote le facce degli imputati
"eccellenti", il Borgomastro di Bruxelles
Brouhon, l’assessore allo sport signora Baro, i
dirigenti dell’Unione calcistica belga e
dell’Uefa fatti scivolare discretamente insieme
con gli avvocati da un’altra entrata. Il
processo per la strage dello stadio di Heysel è
cominciato così quasi tre anni dopo l’orrore di
quella serata del 29 maggio 1985 con i suoi 39
morti. E’ ricominciato, anzi, perché una prima
seduta c’era stata già il 18 aprile scorso, ma
gli avvocati della difesa avevano chiesto e
ottenuto un rinvio per studiarsi gli atti, 48
mila pagine in cui quei pochi minuti di follia
sono fissati nel linguaggio della giustizia.
E’
ricominciato sotto la sorveglianza di un
imponente servizio di sicurezza dispiegato anche
a proteggere le udienze di un altro processo
delicato quello ai terroristi delle "cellule
comuniste combattenti" che si celebra in un aula
accanto e in un clima teso in cui non è mancato
neppure un falso allarme alla bomba lanciato
chissà da chi e chissà perché. Ed è incominciato
soprattutto sotto il segno di una battaglia
procedurale che si annuncia complicata e
lunghissima. Gli avvocati della difesa si
preparano su una trincea di eccezioni che
contestano tutto, dalla competenza del tribunale
al modo in cui è stata condotta l’istruttoria,
al sistema delle traduzioni. Nessuno è in grado
di prevedere quando ci sarà la sentenza. I più
ottimisti dicono verso gennaio o febbraio, ma
c’è anche chi parla di sei, sette, forse, otto
mesi. La cronaca delle prime battute è già la
cronaca di questa battaglia fatta di schermaglie
tecniche e di considerazioni giuridiche
scambiate a colpi di fioretto tra l’accusa
rappresentata dal procuratore del Re, Erauw, e i
trenta avvocati della difesa, coordinati dal
britannico sir Livermoore. Le prime
testimonianze su quei terribili momenti che
sembravano lontani anni luce ieri dall’aula del
tribunale di Bruxelles sono previste per
l’udienza del 4 novembre. Subito prima o subito
dopo dovrebbero essere proiettati i mille e più
fotogrammi ripresi dalle tv la sera del 29
maggio. Sarà il momento più duro per i
superstiti e per i familiari delle vittime. E
forse anche per gli hooligans accusati che
liberi sotto cauzione si sono presentati alla
prima udienza quasi tutti. Ce n’erano 24 su 26,
uno è in galera in Inghilterra per motivi che
con Heysel non hanno a che fare, un altro è
fuggito, non si sa dove.
Fonte:
L’Unità © 19 Ottobre 1988
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E gli "hooligans"
tornano a casa
BRUXELLES - Gli hooligans,
sono tornati a casa. In Inghilterra. Non abbiamo
soldi, hanno detto al presidente del tribunale
che li sta giudicando per la strage allo stadio
di Heysel. Non possiamo restare in Belgio per
cinque mesi. Rientreremo quando dovremo
testimoniare o essere interrogati. Il giudice
Pierre Verlynde, il flemmatico presidente della
48esima Chambre de Tribunal de Correction, ha
accolto la richiesta dei ventiquattro imputati
concedendo loro il nulla osta per il rimpatrio.
Siete liberi cittadini, ha detto, potete fare
quello che volete. Ma solo una parte dei
supporters del Liverpool, accusati di omicidio
preterintenzionale e di lesioni gravissime, per
la morte di 39 persone e il ferimento di altre
500, ha seguito l'esempio dei compagni.
Nonostante le dichiarazioni della vigilia, ieri,
alla seconda udienza di questo imponente e
difficile dibattimento, otto imputati si sono
ugualmente presentati in aula. Per tutta la
mattina hanno seguito con attenzione, confortati
dall'aiuto degli interpreti, la fitta serie di
eccezioni sollevate nuovamente dalla difesa
delle parti civili. Uno scontro duro, compatto,
che vede contrapposti illustri avvocati
internazionali su temi squisitamente
tecnico-giuridici. Tre ore e mezzo di battaglia
con interventi a raffica, serviti più che altro
a chiarire sin dall'inizio la piega che assumerà
il vero e proprio dibattimento. Tre i punti più
controversi.
La difesa, rappresentata dall'ex
sindaco di Liverpool, il principe del foro sir
Harry Livermore, lamenta il fatto di non avere
potuto prendere visione degli atti istruttori.
Un dossier imponente, oltre 54 mila pagine, che
raccoglie tutte le testimonianze e le perizie
compiute durante i 41 mesi dell'inchiesta. Il
secondo punto sollevato dai legali degli
imputati, riguarda i filmati: 18 ore di riprese
tv montate in una sola bobina dalla polizia
scientifica. Grazie a queste immagini, si sono
potute ricostruire tutte le fasi dell'assurdo
attacco alla curva Z, dove erano raggruppati i
tifosi italiani, da parte dei reds del
Liverpool, e identificare gran parte degli
autori delle violenze. La difesa adesso mette in
dubbio la validità di quei filmati, parlando
apertamente di manipolazione. Terza questione,
la citazione a giudizio chiesta da alcune parti
civili, del segretario generale della Uefa, lo
svizzero Hans Bangerter. Molto probabilmente
prima della prossima settimana il dibattimento
non riuscirà a decollare. Troppe eccezioni,
troppi temi tecnico-giuridici da affrontare e da
risolvere. E il presidente, apparentemente, non
ha fretta. Il sopralluogo, fissato per venerdì
prossimo allo stadio di Heysel può aspettare.
Così come gli interrogatori degli imputati
inglesi. Sei degli otto hooligans presenti ieri
hanno deciso di rientrare in Inghilterra.
Torneranno qui a Bruxelles soltanto lunedì
prossimo. Si prosegue oggi, nel pomeriggio.
(Dal
nostro inviato D.M.)
Fonte: La Repubblica © 19 ottobre 1988
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Gli avvocati dei tifosi
inglesi minacciano di abbandonare la difesa
Subito fermo il processo
dell'Heysel
di Fabio Galvano
I legali chiedono di poter
avere a disposizione tutti gli atti (48 mila
pagine) dell'istruttoria - Forse dovranno
testimoniare anche Michel Platini, Giampiero
Boniperti e il presidente del Liverpool.
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
(BRUXELLES) - Il processo dell'Heysel ha
rischiato di saltare. A più riprese, nella
drammatica seduta di ieri, gli avvocati degli
hooligans inglesi sono entrati in aperto
conflitto con il giudice Pierre Verlynde e hanno
minacciato di abbandonare la difesa se non
otterranno soddisfazione su alcune richieste che
definiscono "fondamentali" e che il magistrato
ha invece respinto. Così, mentre il processo per
la strage del 29 maggio 1985 - 39 morti, fra i
quali 32 italiani - entrava nel vivo con
l'agghiacciante proiezione dei filmati di quella
notte, sono stati gli scontri procedurali a
tenere banco. L'eventualità di clamorose svolte
non è scomparsa, anche se una mediazione da
parte del decano degli avvocati ha rimesso ieri
il processo in carreggiata dopo che i legali
della difesa avevano già abbandonato l'aula.
Ieri a Bruxelles è anche corsa la voce secondo
cui Michel Platini, il presidente della Juventus
Giampiero Boniperti e il presidente del
Liverpool saranno chiamati sul banco dei
testimoni da Paul Lombard, uno dei più noti
avvocati parigini, che cura gli interessi di
alcune vittime francesi. Ma in attesa di
conferma, presumibilmente fra una decina di
giorni, è la compagine di avvocati guidata
dall'anziano Sir Harry Livermore che suscita il
maggiore interesse in questa seconda settimana
di udienze. Lo scontro è avvenuto alle prime
battute della giornata, dopo che il giudice
Verlynde aveva emesso la sua sentenza sulle
eccezioni procedurali sollevate la scorsa
settimana dalla difesa. Le ha, di fatto,
respinte: in primo luogo il magistrato si è
dichiarato incompetente sulla richiesta della
difesa di avere a disposizione, gratuitamente,
il dossier degli atti processuali, 48 mila
pagine per i cui diritti di riproduzione il
tribunale chiede 45 milioni di lire.
Tale
vicenda, ha detto il giudice, riguarda il
ministero delle Finanze. La seconda eccezione
riguardava il diritto di chiamare a testimoniare
molte delle persone le cui deposizioni sono agli
atti: il giudice, che in un primo tempo aveva
risposto con un secco no, ha precisato che tale
eventualità sarà esaminata sulla scorta del
dibattito. Irritati da queste decisioni, gli
avvocati difensori hanno chiesto la parola,
sentendosela però negare: possono parlare, ha
detto il giudice, soltanto i legali degli
imputati presenti in aula. E nel Palazzo di
Giustizia c'erano, ieri, soltanto due dei
ventisei tifosi del Liverpool accusati della
strage. E' stata la goccia che ha fatto
traboccare il vaso. "Se non possiamo parlare, se
non abbiamo certezze sui testimoni e se non
abbiamo la possibilità di consultare a nostro
agio gli atti - ha dichiarato uno degli avvocati
- tanto vale rinunciare alla difesa". Il folto
gruppo degli avvocati degli hooligans ha cosi
lasciato l'aula; e soltanto la mediazione del
decano ha permesso che il dibattito riprendesse.
La minaccia di abbandono non è l'unica spada di
Damocle che pende sul "processo maledetto": dopo
gli scontri di ieri la difesa ha presentato
un'eccezione scritta in cui si chiede, dopo la
mancata consegna gratuita di una copia del
dossier, che tutte le 48 mila pagine vengano
lette pubblicamente. Sarebbe la paralisi del
processo, settimane da aggiungere ai sei mesi
che già si prevedono prima della sentenza. Ma
l'obiettivo vero, secondo quanto si osservava
ieri nei corridoi del Palazzo di Giustizia, fra
i commenti sulle orrende scene dei filmati, è
forse di indurre la Corte ad approvare la
lettura di parti fondamentali in momenti precisi
del dibattito, per sopperire in qualche maniera
alle testimonianze che il giudice non vorrebbe
ammettere.
Fonte: La
Stampa © 25 ottobre 1988
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Nella curva della morte
BRUXELLES - E’ Gesù che mi
ha dato la forza di tornare qui. Da lui ho avuto
la forza per sopravvivere giorno dopo giorno, da
quando sono stato in carcere. E' la prima volta
che vengo in questo stadio dopo la sera della
tragedia, ma dovevo venire, era mio dovere. Alan
Woodray ha lo sguardo un po' fisso, è
emozionato, ha il viso paonazzo, i capelli
biondo rossi sulla camicia a quadretti e i jeans
di velluto celeste. E' l'unico degli hooligans
accusati per la strage dello Heysel che abbia
accettato di tornare sul luogo della tragedia.
Ed è anche l'unico che mostri segni di
pentimento e che accetti fino in fondo il peso
delle proprie azioni. Ieri a Bruxelles, al
processo per le violenze nello stadio Heysel,
che il 29 maggio di tre anni fa costarono la
vita a 39 persone (fra le quali 32 italiani),
sono accaduti due fatti importanti:
l'interrogatorio di Staney Conroy, 36 anni, e
David Duncan, 25, entrambi inglesi, due degli
accusati. Ed è stato condotto un sopralluogo
allo stadio: con Woodray. C'erano il presidente
del tribunale, Pierry Verlynde, gli avvocati
delle famiglie delle vittime, il presidente
della Federcalcio belga Albert Roosens, il
sindaco di Bruxelles e due suoi assessori, tutti
coinvolti nel processo per le responsabilità
attinenti alle condizioni dell'impianto. Conroy
è un disoccupato ed è stato il secondo fra gli
accusati ad essere sentito dal tribunale. Ha
negato quasi tutto: "Non ho minacciato nessuno,
non ho partecipato direttamente a quegli
incidenti. Avevo solo una bandiera, ma non
c'erano sbarre di ferro". La circostanza della
spranga metallica era stata indicata da due
testimoni italiani e dalle immagini televisive
proiettate nel corso dell'udienza. Conroy ha
però ammesso di essere stato già condannato,
qualche tempo fa, dal tribunale londinese per
ubriachezza e violenze nei pressi dello stadio
del Tottenham. Nel pomeriggio il presidente
Verlynde ha guidato il sopralluogo all'Heysel.
C'erano anche i gendarmi responsabili
dell'ordine pubblico allo stadio la sera di
Juventus-Liverpool e il padre di una delle
vittime, il pescarese Nino Cerullo che qui ha
perso il figlio, Agostino. Non sono state
ammesse le telecamere e gli amministratori e i
dirigenti del calcio belga hanno colto
l'occasione per scaricarsi di ogni addebito.
Così il sindaco Brouhon, presidente federale, ha
preso a calci le gradinate della curva Z per
dimostrare questa teoria: Vedete, non è
possibile né con le mani né coi piedi staccare
un pezzo di questa pietra. Ci vogliono dei
coltelli. E lascia intendere che quelli erano
accessori usati dai tifosi britannici. C'è
perfino una piccola polemica, perché Roosens
sostiene che lo stadio non è cambiato, che è
ancora in perfetta efficienza nonostante sia
stato costruito nel 1930. Ma gli avvocati fanno
notare che le scale d'accesso sono più larghe di
tre anni fa, che ci sono nuovi frangi folla, un
accorgimento che nella sera della strage
sarebbero tornati assai utili: avrebbero frenato
la spinta della gente in fuga e quindi diminuito
lo schiacciamento. E la nuova curva: che adesso
si chiama settore numero 1 e nella quale è stato
rifatto il muretto decrepito che quella notte
cedette facendo cadere dall'alto di molti metri
alcune delle vittime. La signora Vivane Baro,
assessore allo sport, dice che dove si mettono i
tifosi belgi, là in alto, non succede mai nulla.
Parole di difficile comprensione, forse vuol
dire che anche i morti hanno qualche colpa. Alle
15.30 il presidente Verlynde ha dichiarato
chiuso il sopralluogo. L'appuntamento è per
lunedì mattina nell'aula del tribunale.
Fonte: La
Repubblica © 29 ottobre 1988
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Heysel, solo un "hooligan"
sul luogo del delitto
Mr. Alan Woodray è stato I
‘unico dei 26 "hooligans" inglesi, attualmente
processati a Bruxelles per la "strage Heysel",
ad avere il coraggio di tornare sul luogo del
delitto" tre anni e mezzo dopo la tragedia in
cui morirono 39 persone. Al sopralluogo di ieri,
organizzato dal tribunale belga che sta
giudicando la vicenda, hanno preso parte anche
alcuni imputati "eccellenti" come il sindaco di
Bruxelles Brouhon e I’ex segretario della
Federcalcio belga Roosens.
Fonte:
L’Unità © 29 ottobre 1988
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Al processo di Bruxelles
per i 39 morti allo stadio non emergono prove
decisive contro i teppisti
Heysel, difficile
incastrare gli hooligans
Le riprese filmate sono
poco chiare e facilmente confutabili dalla
difesa - Sarà molto arduo provare le
responsabilità dirette - E gli imputati proprio
per questo acquistano ogni giorno sicurezza e
arroganza.
BRUXELLES - I 24 hooligans
inglesi ritenuti responsabili della tragedia
dell'Heysel e della morte di 39 persone (fra le
quali 32 tifosi italiani), attualmente sotto
processo nel tribunale della capitale belga,
potrebbero farla franca. Le due prime settimane
del complicato dibattimento hanno infatti
evidenziato che sarà molto difficile provare la
responsabilità diretta degli accusati. Tanto è
vero che il collegio dei difensori si fa di
giorno in giorno più aggressivo sollevando
obiezioni, demolendo testimonianze. In
particolare l'esame dei numerosi filmati e delle
riprese televisive non ha portato elementi di
rilievo a favore dell'accusa. Le immagini della
tragica serata del match fra Liverpool e
Juventus, trasmesse e ritrasmesse in tribunale
al rallentatore, hanno messo in evidenza al
momento solo l'assenza delle forze dell'ordine e
l'incapacità di queste ultime nel controllare la
situazione. E così il gruppo di legali belgi
incaricati della difesa sta cercando di
raggiungere lo scopo di provare che si tratta di
un "processo impossibile", nel quale gli unici
imputati realmente accusabili potrebbero
diventare il Comune di Bruxelles, proprietario
dello stadio obsoleto e l'Unione belga di
football, che affitta l'impianto. E gli
hooligans si fanno baldanzosi. Michael Barnes,
23 anni, uno dei "duri" del gruppo, il primo ad
essere stato ascoltato dal tribunale, definito
dalle testimonianze italiane "aggressore,
provocatore, elemento attivo della banda e
minaccia grave per le forze dell'ordine", ha
detto nel corso del suo recente interrogatorio:
"Non mi sono mai drogato, non bevo alcol, le
testimonianze sono false. Io sono andato a
vedere un match di football e non allo stadio
per partecipare a risse". Ed in effetti sinora
non è stato possibile smentirlo concretamente.
Lo stesso Barnes ha detto anzi di essere stato
attaccato da un tifoso italiano e di non essere
riuscito ad inseguirlo. E le immagini tv gli
danno ragione: lo si vede mentre si tiene
lontano dal luogo, la tragica tribuna Z, dove
sono morti trentanove spettatori. Stessa
constatazione per altri tre interrogati
successivamente. Un altro degli inglesi
(imprigionato in seguito ad una denuncia
anonima), Stanley Conroy, 36 anni, il più
anziano fra gli imputati, ha replicato alle
accuse di avere preso a calci dei tifosi:
"Guardate bene il video, non è il mio piede
quello che si vede alzarsi, ma quello di un uomo
alle mie spalle". In effetti le immagini sono
confuse. Sarebbero più chiare quelle riguardanti
Gary Evans, 24 anni, ripreso mentre insegue tre
gendarmi con un'altra trentina di tifosi del
Liverpool. Ma lui si difende: "I poliziotti mi
avevano colpito in testa. Qualche istante dopo
avevo lanciato delle lattine di birra, ma era
molto dopo la caduta del muro". Altri due
imputati sentiti ieri, come quelli che li
avevano preceduti, si sono dichiarati innocenti.
Si tratta di Paul Howard, 23 anni, impiegato in
un ristorante italiano, e Kevin Hughes, operaio
edile, 22 anni: il primo, in particolare, è
considerato uno dei principali responsabili
delle cariche mortali. Ma anche per lui la linea
difensiva è chiara: nessuna ammissione di
responsabilità. Per quanto riguarda le
testimonianze di coloro, italiani e non, che
hanno affermato nel corso dell'istruttoria di
riconoscere negli hooligans interrogati
protagonisti precisi della strage, gli imputati
se la cavano negando, con maggiore o minore
contrizione, su tutta la linea. In sostanza non
sembra che l'accusa possa avere nelle mani prove
schiaccianti. Gli interrogatori degli hoolingans
procederanno sino a metà novembre. L'Uefa
proprio ieri è stata chiamata ancora a correo
dai difensori delle vittime francesi. Il
dibattimento si protrarrà a lungo. Per il nostro
ministro degli esteri, Andreotti, la sentenza
non si avrà prima di quattro anni. R.S.
Fonte: La Stampa © 3 novembre 1988
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Strage dell’Heysel: in
Inghilterra una crociata per salvare i 26
imputati.
Martellante campagna di
stampa per cercare di imporre un verdetto di
assoluzione.
Gli hooligans ? Sono bravi
ragazzi
di Alfio Bernabei
I 26 imputati inglesi nel
processo per il massacro nello stadio di Heysel
che costò la vita di 39 persone saranno tutti
assolti per insufficienza di prove. Questo è il
parere quasi unanime della stampa britannica. A
torto o a ragione si sta creando l'aspettativa
per l‘inevitabile risultato, intorno ai 26
esiste ormai un clima di indulgenza con il paese
che reclama "vera giustizia" e assoluzione per
"i nostri ragazzi".
LONDRA - Dopo aver messo
una pietra sopra alla "sfortunata tragedia", i
giornali stanno demolendo la farsa nell‘aula del
palazzo di Giustizia a Bruxelles sulla quale
sono state pubblicate le prime vignette
satiriche. "Fuori, fuori, fuori", urlano gli
avvocati dipinti come hooligan togati. Non si
capisce bene se si riferiscano a se stessi, al
giudice Pierre Verlynde che tende a
pronunciamenti contraddittori, o ai lacrimosi
italiani che come nel film del neorealismo si
fanno prendere dalle emozioni. La colpevolezza o
meno degli imputati è diventata un argomento di
secondo ordine, la linea seguita dalla stampa è
quella influentissima suggerita fin dall'inizio
dall'avvocato di Liverpool Sir Harry Livermore:
il processo è una perdita di tempo, il sistema
giudiziario belga è inferiore a quello
britannico e il governo non avrebbe mai dovuto
acconsentire all'estradizione degli imputati
mettendoli in balia di un sistema processuale
così diverso che è diventato sinonimo di
inefficienza. E adesso che gli imputati sono
circondati da confusione procedurale, manovre
forensi asservite a scopi politici interni al
Belgio e per giunta ad italiani emotivi, è
venuto il momento di far scattare la crociata
della salvezza, bisogna estricare i 24 (due sono
in prigione in Inghilterra per altri motivi)
prima che diventino essi stessi vittime
innocenti di circostanze pericolose. Gli
hooligans di ieri sono diventati "our boys", i
nostri ragazzi, e l'altro giorno Sir Harry
Livermore, che rappresenta 15 imputati, ha
impressionato i giornalisti quando ha usato nei
loro riguardi l'espressione "gallant young
gang", gruppo di giovani galanti. Che ci sia
della messa in scena bene organizzata appare
evidente.
I 24 imputati non si danno più di
gomito sorridendo delle loro bravate come li
abbiamo visti fare nell'aula numero 4 della
Corte di Highbury a Londra durante le fasi
iniziali del processo e non cantano più i loro
inni goliardici nel sottoscala del tribunale. In
Gran Bretagna macchine fotografiche e telecamere
sono vietate così non esiste traccia visuale di
questo comportamento. Ora i giornalisti inglesi
li descrivono in cravatta, cortesissimi davanti
al giudice al quale si rivolgono con un
"monsieur le president". Tutti hanno chiesto
scusa ai familiari delle vittime prima di
tornarsene in Inghilterra perché dopo la
confusione nel palazzo di Giustizia sono
pervenuti al loro proprio verdetto, non vale la
pena di rimanere in Belgio, hanno cose più
importanti da fare. Forse non è un caso che
l'unico imputato che è tornato nello stadio fra
dozzine di giornalisti e telecamere è stato
Allan Woodray. "Certo che si provano delle
emozioni nel tornare qui, ma sono determinato a
non farmi trasportare da esse. In questi anni ho
ritrovato Dio ed è lui il solo che mi
controlla", ha detto ai giornalisti. A poca
distanza da lui c’era il padre italiano di una
delle vittime ed è logico pensare che se avesse
osato mormorare qualcosa in più del suo "questo
è un brutto momento", avrebbe fatto una pessima
figura verso il giovane inglese rinato in Dio,
ma soprattutto nei confronti dei molti
giornalisti presenti. "E’ chiaro che gli
avvocati hanno fatto scuola ai loro clienti",
scrive il Sunday Times. E aggiunge che secondo
voci alcuni avvocati belgi avrebbero accettato
di rappresentarli senza percepire alcun compenso
o per farsi notare o perché il processo offre
loro la possibilità di criticare il sistema
legale belga verso cui hanno dette rimostranze
di vecchia data. Da qui sarebbe originato il
loro comportamento da "ragazzi disordinati",
impegnati in una serie di trovate pubblicitarie.
In questo modo le sedute vanno avanti lentamente
senza che ancora si siano toccati gli aspetti
principali e potrebbero continuare fino a
febbraio ed oltre. A quel punto anche se uno o
due degli accusati fossero giudicati colpevoli,
sullo sfondo di tanti elementi confusionari o
farseschi, i legali non avrebbero difficoltà nel
presentare un appello dopo l’altro. L'andamento
del processo e il verdetto che ne verrà fuori
non sono esenti da considerazioni di natura
interna britannica, in parte legate allo sport e
in parte alla politica. Il mondo dello sport ha
bisogno di un lifting morale dopo le accuse di
doping, di razzismo e l'imprigionamento di un
eroe nazionale come il fantino Lester Piggott
per evasione fiscale (rimesso in libertà in
questi giorni). Sul piano politico non bisogna
dimenticare che il premier Thatcher proprio
durante una recente visita in Belgio ha posto
importanti freni alla nozione dell’integrazione
europea in vista del 1992. Uno degli argomenti
più sacrosanti è la preservazione dei processi
decisionali interni con la massima
determinazione di impedire qualsiasi
interferenza in aree domestiche tipo quella
giudiziaria. La condanna di 26 cittadini
britannici all’estero sarebbe uno choc anche
politico per il paese. Lo scorso anno i giornali
britannici si sono scagliati per diversi mesi e
con straordinaria violenza (e con pochi motivi,
oltre a quello di rinforzare in senso
nazionalistico la propria supposta superiorità
legale) contro il sistema giudiziario svedese in
seguito alla condanna di un membro dell'esercito
inglese trovato in possesso di una vasta
quantità di stupefacenti. Quest'anno, come
alcuni fanno notare, è la volta del Belgio.
Fonte:
L’Unità © 3 novembre 1988
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Con i torinesi per la
prima volta in Belgio dopo l'Heysel
Quei 39 morti calpestati
nel processo di Bruxelles
di Fabio Galvano
Da un mese di
interrogatori-farsa emergono solo stupidità e
faciloneria.
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
(BRUXELLES) - Sembra un'antologia delle
occasioni perdute o peggio un tragicomico
catalogo di agghiaccianti facilonerie - mentre
la Juventus tornava ieri per la prima volta in
Belgio a tre anni dalla tragica serata
dell'Heysel - il bilancio di oltre un mese di
udienze sul processo contro gli hooligans del
Liverpool. Di tutto si è sentito nell'imponente
aula del Palazzo di Giustizia di Bruxelles:
persino il Papa è stato chiamato in causa; e il
responsabile della sicurezza ha dovuto ammettere
che non aveva mai visto uno stadio prima di
quella sera. Ma non una parola di pentimento o
di schietto dolore è echeggiata per i 39 morti -
32 italiani - di quel 29 maggio 1985. Dal banco
degli imputati il ritornello non cambia: nessuna
responsabilità, dicono i tifosi del Liverpool,
tutt'al più coinvolgimenti involontari: "7
testimoni che sostengono il contrario sbagliano
o mentono". A stupire ha cominciato, l'altra
settimana, l'ex segretario generale della
federazione calcistica belga, Albert Roosens,
accusato di concorso in strage. E' stato lui a
tirare in ballo il Papa. Certo che quella era
una partita delicata, ha detto: più volte ne
aveva discusso con polizia e gendarmeria, ma
invano aveva chiesto misure speciali di
prevenzione. E quella sera le forze dell'ordine
gli erano parse stanche, "forse in conseguenza
della visita del Papa". Che, per onor di
cronaca, era ripartito dal Belgio già da due
settimane. E' poi salito, su quel palcoscenico
di toghe nere, il borgomastro di Bruxelles,
Hervé Brouhon, chiamato in causa in quanto lo
stadio dell'Heysel appartiene al Comune. Brouhon
è il personaggio che, l'indomani della tragedia,
per difendere l'operato della polizia aveva
coniato un'indimenticabile battuta: "E’ stato
fatto tutto il possibile - aveva detto - anzi il
necessario". In tribunale egli ha continuato
sulla stessa falsariga: "Tutto era stato
previsto", ha detto.
Ma non che gli incidenti
scoppiassero prima della gara; non che 39
persone potessero rimanere uccise. Le forze
dell'ordine erano poche ? Di più non era stato
possibile mobilitarne, ha risposto. Perché non
si provvide a proibire la vendita di alcolici ?
Perché amministrativamente era impossibile.
Tutto così, in tono burocratico; come se il
massacro di quella sera fosse davvero una
fatalità imprevedibile. Ma la palma degli
interrogatori in tribunale spetta forse ai
responsabili della sicurezza. Johan Mahieu,
capitano della gendarmeria, dirigeva il servizio
d'ordine all'interno dello stadio. "Non avevo
mai visto una partita di calcio in vita mia", ha
candidamente confessato. Per quell'incarico, ha
rivelato, lo avevano scelto soltanto il giorno
prima, ai suoi ordini aveva non più di cento
uomini per controllare 30 mila tifosi. E quando
il "blocco Z" dell'Heysel esplose, lui era
all'esterno dello stadio, chiamato per altri
piccoli incidenti. Per i primi venti minuti del
dramma, probabilmente i più drammatici, lui non
c'era. Nessuno lo avvisò ? Probabilmente sì, ma
chi avrebbe potuto prevedere che il boato degli
spalti potesse coprire la gracchiante voce dei
walkie-talkie utilizzati per garantire il
coordinamento fra l'interno e l'esterno dello
stadio ? Perché il capitano Mahieu fu scelto per
quell'incarico, nonostante la sua mancanza
d'esperienza ? "Perché l'ufficiale
originariamente preposto a quel servizio aveva
la scarlattina", ha risposto senza battere
ciglio il maggiore Michel Kensier. Lui era alla
centrale, coordinava da lontano la sicurezza
allo stadio; e al processo se l'è presa con gli
organizzatori di quella tragica finale di Coppa:
"Mi dissero che i tifosi del Liverpool non erano
teppisti". Un'altra "perla", che fa a gara con
quella emersa dalla testimonianza di Vivianne
Baro, Assessore allo Sport del Comune di
Bruxelles, quella sera anche lei andò allo
stadio. Ma non mentiva quando al giudice ha
detto di non sapere nulla di quanto accadde. La
spiegazione c'è, ed è stupenda: un poliziotto le
disse che c'erano incidenti e lei, saggiamente,
se ne tornò a casa.
Fonte: La
Stampa © 24 novembre 1988
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Nella strage dell'Heysel
perse l'uso di una mano, ora è senza pensione
"E dopo il danno, le beffe"
La rabbia di Carlo Duchene,
il parrucchiere rimasto ferito 3 anni fa a
Bruxelles. Secondo l'Inps non raggiunge più la
percentuale d'invalidità sufficiente per
ottenere l'assegno d'invalidità.
La mano destra è quasi
inservibile da quando, quella sera, la usò per
ripararsi il capo dai colpi di spranga di un
"hooligan" impazzito; soffre di improvvise
vertigini, tira avanti a medicine e lavora come
può, cercando di non affaticarsi troppo. Eppure
Carlo Duchene, 36 anni, ha perso la pensione di
invalidità, 420 mila lire al mese: le botte
prese allo stadio Heysel di Bruxelles lo hanno
menomato per sempre, ma il grado di invalidità
non raggiunge più quel 67,7 per cento previsto
dalla legge che gli era stato riconosciuto tre
anni fa. Duchene non ci sta, sostiene che
l'ultima visita a cui si è sottoposto "è stata
frettolosa e incompleta", esibisce una perizia
di parte, firmata dal prof. Baima Bollone, che
attesta una menomazione superiore al 70 per
cento. Farà ricorso, se andasse male è disposto
a citare l'Inps. La sera del 29 maggio '85,
prima della finale di Coppa dei Campioni tra
Juventus e Liverpool, lo stadio di Bruxelles fu
teatro di un autentico massacro: 39 morti (32
italiani), oltre 200 feriti. Duchene,
parrucchiere di Vigone, restò per settimane tra
la vita e la morte, con un trauma cranico che
costrinse i medici belgi a un delicato
intervento. E' guarito, se può dirsi guarito un
uomo bisognoso di cure e periodici controlli,
costretto a dosare le proprie forze nel lavoro
in negozio. Dall'85 percepiva la pensione di
invalidità, l'hanno chiamato a Pinerolo per la
visita di conferma (per legge va effettuata ogni
tre anni). Racconta: "La dottoressa mi ha fatto
dire "trentatré", proprio come nelle
barzellette.
Mi ha guardato gli occhi, non le
mani o la testa. "Sappiamo tutto di lei" mi ha
detto congedandomi. Ero tranquillo, poi
dall'Inps è arrivata la comunicazione che mi
avrebbero tolto l'assegno". Alla sede Inps di
Pinerolo, il direttore, Raffaele Tassone, tenta
di smorzare la polemica: "Escluderei controlli
sommari e frettolosi. Tanto più che, in caso di
dubbi, i sanitari possono richiedere visite
specialistiche". Aggiunge la dottoressa
Trinchino, che ha effettuato la visita: "Ho
seguito le normali procedure, basandomi anche
sulla documentazione che riassume tutta la
vicenda dell'assistito. Visita frettolosa ? Non
è vero, tutto normale". Il ricorso, comunque, ci
sarà. Lo sta preparando l'avvocato Andrea Gaspari: "Dobbiamo presentarlo entro 90 giorni,
ma ne basteranno molti meno. Siamo disposti ad
arrivare alla causa civile". L'asso nella manica
sarebbe la perizia del professor Baima Bollone,
dove si parla di "capacità di lavoro ridotta a
meno di un terzo", invalidità dal 71 all'80 per
cento, danni permanenti alla mano destra,
postumi di trauma cranico e vertigini
ricorrenti. Duchene: "Non riesco a capire come
tutto questo possa accadere. Del resto, sembra
proprio che la maledizione dell'Heysel non debba
finire: 2 anni fa mi arrivò perfino il conto
dall'ospedale di Bruxelles". Fu un "disguido
amministrativo" di cui le autorità belghe si
scusarono prontamente. Questa volta, invece, la
vicenda potrebbe finire in tribunale.
A. GIA'
Fonte: La Stampa © 26 novembre 1988
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ARTICOLI
STAMPA PROCESSO HEYSEL
1989 |
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Processo dell’Heysel
Pubblico ministero
generoso. Chieste pene irrisorie per hooligan e
autorità.
BRUXELLES - Una
requisitoria debole, costellata da numerose
contraddizioni, assoluzioni e infine una
richiesta di pene miti, che hanno sollevato la
reazione della parte civile. Queste sono le
prime risultanze del processo dell’Heysel, in
corso di svolgimento a Bruxelles, dopo
l'intervento del pubblico ministero, che si è
rimesso al giudizio della Corte e confessando di
non riuscire a valutare con esattezza se le
cariche e gli atti teppistici degli hooligan
inglesi, durante la finale della Coppa dei
Campioni di calcio Juventus-Liverpool, disputata
allo stadio Heysel di Bruxelles il 29 maggio
dell’85, fossero premeditate o meno.
Un’ammissione che potrebbe partorire una
conclusione scandalosa del processo, con
numerosi imputati, che potrebbero venirne fuori
con pene irrisorie in pieno contrasto con i
gravi fatti avvenuti in quella terribile serata,
dove persero la vita 39 persone di cui 32
italiane. Il pubblico ministero ha praticamente
scagionato tutte le "teste d’uovo" belghe
direttamente interessate all’avvenimento, cioè i
"grandi capi" della gendarmeria, quelli della
federazione calcio e il sindaco della città, che
ha concesso l'utilizzo di uno stadio non
adeguato all’avvenimento, privo delle necessarie
misure di sicurezza. Imputati erano 26 teppisti
inglesi per i quali sono state chieste due
assoluzioni piene, otto assoluzioni con il
beneficio del dubbio e 15 condanne da un minimo
di tre ad un massimo di quattro anni. Per
l’allora segretario generale della Unione calcio
belga e per i due responsabili del servizio
d’ordine, la richiesta di condanna non è stata
neanche quantificata. Sarà la Corte a decidere.
Nessun accenno all’Uefa e alla Municipalità
chiamate a correo dalle parti civili, per i
quali l’accusa ha chiesto l’assoluzione. Lunedì
cominceranno le arringhe della difesa. Il
dibattito dovrebbe concludersi verso metà marzo,
il verdetto a metà aprile.
Fonte:
L’Unità © 18 gennaio 1989
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Processo Heysel, scandalo !
Pene irrisorie per i
maggiori responsabili dei 39 morti. Per i 25
teppisti imputati, 10 assoluzioni e 15 condanne
da 3 a 4 anni; per i responsabili dell'ordine
nello stadio non è nemmeno quantificata la pena.
TORINO - Pene miti, troppo
miti, per i 25 teppisti inglesi imputati. Pene
neanche quantificate per Albert Roosens,
l'allora segretario generale dell'unione calcio
belga, responsabile dell'organizzazione, e per i
due ufficiali della gendarmeria che avrebbero
dovuto garantire l'ordine nello stadio. Queste
le richieste avanzate ieri pomeriggio dal
pubblico ministero, il procuratore del Re Pierre
Erauw, al processo per la strage di Heysel, 29
maggio 1985, finale di Coppa dei Campioni tra
Juventus e Liverpool. Gli "hooligans" inglesi,
fradici di birra, causarono con una carica sulle
gradinate: 39 morti, 32 dei quali tifosi
italiani della Juventus giunti in Belgio con
migliaia di altri appassionati. Tra i morti ci
furono anche due torinesi, Domenico Russo e
Giovacchino Landini. Gli imputati principali
sono 26 teppisti inglesi. La posizione di uno di
loro è stata stralciata, essendo in carcere in
Gran Bretagna. Per gli altri 25, l'accusa ha
chiesto due assoluzioni piene, otto assoluzioni
col beneficio del dubbio, e 15 condanne a tre o
quattro anni. Il pubblico ministero si rimette
inoltre al giudizio della corte per quel che
riguarda la "premeditazione" della carica. Il
procuratore del re ha detto di non essere in
grado di valutare se la carica dei tifosi
britannici fosse premeditata o no. Non è un
particolare secondario: se si propende per la
premeditazione, la pena è fino a 10 anni (e
l'accusa diventa di lesioni volontarie e
omicidio preterintenzionale) al contrario, il
massimo della condanna è cinque. L'accusa, come
detto, si rimette alla Corte, ma intanto si è
limitata a chiedere quattro anni. Per l'allora
segretario generale dell'unione calcio belga, e
per i due responsabili del servizio d'ordine (i
tre, comunque, rischiano un massimo di due anni)
la richiesta di condanna non è neanche stata
quantificata, tutto è rimesso alla corte. Le
reazioni alla requisitoria sono state ovviamente
negative. La parte civile, ma anche altri
avvocati, perfino alcuni difensori di imputati
britannici, l'hanno giudicata debole, poco
incisiva, ed, in alcuni casi, contraddittoria.
Lunedì cominciano le arringhe della difesa, che
dureranno almeno un mese. Verso la metà di marzo
la fine del dibattito in aula, quattro settimane
dopo la sentenza.
Fonte:
Stampa Sera © 19 gennaio 1989
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A quattro anni dalla strage
nello stadio di Bruxelles
Domani la sentenza per i
morti all'Heysel
di Fabio Galvano
L'ombra del dramma di
Sheffield su un processo che non trova
colpevoli.
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
(BRUXELLES) - Risvegliati dal dramma di
Sheffield, i fantasmi dell'Heysel battono alla
porta della giustizia. Ma dalla sentenza che
pronuncerà domani il giudice Verlinden, sotto la
grande cupola del tribunale di Bruxelles,
difficilmente emergerà un esauriente quadro
delle colpe per i 39 spettatori - 32 erano
italiani - uccisi la sera del 29 maggio 1985. A
conclusione di un processo durato più di sei
mesi, le labili prove portate contro gli
hooligans del Liverpool non apriranno la strada
alle severe condanne che si erano auspicate.
Quasi dimenticato e stancamente avviato verso il
suo esito inconcludente, il processo dell'Heysel
riflette inevitabilmente l'angoscia dell'ultima
tragedia calcistica britannica: protagonisti in
entrambi i casi i supporters inglesi, anzi
proprio quelli del Liverpool, è difficile
sfuggire alla conclusione che la meccanica dei
due incidenti può essere stata diversa, ma che
identica - la violenza - ne è stata la matrice.
Probabilmente la sentenza di domani non sarà
l'ultimo atto dell'Heysel. Seguiranno infatti
ricorsi e azioni civili; ma per 39 morti e per i
600 feriti, per i loro familiari, per tutti
coloro che hanno sofferto in seguito agli
avvenimenti di quella notte, è come se si
chiudesse la rincorsa alla giustizia. Dei 26
hooligans portati in giudizio dopo oltre tre
anni di indagini, undici sono stati esonerati
dalla stessa accusa: uno era in carcere in Gran
Bretagna e due sono stati ritenuti estranei ai
fatti, mentre per altri otto è stata chiesta
l'assoluzione col beneficio del dubbio.
Per i
rimanenti quindici sono state chieste condanne
di tre o quattro anni, non meglio specificate,
per le quali il pubblico ministero si è rimesso
al giudizio della corte. Questo può significare
che l'accusa non ritiene di avere dimostrato gli
estremi della premeditazione, che si tradurrebbe
in pene massime di dieci anni; peggio, che non è
neppure convinta di avere dimostrato le lesioni
volontarie e l'omicidio preterintenzionale. Come
ha ben sottolineato la difesa, inoltre, non
esiste nella giurisprudenza belga il concetto di
"reato collettivo". I gesti di alcuni singoli,
cioè, non possono essere "collettivizzati"; e
quindi non può esserci condanna per la causa
principale dei decessi, il soffocamento dovuto
ai grandi spostamenti di folla, sebbene questi
siano stati a loro volta dovuti a gesti
teppistici di singoli individui. E se anche il
giudice Verlinden indicherà responsabilità
civili per gli autorevoli personaggi che hanno
diviso con gli hooligans il banco degli
accusati, mossa che aprirebbe la via ai
risarcimenti da parte delle compagnie
assicuratrici, pochi saranno gli strascichi
penali. Per il presidente e per il segretario
dell'Uefa, Jacques Georges e Hans Bangerter,
nonché per il sindaco di Bruxelles Hervé Brouhon
e per l'assessore allo sport Vivianne Baro, è
stata la stessa accusa a chiedere l'assoluzione.
Per gli altri imputati - il segretario della
federazione belga Albert Roosens e i due
gendarmi responsabili della sicurezza nello
stadio, il maggiore Michel Kensier e il capitano
Johan Mahieu, tutti passibili di pene massime di
due anni - il pubblico ministero non ha fatto
una richiesta precisa: come per gli hooligans,
si è rimesso alla volontà della corte. Potrebbe
davvero finire con tutti in libertà, sia pure
attraverso i benefici della condizionale. A meno
che l'esigenza di un capro espiatorio spinga
all'esemplare condanna di almeno una persona.
Fonte: La
Stampa © 27 aprile 1989
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Heysel, 14 condanne
Sentenza stamane per la
strage di Juve-Liverpool.
BRUXELLES - Un processo per
la strage dello stadio di Heysel si concluderà
con la condanna di 14 dei 25 tifosi teppisti
britannici. Questo l'annuncio che ha dato
stamani il presidente del tribunale, Pierre
Verlinden, iniziando la lettura delle
conclusioni del procedimento. Gli altri 11
teppisti, i tristemente famosi "hooligans" a
giudizio, saranno assolti. Le richieste della
pubblica accusa erano state: la condanna di 15
teppisti e l'assoluzione, per non avere commesso
il fatto o per insufficienza di prove, di dieci
di essi. L'entità delle pene, ha detto il
presidente del tribunale, sarà annunciata in un
secondo tempo, probabilmente nella tarda serata.
Si è potuto constatare alla lettura delle
conclusioni del processo che il tono del
presidente nei confronti degli imputati è stato
estremamente duro e severo. Si sta esaurendo
così, dopo un lungo e travagliato periodo di
indagini non sempre condotte secondo quanto
speravano e pretendevano i familiari delle
vittime, il primo atto di una delle più tragiche
vicende che abbiano funestato il mondo dello
sport. Il dibattito iniziatosi il 17 ottobre
racchiude in 564 pagine la "verità" su quella
terribile serata del 29 maggio 1985 in cui
morirono allo stadio dell'Heysel 39 persone
delle quali 32 italiane. Soltanto il 9 settembre
del 1987 gli hooligans furono trasferiti
dall'Inghilterra a Bruxelles e rinchiusi nel
carcere di Leuven. Ma la detenzione durò
soltanto un mese, il 17 ottobre 1988 ebbe
finalmente inizio il processo che rischiò subito
la paralisi giacché i difensori degli hooligans
chiesero che fossero lette in aula tutte le 48
mila pagine agli atti. Per fortuna, il
presidente volle sfoltire la procedura, ma lo
scorso 13 febbraio vi fu un nuovo colpo di
scena. Dopo le arringhe dei difensori, il
procuratore del re chiese due assoluzioni con
formula piena e 8 con formula dubitativa per gli
imputati inglesi e per gli altri 15 condanne a
discrezione della corte. Inoltre, chiese
l'assoluzione per l'Uefa e per la città di
Bruxelles individuando solo nel capitano della
gendarmeria Mahieu e nel segretario dell'Unione
belga Roosens eventuali responsabili. Questa
mattina alle ore 9, il presidente del tribunale
ha dato inizio alla lettura della sentenza che
continuerà per tutta la giornata di oggi. In
aula oltre agli imputati, erano presenti 150
giornalisti provenienti da tutto il mondo (una
decina dall'Italia).
Fonte:
Stampa Sera © 28 aprile 1989
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"Giustizia per i morti
dell'Heysel"
di Daniele Mastrogiacomo
BRUXELLES - Nessuna
vendetta, chiediamo solo giustizia. Lidia e
Salvatore Mastroiaco parlano con un filo di
voce. Si tengono per mano, gli occhi lucidi,
sconvolti da una tragedia immensa. La sera del
29 maggio 1985 il loro figlio Gianni era lì, nel
settore Z della curva allo stadio di Heysel. Era
partito da Rieti con un gruppo di amici. "C'era
la Juve, finale della Coppa dei Campioni -
ricordano. Era un ragazzo felice, spensierato.
Non lo abbiamo più visto, l'ha ucciso la furia
degli hooligans. Una violenza senza ragione,
bestiale, immotivata... Cosa ci aspettiamo ?
Solo giustizia. Vogliamo che venga punito chi ha
assassinato nostro figlio". Sul DC9 Alitalia
diretto a Bruxelles rabbia e speranza dominano i
racconti. A bordo ci sono una trentina di
parenti dei 32 italiani morti dopo l'assalto dei
red del Liverpool. Madri e padri che hanno perso
i loro cari. Mogli rimaste improvvisamente
vedove. Sguardi spenti che si perdono nel vuoto.
Stamani saranno tutti lì, nella grande aula del
tribunale del Palais de Justice di Bruxelles,
per ascoltare il verdetto della corte chiamata a
giudicare 32 imputati del massacro di Heysel.
Dai 25 supporter del Liverpool (la posizione di
un tifoso è stata stralciata perché in galera in
Inghilterra), inchiodati dalle riprese Tv, a
Jacques Georges e Hans Bangerter, presidente e
segretario della Uefa. Da Hervé Brouhon, sindaco
di Bruxelles, a Vivianne Baro, assessore allo
sport, ad Albert Roosens, segretario dell'Unione
calcio belga, a Michel Kensier e Johans Mahieu,
rispettivamente maggiore e capitano della
Gendarmerie, entrambi responsabili del servizio
d'ordine allo stadio della città. Saranno
presenti anche gli avvocati di parte civile. Uno
stuolo di legali, deciso e combattivo. Per tutti
questi mesi hanno seguito le udienze del
dibattimento, incalzando la corte con una serie
di richieste. Per tutti parla l'avvocato Bruzio
Pirroncelli, del Foro di Roma. Da questa
sentenza ci aspettiamo ben poco, ammette. Gli
hooligans, probabilmente, saranno assolti per
insufficienza di prove. Ma quello che non
riusciamo ad accettare è l'assoluzione del
responsabili della Uefa. Loro hanno organizzato
l'incontro, loro hanno incassato l'83 per cento
degli introiti, loro hanno svolto un ruolo
determinante in tutta la vicenda. Ci aspettiamo
la condanna dell'Unione calcio belga e dei
responsabili del servizio d' ordine. Interviene
Otello Lorentini, 54 anni.
E' il presidente
dell'associazione che raccoglie i familiari
delle vittime di Heysel. Nello stadio della
morte ha perso un figlio, Roberto. Una tragedia
nella tragedia. Si era salvato dalle cariche
bestiali degli hooligans. Ma, in quanto medico,
era tornato indietro per assistere i feriti. La
seconda carica lo ha travolto. Il padre non si
dà pace: Come faccio a dimenticare quella gente
? Io li ho visti, con i miei occhi. Ci
aggredivano con violenza, con rabbia. Armati di
spranghe, di bastoni, di pietre, ci spingevano
verso il muro. Li ho visti picchiare, sputare,
lanciare in aria, in segno di spregio, i
documenti e gli oggetti personali dei feriti e
dei moribondi. Adesso ci chiedono di perdonare,
come la Candy, che sponsorizza la squadra del
Liverpool... No, purtroppo, non ce la sentiamo
di perdonare. E' ancora troppo presto. Il
massacro di Sheffield forse avrà insegnato loro
qualcosa. Avranno finalmente capito cosa si
prova quando si muore in modo così assurdo"...
Ma la requisitoria del Pubblico ministero,
Pierre Erauw, ha spianato la strada verso un
verdetto mite. Gli hooligans hanno continuato a
gridare la loro innocenza. I filmati, acquisiti
agli atti del processo, mostrano due, tre
giovani che brandiscono dei bastoni e lanciano
alcune pietre. Prove che, per la pubblica
accusa, sono insufficienti per incastrare i
responsabili. E, motivo determinante, per
accogliere la tesi della premeditazione. Alla
fine, ha chiesto l'assoluzione per otto
hooligans, e la condanna per altri quindici.
Nessuno azzarda previsioni. Anche se molti sono
convinti che l'unico a pagare il prezzo della
strage sarà il capitano della Gendarmerie,
Johans Mahieu. Era la sua prima esperienza di
ordine pubblico allo stadio ed in aula ha
ammesso che i walkie-talkie della polizia non
erano muniti di batterie. In questo clima di
generale indifferenza, creato da una città che
vuole rimuovere e dimenticare l'incubo di un
assurdo massacro, i parenti delle vittime si
aggrappano all'ultima speranza. La speranza di
una condanna che apra la strada verso il
risarcimento.
Fonte: La
Repubblica © 28 aprile 1989
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Oggi a Bruxelles si
conclude il processo
Indizi confusi e
giuridicamente dubbi: dei 32 imputati (25
hooligan) nessuno rischia condanne troppo dure.
L'ombra della tragedia di Sheffield. Solo la
recente strage in Inghilterra ha in parte
ravvivato l’interesse per una vicenda che dura
dal luglio ’86.
Heysel, una sentenza
piccola piccola ?
di Paolo Soldini
Tre anni e undici mesi dopo
quella maledetta sera del 29 maggio 1985, sulla
strage dello stadio di Heysel (39 morti,
travolti dalla furia scatenata dei tifosi del
Liverpool) cala il sipario della giustizia. Oggi
il tribunale di Bruxelles emetterà la sentenza
di un processo che dura, ormai, dal luglio
dell'86. Dei 92 imputati nessuno rischia
condanne troppo dure.
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
(BRUXELLES) - Per leggere la sentenza, si
prevede, il presidente del tribunale Pierre
Verlynden impiegherà diverse ore, per dar tempo
agli interpreti di tradurla. Ma tanta lentezza
non rischia davvero di rovinare la "suspense":
dalla conclusione del processo per la tragedia
di Heysel nessuno si aspetta fatti sconvolgenti,
né giustizie esemplari. Dei 32 imputati, 25
"hooligan" britannici (all'inizio erano 26, poi
la posizione di uno è stata stralciata perché è
già condannato, per altri motivi, in patria),
due ufficiali della gendarmeria belga, l'ex
segretario dell’Unione calcistica belga, il
presidente e il segretario generale della Uefa,
il borgomastro e l'assessore allo Sport della
città di Bruxelles, nessuno rischia più di
tanto. Gli elementi a carico dei teppisti,
identificati sulla base delle riprese
televisive, sono abbastanza confusi e
giuridicamente dubbi, al punto che lo stesso
pubblico ministero, nel corso del dibattimento,
ha messo in Iuce il fatto che per molti regga
l'imputazione di omicidio preterintenzionale.
L'Unione calcistica belga e la Uefa rischiano al
massimo una condanna simbolica e pro-forma, che
servirebbe solo a permettere alle assicurazioni
di pagare (chissà quando) il premio alle
famiglie delle vittime e ai feriti di quel 29
maggio. Il borgomastro e l'assessore allo sport
di Bruxelles sono già, praticamente, usciti dal
processo: "puliti", come si dice. L’unico che ha
da temere, fra gli imputati belgi, è il capitano
della gendarmeria Johan Mahieu, che quella sera
maledetta era "responsabile" dell'ordine
pubblico all’Heysel e sbagliò tutto. "Fino ad
allora - si è giustificato al processo - non
avevo mai messo piede in uno stadio"... Il suo
superiore diretto, il maggiore Michel Kensier,
invece, ha ottime probabilità di passarla
liscia; Il principio delle responsabilità di chi
comanda, in questa tristissima storia, non ha
mai contato molto.
Fin dall’inizio, quando,
poche ore dopo la strage, il ministro degli
interni Charles-Ferdinand Nothomb a chi gli
chiedeva le dimissioni rispose: "E perché mai ?
lo che c’entro ?". È ben difficile, insomma, che
i parenti dei 32 morti di Heysel, una trentina,
attesi a Bruxelles per stamani, scioperi aerei
permettendo, possano aver almeno la consolazione
di veder fatta giustizia. D'altronde, nonostante
l'impegno dei legali di parte civile, coordinati
dall’avvocato italo-belga Daniel Vedovatto, il
processo aveva preso un andamento discutibile
fin dalle prime battute. Per ottenere
l'estradizione dei 26, poi diventati 25,
"hooligans" riconosciuti nelle riprese tv, le
autorità belghe avevano impiegato mesi e mesi.
Poi, in base ad accordi mai chiariti del tutto
con il governo di Londra, li aveva sistemati in
prigioni di tutto comodo (il che provocò
addirittura la rivolta dei detenuti "normali" in
due carceri di Bruxelles) e quindi rilasciati su
una serie di cauzioni che non si sa chi abbia,
alla fine, pagato. La prima apertura del
procedimento, il 2 luglio dell’86, fu una specie
di finta giuridica: gli atti, oltre 50 mila
pagine, che il tribunale pretendeva che
venissero pagate, e a peso d’oro, erano del
tutto sconosciuti agli avvocati, cosicché fu
necessario un rinvio di oltre due anni, fino
all'ottobre dell‘88. Tra le schermaglie legali e
le lungaggini, il dibattito aveva finito per
perdere ogni interesse e la fiducia che
arrivasse a una conclusione significativa si era
ben presto persa. Dalle udienze, a poco e poco,
scomparivano i vestiti a lutto dei parenti delle
vittime e i giornali relegavano la cronaca nelle
pagine interne. La tragedia di Sheffield ha
riacceso l'attenzione su una storia che
cominciava a divenire "lontana" nel tempo e,
soprattutto, nelle coscienze. Resta da chiedersi
se quello che è successo nello stadio inglese,
la ripetizione di una follia che dopo Heysel era
sembrata davvero irripetibile, influirà in
qualche modo sulla conclusione del processo di
Bruxelles. Ma c’è da dubitarne.
Fonte:
L’Unità © 28 aprile 1989
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Heysel, la sentenza di
Bruxelles
Sedici condannati e sei
assolti. Riconosciuta la responsabilità della
Federcalcio belga ma non dell’Uefa. Duri
commenti dei parenti delle vittime.
Strage archiviata.
Assoluzione per i padroni del pallone. Sedici
condanne e sedici assoluzioni; tre anni di
reclusione con la condizionale per 14 dei 25
teppisti britannici individuati tra la folla;
pene minori per due degli accusati belgi; negata
ogni responsabilità dell’Uefa. Il processo per
la strage dell’Heysel si è chiuso ieri con una
sentenza che lascia l'amaro in bocca. Quattro
anni dopo, nessuno dei responsabili di quella
follia è in carcere. DAL NOSTRO CORRISPONDENTE.
BRUXELLES - Delle meticolose misure di sicurezza
dispiegate il 17 ottobre scorso, quando il
processo per la strage dell'Heysel si era aperto
(o, meglio, riaperto, dopo una prima falsa
partenza) sono rimasti il "metal detector"
all'ingresso dell'aula e un cordone di
poliziotti annoiati. Il grande processo alla
follia della violenza negli stadi non eccita più
gli animi, e da un bel po' di tempo. Sotto la
cupola enorme del palazzo di giustizia di
Bruxelles, che dovrebbe simboleggiare nel suo
neoclassico "kitsch" la sacralità della
Giustizia, si affollano giornalisti e cameramen,
ma di curiosi, stavolta, non ce ne sono molti.
Di avvocati, sì, invece, in tocco e toga e sir
Henry Livermoore, il super patron degli accusati
inglesi, anche con la parrucca in testa, come si
usa a casa sua. Tanti avvocati perché questo è
un processo difficile, molto "tecnico", come
dice chi se ne intende, e senza precedenti,
almeno in Belgio: 50 mila pagine di atti
istruttori, elementi di prova inediti, come le
riprese tv che hanno permesso di identificare 26
persone (su quanti: cinquecento, mille ?) "nella
massa scatenata che quella sera, tre anni e 11
mesi fa, travolse la tribuna "Z" e lasciò per
terra 39 morti, un complicato intreccio di
elementi penali ed elementi civili, i
risarcimenti per i sopravvissuti e i parenti
delle vittime…
Quando il presidente della Corte
Pierre Verlynden comincia, verso le 10 del
mattino, a leggere la sentenza, le ultime
curiosità si sono già spente. Come finirà questo
processo "esemplare", più o meno già si sa. A
fugare le ultime incertezze, il giudice
Verlynden ha fatto discretamente sapere in giro
che la sua sentenza era pronta da tempo, da
prima, per intenderci, del nuovo massacro della
"guerra degli stadi", quello di Sheffield, che
così qualcuno aveva pensato avrebbe potuto
influire sul giudizio. Solo dalle file in cui si
sono raggruppati i parenti dei morti, le vedove
con il nero del lutto, le madri, i padri, i
fratelli viene ancora qualche segno di passione,
scambi di occhiate inquiete, qualche parola a
bassa voce, qualche messaggio per gli avvocati
di parte civile. Più avanti, dove sono seduti i
32 imputati, l'atmosfera è distesa: nessuno
rischia troppo. E tutti già lo sanno. Pian
piano, in francese prima e in inglese poi, si
sgranano le cifre della sentenze. Undici degli
accusati inglesi sono assolti: la Corte non ha
potuto provare nessuna particolare colpevolezza,
pur se li ha riconosciuti tutti nella massa
inquadrata dalle telecamere quella sera
maledetta. Assolto il maggiore Michel Kensier,
che quella sera dirigeva dal suo ufficio le
operazioni della gendarmeria dentro e intorno
allo stadio: non ha sbagliato nulla, secondo il
tribunale, e una responsabilità particolare, per
chi risponde dell'operato dei propri sottoposti,
non esiste, evidentemente. D’altronde, neppure
il ministro degli Interni del tempo, Charles
Ferdinand Nothomb, sentì il dovere di dimettersi
(figuriamoci) e neppure di scusarsi...
Assolta
anche l'Uefa, nelle persone del presidente
Jacques George e del segretario generale Hans
Baugerter. L’idea di far giocare una partita
"calda" come la finale della Coppa dei Campioni
fra il Liverpool e la Juventus in uno stadio per
niente attrezzato come quello di Bruxelles fu
certo un errore, ma non è una colpa, secondo la
giustizia belga. Assolti e questo era previsto
fin dall’inizio anche il borgomastro di
Bruxelles Hervé Brouhon e l’assessore allo sport
Viviane Baro. La signora Baro, la sera del 29
maggio '85, era anche lei allo stadio, ma se ne
andò quando cominciarono gli incidenti. Non
aveva visto, non sapeva che le tribune
dell’Heysel erano insicure, una trappola nel
caso di scontri fra tifosi o di aggressioni. Ed
ecco le condanne. Quattordici dei 26 teppisti
chiamati in giudizio (la posizione di uno è
stata poi stralciata perché sconta già una pena
in patria) sono stati riconosciuti colpevoli di
colpi e lesioni tali da provocare la morte e
condannati a tre anni di reclusione con
sospensione condizionale della metà della pena
per un periodo di cinque anni. Significa un anno
e mezzo di carcere a meno che, nel corso dei
prossimi cinque anni, e qui in Belgio, non
vengano condannati per qualche altro reato
penale. A quell'anno e mezzo vanno tolti sei
mesi, già scontati di carcerazione preventiva.
Ma anche i dodici mesi che restano è molto,
molto difficile che li debbano trascorrere
davvero in prigione. Il pubblico ministero
Pierre Erauw avrebbe dovuto chiedere l'ordine
d'arresto, e fino a ieri sera non lo aveva
fatto. E dei quattordici condannati britannici,
alla riapertura dell'udienza del pomeriggio,
nell'aula del processo non restava che la
memoria e la preoccupazione di un'avvocatessa
belga che aveva visto sparire il suo cliente e,
probabilmente, la parcella. In teoria i 14
potrebbero essere riestradati in Belgio, ma chi
ci crede ?
Tanto per confermare l'impressione
che, anche in questo caso, la giustizia sia
particolarmente severa solo con i pesci piccoli,
il tribunale, che ha assolto il suo diretto
superiore, ha condannato invece 9 mesi con la
condizionale e una fortuna in indennizzi alle
parti lese per il maggiore della gendarmeria
Johan Mahieu che quella sera era sul posto. E
l’ex segretario dell'Unione calcistica belga
Albert Roosens che si è preso sei mesi con la
condizionale sacrificato sull’altare della
necessità di considerare comunque responsabile
l'Unione in modo da assicurare una "parte
solvente" per i risarcimenti civili. L'udienza
del mattino si conclude ed è il momento, amaro,
dei commenti: "Volevamo una sentenza esemplare e
non l'abbiamo avuta" dice Otello Lorentini, che
all’Heysel ha perso un figlio e dirige
l’associazione dei parenti delle vittime –
quindi che vuole che dica ? Siamo delusi.
Avrebbero almeno dovuto condannare l'Uefa: sono
i dirigenti del calcio internazionale che hanno
sbagliato allora e che potrebbero sbagliare
ancora". "Una sentenza deludente - aggiunge
Marilena Fabbro che ha perso il marito - non
cercavamo vendetta, ma giustizia quella sì, ci
era dovuta". Poche ore più tardi comincia la
lettura del dispositivo civile della sentenza: i
risarcimenti e gli indennizzi per i morti e i
feriti. Il presidente spiega chi e quanto deve
pagare, e a chi e perché in una contabilità
crudele, che stabilisce quanto "valga" un morto,
quanto si debba "pagare" un lutto, o il dramma
di chi porta ancora sul corpo o nella mente le
ferite di quella sera maledetta. A pagare
saranno, probabilmente le assicurazioni e
l'Unione calcistica perché gli accusati
britannici non sono "solvibili". Si tratta di
povera gente. E anche questo è un aspetto amaro
della storia dell’Heysel che arriva alla sua
fine.
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L’Unità © 29 aprile 1989
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Miti condanne per la strage
allo stadio di Bruxelles che costò la vita a 39
persone. Liberi (tre anni con la 8 condizionale)
14 hooligan, 9 mesi al capo della sicurezza,
assolta la Uefa.
Tutti fuori, nessuno paga
per i morti dell’Heysel
di Paolo Soldini
Sedici assoluzioni e sedici
condanne, ma nessuno è in carcere, e nessuno
probabilmente ci andrà, per la strage dello
stadio di Heysel che costò la vita, il 29 maggio
di quattro anni fa, a 39 persone. Il Tribunale
di Bruxelles ha condannato 14 "hooligan", ma ha
assolto i dirigenti del calcio internazionale e
le autorità belghe che della follia di quella
sera portano responsabilità non facili da
dimenticare.
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
(BRUXELLES) - "Volevamo una sentenza esemplare e
non l'abbiamo avuta". Otello Lorentini nella
tragedia del Heysel ha perso un figlio, ed è
presidente dell'associazione dei parenti delle
vittime: il suo commento vale più di ogni altra
spiegazione sul significato della sentenza con
cui ieri si è concluso il lungo e difficile
processo per la strage del 29 maggio dell'85.
Trentanove morti (trentadue italiani), uccisi
sulle gradinate dello stadio di Bruxelles dalla
furia dei teppisti del Liverpool, ma anche
dall'insipienza, dagli errori e dalla
irresponsabilità di chi avrebbe dovuto impedire
che una simile tragedia avvenisse: l'Uefa, che
aveva organizzato la finale della Coppa dei
Campioni, Juventus-Liverpool, in uno stadio
manifestamente inadatto; la gendarmeria belga,
che non seppe mantenere l’ordine; le autorità di
Bruxelles, che non si erano "accorte" che
l'Heysel era in realtà una trappola pericolosa.
La sentenza punisce solo una parte dei
colpevoli, lascia la sensazione amara che i
morti di Heysel non abbiano diritto alla
giustizia e il dubbio inquietante che il
fenomeno della violenza negli stadi (riesploso
in forma ancor più tragica a Sheffield) possa
continuare a sfuggire ai principi di
responsabilità che regolano la vita civile. Dei
condannati i 14 teppisti, un ufficiale della
gendarmeria e il segretario dell'Unione
calcistica belga nessuno è in prigione e
nessuno, probabilmente, ci andrà mai.
Riconosciuti colpevoli di "colpi e lesioni tali
da provocare la morte", sono stati condannati a
tre anni di reclusione con sospensione
condizionale di metà della pena per un periodo
di cinque anni. Un anno e mezzo di carcere;
quindi, e in Belgio, a condizione che entro i
prossimi cinque anni non vengono condannati per
altri reati nello stesso territorio belga. I
britannici se ne sono tornati a casa prima
ancora che fosse finita la lettura della
sentenza ed è molto improbabile che vengano in
futuro rinviati in Belgio. Gli altri due
beneficeranno della condizionale. Per quanto
riguarda i risarcimenti e gli indennizzi per i
morti e per i feriti, si incaricheranno
probabilmente le assicurazioni e l'Unione
calcistica, dal momento che gli accusati
britannici non sono "solvibili".
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L’Unità © 29 aprile 1989
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Dalla Thatcher agli
hooligan un sospiro di sollievo
di Alfio Bernabei
LONDRA - C'è grande
sollievo a Liverpool e in tutta l’Inghilterra
dopo la sentenza pronunciata ieri a Bruxelles.
Il segretario all'Interno Douglas Hard si è
dichiarato soddisfatto del verdetto. "Il governo
venne criticato quando decidemmo di permettere
l'estradizione dei tifosi in Belgio, ma ora gli
eventi hanno provato la giustezza della nostra
posizione. Il sistema giudiziario belga è
diverso dal nostro, ma nel complesso tutto si è
svolto secondo le regole". Alla domanda se
consentirà l'estradizione dei quattordici tifosi
che sono stati condannati nel caso le autorità
belghe decidano di procedere alla loro
incarcerazione, Hurd ha risposto: "È troppo
presto per dare una risposta. Probabilmente ci
sarà un appello. Vedremo". Anche a Downing
Street dove la Thatcher proprio oggi ha ricevuto
Ciriaco De Mita l'impressione è che le cose
siano andate secondo i piani. Il premier è
riuscito a dimostrare agli altri paesi della
Comunità che quando si tratta di hooligan non
c’è protezione che tenga. Se un tribunale
straniero li vuole, deve averli, affinché venga
fatta giustizia. Ma il sollievo negli ambienti
governativi è anche dovuto al fatto che la
natura della sentenza non crea problemi a
livello diplomatico tra i due paesi. Anche sir
Harry Livermoore, l'avvocato di Liverpool che ha
difeso alcuni degli imputati, si è dichiarato
soddisfatto. In passato aveva criticato le
procedure legali belghe trattandole come
inferiori a quelle britanniche tanto da
sollevare dubbi sulla possibilità di un'equa
sentenza. "Le assoluzioni sono ok. Mi pare però
che una condanna alla prigione dopo che sono
trascorsi quattro anni dagli avvenimenti, sia un
po’ forte.
Allo stesso tempo devo dire che, se
fossero stati processati in Gran Bretagna, le
cose sarebbero andate peggio". Ha confermato che
ci sarà un appello entro i prossimi quindici
giorni. "Anche se non lo chiediamo noi, lo
chiederanno i rappresentanti degli altri
imputati belgi che sono stati condannati.
Speriamo solo che questo non ci riporti indietro
creando complicazioni per i nostri giovani.
Hanno sofferto abbastanza". Uno degli imputati
che non è andato a Bruxelles per ascoltare la
sentenza ha dichiarato: "Sono stato trattato
ottimamente dalle autorità belghe. La sentenza è
giusta". Ma una reazione completamente diversa è
venuta da un tifoso presente alla lettura del
verdetto. Si è alzato ed è uscito quasi di corsa
senza aspettare di conoscere la sentenza e,
scontrandosi coi cameramen inglesi, ha gridato:
"È caos completo, tutto il processo è stato un
caos". La frase è servita a ricordare che lo
scorso anno questa definizione venne usata da
quasi tutti i tifosi, dai loro avvocati e dalla
maggior parte dei media britannici per indicare
la loro mancanza di fiducia nella giustizia
belga. Secondo un loro imputato, Alan Woodray,
"il processo è stato preordinato e la sentenza
non è venuta dal giudice, ma da qualche altra
fonte". John Smith, dirigente del Liverpool
Football Club, ha dichiarato; "Spero che ora si
sia giunti alla fine di questa storia. Si è
protratta troppo a lungo ed è tempo che le cose
tornino alla normalità". La sentenza era attesa
con particolare ansia a Liverpool e a Sheffield
dove proprio ieri sono iniziati i lavori
dell'inchiesta per stabilire le responsabilità
della tragedia di Hillsborough dove
hooliganismo, cattiva organizzazione e
deficienze nelle misure di sicurezza dentro e
fuori lo stadio, hanno causato la morte di
novantacinque tifosi.
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Inchiesta ignobile Sentenza
amara
di Michele Serra
Non saranno molto
soddisfatti, i parenti delle vittime di
Bruxelles, di questa sentenza blanda seguita a
un'istruttoria pigra. Ci si chiede quale
"soddisfazione giudiziaria", e insomma quanti
anni di galera, ci vorrebbero per lavare una
macchia di dolore così indelebile perché così
stupida e inutile. Gli hooligans se la cavano a
buon prezzo; anche nel loro caso, del resto,
nessun castigo sembrerebbe in grado di
ricondurli alla ragione, visto che neppure i
cento morti di Sheffield (quasi tutti tifosi del
Liverpool) sono serviti a placare i gruppetti di
potenziali assassini che riempiono gli stadi
d’Europa. La sentenza di Bruxelles
(imperdonabile per la pilatesca decisione di non
coinvolgere nemmeno da lontano i capoccioni dell'Uefa,
che decisero di assegnare a uno stadio
pateticamente vecchio e insicuro una finale
"calda" come Liverpool-Juventus) attribuisce
almeno la responsabilità civile dell'eccidio
alla Federcalcio belga. Cosa che consentirà ai
parenti delle vittime, probabilmente, di
ottenere lo straccio di un risarcimento. Ma è
scandaloso, per tutti gli uomini di buona
volontà, che i padroni del calcio (coloro, per
entrare nel merito, che ci mangiano sopra e sul
pallone ritagliando fette di potere) continuino
a godere di una sostanziale impunità per tutto
ciò che dentro al calcio accade.
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Le reazioni a Torino
"È tutta una presa in giro
Come al solito i veri colpevoli non pagano"
di Tullio Parisi
TORINO - Una sentenza che
ha lasciato sconcertati. Quattordici condanne
per la strage dell'Heysel, tutti hooligans.
Altri undici teppisti liberi, nessuna pena per i
poliziotti e le autorità belghe. A Torino sono
stanchi di ripetere le stesse cose. La fiducia
nella giustizia belga era già venuta meno in
questi quattro lunghi anni di attesa. Nessuno si
illudeva più di tanto, come aveva detto Scirea
in questi giorni, facendosi portavoce di una
sensazione generale. Il presidente della Juve,
Giampiero Boniperti, ha detto: "Come sempre,
purtroppo, si è rivelato estremamente difficile
individuare e colpire i responsabili. Condivido
e capisco l'amarezza dei parenti delle vittime.
Nessuna sentenza avrebbe mai potuto ripagarli,
né restituire loro gli affetti che hanno perso".
Ma le loro reazioni autentiche non lasciano
dubbi sui sentimenti con cui la notizia della
sentenza viene accolta. Tiziana Russo, vedova
del marito Domenico, si era già espressa
pessimisticamente in altre circostanze. È ancora
l'amarezza che sgorga dalle sue parole: "Non è
che la logica conclusione dei fatti di questi
anni. Prima il tentativo di insabbiare tutto,
poi i rinvii e adesso la sentenza che è una
presa in giro. Non si capisce perché i colpevoli
siano solo i teppisti e perché, fra loro, una
parte sia meno colpevole". Carlo Duchene,
pinerolese, fu preso a sprangate da James
Mcgill, tifoso del Liverpool. Rimase invalido,
mentre l'inglese se la cavò con 40 mesi di
carcere e una multa di 5 milioni di franchi.
"Avrebbe dovuto restare in prigione per tutta la
vita - dice Duchene.
Ora sono diventato anche
più cattivo di allora, il calcio non mi
interessa più, è finito tutto quella sera nel
settore dell'Heysel. La sentenza conferma
l'atmosfera che c'era al processo: gli avvocati
degli hooligan" hanno avuto il coraggio di
accusare gli italiani. Ormai si va allo stadio
par sfogarsi, non più per divertirsi. Isabella
Landini, nipote di Gioacchino Landini, perito
all’Heysel, va controcorrente, solo per
affermare l'angoscia accumulata e per
testimoniare uno stato d'animo vicino alla
rassegnazione: "Pensavamo peggio. Dopo tutti i
rinvii, gli insabbiamenti, il minimo che ci si
poteva aspettare era una manciata di
assoluzioni. E’ vero, le pene non sono state né
severe, né distribuite con equità. Non vedo nomi
di poliziotti o di autorità tra i condannati.
Eppure la polizia non ha fatto niente per
evitare il massacro, anzi, respingeva la folla
che cercava di scappare. Gli hooligans non sono
stati i soli responsabili. E poi, perché punirne
solo una parte ? La follia collettiva è stata
responsabilità di tutti". Per lei,
diciannovenne, sarà un po’ più facile
dimenticare. Per suo padre, no. "Non bisogna
fare di tutte le erbe un fascio: e la mia
famiglia ha cercato di mantenere il senso della
giustizia senza odiare indiscriminatamente
tutti. Ma rimarrà sempre un senso di profonda
ingiustizia fuori, quando ti presenti agli occhi
della gente e non puoi nascondere il peso che ti
si legge in viso".
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L’Unità © 29 aprile 1989
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Boniperti: "Niente vale
quegli affetti perduti"
Giampiero Boniperti,
presidente della Juventus, ha così commentato la
sentenza di Bruxelles sull'Heysel: "Purtroppo si
è rivelato molto difficile, come spesso accade,
individuare e colpire i responsabili. Anche se
la tragedia dell'Heysel è stata così atroce, da
lasciare in tutti noi una ferita profonda, che
non potrà rimarginarsi facilmente. Non abbiamo
elementi sufficienti per giudicare con serenità
e competenza, la giustizia ha fatto il suo
corso, però capisco e condivido l'amarezza dei
parenti delle vittime: nessuna sentenza avrebbe
mai potuto ripagarli, né restituire loro gli
affetti che hanno perso per una assurda follia
collettiva che è difficile, realisticamente,
imputare soltanto a pochi teppisti". In Gran
Bretagna la sentenza ha scatenato la protesta
delle famiglie dei tifosi condannati. "Sono
disgustata - è la reazione di Gillian Evans,
moglie di uno dei 14 tifosi del Liverpool
indicati come colpevoli dalla corte belga -
ancora una volta siamo stati trattati come capri
espiatori. Questa non è giustizia". Joan Hurst,
a capo di un'associazione di solidarietà fra le
famiglie degli accusati, si è detta "addolorata
per le mamme dei condannati. Questa sentenza
scarica addosso alle famiglie un ulteriore
carico di pressioni e problemi dopo che hanno
già sofferto così tanto". Il presidente del
Liverpool, John Smith, ha detto: "Processo è
durato fin troppo, spero che sia l'epilogo di
questo sconvolgente disastro. Ora potremo
ritornare il più presto alla normalità". Il
portavoce laborista Barry Sheerman ha detto alla
Bbc: "Se qualcuno va all'estero per commettere
reati di violenza e di aggressione è lecito che
si aspetti di essere portato davanti ad un
tribunale nel Paese dove ha commesso il
crimine". R.
S.
Fonte: La
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I parenti delle vittime e
gli scampati reagiscono con sdegno alla sentenza
sull'Heysel
"Anche la legge ha perso la
sua partita"
di Ezio Mascarino
"E le responsabilità degli
organizzatori ?" - si chiede Carlo Duchene che
rimase in coma per 27 giorni. "Non volevamo
vendette, non abbiamo avuto giustizia" dice
Otello Lorentini che perse il figlio. "Provo gli
stessi sentimenti di allora" confessa Tiziana
Russo, che non rivide, più il marito.
TORINO - La disperazione e
la rabbia di quei giorni si sono stemperate, ma
tutti dicono: "Volevamo giustizia e non c'è
stata; siamo delusi, e sconfitti". Carlo Duchene
ha oggi 38 anni. Il 29 maggio 1985 fu preso a
sprangate da un tifoso del Liverpool mentre già
era lontano dallo stadio: "Mi aggredì alle
spalle, ma io non ricordo più nulla. Ho ancora
in mente l'eco festosa della tifoseria italiana,
lo sventolare delle bandiere. Poi tutto è
confuso. Non voglio più pensare, altrimenti
impazzirei". Rimase in coma per 27 giorni, poi
si riprese; la moglie dice: "Un miracolo".
Abitavano a Pinerolo, nel Torinese; da un mese
la famiglia si è trasferita a Bordighera, un
negozio di parrucchiere nel centro, due passi
dal mare. "Mi aiuta Yvette, mia moglie; Claude,
nostra figlia, ha 11 anni. Se sono vivo debbo
molto a lei". Non c'erano più speranze, i medici
di Bruxelles suggerirono di far sentire a Carlo
Duchene la voce della figlia, registrata su un
nastro. Lui ora mormora: "Sento ancora quelle
parole, anelli di una catena che mi ha ancorato
alla vita". Sulla sentenza dice: "Troppe
assoluzioni, pare che nessuno abbia colpe, solo
i teppisti, coloro che materialmente ci hanno
aggrediti. E le responsabilità degli
organizzatori ? No, non chiedetemi un giudizio:
io sono vivo, molti hanno perso mariti, figli,
parenti. Loro, solo loro, hanno diritto a
parlare". Otello Lorentini è presidente
dell'Associazione parenti delle vittime: ieri è
uscito dal tribunale a capo chino: "Avremmo
voluto una sentenza esemplare, siamo
profondamente delusi". All'Heysel ha perso il
figlio. "Lo so, lo sappiamo, nessuna sentenza
avrebbe potuto restituirci i nostri cari. Non
volevamo vendette, ma non abbiamo avuto
giustizia". Una "giustizia" che invocava anche
Carola Bandiera Landini. Abita a Torino in via
(omissis), quel giorno all'Heysel ha perso il
marito. Ieri mattina era in aula. E' una donna
timida, ha portato i figli. Monica ed Andrea.
Aveva detto ai vicini, chiudendo casa: "voglio
esserci, voglio guardare negli occhi i giudici,
voglio capire e sapere perché Gioacchino, mio
marito, è morto". E' uscita dall'aula del
tribunale con gli occhi gonfi di lacrime: chissà
se ha saputo, se ha capito.
A Bruxelles doveva
andare anche Tiziana Russo. 30 anni, abita a
Moncalieri, all'Heysel perse il marito Domenico.
In quelle ore drammatiche, quando le prime
notizie rimbalzavamo confuse e contraddittorie,
aveva "rifiutato" l'ipotesi che il marito fosse
tra le vittime. I parenti: "Capitela, è incinta
al settimo mese, come può essere così sfortunata
? Continua a ripetere che Domenico è vivo". Poi
la bara dal Belgio, le corone dei fiori, il
cordoglio della città. "Eravamo felici per il
bimbo che doveva nascere, lui non voleva andare,
"non ti lascio ", diceva; fui io ad insistere.
La morte lo attendeva in quello stadio". Anche
lei dai magistrati di Bruxelles aspettava "solo
giustizia, ma non basta punire solo qualche
tifoso: ci sono le responsabilità degli
organizzatori. dell'Uefa, di chi ha venduto
biglietti per una zona riservata agli inglesi.
Sono passati quattro anni, provo gli stessi
sentimenti di allora: dolore, rabbia". Per non
rivivere quei momenti, per non ritrovarsi in un
incubo, Marco Manfredi, 44 anni, dipendente
dell'ospedale Santa Croce di Moncalieri ha preso
qualche giorno di ferie ed è fuggito a Massa, in
casa di parenti. "Voglio essere lasciato in
pace, non voglio neppure sapere", ha detto ai
colleghi di lavoro. Era in quello stadio, riuscì
a scappare: come, rimarrà sempre un mistero. Si
perse, girovago per una settimana, finì in
Francia, rientrò in Italia e fu trovato da un
amico a Torino. Era in stato confusionale, di
quei momenti ha ricordi vaghi, confusi: un "buco
nero". Si è ripreso, lavora sempre in ospedale.
"Ma è cambiato" - dicono i compagni.- "Parla,
ride, ma ogni tanto gli occhi si appannano,
fissi nel vuoto, in quel vuoto durato sette
lunghi giorni". Delusione, profonda delusione
per la sentenza dei giudici di Bruxelles.
"Eppure - sono ancora parole di Carlo Duchene -
bisogna trovar la forza per perdonare. Ma anche
fare di tutto per impedire che quei momenti
debbano ripetersi". Lui, strappato alla morte
dalle parole della figlia incise su un nastro,
ha seguito per televisione quanto è accaduto a
Sheffield, altri 95 tifosi massacrati in uno
stadio: "Mi sono sentito lì tra loro: qualcuno
mi spingeva, stavo cadendo, sono caduto, mi
hanno calpestato. Ancora, come quel giorno,
quattro anni fa".
Fonte: La
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Condannati, ma con la
condizionale, i tifosi che causarono 39 morti
Per la strage dell'Heysel
nessuno finisce in carcere
Assolti Comune di Bruxelles
e Uefa. I parenti delle vittime: "I nostri figli
si sono uccisi da soli ?"
BRUXELLES - Nessuno in
carcere per la strage dell'Heysel. Così hanno
deciso i giudici nel processo di primo grado, la
cui sentenza è stata letta ieri. I parenti dei
39 tifosi uccisi nel vetusto stadio di Bruxelles
chiedevano giustizia. "Ma questa sentenza è
un'offesa" hanno detto alla fine. Molti
ricorreranno in appello, ma intanto oggi
torneranno in Italia "con il cuore pieno di
tristezza. Così sembra proprio che i nostri
figli si siano uccisi da soli", come dice
scuotendo il capo Otello Lorentini, presidente
dell'Associazione famigliari delle vittime
dell'Heysel. "Volevamo una sentenza esemplare,
ma non l'abbiamo avuta. Siamo delusi". La
lettura della sentenza per la strage prima di
Liverpool-Juventus prende sei ore abbondanti. E
riserva qualche sorpresa. Le previsioni della
vigilia facevano temere ancor peggio.
Soprattutto per gli hooligans, nei confronti dei
quali si parlava di un'ampia assoluzione. Non è
stato proprio così. Pur escludendo la
premeditazione, il tribunale ha ritenuto che non
ci siano dubbi sul fatto che 14 dei 25 tifosi
inglesi incriminati abbiano capeggiato le
cariche selvagge che hanno ferito e ucciso i
tifosi: lesioni volontarie, dunque, e tre anni a
tutti. Seppur attenuati dalla circostanza che
per la metà della pena (decurtata del periodo di
detenzione preventiva effettuato, circa sei
mesi) viene concessa la condizionale per cinque
anni. Ma in galera non finisce nessuno. Il
pubblico ministero (Pierre Erauw, che ha
brillato per assenza) avrebbe potuto chiederne
l'arresto immediato, ma non lo ha fatto. Del
resto, probabilmente sarebbe stato troppo tardi.
Quando, nella mattinata, le condanne hanno
cominciato a prendere forma si è visto un
immediato sfoltimento tra i ranghi dei 18
hooligans che si erano presentati in aula. Altre
due le condanne, ambedue importanti. Una
scontata: quella del capitano della gendarmeria Mahieu. Era lui il responsabile della sicurezza
sul campo quella sera. Ha sbagliato tutto,
rifugiandosi pateticamente dietro alla
circostanza di avere ricevuto ordini sbagliati.
"Anche se è vero, ed è tutt'altro che provato -
ha detto con durezza il presidente - un
ufficiale responsabile adegua gli ordini
all'evoluzione delle circostanze e non si
comporta da esecutore cieco". A Mahieu sono
stati inflitti nove mesi con la condizionale,
una multa di 30 mila franchi belgi (poco più di
un milione di lire), più un indennizzo simbolico
di 5 franchi. 175 lire, per ogni vittima.
Condannato anche Albert Roosens, segretario
dell'Associazione calcio belga. Sei mesi con la
condizionale, più multa e rimborso simbolico. Ma
i toni del giudice verso di lui sono stati meno
duri. Comprensione, stima per una carriera
onorata: ma evidenza penale che era lui il
responsabile dell'organizzazione della partita,
organizzazione curata con negligenza, così come
"insufficiente controllo ed anarchica
leggerezza" è stato rivelato dalla sentenza
nella vendita dei biglietti, un elemento
centrale nella meccanica della tragedia:
italiani e britannici non si sarebbero dovuti
mai trovare fianco a fianco come avvenne quella
sera. Maggiori controlli, poi, dovevano essere
fatti perché non erano mancate le "avvisaglie",
prima della gara: bande di hooligans avevano
sfasciato vetrine e negozi, seminando panico in
città. L'importanza della condanna di Roosens è
comunque nel fatto che essa trascina con sé la
responsabilità civile dell'Unione calcio belga,
che dovrà pagare i risarcimenti. E quello dei
risarcimenti è un capitolo doloroso. Avviato,
seppur non confuso, nella sentenza, sembra
promettere molto poco. I danni morali assegnati
dalla Corte appaiono bassissimi, oscillando tra
i 4 ed i 7 milioni. Ma i belgi spiegano che
questi sono i parametri del Paese. Tempi lunghi,
invece, per i danni materiali. Nella maggioranza
dei casi il giudice ha sì affermato il principio
della loro esigibilità, ma ha assegnato una
cifra simbolica di rimborso, rinviando tutto ad
ulteriori accertamenti peritali. Che sembra
aprire la strada ad una serie di transazioni.
Poche le decisioni in materia prese già ieri: il
rimborso più alto è stato assegnato alla vedova
del figlio di Otello Lorentini: 300 milioni di
lire. Esce di scena, invece, l'Uefa. La sentenza
ne esclude ogni responsabilità, e la stessa cosa
ha deciso per il Comune di Bruxelles.
Fisicamente alla sbarra erano presidente e
segretario generale dell'Uefa, Jacques George e
Hans Bargerter, e sindaco ed assessore allo
sport di Bruxelles, Hervé Brouhon e Vivianne
Baro. Mentre l'assoluzione della municipalità
appariva scontata e non ha suscitato reazioni,
quella dell'Uefa è stata accolta male dalle
parti civili. Insomma, una triste conclusione
dopo 5 mesi di processo, 84 udienze, 260 ore di
dibattito. E qualcuno mormora che senza la
tragedia di Sheffield le cose potevano andare
ancora peggio. Non che volessimo vendetta -
mormora Marilena Fabbro, che all'Heysel ha perso
marito e figlio - ma la giustizia non l'abbiamo
avuta. G. E.
Fonte: La Stampa © 29 aprile 1989
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Sentenza Heysel, vergognoso
ricorso in appello
L'Unione Belga rifiuta di
risarcire le famiglie
I commenti inglesi: "Le
radici delle stragi nella cultura del nostro
calcio".
BRUXELLES - "Sentenze come
questa non riusciranno a tenere alla larga il
teppismo", sostiene l'avvocato Claudio Pasqualin
che insieme ad altri cinque legali ha
rappresentato al processo sui fatti dell'Heysel
i congiunti delle vittime. E aggiunge: "I
giudici sono stati troppo indulgenti ed il
pubblico ministero Pierre Eraux non ha neppure
ordinato l'arresto dei colpevoli dopo la
sentenza". Amarezza nelle parole di Marilena
Fabbro che nella strage di Bruxelles ha perduto
il marito: "In base alla legge belga i
quattordici teppisti riconosciuti colpevoli
avrebbero potuto essere condannati ad una pena
massima di cinque anni di reclusione. Un
avvocato, che ha chiesto di conservare
l'anonimato, ha spiegato che i giudici si sono
trovati in difficoltà nel verdetto perché
consapevoli che nella strage erano rimasti
coinvolti altri tifosi del Liverpool mai
assicurati alla giustizia". La delusione dei
familiari delle vittime dell'Heysel è ribadita
da Otello Lorentini, presidente
dell'associazione costituita dopo la strage.
Lorentini ha rilevato una cauta soddisfazione
solo per le responsabilità riconosciute
all'Unione calcio belga. Ma ha espresso amarezza
per la completa assoluzione dell'Uefa e del
governo belga. Nel commentare la sentenza il
presidente dell'Uefa, Jacques Georges,
prosciolto da ogni accusa, se l'è cavata con un
generico: "Spero ardentemente che il calcio non
debba mai più trovarsi in veste di imputato
nell'aula di un tribunale". La stampa inglese
non ha accennato soddisfazione per la sentenza,
il "Guardian" spera che proprio la tragedia di
Sheffield "possa aiutare Liverpool a comprendere
l'angoscia in Italia per il disastro
dell'Heysel. Nessuna somma offerta dal governo
britannico, a parte le miserevoli 5000 sterline
pagate per ogni vittima, può compensare le
perdite sofferte dalle famiglie italiane". Per
l'Independent la sentenza mette in risalto:
"...Le radici dei disastri sono insite nella
cultura del calcio inglese". Intanto, fatto
clamoroso, l'Unione calcio belga riconosciuta
civilmente responsabile della tragedia
dell'Heysel, e quindi tenuta a risarcire i danni
alle famiglie delle vittime, intende ricorrere
in appello contro la sentenza. Fra i condannati
solo per risarcimento danni anche 14 teppisti,
l'ex segretario dell'Unione calcio belga
Roosens, un capitano della gendarmeria. La
Federazione belga è considerata l'unica parte
solvibile, sia per disponibilità proprie sia
perché coperta da forti assicurazioni.
C. P.
Fonte: La Stampa © 30 aprile 1989
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In appello sentenze strage
Heysel
BRUXELLES - Le sentenze
emesse per la strage dell'Heysel saranno
riesaminate in appello. La magistratura belga ha
dato parere favorevole alle istanze presentate
dai difensori degli imputati e dai
rappresentanti delle parti civili al termine del
processo di primo grado, conclusosi il 28
aprile. Non è stata ancora fissata la data
d'inizio del nuovo processo, che riguarderà
tutti gli imputati, con l'eccezione del
vicesindaco della capitale belga Viviane Baro.
In primo grado i giudici hanno condannato 14
tifosi inglesi a tre anni e ne hanno assolto
altri 11.
Fonte: La
Stampa © 19 maggio 1989
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Per i morti dell'Heysel
l'Europa ha stanziato oltre tre miliardi di lire
ROMA - A favore delle
famiglie colpite tre anni fa dall'eccidio allo
stadio Heysel, sarebbero stati stanziati
complessivamente in ambito Cee, 205 mila
sterline (oltre 870 milioni di lire), 200 mila
Ecu (300 milioni di lire), 100 mila marchi
tedeschi (più di 70 milioni) e oltre due
miliardi di lire. Lo rende noto il ministro del
Turismo, Sport e Spettacolo, Franco Carraro, in
un documento con cui risponde ai deputati
Francesco Servello e Adriana Poli Bortone
(msi-dn) autori di una interrogazione "sulle
gravi difficoltà finanziarie" delle famiglie
delle vittime dell'Heysel. I due parlamentari
chiedevano fra l'altro al ministro se non
ritenesse necessario promuovere "appropriate
iniziative" di sostegno economico "sia
direttamente, sia presso la Federazione italiana
Gioco Calcio". L'elenco delle iniziative rese
note dal ministro comprende: 1°) un accredito
del governo britannico presso la propria
ambasciata a Roma di 155 mila sterline (da
destinare alle famiglie colpite), oltre
all'istituzione di un fondo supplementare di 50
mila sterline. 2°) 200 mila Ecu stanziati dalla
Comunità europea che ha provveduto alla
"distribuzione diretta delle relative quote alle
famiglie interessate". 3°) L'iniziativa del
Belgio per il sostegno "delle spese ospedaliere
e funebri". 4°) 100 mila marchi raccolti e
distribuiti direttamente dall'Uefa. 5°) Il
complesso delle iniziative italiane per oltre 2
miliardi di lire, di cui 197 milioni erogati dal
ministero degli Interni e ripartiti "sulla base
delle condizioni economiche dei rispettivi
nuclei familiari". Fra le altre iniziative
italiane si contano 34 milioni di donazioni
private "suddivise secondo gli stessi criteri
assistenziali del ministero dell'Interno"; 320
milioni, corrispondenti a 10 milioni per ogni
congiunto deceduto, sono stati erogati dalla
Federazione italiana Gioco Calcio che ha
provveduto anche ad un "ulteriore contributo
diretto" di 611 milioni. Infine la Fondazione
Agnelli è intervenuta con 970 milioni, di cui
812 distribuiti alle famiglie delle 32 vittime e
158 milioni ai 34 feriti, escludendo i 220 casi
di feriti leggeri.
Fonte:
Stampa Sera © 25 maggio 1989
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L’arcivescovo di Torino
chiede giustizia per l’Heysel
"Chiediamo giustizia per le
vittime dell'Heysel se ancora non è stata fatta
del tutto". Così ha detto l’Arcivescovo di
Torino, mons. Giovanni Saldarini, durante
l’omelia della messa in occasione del quinto
anniversario della tragedia di Bruxelles in cui
ha ricordato le "vittime di uno dei tanti gesti
irragionevoli che si compiono sulla terra quando
si perde la misura". Alla cerimonia religiosa
erano presenti molti tifosi, dirigenti e
giocatori della Juventus, fra cui il presidente
Boniperti e gli allenatori Zoff e Scirea.
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L’Unità © 31 maggio 1989
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Sarà abbattuto l'Heysel
nascerà uno stadio sicuro
BRUXELLES - Entro il 1991
lo stadio Heysel di Bruxelles sarà interamente
ricostruito. I lavori di demolizione delle
strutture attuali cominceranno l'anno prossimo.
Lo ha deciso il Consiglio comunale della
capitale belga. Il nuovo stadio - destinato a
sostituire quello in cui 39 tifosi italiani
trovarono la morte il 29 maggio 1985 sotto
l'urto degli hooligans del Liverpool, prima
della finale di Coppa Campioni con la Juventus -
sarà in regola con le più rigorose norme di
sicurezza. Lo ha assicurato il borgomastro di
Bruxelles, Hervé Brouhon, commentando ieri sera
la decisione adottata dal Consiglio comunale.
Nell'analisi delle cause della tragedia
dell'Heysel, Brouhon era stato severamente
criticato: lo stadio infatti appartiene al
Comune e il sindaco è responsabile della
sicurezza delle strutture che risultarono
inadeguate la sera di quella tragica finale.
Fonte:
Stampa Sera © 23 settembre 1989
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ARTICOLI
STAMPA PROCESSO HEYSEL
1990 |
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Perdonata l'Inghilterra,
non il Liverpool
Malines-Milan Protestano i
familiari delle vittime dell’Heysel
di Enrico Conti
L'associazione delle
famiglie delle vittime allo stadio di Bruxelles
è "indignata" per la concessione da parte
dell’Uefa dello stadio Heysel per la partita di
coppa dei Campioni tra Malines e Milan.
L'associazione, in una nota, denuncia
all'opinione pubblica "l’assoluta mancanza di
sensibilità e di buon gusto dell'Uefa verso la
memoria dei morti e di rispetto verso le loro
famiglie proprio in concomitanza del quinto
anniversario della tragedia". Secondo il
presidente dell’associazione, Otello Lorentini,
"appare sintomatico il fatto che la concessione
dello stadio avvenga nel momento in cui comincia
il processo di appello davanti al tribunale di
Bruxelles che avrà luogo il 12 marzo prossimo e
che vede imputati l’Uefa e la Federazione calcio
belga".
Fonte:
L'Unità © 14 febbraio 1990
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"Ma la messa non la
vogliamo"
di Gianni Cerasuolo
Otello Lorentini e gli
altri familiari delle vittime proprio non
riescono a mandare giù quest'ultimo boccone
amaro. Vogliono dimostrare che l'Heysel è uno
stadio sicuro e che quelle morti di cinque anni
fa furono dovute a pura fatalità, al caso. E il
12 c'è il processo d'appello. Quale occasione
migliore per sfruttare la partita di domani sera
? E' la rabbia, un dolore sempre vivo a dettare
lo sdegno di Lorentini, presidente
dell'associazione dei familiari delle vittime:
loro si sentono abbandonati. Una sensazione che
ha provato altra gente, altri cittadini che
hanno chiesto giustizia ricevendo in risposta
soltanto menzogne e facce di circostanza nelle
commemorazioni ufficiali. Di stragi è pieno il
nostro paese. L'Heysel fu una strage lontana, un
mattatoio quasi annunciato e aggravato
dall'ignavia e dall'incompetenza dell'autorità
belghe e dell'Uefa. Oggi la sensazione è che,
facendo giocare domani sera il Milan in quello
stadio che è rimasto inadeguato e angusto, il
calcio e i suoi patron vogliano passare la
spugna su tutto quanto successe in quella serata
di cinque anni fa, il 29 maggio: 39 persone
furono schiacciate, maciullate dalla furia degli
hooligans. Ma non solo da quella. Lorentini e
gli altri non mandano giù soprattutto
l'atteggiamento del Milan, spiegata dal clan
rossonero come una decisione subita. In realtà è
un fatto di cassetta. Più posti a disposizione
rispetto allo stadio del Malines, più pubblicità
da piazzare ai bordi del campo, maggiore
incasso. Sta bene a tutte e due le società. E di
conseguenza riesce insopportabile la proposta di
parte milanista di una messa in suffragio di
quei morti. In questi cinque anni nessuno si è
mai fatto vivo con noi, qualche telefonata dalla
Federcalcio e basta. I belgi ci hanno impedito
persino di deporre dei fiori in quella curva
maledetta, un atto di pietà elementare. E adesso
vogliono dir messa. No, io mi ribello a queste
ipocrisie !
Cita, Lorentini, una lettera
inviatagli dalla signora Tiziana Fecchio, vedova
Russo, che così gli ha scritto: "l'Uefa ha
dimenticato i nostri morti mentre io non so che
cosa rispondere a un bambino di quattro anni
quando mi chiede dov'è suo padre". Questo
bambino nacque qualche mese dopo la tragedia.
Nessuno o quasi ha pagato. Tranne quei
quattordici imputati inglesi colpiti peraltro
con pene abbastanza lievi e comunque mandati
liberi che erano la catena più debole nella
catena delle responsabilità. Il sindaco di
Bruxelles Hervé Brouhon è ancora lì al suo
posto, i responsabili del servizio d'ordine se
la sono cavata con un po' di multe. Quelli
dell'Uefa erano e sono degli intoccabili.
Sicuramente il Milan non poteva rifiutarsi di
giocare: ma dopo l'Heysel, il calcio ha bisogno
anche di gesti clamorosi, di sensibilità più
spessa per non continuare ad alimentare lo
stillicidio di violenza che pervade gli stadi di
tutto il mondo, a cominciare dai nostri. Invece
chi prova ad andare controcorrente, e ce n'è
gente che lo fa (Sacchi, per dirne uno, quando
ha detto di voler fermare il campionato di
fronte all'infamia degli striscioni), viene
preso per un folle, un originale. Così deve
sembrare una persona come Otello Lorentini, un
rompiscatole. Il quale fa sapere che
probabilmente i familiari delle vittime
dell'Heysel non potranno sostenere la causa
civile. I milioni che servirebbero non ci sono.
Fonte: La
Repubblica © 6 marzo 1990
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"Non giocate all'Heysel"
di Vittorio Zambardino
ANGHIARI - L'intervento più
duro è stato quello dei familiari delle vittime
dell'Heysel. Hanno scelto di non parlare al
convegno di Anghiari organizzato da Crescere
giocando (una fondazione culturale per un calcio
più civile), hanno preso la strada della
denuncia scritta: Siamo fortemente indignati per
la concessione del nullaosta da parte dell'Uefa
per giocare all'Heysel la partita fra il Milan e
il Malines di Coppa dei Campioni. E' una totale
mancanza di sensibilità e di buongusto verso la
memoria dei nostri morti. La concessione dello
stadio coincide con l'inizio a Bruxelles del
processo di appello per la strage. Per questo
procedimento l'Associazione è costretta ad
andare avanti da sola e senza l'aiuto di
nessuno, sobbarcandosi insopportabili spese, e
senza una sola lira di risarcimento. Ma
l'attacco più forte viene nella conclusione del
documento: La Federcalcio e il Milan hanno
avallato una scandalosa decisione giustificata,
a nostro avviso, unicamente dalla cupidigia
d'incassare qualche soldo in più. E il
comunicato si chiude denunciando la latitanza
delle autorità che lasciano correre. Mentre
queste poche righe venivano distribuite Otello
Lorentini e Piero Cioni, fondatori
dell'Associazione famiglie delle vittime di
Bruxelles, sedevano gomito a gomito a molti
ultrà di diverse squadre di calcio. Nessun
contrasto. Il problema del convegno sta proprio
qui, come smontare pezzo per pezzo il calcio,
rivisitandone gli aspetti violenti, e facendo
compiere quest'operazione dai protagonisti. Ci
sono state anche due interviste-confessione date
a Gianni Minà da Ferruccio Valcareggi e Alfredo
Di Stefano. "Nel '74 in Germania - dice l'ex Ct
della Nazionale - quando c'era quel clima di
discussioni continue avvertivo un forte senso di
saturazione. Adesso penso che fosse una malattia
del nostro calcio. Una cosa analoga la provai
dopo la finale del Messico, nel '70: al primo
giorno di vacanza a Viareggio, esco a fare una
passeggiata e m'insultano fin quando non vado a
chiudermi in casa. Credo che questi siano
sintomi di violenza chiari che hanno poi fatto
molta strada". Poi parla Alfredo Di Stefano: "Io
credo che ci sia una violenza innata nel calcio
che va limitata. Il giocatore non vuol perdere,
l'allenatore non vuol perdere. La stampa ricorda
ai tifosi che quello stesso arbitro che va in
campo oggi ci ha tolto un rigore quindici anni
fa. E quando c'è il fischio d'inizio tutti sono
già pronti per rompersi le ossa. Credo molto
nella proposta fatta dal giudice inglese, dopo
la strage di Sheffield: tutti i posti a sedere
numerati. O si fa così o si chiude".
Fonte: La
Repubblica © 14 marzo 1990
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Con 14 hooligans
Oggi appello per la strage
dell'Heysel
BRUXELLES - Si apre oggi al
Palazzo di Giustizia di Bruxelles il processo di
appello per la strage dello stadio di Heysel, in
cui persero la vita 39 tifosi (32 gli italiani)
il 29 maggio 1985. Il dramma avvenne poco prima
dell'inizio della finale della Coppa dei
Campioni tra Juventus e Liverpool e fu provocato
da una carica di teppisti britannici. Davanti
alla corte compariranno 14 hooligans tifosi del
Liverpool, nonché, fra gli altri,
l'ex-segretario della Federcalcio belga Albert
Roosens, il presidente della Uefa George e
l'allora borgomastro di Bruxelles. Nel processo
di primo grado, conclusosi il 28 aprile scorso,
i 14 teppisti britannici furono condannati a tre
anni metà dei quali con sospensione condizionale
per cinque anni (il restante della pena è stato
"depurato" dal periodo di carcerazione
preventiva).
Fonte:
Stampa Sera © 12 marzo 1990
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Il pubblico ministero al
processo per l’Heysel
"I teppisti esaltati dai
giocatori cattivi"
Il teppismo sugli spalti
degli stadi nasce anche dai calci, dagli
interventi fallosi, dagli isterismi dei
calciatori in campo. Questa la tesi sostenuta
dal pubblico ministero Oscar Vandemuelebroecke
al processo d'appello per la tragedia dello
stadio Heysel di Bruxelles. "Quando un episodio
diventa criminale - ha affermato il pm - le
autorità devono adottare misure sia preventive e
anche, e necessario, repressive. E quindi, per
gli episodi di violenza che accadono sui campi
di gioco, non bisogna aver dubbi, non si può che
essere decisi". La pubblica accusa aveva chiesto
pene più pesanti per dieci dei quattordici
tifosi inglesi condannati in prima istanza a tre
anni di carcere, di cui un anno e mezzo con la
condizionale, per il ruolo avuto nei disordini
del 29 maggio 1985 prima dell’inizio della
finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e
Liverpool. Trentanove spettatori, di cui 32
italiani, morirono schiacciati dalla calca
provocata dai teppisti. Per gli altri quattro
imputati, gli unici presenti al processo,
Vandemuelebroecke ha usato una mano più leggera,
limitandosi a chiedere la conferma della pena
inflitta a conclusione del primo processo. A
Bramshill, intanto, nel locale college di
Scotland Yard prosegue il corso di studio di un
contingente di carabinieri italiani che dai
colleghi inglesi stanno apprendendo tutte le
tecniche usate dagli hooligan nei loro attacchi
dentro e fuori gli stadi.
Fonte:
L’Unità © 21 marzo 1990
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PROCESSO HEYSEL
Nel processo d'appello per
la strage dell'85
Il sindaco non accetta
critiche sull'impianto
BRUXELLES - "Le condizioni
dello stadio di Heysel non hanno contribuito ad
aggravare il bilancio degli incidenti" in cui,
il 29 maggio 1985, morirono, sotto le cariche
bestiali di teppisti britannici, trentanove
spettatori, trentadue dei quali italiani, poco
prima della finale della Coppa dei Campioni tra
Juventus e Liverpool. Lo ha sostenuto ieri il
sindaco di Bruxelles, Hervé Brouhon, al
processo di appello per la strage dello stadio
di Heysel, iniziato il 12 marzo scorso nella
capitale belga. Brouhonera stato assolto in
prima istanza. Lo stadio di Heysel appartiene
alla città di Bruxelles era stato assolto in
prima istanza. Lo stadio di Heysel appartiene
alla città di Bruxelles e Brouhon, come sindaco,
è il responsabile della manutenzione
dell'impianto. Per Brouhon, inoltre, "è escluso
che il tipo di costruzione usata per il blocco Z
(NdR: la curva dove morirono schiacciate e soffocate
la maggior parte delle trentanove vittime)
abbia contribuito ad aumentare il numero dei
tifosi che persero la vita". La pubblica accusa
ha sostenuto invece che il blocco Z si sgretolò
sotto la pressione degli spettatori che vi si
ammassavano contro per sfuggire alla furia dei
teppisti britannici. La polizia, secondo il
procuratore del re, raccolse allora varie decine
di chili di pezzi di gradinata lanciati dai
teppisti britannici contro gli spettatori che si
trovavano nel blocco Z. Il processo d'appello,
oltre al sindaco Brouhon, riguarda quattordici
teppisti britannici, l'ex segretario della
Federcalcio belga, Albert Roosen, il presidente e
il segretario generale, il presidente e il
segretario generale dell'UEFA, Jacques Georges e
Hans, Jacques Georges e Hans Bangerter, e due
ufficiali della gendarmeria belga. Il verdetto
della corte d'appello di Bruxelles è atteso per
il 23 maggio.
Fonte: La
Stampa © 19 aprile 1990
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Heysel
Per 11 tifosi pene più
severe
BRUXELLES - Undici dei
quattordici tifosi inglesi, condannati l'anno
scorso a tre anni di prigione per i tragici
incidenti del 1985 allo stadio Heysel, si sono
visti inasprire la sentenza in appello. La corte
d'Appello di Bruxelles ha prosciolto uno degli
imputati, ha confermato la sentenza a tre anni
per due di loro ma l'ha aumentata a 5 per gli
altri undici. E' stata disposta, inoltre, la
sospensione delle condanne a tre anni. Erano
stati riconosciuti colpevoli di omicidio
preterintenzionale per i disordini del 29 maggio
del 1985 durante la finale della Coppa dei
Campioni tra il Liverpool e la Juventus, che
causarono la morte di 39 spettatori, la maggior
parte italiani, e centinaia di feriti. In
seguito agli incidenti le squadre di club
inglesi sono state bandite dalle tre coppe
europee. Il divieto non riguarda invece la
nazionale che può competere nei campionati
europei e nella coppa del mondo.
(Agi-Ap)
Fonte:
La Stampa © 27 giugno 1990
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Familiari vittime Heysel
"Niente violenza, per
carità"
"Ho sperato fino all'ultimo
che gli inglesi non ce la facessero a superare
il turno. Ora non resta che augurarsi che
durante l'incontro tra Inghilterra e Germania
non succedano incidenti. Ho sofferto troppo e
non auguro a nessuno di dover avere un figlio o
un marito ucciso in uno stadio". La signora
Carolina Bandiera vive le sue giornate nel
ricordo della terribile serata all'Heysel di
cinque anni fa che costò la vita a 39 tifosi
juventini. Suo marito, Giovacchino Landini, 49
anni, finì schiacciato come molti altri nella
calca. "Non ho alcun rancore, così come
d'altronde tutti gli altri famigliari che hanno
dato vita al "Comitato parenti delle vittime
dell'Heysel" l'associazione costituitasi parte
civile nel processo di Bruxelles. Non è con la
violenza che si combatte la violenza e quindi mi
auguro che gli hooligans vengano ignorati da
tutti i torinesi. Niente rancori, ma la polizia
deve tenerli costantemente sotto controllo. Non
bisogna assolutamente dare loro la possibilità
di comportarsi da vandali quali sono". Anche il
presidente del "Comitato", Otello Lorentini che
a Bruxelles ha perso il figlio Roberto di 31
anni, è d'accordo: "Gli hooligans quando vengono
ignorati sono innocui. Soltanto se istigati
diventano pericolosi".
Fonte:
Stampa Sera © 2 luglio 1990
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A 5 anni dall'Heysel l'Uefa
riammette due club (Manchester U. e Aston Villa)
senza restrizioni per i tifosi
Perdonata l'Inghilterra,
non il Liverpool
Matarrese: ma i familiari
delle vittime sapranno capire ?
di Giorgio Gandolfi
(GINEVRA) DAL NOSTRO
INVIATO - L'Inghilterra non è più un'isola
calcistica, da ieri fa ancora parte dell'Europa.
Cinque anni dopo la strage dell'Heysel, l'Uefa
ha cercato di dimenticare (ma non potrà mai
cancellarli) i 39 morti di Bruxelles e le
responsabilità degli hooligans. Ha annullato una
parte della squalifica inflitta dall'allora
presidente Uefa, Georges, quando nel giugno
dell'85 a Basilea promulgò il bando
d'interdizione degli inglesi. Ora due società
sono state riammesse nelle Coppe, Manchester
United e Aston Villa; il Liverpool resta in
castigo per via dei 3 anni da scontare ma è
probabile che già nel luglio del '91 si torni a
parlare del suo reinserimento, così come avverrà
anche per gli olandesi dell'Ajax tuttora fuori,
dunque, dal grande giro. Col Manchester United
in Coppa delle Coppe, considerato che Juventus e
Sampdoria sono teste di serie, oggi a
mezzogiorno dal sorteggio all'Hilton potrebbe
saltare fuori un accoppiamento fra i bianconeri
o i blucerchiati col club inglese. E' augurabile
di no, almeno all'inizio ma tutto è possibile.
"Il calcio - ha commentato il presidente della
Federcalcio, Matarrese, uno dei 4 vice
dell'esecutivo Uefa presieduto dallo svedese
Johansson - è condannato ad andare avanti.
Dobbiamo guardare avanti. Non abbiamo
dimenticato i nostri morti, ma siamo stati
esortati a dare il nostro contributo per una
ricomposizione del movimento calcistico. Anch'io
ho vissuto quella tremenda giornata e non potrò
sicuramente dimenticarla ma ho dovuto accettare
questa decisione. Speriamo che anche i
famigliari delle vittime sappiano accettare
questo provvedimento. Noi avremmo voluto che la
cosa slittasse ancora per un anno ma stamane c'è
stato un incontro dell'Esecutivo col ministro
inglese dello Sport, Moynihan, il quale ha
assicurato le massime garanzie da parte del
Governo qualora i club inglesi tornino a
competere col resto d'Europa". Il rappresentante
della Thatcher ha ricordato il buon
comportamento su quasi tutti i fronti dei tifosi
inglesi durante l'ultimo mondiale e lo stesso
Matarrese ha convenuto che "a Bari, dopo la
finale del 3° posto, c'è stato un abbraccio
generale coi giocatori inglesi".
Quindi ha
aggiunto: "Anche i loro tifosi si sono
comportati bene per cui abbiamo finito per dare
la nostra adesione". Matarrese era in una
posizione molto delicata, a mezza via fra il suo
ruolo politico e i sentimenti dei famigliari
delle vittime che avrebbero voluto interdetti
per sempre gli inglesi dalle competizioni sul
continente. Lo stesso presidente della
Federcalcio inglese, Millichip, aveva presentato
un rapporto contenente le norme restrittive cui
si sarebbero assoggettati i club in caso di una
risposta positiva dell'Uefa. E cioè il divieto
di portarsi dietro tifosi sul continente e
soprattutto di vendere i biglietti delle
competizioni in Inghilterra. L'Esecutivo ha dato
atto alla Federazione della sua buona volontà ma
ha respinto questa ipotesi affermando che le
condizioni di partecipazione devono essere
uguali per tutti ma chiedendo che i club si
assumano le spese per eventuali operazioni di
polizia". Dal quadro generale delle Coppe,
dunque, mancano ora soltanto tre società e cioè
Ajax (Olanda) e Liverpool (Inghilterra) escluse
dalla Coppa dei campioni nonché l'Hajduk
Spalato, finalista della Coppa di Jugoslavia ma
impossibilitata a partecipare alla Coppa delle
Coppe in quanto squalificata per due anni dopo i
gravi incidenti di Zagabria. Col ritorno degli
inglesi, la Scozia ha visto annullata la
possibilità della partecipazione di una sua
rappresentante in più, il Celtic, nella Coppa
Uefa. Da notare che l'organismo europeo ha anche
dato mandato ad un noto legale di fare ricorso
presso la magistratura belga contro
l'incriminazione a carico dell'ex presidente
Georges e del segretario, considerati
corresponsabili degli incidenti avvenuti
all'Heysel.
Fonte: La
Stampa © 11 luglio 1990
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ARTICOLI
STAMPA PROCESSO HEYSEL
1991 |
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Sentenza d'appello per i
morti allo stadio di Juve-Liverpool
Heysel, altro scandalo
Un piccolo risarcimento, 6
anni dopo la tragedia dell'Heysel, lo stadio di
Bruxelles dove morirono 32 tifosi della Juventus
travolti dagli "hooligans" del Liverpool,
continua, dopo quasi 6 anni, a sconvolgere la
vita dei familiari delle vittime. La notizia che
la Corte di appello di Bruxelles ha quantificato
in complessivi 80 milioni di franchi (meno di
tre miliardi di lire) l'ammontare del
risarcimento che l'Uefa e la Federazione calcio
belga dovranno sborsare, li ha amareggiati.
Nessuno dei familiari di Domenico Russo e
Giovacchino Landini, il primo di Moncalieri, il
secondo di Torino, si lamenta però,
dell'esiguità del risarcimento. Ciò che
maggiormente li infastidisce è l'indifferenza
seguita ai primi momenti in cui tutti sembravano
fare a gara nell'interessarsi di loro e dei loro
problemi. "Certo, sono con un bambino da
crescere e senza lavoro fisso - dice Tiziana
Fecchio, 30 anni, moglie di Domenico Russo che
faceva l'elettricista - ma non so, perché a
Bruxelles non sono potuta andare, quanto mi
toccherà". Forse per pudore, lei che quando il
marito morì era incinta di 7 mesi, non dice che,
per tirare avanti, va a lavorare ad ore in una
casa privata. Aveva tentato, in passato, con la
sorella Mara di 35 anni, separata e madre di una
bambina e con la quale divide la casa, di
gestire un negozio di alimentari, ma dovettero
chiudere. Il bambino - si chiama Domenico come
il papà - ha concentrato nella madre tutto il
suo affetto ed è impossibile per la donna stare
troppo lontano da lui. E' seccata e amareggiata
anche Carola Bandiera, la moglie di Giovacchino
Landini, che quando morì aveva 50 anni e la
lasciò sola con due figli 15 e 22 anni da
accudire.
"Ho dovuto abbandonare la trattoria
che avevamo in via Spotorno e mio figlio sta
facendo il militare - dice - ma del
risarcimento, in fondo, non m'importa molto.
Tutti si sono dimenticati presto di noi". A
concretizzare in argomenti l'amarezza delle due
donne ci pensa Otello Lorentini, aretino e
presidente del comitato delle vittime
dell'Heysel che ha seguito e curato, a nome di
tutti, la vertenza legale. "Il processo penale
di appello - dice - si svolse nel giugno scorso
ma, complici i Mondiali, nessun giornale diede
la notizia che avevamo ottenuto la condanna
anche dell'Uefa, assolta in primo grado. La
causa del risarcimento, invece, venne
posticipata alla scorsa settimana. Al di là
dell'esiguità della cifra che ci dovranno
versare, ciò che scandalizza è che i giudici ci
hanno dato dei "truffatori". Per quantificare il
danno si sono infatti basati sulle dichiarazioni
dei redditi presentate dalle vittime nell'84 e
non su quelle dell'85, come chiedevamo noi,
perché, secondo loro, potevano essere state
"gonfiate". Anche chi, nei fatti dell'Heysel,
non ha perso la vita, ma ha riportato danni
permanenti, non ha di che gioire. A Carlo
Duchene, ad esempio, che sopravvisse solo grazie
a un delicato intervento chirurgico alla testa,
un paio di anni fa l'Inps tolse la pensione
d'invalidità. "Ho la mano destra paralizzata -
racconta Duchene che, almeno fino a qualche
tempo fa, faceva il parrucchiere - ma il medico
alla visita di controllo mi abbassò il
"punteggio" di quel tanto da essere privato
della pensione".
B. MIN.
Fonte: La Stampa © 24 gennaio 1991
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Sentenza Heysel
Elemosina ai parenti dei
morti
Oltre cinque anni e mezzo
di attesa e ieri i familiari delle vittime
dell'Heysel hanno ricevuto la notizia che non ha
certo alleviato il loro dolore: riceveranno,
complessivamente, un risarcimento di ottanta
milioni di franchi belgi, qualcosa come tre
miliardi di lire. Lo ha stabilito la Corte
d'Appello di Bruxelles. La richiesta della parte
civile era stata di cinquecento milioni di
franchi, diciannove miliardi di lire. Toccherà
all'Uefa e alla federazione calcistica belga
pagare, giacché il 26 giugno del 1990 il
segretario generale dell'Uefa, Hans Bangerter, e
il presidente dell'Unione calcio belga, Albert
Roosens, furono giudicati, in prima istanza,
responsabili della tragedia. Ma l'attesa dei
familiari non può dirsi conclusa. Uefa e
federazione belga potrebbero ricorrere in
Cassazione contro la sentenza della corte
d'appello, ritardando non si sa di quanto ancora
il risarcimento. Nella notte del 29 maggio del
1985, nello stadio di Bruxelles che doveva
essere "teatro" di un grande spettacolo
sportivo, la finale di Coppa Campioni tra la
Juventus e il Liverpool, morirono a causa della
furia degli hooligans trentanove persone,
trentadue delle quali italiane. La corte
d'appello di Bruxelles nella sua decisione ha
dunque quantificato in una cifra irrisoria il
valore di una vita umana troncata (poco meno di
ottanta milioni per ognuna delle vittime, se il
risarcimento considerasse soltanto i morti, ma
nel conto sono compresi anche gli invalidi). Nel
ricco mondo del calcio un giocatore di tornei
interregionali ha quotazioni ben più alte. Il
processo per i fatti dell'Heysel si iniziò a
Bruxelles nell'aprile del 1988. Sul banco degli
imputati non c'erano i trenta incriminati:
ventisette hooligans inglesi e tre tifosi belgi.
Tutti conosciuti, identificati, arrestati e poi
rilasciati su cauzione (una cifra pari a quattro
milioni di lire). Un avvio di processo senza
protagonisti, annunciò che i tempi del
dibattimento sarebbe stati assai lunghi.
Fonte: La
Stampa © 24 gennaio 1991
Icone: Pngegg.com
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Confermate le condanne per
la tragedia dell’Heysel
La corte di Cassazione
belga ha respinto i ricorsi dell’Uefa e del suo
ex segretario, lo svizzero Hans Bangerter,
contro le condanne che avevano subito per la
strage dell’Heysel. Confermate anche le condanne
contro l’ex segretario della lega calcio belga,
Albert Roosens e il responsabile del servizio
d’ordine, il capitano della gendarmeria Mahieu.
Con queste sentenze la cassazione ha chiuso
definitivamente i procedimenti giudiziari per la
tragedia dello stadio di Bruxelles avvenuta
prima della finale di Coppa dei Campioni tra la
Juventus e il Liverpool del 29 maggio 1985, dove
morirono 39 tifosi dei quali 34 italiani.
Fonte:
L’Unità © 17 ottobre 1991
Icone: Pngegg.com
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E il Belgio paga per
l’Heysel e le sue vittime oltre 7 miliardi
Il
ministero degli interni belga ha reso noto che
saranno indennizzate le famiglie delle vittime
(39 morti di cui 32 italiani) e coloro che hanno
riportato danni per la strage dello stadio di
Heysel, a Bruxelles, il 29 maggio 1985. I
risarcimenti saranno versati già nelle prossime
settimane. Il totale degli indennizzi è più di 7
miliardi di lire.
Fonte:
L’Unità © 10 dicembre 1991
Icone: Pngegg.com
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ARTICOLI
STAMPA PROCESSO HEYSEL
1992 |
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Vicenda Heysel
"Tassato persino il dolore"
AREZZO - "E' stata fatta
giustizia e quindi il nostro compito adesso è
terminato. Ma quello che abbiamo perduto non
potrà mai esserci restituito". Con queste parole
Otello Lorentini ha annunciato lo scioglimento
del comitato dei parenti delle vittime
dell'Heysel, di cui è stato presidente per sette
anni. Lo scioglimento segue il pagamento degli
indennizzi ai familiari ordinato dal tribunale
di Bruxelles che ha ritenuto l'Uefa, lo Stato e
la federazione calcistica belga "corresponsabili
per carenze organizzative" della tragedia
avvenuta il 29 maggio 1985 nello stadio della
capitale belga. Quella notte persero la vita 39
persone, 32 delle quali italiane, presenti
all'Heysel per assistere alla finale di Coppa
dei Campioni fra la Juventus e il Liverpool. Una
vicenda lunga e dolorosa, conclusasi con i
risarcimenti alle famiglie ma anche con una
severa e addolorata critica al fisco italiano
che, in base ai recenti provvedimenti sui
depositi bancari, ha applicato sugli indennizzi
ottenuti una tassa complessiva di oltre otto
milioni. "Ci hanno imposto anche una tassa sul
dolore" ha commentato Lorentini con molta
amarezza. La complessa e delicata lunga
battaglia legale è arrivata a conclusione solo
domenica, quando Lorentini, nel corso di una
breve cerimonia a cui hanno partecipato tutte le
25 famiglie che avevano fondato il comitato, ha
consegnato gli indennizzi alle 95 persone che si
erano costituite parte civile. I risarcimenti,
calcolati in base ai parametri di reddito,
oscillano fra i 7 e i 500 milioni di lire, ed
hanno dato luogo anche ad alcuni casi definiti
"moralmente discutibili". La morte di alcuni
giovani studenti, per esempio, è stata
"valutata" secondo il minimo consentito dalla
legge belga, circa 7 milioni di lire, in quanto
i ragazzi sono stati ritenuti "non produttori di
reddito". "Al di là dell'esiguità delle cifre ha
detto Lorentini devo ringraziare gli avvocati
che ci hanno assistito in questi anni. Per
merito loro abbiamo ottenuto una sentenza che
sta già facendo giurisprudenza".
R. S.
Fonte: La
Stampa © 29 settembre 1992
Fotografia: GETTY IMAGES
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