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PROCESSO HEYSEL
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ARTICOLI STAMPA PROCESSO HEYSEL 1985-1992
ARTICOLI STAMPA PROCESSO HEYSEL 1985
 
 

Arezzo, i parenti delle vittime riuniti in associazione

L'incubo di Bruxelles non è finito

"Giustizia per i nostri morti"

AREZZO - Le famiglie delle vittime dell'Heysel" si sono riunite ad Arezzo ed hanno deciso di costituire un'associazione per perseguire i responsabili della tragedia sul piano penale e civile. A sei mesi dalla tragedia, i sopravvissuti all'incubo di Bruxelles chiedono giustizia. All'appello lanciato da Otello Lorentini, padre del giovane medico aretino morto nello stadio belga mentre assisteva i feriti, hanno risposto 22 delle 34 famiglie colpite. Sono venuti da ogni parte d'Italia, genitori, fratelli, amici, oltre a qualcuno, pochi per la verità, che ha sentito il bisogno di essere solidale. C'era anche un neonato Club Juventus, intitolato alla memoria di due aretini morti all'"Heysel", che ha donato una targa ricordo ai parenti delle vittime. "Molto poco" - hanno fatto notare con amarezza i parenti delle vittime. Sono passati appena sette mesi ma, della grande mobilitazione di coscienze dei primissimi giorni, sono rimaste tracce molto flebili ed inconsistenti. Infine, i parenti delle vittime chiedono giustizia anche per i feriti (circa 250, molti del quali irrimediabilmente menomati). E' stato anche fatto notare che finora anche il sistema di solidarietà pubblico si è rivelato del tutto insufficiente. Ogni famiglia colpita ha ricevuto in media contributi oscillanti tra i 30 e 140 milioni. La maggior solidarietà economica è venuta dalla Fondazione Agnelli, che ha inviato a ciascuna delle famiglie dei 39 caduti nella famigerata curva "Zeta" 15 milioni. Decisa infine la costituzione di un'associazione. Sarà denominata "Associazione delle vittime di Bruxelles". (G.D.) Fonte: La Stampa © 26 novembre 1985 Fotografie: Curvafiladelfia.wordpress.com © GETTY IMAGES © (Not for commercial use) Icone: Pngegg.com ©

 
ARTICOLI STAMPA PROCESSO HEYSEL 1986
 
 

Bruxelles, un anno dopo

di Licia Granello

Otello Lorentini è il padre di una delle vittime di Bruxelles. Il figlio, Roberto, medico trentenne, morì travolto mentre tentava di rianimare Andrea Casula, il bimbo di 11 anni perito insieme al padre. A Lorentini si deve la creazione dell'associazione "Familiari delle vittime di Bruxelles", che da un anno si batte perché vengano perseguiti e puniti i responsabili del massacro. "Abbiamo lavorato duramente per poter attivare il procedimento penale, contattando tutti per corrispondenza. All'associazione hanno aderito 21 famiglie. Quattro hanno dato la loro adesione morale: è gente anziana, non ha più voglia di lottare. Gli altri hanno detto, no grazie. Andare avanti non è facile: ci sono notai che hanno chiesto 200.000 lire per autenticare la firma del mandato. E ci sono sindaci che a distanza di otto mesi hanno chiesto i soldi del funerale... Abbiamo trovato degli avvocati comprensivi, il loro patrocinio non ci costerà tantissimo. E abbiamo trovato un referente belga, fondamentale per il proseguimento del lavoro a Bruxelles. Il 12 giugno faremo un convegno a Roma sulla violenza. Il ministero degli Interni ci ha messo a disposizione Palazzo Barberini, i soldati ci hanno assicurato la messa a punto della sala e la stampa dei manifesti". Quante adesioni avete ricevuto finora ? "Nessuna. Ci ha contattato solo la polizia, credo per motivi legati all'ordine pubblico. Mi ha telefonato Lattarugo, capo gabinetto del ministro degli Interni. Ah, si è fatto vivo anche Sordillo, dicendo che non può venire perché sarà in Messico, sa, i mondiali... Ha detto di non preoccuparci perché i soldi stanziati dalla Federcalcio arriveranno. Certo, adesso, con i mondiali... Abbiamo chiesto il patrocinio al Presidente della Repubblica, non ha risposto. Abbiamo chiesto l'intervento di Biagi, ci ha fatto scrivere dalla redazione di "Spot" che era impegnato altrove. Della Juventus non ci sono tracce, dopo il telegramma e la Corona inviataci per i funerali di Roberto. Aldo Ratti, direttore della "Fondazione Edoardo Agnelli" ha declinato cortesemente, forse si vergognava. O forse qualcuno gli ha suggerito di lasciar perdere". Avete avuto altre notizie dal Belgio ? "L'unica notizia è l'editto-farsa di Baldovino. I famosi sei miliardi sventolati a suo tempo non sono mai arrivati. Siamo venuti a sapere che per vittime si intendono coloro che stavano allo stadio dalle 19.15 in poi. E noi che stavamo dentro dalle tre, in che categoria stiamo ? Dicono che ci rimborseranno le spese sostenute negli ospedali belgi, e il trasporto delle salme fino alla partenza dal suolo belga. Il tutto con le fatture originali allegate alla richiesta... Hanno dimesso feriti che in Italia sono stati poi ingessati per mesi, hanno stilato certificati di "morte accidentale" per non dover rendere conto al mondo della loro inettitudine. E così, malgrado l'indagine della magistratura italiana sia già chiusa, non si sa quando il processo potrà essere celebrato. So che per l'anniversario sono in programma manifestazioni solo da parte italiana, a Bruxelles. Del resto tutte le autorità sono rimaste al loro posto, perché stupirsi ? La nostra è un'associazione fondata sul dolore: vogliamo andare avanti. Ci hanno detto che la causa costerà 100 milioni, non importa. Dalle mie parti si dice aver le spalle tonde, per far scivolare via le responsabilità. Con noi non attacca. Boniperti era tanto preoccupato per il suo stadio chiuso. A me m'han chiuso l'unico figlio in un loculo. Non s' illudano che ceda". Fonte: La Repubblica © 29 maggio 1986 Fotografia: Repubblica © Icone: Pngegg.com ©

 
 

Tragedia Heysel, solo Boniek rinunciò al premio

ROMA - S’è tenuto in questi giorni a Roma un convegno sulla violenza negli stadi organizzato dall’ "Associazione vittime dello stadio di Bruxelles". Un dato inquietante è emerso dal convegno. Vale a dire che nessun giocatore della Juve, tranne Boniek, rinunciò al premio partita in favore delle vittime di Bruxelles. Fonte: L’Unità © 14 giugno 1986 Icone: Pngegg.com ©

 
ARTICOLI STAMPA PROCESSO HEYSEL 1987
 
 

Quella sciarpa bianconera levata al cielo

di Marco Ferrari

La tragedia dell’Heysel nel ricordo di Otello Lorentini, l'aretino che vi perse il figlio. L’azione per avere giustizia.

DAL NOSTRO INVIATO (AREZZO) - Sono le 19.17 del 29 maggio 85. Un uomo solo vaga smarrito e ammutolito nel campo erboso dello stadio Heysel di Bruxelles. Agita una sciarpa bianconera. Non certo in segno di trionfo. La alza in cielo innocentemente. Quella sciarpa appartiene al figlio. L'aveva comprata l'anno prima alla finale di Coppa delle Coppe a Basilea. Quel simbolo di sport e di vittoria è intriso di sangue ancora caldo. Otello Lorentini, 63 anni, pensionato aretino, ricorda a fatica quegli attimi di paura. "Pensavo che mio figlio Roberto potesse vedere la sua sciarpa, chiamarmi, dirmi che era ancora vivo, che aveva superato quell’ondata omicida. Attesi qualche attimo poi rientrai nella famigerata curva Z. Frugai tra quei corpi, alzai cadaveri su cadaveri, mi feci largo tra pozze di sangue finché non lo vidi. Mi precipitai su di lui, appoggiai la testa al suo cuore, mi sembrava che battesse, invece erano le mie tempie che scoppiavano". Il dramma dell’Heysel sembra lontano dalla pace della periferia aretina. Eppure in questa casa moderna e ordinata dove abita la famiglia Lorentini alberga ancora l'ombra di una tragedia impensabile ed inspiegabile. Otello Lorentini, 62 anni, non è un tifoso juventino, forse neppure uno sportivo. Ha un'aria bonaria e taciturna frutto di trent’anni di solitario pendolarismo da Arezzo a Firenze. Ma a Bruxelles ci era andato volentieri finalmente in pensione, aveva accettato di accompagnare il figlio Roberto, 31 anni, medico, e i due nipoti Andrea e Gianni, cresciuti e vissuti sempre insieme. E’ tornato dal Belgio con un dolore che non si può rimarginare, una bara con il figlio dentro, tanti e tanti interrogativi ancora da chiarire. Adesso Otello Lorentini è presidente dell'associazione vittime dell'Heysel. Un compito che non gli restituirà certamente il figlio Roberto ma che lo aiuterà a capire e far capire agli altri i meccanismi perversi della violenza.

In questa abitazione aretina - dove abitano anche la giovane moglie e i due figli di Roberto - la tragedia belga ha spezzato il sogno innocente di una famiglia operosa e semplice che ha fatto del lavoro il simbolo dell’emancipazione. E’ difficile entrare tra queste pareti dove si cerca di vivere come se la morte non avesse mai oltrepassato quel cancello. Otello Lorentini, la voce flebile, gli occhi bassi, il volto ancora stanco dalla sofferenza, parla del dolore come di una situazione emotiva con la quale bisogna necessariamente vivere. Eppure l’impegno per tutte le vittime dell’Heysel (32 italiani più sei di altre nazionalità) sembra che abbia fatto ritrovare a quest'uomo la voglia di vivere, nonostante tutto. "Ho cominciato a luglio dello scorso anno - racconta Lorentini - a contattare tutte le famiglie delle vittime. Lo scopo finale è quello di arrivare al processo penale, a Roma o a Bruxelles. Una volta individuati i responsabili - che per me sono le autorità belghe, la polizia di quello Stato e i dirigenti dell’Uefa, oltre ai tifosi inglesi, che sono gli esecutori materiali della strage - in fase civile ogni associato ha il diritto di fare quello che vuole". Se il dramma dell'Heysel appare oggi quasi dimenticato, queste famiglie vogliono continuare a lottare. Lo hanno ribadito in un recente convegno romano e lo faranno ancora stimolando le autorità belghe e italiane a scavare nella difficile verità. "Ci sono morti di serie A e di serie B - dice Lorentini - perché alcune famiglie hanno avuto gli indennizzi, altri non hanno visto nulla. Il governo italiano, quello inglese, la Cee e la Fondazione Agnelli stanno forse facendo della confusione. Mediamente gli indennizzi sono stati di 30 milioni. Poi la Croce Rossa ha distribuito contributi a due o tre famiglie, ma senza precisi criteri. Morti da dimenticare, morti che fanno paura. L'inchiesta della Procura di Roma è giunta al termine, ma si attende un segnale dal Belgio che però non arriva. "La magistratura belga - sostiene Lorentini - vuole arrivare in tribunale, ma sono altre autorità a bloccare l'inchiesta. In questo caso il dibattimento si terrà in Italia, anche se rendere esclusiva la sentenza sarà difficile".

Ma questa gente non riesce certo a dimenticare i suoi morti. "Quei ragazzi - racconta Lorentini sono arrivati a casa a pezzi. Hanno eseguito l'autopsia e li hanno ridotti come bestie. E tutto per stilare un certificato di morte accidentale. Per questo il giudice Rossini, che ha seguito l’Inchiesta, ha preteso una nuova autopsia per stilare un diverso certificato per morte da schiacciamento, da soffocamento o addirittura da arma. E i belgi pretendono di lasciare allo stesso posto o magari di promuovere il borgomastro di Bruxelles e il capo della polizia. Lorentini non sa esattamente quello che è accaduto nei minuti e nei giorni dopo la strage. "Ricordo solo che telefonai all'ambasciata e che un funzionario ci è corso in aiuto all'obitorio. Ancora oggi non so quanti giorni ho passato nella capitale belga. Sono rientrato con un volo di tifosi modenesi che avevano posti disponibili". Da allora non ha più visto una partita, neppure alla televisione. Comprende gli sportivi, non ha nulla contro i tifosi. Forse ad Arezzo intitoleranno un campo storico al figlio e lui ci andrà. Spera che un giorno anche una strada della città si chiami con il nome del figlio. Non scorderà mai le parole toccanti del sindaco di Arezzo ai funerali, quando disse che la città si sentiva più vuota. "Del calcio mi è rimasta la rabbia di vedere la gente gioire per una coppa che grondava sangue. Non si doveva esultare in quel modo. Posso accettare - dice Lorentini - che la partita sia stata eseguita per evitare il peggio, ma i giocatori dovevano correre subito negli spogliatoi, non fare neppure la doccia e venire via. Quello non glielo posso perdonare".

Come potrà mai far capire ai giocatori di oggi e a quelli di domani il suo dramma, il dramma di tante famiglie, l’orrendo destino di un uomo che parte con la gioia e torna con il dolore ? Otello Lorentini non lo sa proprio. Ma non perde la fiducia e continua a farmi scorrere davanti l’elenco delle adesioni al convegno romano delle Associazione vittime dell’Heysel come se una firma o un telegramma potessero in qualche modo legittimare il suo sforzo, la sua opera di verità, la sua irrinunciabile fede verso una giustizia che pure tarda a farsi largo. Quel figlio, quell’unico figlio se lo sono portati via, ma non gli hanno certo portato via la sua giustezza morale. Quello stesso giorno il postino bussò alla porta dei Lorentini. Li consegnò una lettera di assunzione del figlio presso l’ospedale di Arezzo. Una lettera che Roberto attendeva da mesi e che non ha mai letto. Lo stesso postino ha suonato ancora, qualche mese dopo ha consegnato a Lorentini la medaglia d’argento al valore civile assegnata alla memoria del figlio Roberto tra la folla spaventata del settore Z mentre cercava di proteggere e salvare un bambino. Una canzone di Fabrizio De André recita di una donna che aspettava un soldato vivo e si ritrova un eroe morto, una medaglia accanto al letto. La guerra à finita, ma la violenza e il dolore continuano. Che civiltà stiamo costruendo ? Neppure un uomo saggio e semplice come Lorentini sa rispondere. Fonte: L’Unità © 8 gennaio 1987  GETTY IMAGES © (Not for commercial use) Icone: Pngegg.com ©

 
 

Londra, il processo per l’Heysel. Ventisei imputati per un massacro.

Quella sporca notte di gloria

di Alfio Bernabei

In aula deliranti ricostruzioni dell'eccidio di Bruxelles. I "marines", le Falkland e quegli "italiani bastardi".

LONDRA - Sono udienze lente e meticolose quelle dell’aula numero 4 presso la Corte di Highbury Corner, un distretto nel contro di Londra. Si comincia sempre allo stesso modo: ore 10.30, la presenza degli imputati, magistrato e avvocati, un videoregistratore e tre monitor. Tocca decidere quanti dei 26 imputati potranno essere estradati in Belgio per rispondere della carneficina dell’Heysel. Ieri, l'esame dei verbali di Anthony Hogan, 23 anni di Liverpool, ha preso tutta la giornata. L'avvocato Michael Sherrard che richiede l'estradizione per conto del governo belga ha letto le deposizioni raccolte dalla polizia inglese quando nel giugno dell’85, ha interrogato II giovane. Era uno di quelli che hanno resistito fino alla fine, con dozzine di "non so". Chi era a capo della carica ? Non so. Perché hai cominciato ? Non so. Hai tirato qualcosa, cos'era ? Non so. La polizia trae la foto 1 poi la 2 e la 3 e gli fa vedere tre riprese da un video. Comincia a parlare: "Eravamo arrabbiati perché la polizia ci aveva preso le bandiere. Gli italiani comunque non erano angeli. Sì, raccolgo da terra qualcosa, ma sono dei biglietti che cercavo per souvenir". Nell'aula del tribunale il video si ferma sul fotogramma 063453, il momento che lo identifica. Si fa riferimento alla foto pubblicata da Stern. Il verbale continua: "Guarda, gli italiani si stanno ritirando perché hanno paura. Adesso stai caricando mentre gli italiani sono schiacciati. Sei tu ?". "Ok, sono io". E la giustificazione: "Volevo solo fare un giro, dare un'occhiata a quello che succedeva, ero ubriaco".

I 26 ascoltano, ammiccano, alcuni hanno l'aria preoccupata, altri ridono. Ce ne sono molti con magliette a maniche corte, si ha l'impressione di osservare una squadra di marines in abiti civili. Si voltano tutti quando riaccendono i monitor lasciando passare due fotogrammi alla volta. Puntano col dito. Si ripensa per un istante a una frase del verbale di Hogan "Era eccitante". E’ dal 3 febbraio che si va avanti così, ascoltando deposizioni che hanno finalmente distinto e articolato fatti e nazioni dietro la massa di corpi che si muovevano davanti alle telecamere. Sono state foto e filmati a permettere di identificare gli inglesi e a convincerli a parlare. A confronto con il clamore di quei giorni, queste udienze sono sorprendenti per lo scarso interesse che sollevano nei media inglesi, quasi silenzio completo alla radio", brevi e infrequenti resoconti sui giornali. Una mezza dozzina di reporter presenti: o solamente due, incluso il sottoscritto, nel caso dell'udienza di ieri. È stato l'avvocato Michael Sherrard, Il 3 febbraio, ad avviare la richiesta di estradizione per un fatto definito "collective hooliganismi", vandalismo collettivo, perpetrato da tifosi che si sono resi responsabili della morte di 39 persone. "Le vittime", ha detto il magistrato, "furono schiacciate contro un angolo, caddero o furono calpestate, morirono per soffocamento. Incluso un bambino di 10 anni. Non voglio dire che gli imputati intendessero causare dei morti. Non di meno il governo belga ritiene che ognuna di queste persone abbia responsabilità penali per le morti sopravvenute".

L’età media degli imputati si aggira sui 22 anni. Vengono in maggioranza dal nord, Liverpool, Merseyside. Ma ce ne sono anche di Londra e dintorni. Che cosa li ha portati alla violenza di Heysel ? Terry Wilson e Steve McDonald avevano dei berretti della Juventus in testa come trofeo ed erano ancora boriosi e contenti quando hanno parlato a due giornalisti che hanno deposto in questi giorni. Secondo McDonald, gli italiani tiravano bottiglie e molti avevano lunghi coltelli. "Sapevamo che ci sarebbero stati degli incidenti perché capitano sempre durante grandi partite". E Wilson: "Non ci siamo accorti che c’erano dei morti, dapprima non ci abbiamo creduto quando ce l'hanno detto. Mi dispiace di quanto è avvenuto, ma sono ancora orgoglioso di ciò che abbiamo fatto. Ha aggiunto che nel mercato della frutta di Manchester dove lavorava era apparsa la scritta "Liverpool 0 Juventus 39". Entrambi erano d’accordo che quella di Heysel era stata una "notte di gloria". Perché "una notte di gloria" ? Heysel era solo uno stadio, niente missili, navi in fiamme. E invece, gente massacrata con l'applauso della maggioranza degli inglesi. Nei giorni successivi alla tragedia, però, gli osservatori più attenti e alcuni intellettuali inglesi hanno immediatamente rilevato il rapporto tra i marines che erano stati visti tre anni prima, nel maggio '82 sui teleschermi durante il conflitto Falkland Malvinas, e l’orrendo episodio belga.

I giornali avevano stampato "gloria" a caratteri di scatola perfino sotto la foto di una nave inglese devastata dalle fiamme. E lo stadio era il posto adatto per usare il termine "Gotcha", glorificato durante il conflitto con gli argentini e che significa nello slang militaresco "Ti ho preso". La Thatcher alzando la bandiera, aveva detto alla televisione: "Dopo essermi occupata per tanto tempo con le solite cose… E’ eccitante trovarmi con una vera crisi fra le mani". Checché se ne dica, non è possibile isolare l’Heysel dal tipo di patriottismo elevato alla massima pazza potenza dalla "gloria del fuoco, dei missili e primi ministri eccitati dalla guerra. Questi tifosi inglesi (che molto prima di Heysel avevano devastato, senza far morti, una cittadina vicino a Londra, Luton) una volta all'estero a confronto dei "latini" potevano solamente attingere energia dai folgoranti esempi di gloria che avevano irradiato i loro teleschermi e accontentato vasta parte della popolazione. La scritta "Liverpool 0 Juventus 39" che decorava come una bandiera il mercato di Manchester non era un'espressione da tifosi, ma da dogs of war, cani da guerra. C’è stato chi tornato sobrio, ha riflettuto sugli avvenimenti con disgusto e rimorso. James Wallace, che ha perfino pensato di farsi prete, o Kevin Hughes, "fu una cosa stupida, mi dispiace". Ma impera ancora il dubbio della vittoria, Alan Woodray: "Quando cedette la rete e noi la traversammo, gli italiani furono presi dal panico e si raggrupparono. Suppongo che la nostra carica abbia contribuito a spaventarli, gli italiani ci avevano visto andare verso di loro e si erano impauriti perché si erano trovati davanti a dei tipi "psycho".

Essere "psycho", in slang, significa andare ben oltre Hitchcock. I personaggi dei cosiddetti film nasties per esempio sono definiti psycho". "Ho visto uno comportarsi da animale", ha detto nella sua deposizione un autista belga. E l’avvocato Sherrard ha aggiunto che uno degli imputati ha potuto essere riconosciuto grazie al fatto che si era vestito da Superman. E ancora, al dì là delle Falkland, dell'orrore e della fantascienza d'ordine astratto o individuale, c'è di reale, connesso in qualche modo a questo disastro umano, quel fenomeno di progressivo deterioramento politico-culturale che devasta il paese, forse causa prima dell’impotenza degenerante in estrema violenza. E il fenomeno forse non si limita solo a questa categoria. Non è fuori posto rammentare che non lontano da Londra, proprio questo fine settimana, si è svolto il congresso dei giovani conservatori. I militanti più accesi hanno caldeggiato la reintroduzione della pena di morte nel prossimo manifesto politico del governo in carica. Questi giovani non avevano neanche lontanamente per la testa i loro conterranei che si sono cimentati in Belgio e nessuno di loro ha probabilmente prestato la minima alienazione all'imbarazzante spettacolo di queste udienze. I loro veri nemici hanno un colore ben noto che qui non vale neppure la pena di ripetere. Mai al termine della conferenza si sono messi a cantare, come in uno stadio, lo slogan "string’em up, string'em up !" che significa, gioiosamente dal loro punto di vista, "leghiamoli al capestro". Fonte: L’Unità © 12 Febbraio 1987  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Prima importante sentenza in Inghilterra per la strage nello stadio

Heysel, processo

di Alfio Bernabei

Il giudice dice sì all’estradizione, poi mette in libertà i 26 imputati.

NOSTRO SERVIZIO (LONDRA) - I ventisei tifosi del Liverpool accusati di omicidio in seguito alla morte di trentanove persone nello stadio di Heysel nel maggio del 1965 prima della finale di Coppa del campioni tra la Juve e la squadra inglese, sono da ieri sera in libertà provvisoria dietro cauzione dopo che un giudice dell'Alta Corte aveva deciso di concedere l'estradizione per il processo in Belgio. Accettando poi l’appello degli avvocati difensori che intendono impedire l'estradizione per il processo in Belgio ha concesso ai ventisei imputati la libertà provvisoria. Dopo venti lentissime udienze nella piccola aula numero 4 presso la Corte di Highbury Corner, un distretto vicino ai centro, la giornata di ieri si è improvvisamente movimentata con un drammatico susseguirsi di avvenimenti. Alle 11 di mattina il magistrato David Hopkin ha concluso che esisteva sufficiente evidenza contro tutti i ventisei tifosi presenti in aula circa la loro partecipazione "alla carica, al lancio di oggetti e agli scontri". "Tali azioni illegali" ha aggiunto "sono continuate per quindici minuti e hanno costituito parte dell’azione concertata contro i tifosi italiani". Il magistrato ha dichiarato che venticinque tifosi si sono riconosciuti presenti agli avvenimenti durante gli interrogatori della polizia inglese iniziati subito dopo la tragedia. Uno è stato identificato attraverso una ripresa video. Nel corso delle udienze i nastri delle registrazioni sono passati e ripassati davanti ai ventisei tifosi seduti proprio come una squadra lungo tre file di panche alla sinistra del magistrato Hopkin. Avevano un monitor per conto loro e due monitor erano piazzati davanti agli avvocati e ai testimoni. Immediatamente dopo il verdetto del magistrato che per legge doveva comunque aspettare il responso del ministro dell’interno Douglas Hurd prima di avviare l’estradizione richiesta dall’avvocato rappresentante il governo belga Michael Sherrard, i difensori dei ventisei tifosi hanno presentato due appelli all’Alta Corte, uno per ottenere la cauzione e l’altro per impedire l’estradizione. Alle due del pomeriggio la richiesta è stata ascoltata alla Alta Corte.

Il giudice Simon Brown ha impiegato poco più di dieci minuti a decidere che i ventisei tifosi dovevano essere rilasciati dietro cauzione. Dovranno riapparire in tribunale fra un mese quando gli avvocati difensori presenteranno le loro tesi nel tentativo di cambiare il verdetto del magistrato e impedire l’estradizione in Belgio dei giovani. La notizia è stata accolta con moderata soddisfazione dall’Associazione fra le famiglie delle vittime di Bruxelles: "è una soddisfazione - ha detto Otello Lorentini, padre di una delle vittime - permeata dal nostro desiderio di giustizia e di preservare in futuro lo sport da qualsiasi violenza". L'estradizione dei 26 tifosi del Liverpool da processare in Belgio "potrà certamente contribuire in qualche modo alla riammissione delle squadre inglesi in Europa" dopo la squalifica a tempo indeterminato decisa dall’Uefa che mise fuori dal giro internazionale le squadre inglesi di società dalle coppe europee di calcio. Secondo Hans Bangerter, segretario generale dell’Uefa intervistato telefonicamente nel suo ufficio a Berna dopo la decisione della magistratura britannica, si tratta di "un passo positivo" anche se si è dichiarato "molto scettico" sulla possibilità di un ritiro a breve termine della squalifica: "non sono certo in grado di dire quando potrà accadere". "Erano mesi - ha proseguito Bangerter - che il magistrato belga incaricato dell’inchiesta stava aspettando di potere concludere il suo lavoro. Spero adesso che il ministro degli interni britannico si atterrà alla raccomandazione della magistratura ed estraderà questa gente perché la si possa processare davanti alle autorità competenti in Belgio". A livello sportivo di sicuro l’Uefa esaminerà la nuova situazione nella riunione dell’esecutivo in programma il 10 marzo. A questa sarà presente un inviato della Federcalcio inglese che potrà esporre il suo punto di vista anche se non avrà la possibilità di ottenere risultati immediati.  Fonte: L’Unità © 4 marzo 1987 Icone: Pngegg.com ©

 
 

Heysel, nessuna estradizione

di Alfio Bernabei

NOSTRO SERVIZIO (LONDRA) - Sono tutti in libertà e non saranno estradati i 26 tifosi del Liverpool che si resero responsabili del massacro di 39 persone nello stadio di Heysel nel maggio del 1985 prima della finale di Coppa del Campioni tra la Juventus e la squadra inglese del Liverpool. Il 3 marzo scorso un magistrato della corte di Highbury Corner, David Hopkin, dopo venti udienze durante le quali erano state lette le deposizioni che i 26 avevano rilasciato alla polizia, aveva concluso che esisteva sufficiente "evidenza" per imputarli di omicidio e aveva ordinato la loro estradizione per essere sottoposti al processo in Belgio, come richiesto dalle autorità di quel paese. I 26 tifosi, presenti alle udienze, si erano riconosciuti nelle immagini proiettate dalla tv e nelle foto. Subito gli avvocati difensori presentarono appello all'Alta corte per impedire l’estradizione dei loro clienti. Ieri mattina un inatteso colpo di scena. Il giudice Watkins, dell’Alta corte di Londra, ha annullato la sentenza del magistrato Hopkin. II blocco all'estradizione ridà così la completa libertà ai responsabili della strage. Alla base di quest’ultimo verdetto un semplice cavillo procedurale. I verbali degli interrogatori dei 26 tifosi, condotti dalla polizia inglese, non furono presentati al magistrato entro i limiti di tempo necessari e nella forma richiesta dalla legge (mancava un timbro). Secondo uno degli avvocati difensori, il verdetto pronunciato ieri era scontato in quanto "l'evidenza", cioè le prove, non era stata presentata entro i due mesi dall’arresto dei tifosi. Il punto in questione era però già emerso durante il processo e al momento della sentenza, ma era stato ignorato con il risultato che si è finito per dar vita ad una costosa sciarada (20 udienze con un costo che si aggira sulle 500 mila sterline). Inoltre ieri si è fatto notare che nel trattato di estradizione del 1901 fra Inghilterra e Belgio, è detto che l'Inghilterra "può" consentire all'estradizione di cittadini britannici, ma che ciò non significa in alcun modo che "deve" farlo tramutandolo in "obbligo". Il giudice Watkins, dal canto suo, è rimasto costernato, per questa decisione che legalmente è stato costretto a prendere.

"Il no all'estradizione - ha detto - lo considero una jattura. Ma non potevo fare altro, colpevoli le autorità che non hanno rispettato le procedure relative alla legge sull'estradizione. Comunque l’avvocato Michael Sherrard, che ha rappresentato il governo di Bruxelles nel corso delle udienze, ha dichiarato di aver seguito le vie normali, e come la gravità del caso gli abbia fatto pensare che la questione inerente la presentazione dei verbali entro certi limiti canonici di tempo finisse per passare in seconda linea. Il giudice Watkins ha poi tenuto a precisare che le prove raccolte erano sufficienti per permettere l'estradizione del tifosi in Belgio e per processarli per omicidio. "I tifosi del Liverpool - ha detto Watkins - hanno buttato giù le transenne e hanno minacciato gli italiani. Hanno lanciato oggetti e si sono resi responsabili di una delle peggiori tragedie mai avvenute in una competizione sportiva". I 26 tifosi sono così da ieri nuovamente in libertà grazie a queste incredibili motivazioni tecniche piuttosto che di sostanza. "Continueremo i nostri sforzi per ottenere l’estradizione", ha detto l'avv. Michael Sherrard che rappresenta il governo belga. E che si voglia fare presto lo testimoniano le notizie che sono rimbalzate da Bruxelles. Il portavoce del ministro della Giustizia belga e vicepremier, Jean Gol, ha infatti dichiarato: "Abbiamo due possibilità, fare appello alla Camera dei Lords, o ricominciare da capo davanti a una Corte analoga a quella che aveva concesso l'estradizione in prima istanza". Tutto lascia pensare che il governo belga sceglierà la seconda strada, proprio perché più rapida. Comunque una decisione è attesa tra oggi e domani. Ironia della sorte il verdetto di ieri è venuto dopo un nuovo fine settimana di violenza negli stadi inglesi, con incidenti anche alla stazione ferroviaria londinese di King’s Cross. Sono echeggiati di nuovo slogan razzisti contro i neri, gli ebrei, i pakistani.  Fonte: L’Unità © 14 aprile 1987  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Partiti dalla Procura di Roma contro gli "hooligans"

Ventisei ordini di cattura per la tragedia di Heysel

di Cesare Martinetti

Durante la partita con la Juventus i tifosi del Liverpool causarono la morte di 39 italiani.

ROMA - Ventitré mesi dopo la strage dello stadio Heysel sono partiti gli ordini di cattura per omicidio contro gli hooligans inglesi responsabili di quel massacro. Li ha firmati ieri mattina il sostituto procuratore di Roma Alfredo Rossini che da quasi due anni indaga sulla morte dei 39 italiani nella curva "Z" dello stadio di Bruxelles poche ore prima della finale di Coppa Campioni Juventus-Liverpool. Il magistrato ha deciso dopo aver avuto conferma dall'ambasciata inglese che l'Alta Corte britannica aveva respinto per vizio di forma la richiesta di estradizione degli hooligans avanzata dai magistrati belgi. L'iniziativa della Procura di Roma non porterà in carcere i ventisei inglesi accusati (sono tutti in libertà provvisoria), ma ha il senso di una provocazione per muovere l'inchiesta e consentire di arrivare nel più breve tempo possibile al processo contro i tifosi del Liverpool. Per ora l'Italia non ha ancora avanzato a sua volta richiesta di estradizione per i 26. Forse lo farà, forse no. Dipende da come si metteranno le cose dopo questo ennesimo rinvio dovuto al rifiuto di estradizione opposto dagli inglesi ai belgi. Il sostituto procuratore Rossini non ha voluto commentare la sua decisione, ma ha fatto capire che la Procura romana dopo aver contribuito in modo determinante all'inchiesta dei magistrati belgi, non vuole rimanere solo a guardare e intende spingere sull'acceleratore perché si faccia il processo ai responsabili della strage nel più breve tempo possibile. Sia pure dando credito a tutte le cortesie formali con cui l'Alta Corte britannica si è rammaricata per la mancata estradizione dei ventisei, "il nuovo" contrattempo è stato interpretato a Roma come una zeppa al processo. L'inchiesta italiana sull'Heysel venne aperta il giorno dopo la strage. La magistratura era nel suo, pieno diritto di indagine perché vittime del reato compiuto in terra straniera erano 39 cittadini italiani. Ci fu un lungo lavoro di raccolta di testimonianze dei sopravvissuti che la Procura romana inviò sia ai magistrati belgi che all'autorità di polizia di Liverpool, incaricata di individuare gli hooligans responsabili dell'assalto assassino alla curva degli italiani.

Grazie a questo lavoro furono individuati i 26 giovani inglesi che con furia e determinazione travolsero la debole recinzione che li divideva dagli italiani, spingendo e soffocando contro le transenne del vecchio stadio della capitale belga i trentanove tifosi juventini. I ventisei inglesi furono riconosciuti dopo che dalla polizia di Liverpool arrivarono le immagini di un centinaio di hooligans tratte da filmati e ingrandimenti che erano stati anche pubblicati con evidenza sulle prime pagine dei giornali popolari inglesi dopo la grande emozione di quella tragedia. Le immagini, inviate dalla polizia britannica ai magistrati belgi, furono girate da questi al giudice italiano che le mostrò alle decine di testimoni italiani. Da queste testimonianze sono venuti fuori i nomi dei ventisei accusati. Perché finora la magistratura italiana non ha avanzato richiesta di estradizione per i ventisei ? Alla Procura di Roma si fa capire che era stata scelta la via di accettare un processo per così dire in "campo neutro", e cioè in Belgio dove il giudizio sarebbe stato completo, non solo a carico degli hooligan, ma anche dei responsabili delle mancate misure di sicurezza allo stadio, che non sarebbe stato invece possibile in Italia. E così la magistratura romana ha deciso di contribuire all'istruzione del procedimento, riservandosi eventualmente di aprire un autonomo processo contro gli inglesi se le conclusioni di quello belga non fossero state "soddisfacenti" per le parti civili. La decisione dell'Alta Corte britannica ha modificato la strategia del magistrato l'italiano. I giudici inglesi ("Con estremo rincrescimento, considerate le orribili circostanze del caso) hanno respinto la richiesta di estradizione su ricorso dei difensori degli hooligans: alla istanza belga mancava un timbro. Un mese fa il tribunale di Londra aveva invece accolto la richiesta e ordinato l'immediato arresto dei ventisei. Ma anche questa decisione è stata riformata dall'Alta Corte che ha concesso a tutti la libertà provvisoria. Ora si attende una nuova mossa del governo belga che ha dichiarato di voler proseguire la battaglia legale per l'estradizione.  Fonte: La Stampa © 15 aprile 1987  Icone: Pngegg.com ©

 
 

I Lord mandano in carcere i teppisti del Liverpool

Strage di Heysel, 24 arresti

LONDRA - Sono tutti in carcere da ieri (tranne due per ora irreperibili) i 26 tifosi inglesi accusati di omicidio colposo per la strage dello stadio Heysel a Bruxelles. La Camera dei Lord, ultima istanza della giustizia britannica, ha deciso di non rinnovare la libertà condizionata ai 26 imputati, che stanno cercando di non farsi estradare in Belgio dove potrebbero essere condannati fino a 15 anni di carcere. In aprile l'Alta Corte britannica aveva annullato, per una irregolarità di procedura, la decisione presa da un giudice di estradare gli imputati in Belgio. Il governo di Bruxelles si è appellato alla Camera dei Lord che dovrà prendere la decisione definitiva entro poche settimane. Nel frattempo i 26 tifosi dovranno attendere il loro destino in prigione. Ieri sono stati in 23 a perdere la libertà. Un altro si trovava già in prigione per altri reati mentre altri due imputati non si sono presentati: uno è in vacanza e l'altro è scomparso. Negli incidenti del 29 maggio 1985 allo stadio Heysel prima della finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool morirono 39 persone, in gran parte italiani. (Ansa)  Fonte: La Stampa © 1 luglio 1987 Icone: Pngegg.com ©

 
 

I Lord: "Estradate gli ultrà di Heysel"

Processo in Belgio per i 26 hooligans

LONDRA - Saranno processati in Belgio i 26 tifosi del Liverpool accusati di aver innescato gli incidenti che provocarono il 29 maggio 1985 la tragedia dello stadio Heysel. Cinque giudici dei Lord, massima istanza giudiziaria del Regno Unito, hanno concesso ieri al governo belga l'estradizione dei 26 tifosi accusati di "omicidio colposo". L'estradizione era stata autorizzata in prima istanza, ma annullata dalla Corte superiore per un cavillo legale (la mancanza di un timbro). I magistrati hanno interpretato in modo meno restrittivo le norme del trattato di estradizione tra i due Paesi. I 26 tifosi, che si trovano in prigione dal 30 giugno, rischiano condanne fino a 15 anni. Gli incidenti avvenuti sulle tribune dello stadio prima della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool provocarono la morte di 39 persone (32 erano italiani). La sentenza parla di "tragici e terribili" eventi. "Poco prima del match i tifosi inglesi, molti ubriachi, cominciarono a scatenarsi in azioni violente, abbattendo recinzioni, travolgendo la polizia ed avanzando minacciosamente verso gli italiani. Centinaia di persone, tra cui donne e bambini, furono ferite finendo calpestate, e 39 morirono. I 28 tifosi sono stati identificati dalla polizia inglese sulla base dei filmati televisivi e delle foto scattate durante gli incidenti. (Ansa) Fonte: La Stampa © 14 luglio 1987  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Processo agli hooligans

BRUXELLES - Saranno processati in Belgio i 26 tifosi del Liverpool, accusati di aver provocato gli incidenti che il 29 maggio 1985 provocarono la tragedia dello stadio Heysel. "Poco prima del match i tifosi inglesi, molto ubriachi, cominciarono a scatenarsi in azioni violente, abbattendo recinzioni, travolgendo la polizia ed avanzando minacciosamente verso gli italiani. Centinaia di persone, tra cui donne e bambini, furono ferite finendo calpestate e altre 39 morirono". Con queste parole e con questa sentenza i giudici dei Lords, il massimo organo giudiziario del Regno Unito, ha concesso ieri l'estradizione dei 26 hooligans accusati di "omicidio colposo". I 26 tifosi, che si trovano in prigione dal 30 giugno e a cui non è stata concessa la libertà provvisoria, rischiano condanne fino a 15 anni di carcere. La loro ultima speranza di evitare l'estradizione è un appello al ministro dell'Interno, Douglas Hurd, che ha l'ultima parola in materia. Ma il governo britannico ha già fatto sapere che intende dare la "massima collaborazione" al governo di Bruxelles, anche se la corte di Londra aveva negato una prima richiesta di estradizione per vizio di forma (mancava un timbro). Del resto di dubbi ce ne sono pochi. I tifosi sono stati identificati dalla polizia inglese sulla base dei filmati televisivi e delle foto scattate durante gli incidenti. Inoltre c'è la documentazione di Scotland Yard, lunga 1500 pagine, che porta le testimonianze di 75 testimoni britannici. La notizia è stata accolta con molta soddisfazione negli ambienti giudiziari di Bruxelles, anche perché il ministro della Giustizia, Jean Gol, si è sempre mostrato molto deciso nell'avviare nuovamente la procedura di estradizione dell'aprile scorso.

Lo stesso ministro ha tenuto ieri pomeriggio una conferenza stampa e ha spiegato che i 26 hooligans appena arriveranno in Belgio saranno rinchiusi nella prigione di Louvain, vicino a Bruxelles. "Non risiedendo nel nostro territorio, nulla vieterebbe loro di fuggire" ha aggiunto Gol. Davanti all'insistenza con cui i giornalisti britannici gli hanno chiesto garanzie sulla rapidità e sull'equità del processo, Gol, irritato, ha dichiarato: "Le vostre domande mi fanno trasecolare. Noi non avevamo chiesto a questa gente di venire qui a commettere crimini. Noi siamo un paese civile, la nostra giustizia è almeno al medesimo livello di quella degli altri paesi europei". Secondo gli esperti la preparazione del processo richiederà varie settimane. "Gli inglesi estradati resteranno in carcere fino alla sentenza" ha precisato Gol. I dossier delle parti civili sono centinaia, chi fu ferito o chi ebbe parenti uccisi in quella che doveva essere soltanto una partita di calcio continua a chiedere giustizia. Gol ha aggiunto che i 26 tifosi potranno ricorrere ad avvocati del loro paese e che avranno a disposizione degli interpreti. Sul banco degli imputati insieme a loro ci saranno anche il segretario della Federcalcio belga, François Roosens e due ufficiali della gendarmeria incolpati di omicidio volontario e in libertà provvisoria. Sono quattro le imputazioni di cui i tifosi arrestati dovranno rispondere ha sottolineato Gol: omicidio colposo, gravi mutilazioni e lesioni permanenti, lesioni non permanenti ed aggressione con percorse. Viene riconosciuta agli imputati l'assenza di volontà di uccidere, per cui ha detto il ministro, il verdetto non sarà affidato ad una giuria popolare, ma a tre giudici di carriera, il che comporterà pene meno pesanti. Fonte: La Repubblica © 14 luglio 1987 Icone: Pngegg.com ©

 
 

Londra estrada in Belgio i teppisti dell'Heysel

LONDRA - Il ministro degli Interni del Regno Unito Douglas Hurd ha firmato gli ordini di estradizione di 26 tifosi del Liverpool richiesti dal Belgio perché accusati di avere partecipato alla strage dell'Heysel, dove trentanove persone, (32 gli italiani), persero la vita nei tragici incidenti che si verificarono poco prima della finale di Coppa dei campioni tra Juventus e Liverpool. "Era inevitabile" - ha commentato il difensore di 11 dei tifosi - secondo il quale il processo si sarebbe dovuto svolgere in Inghilterra - rivelando di avere ricevuto una telefonata dal Ministero degli Interni nella quale gli è stata confermata la decisione del ministro. L'accusa è di omicidio preterintenzionale. "Sono furioso per il fatto che gli accusati siano già stati definiti hooligans britannici", è stata la reazione del difensore, che ha aggiunto: "Si tratta di semplici imputati". L'annuncio dall'Inghilterra ha causato non poco imbarazzo a Bruxelles. Il ministero della Giustizia belga non ha finora ricevuto nessuna notifica ufficiale circa la decisione del ministero della Giustizia inglese. Una precisazione del ministro, diffusa ieri sera e ribadita questa mattina, fa seguito a un annuncio, fatto ieri da responsabili della polizia giudiziaria belga, secondo cui l'estradizione dei tifosi sarebbe ormai certa per la notte tra martedì e mercoledì prossimi. Intanto, la stampa belga conferma l'esistenza di un "piano di battaglia" predisposto dalle autorità politiche e giudiziarie britanniche e belghe, in vista dell'estradizione degli "hooligans", che il ministro della Giustizia di Londra deve avallare entro il 13 settembre. Secondo il giornale belga "Le soir", il ministro britannico ha già informato le autorità belghe della propria intenzione di autorizzare l'estradizione. Il ministro potrebbe anzi rendere pubblica la propria decisione oggi stesso. Fonte: Stampa Sera © 2 settembre 1987 Icone: Pngegg.com ©

 
 

Hooligans, presto a Bruxelles

La tragedia dell'Heysel all'ultimo atto. L'estradizione è prevista per l'8 settembre: i presunti colpevoli nel carcere di Lovanio prima del processo.

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE (BRUXELLES) - La notizia è stata data dalla polizia giudiziaria belga, che non ne era autorizzata, e l'imbarazzo sfoggiato dal ministero della Giustizia, in attesa che da Londra venisse la comunicazione ufficiale, è servito soltanto a sottolineare l'imminenza della svolta decisiva nella tragica vicenda dell'Heysel. Nella notte fra l'8 e il 9 settembre, saranno estradati in Belgio i 26 hooligans inglesi accusati degli incidenti che il 29 maggio 1985, in occasione della finale di Coppa tra Juve e Liverpool, costarono la vita a 39 persone (32 italiani). Dal 13 luglio, dopo una serie di vicissitudini giudiziarie, i Lord avevano concesso la richiesta della magistratura belga. L'ultima parola spettava al ministro britannico della Giustizia, Douglas Hurd. Ricevute informazioni "confidenziali", giustificate dalla necessità di coordinare il trasferimento dei 26, la polizia giudiziaria martedì ha rivelato tutto. A questo punto il governo belga doveva solo tamponare la grana diplomatica, perché i "piani di battaglia", minuziosamente rivelati con anticipo, non dovrebbero subire variazioni. Gli hooligans, quindi, arriverebbero in Belgio a notte inoltrata, fra martedì e mercoledì della prossima settimana: a bordo di un aereo militare C134, accompagnati da una schiera di agenti belgi che li riceveranno in consegna dalle autorità britanniche a un aeroporto presso Londra. Il giudice istruttore che si occupa del "caso Heysel", la signora Marina Coppieters't Wallant, avrà 24 ore per interrogarli al Palazzo di Giustizia: dovrà anzitutto accertarsi della loro identità, quindi raccogliere, in una serie d'incontri a quattr'occhi, gli elementi per confermare l'accusa. Salvo clamorose sorprese, gli hooligans saranno tutti rinviati a giudizio e trasferiti nelle carceri di Lovanio, in attesa del processo. Massima sicurezza e massimo riserbo sembrano destinati ad avvolgere l'intera operazione: un numero ristretto di fotografi sarà ammesso all'aeroporto militare di Melsbroeck per l'arrivo degli hooligans e ancora meno numerosi saranno quelli che potranno entrare nel carcere di Lovanio, preferito a quello di Bruxelles per motivi di sicurezza. Alle esigenze d'informazione supplirà il ministro della Giustizia Jean Gol, con un'attesa conferenza stampa nella quale si attendono informazioni precise sul processo. Finora non ne è ancora stata fissata la data, né è possibile prevedere quanto durerà. Resta anche un dubbio per quanto riguarda i tre Belgi (due ufficiali della gendarmeria e un funzionario della federazione calcistica) che dovranno rispondere di negligenza: non è sicuro, infatti, se essi saranno processati con i 26 tifosi del Liverpool o se saranno giudicati separatamente, come è già accaduto a 13 persone - otto inglesi, quattro italiani e un belga - nei mesi successivi alla tragedia dell'Heysel. T. GAL. Fonte: La Stampa © 3 settembre 1987 Icone: Pngegg.com ©

 
 

Bruxelles maxi processo ai tifosi inglesi

BRUXELLES - Sarà il processo del secolo, dicono a Bruxelles: e ha i segnali giusti per diventarlo. Lo intenteranno le autorità belghe nei confronti di ventisei tifosi del Liverpool, responsabili della tragedia avvenuta il 29 maggio di due anni fa allo stadio Heysel, prima che Liverpool e Juventus disputassero la finale di Coppa dei Campioni. Morirono 39 persone nei disordini, 32 delle quali italiane. Dopo due anni di richieste e di carte bollate, le autorità belghe, infatti, sono riuscite ad ottenere l'estradizione dei ventisei tifosi, per poterli processare in Belgio. E' la Camera dei Lord che ha dato l'autorizzazione definitiva, resa esecutiva dalla firma del ministro. Anche se il ministero degli Interni, almeno finora, ha rifiutato di dare conferma. La principale prova di accusa contro i ventisei tifosi, in carcere dal giugno dell'85, è una videocassetta sulla quale le telecamere della polizia belga hanno fissato le drammatiche immagini dei disordini. I magistrati belgi e britannici, in sostanza, hanno potuto studiare i volti tra la folla dei sostenitori del Liverpool che attaccano violentemente i tifosi della Juventus, costringendoli a ritirarsi verso un angolo della curva Z. Le persone morirono schiacciate dalla folla impazzita, il muro di recinzione della curva crollò facendo cadere centinaia di persone. Il giudice britannico ha ritenuto che ci siano indizi sufficienti per accusare i ventisei tifosi della morte di almeno un tifoso italiano, Mario Ronchi. Il processo, è ovvio, avrà tempi lunghi.

Anche perché oltre ai ventisei tifosi, sono sotto accusa due ufficiali della gendarmeria belga che il giorno della tragedia erano di servizio e Albert Roosens, allora segretario della Federazione belga di calcio, responsabile dell'organizzazione e, soprattutto, della vendita dei biglietti. Una negligenza incredibile l'aver messo a contatto, sulle gradinate, i tifosi delle due parti. Una volta in Belgio, gli "hooligan" saranno condotti al Palazzo di Giustizia di Bruxelles dove verranno interrogati immediatamente dal giudice che ha seguito, fin dall'inizio, la complessa indagine. Il giudice avrà 24 ore di tempo per ascoltare i ventisei tifosi, quindi dovrà confermare il mandato di arresto e notificarlo, prima del trasferimento nel carcere di Lovanio. In un servizio, la radio belga francofona, ha rilevato le difficoltà del processo, mettendone perfino in dubbio la "praticabilità", sia per l'impotenza della documentazione da porre a disposizione della difesa, sia per l'incertezza su chi potrà assumere la difesa stessa dei ventisei. Il ministro belga della Giustizia, Jean Gol, ha promesso un "giudizio giusto e sollecito", senza perdita di tempo. L'avvocato Harry Livermore, che difende undici dei ventisei tifosi, ha dichiarato che "l'estradizione era inevitabile" anche se ha tentato, fino alla fine, di evitarla. L'estradizione, che in precedenza era stata annullata dall'Alta Corte per un errore di procedura, è stata definitivamente concessa sulla base di un trattato internazionale del 1902 che rendeva ammissibile per le accuse di omicidio volontario o preterintenzionale, violenze a mano armata e sequestro di persona. Fonte: La Repubblica © 3 settembre 1987  Icone: Pngegg.com ©

 
 

"Dovete processare i tifosi italiani arrestati all'Heysel"

LONDRA - "Anche gli italiani che hanno responsabilità nella strage dello stadio Heysel dovrebbero essere processati a Bruxelles, non è giusto che i tifosi del Liverpool debbano pagare per tutti". Lo hanno affermato ieri due deputati britannici, in alcune interviste alla tv, dopo che il ministero degli interni aveva concesso l'estradizione in Belgio dei 26 teppisti accusati della tragedia di Bruxelles. "Chiunque abbia assistito all'orrore di quella partita ha detto in una intervista alla Bbc il parlamentare laburista Robert Waring  avrà visto le bandiere fasciste italiane, grandi striscioni che affermavano che i tifosi del Liverpool erano delle bestie". Il deputato di Liverpool, ha chiaramente parlato di "provocazione". Un altro parlamentare, il liberale David Alton, in una intervista rilasciata ad un'altra televisione, ha detto di essere d'accordo con la decisione di concedere l'estradizione in Belgio. "Ma ritengo fondamentale - ha aggiunto - che se esistono prove contro i tifosi della Juventus, anche questi devono essere portati davanti al giudice. E' necessario presentare al più presto una istanza agli italiani in questo senso". I due parlamentari hanno entrambi chiesto al Governo inoltre di agevolare le famiglie degli estradati, aiutandole finanziariamente "sia per una difesa legale efficace, sia per i trasferimenti in Belgio per poter seguire il processo". L'avvocato Paul Rooney, intanto, che difende quattro dei tifosi del Liverpool estradati, ha messo in guardia sull'eventualità che la giustizia belga prenda i tifosi inglesi come "capro espiatorio". "E’ evidente - ha detto - che anche cittadini italiani e Belgi sono coinvolti come responsabili nella tragedia, ma sembra proprio che queste persone non verranno giudicate da alcun tribunale". L'avvocato dei quattro tifosi inglesi ha infine aggiunto che "malgrado le assicurazioni del ministro degli interni britannico Douglas Hurd, la Gran Bretagna non potrà avere nessun controllo per assicurarsi che quello di Bruxelles sia davvero un buon processo". Fonte: La Repubblica © 4 settembre 1987  GETTY IMAGES © (Not for commercial use) Icone: Pngegg.com ©

 
 

In rivolta le carceri del Belgio "non vogliamo i teppisti inglesi"

BRUXELLES - Stato di emergenza nelle carceri belghe. In due prigioni di Bruxelles, i detenuti si sono ribellati alla decisione delle autorità di concedere un "trattamento speciale" ai 26 teppisti inglesi estradati da Londra perché accusati della strage allo stadio Heysel, in cui persero la vita 39 persone tra cui moltissimi italiani che assistevano alla partita Juve-Liverpool. Il carcere di Saint Gilles è stato ieri pomeriggio nelle mani dei rivoltosi, che tengono in ostaggio sette od otto guardie carcerarie. A tarda sera la sommossa è stata domata. La sommossa era scoppiata al termine dell'ora d'aria, sulla scia delle oltre tre ore di violenti scontri che durante la notte tra lunedì e martedì si erano verificati a poche centinaia di metri di distanza, nel carcere di Forest. Al grido di hooligans, trois etoiles (ai teppisti trattamento a tre stelle), i detenuti si sono rifiutati di rientrare nelle loro celle, appiccando incendi a brande e suppellettili e mettendo in fuga gli agenti. Nella confusione, tredici reclusi sono riusciti ad evadere, anche se più tardi nove di loro sono stati riacciuffati dalla polizia, che circondava il carcere insieme alle forze speciali. A notte alta, mentre si susseguivano i consulti tra il governo e i responsabili dell'ordine pubblico, alte lingue di fuoco avvolgevano in più punti l'edificio, in particolare lungo le ali della prigione. In serata, mentre la polizia iniziava la riconquista del carcere, un portavoce dei detenuti si era messo in contatto per telefono con un giornalista del Tg di lingua francese: ha detto che ci sarebbero almeno otto feriti gravi, che i rivoltosi erano disposti a lasciarli uscire. Intorno alle 22 la Gendarmeria di Bruxelles ha comunicato di aver ripreso il controllo della situazione. Non si hanno ancora notizie chiare sull'intervento delle forze dell'ordine. Un primo bilancio della rivolta registra un centinaio di feriti soprattutto tra i detenuti e ingenti danni. I 26 hooligans, imputati di omicidio preterintenzionale, sono attesi per oggi a Bruxelles. Secondo l'accusa, scatenarono gli incidenti che insanguinarono la finalissima di Coppa dei campioni del 29 maggio '85 tra Liverpool e Juventus, con 39 morti, tra cui 32 italiani, e centinaia di feriti. Nei giorni scorsi, si era appreso che verranno sistemati in veri e propri miniappartamenti modernissimi, dotati di televisione e completi di sala giochi con calcetto, carte e scacchi. La notizia, ampiamente riportata dai giornali belgi sotto titoli di scatola (Un hotel a tre stelle per i teppisti di Heysel) ha provocato subito tensione in numerose carceri del paese, ma in particolare in quelle sovraffollate dalla capitale. A Forest, un malandato edificio che risale al secolo scorso, circa 200 dei 600 detenuti si sono ammutinati dando fuoco in molte celle ai letti: all'ingresso della polizia, sono iniziati violentissimi scontri, che per oltre tre ore hanno tenuto impegnate le forze dell'ordine e le guardie carcerarie. Alla fine, il bilancio è stato di venticinque feriti, tra cui numerosi agenti colpiti alla testa dagli oggetti scagliati contro di loro dai rivoltosi. Mentre scoppiava la rivolta a Saint Gilles, la protesta è iniziata anche nel vecchio carcere di Lovanio. Fonte: La Repubblica © 8 settembre 1987  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Trattamento di favore per i teppisti dell'Heysel, due carceri in rivolta

Detenuti belgi: hooligans a casa

di Fabio Galvano 

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE (BRUXELLES) - Hooligans a cinque stelle, noi trattati come cani. Divampa la protesta dei detenuti belgi, a poche ore dall'arrivo dei 26 estradati dall'Inghilterra per il processo dell'Heysel. Domenica sera nel carcere brussellese di Forest, ieri in quello di St. Gilles, i detenuti hanno inscenato una protesta che si è presto tradotta in rivolta. Dopo l'energico intervento della gendarmeria, lo scontro ha lasciato sul campo di Forest 25 feriti. A St. Gilles il bilancio potrebbe essere più preoccupante: a tarda sera la gendarmeria non era ancora riuscita a ristabilire l'ordine e si parlava di almeno 7 feriti gravi. Non si avevano conferme ufficiali, invece, alla notizia di sette e forse otto guardie carcerarie nelle mani dei rivoltosi. Durante gli scontri di St. Gilles sono anche evasi 13 detenuti, dei quali nove subito ripresi. Denunciando le loro condizioni, da "prigione degli Anni Trenta" al grido di "Hooligan ! Go home" i carcerati hanno contestato la decisione del ministro belga della Giustizia, Jean Gol, di riservare ai teppisti del Liverpool la modernissima e confortevole ala con tanto di tv in ogni cella, sala giochi, impianti igienici di prim'ordine, del carcere di Lovanio (anche qui, ieri sera, c'è stata una protesta; ma senza incidenti). Ieri il ministro è intervenuto per assicurare che gli hooligans - il loro arrivo potrebbe già avvenire stanotte, al massimo entro giovedì - non godranno di un trattamento particolare. Ma il danno era già stato fatto quando, giovedì scorso, egli aveva cercato di rassicurare l'opinione pubblica inglese elencando tutte le amenità del carcere. Le immagini televisive del supercarcere di Lovanio, destinate alla Bbc e al pubblico inglese, erano state raccolte dalla tv belga e viste dai detenuti di qui. L'effetto boomerang era assicurato. La dinamica dei due incidenti a Forest e St. Gilles è stata molto simile. Prima striscioni e grida, poi vetri rotti, quindi l'incendio di lenzuola e materassi, infine la demolizione di alcune strutture interne. A Forest ci sono volute cinque ore per domare i disordini, verificatisi contemporaneamente in due ali. I gendarmi sono intervenuti quando ci si è resi conto che la situazione peggiorava. E' stato il gruppo antiterrorismo Diane a entrare in azione: nel giro di un'ora la rivolta era domata. Dalle case circostanti si sono visti circa centoventi detenuti trascinati nel cortile, presi in consegna dalla polizia, ammanettati, legati e fatti allineare in ginocchio contro un muro, sotto la pioggia che aveva cominciato a cadere. Sei gli agenti feriti, una ventina i carcerati (uno grave, nell'assalto con i lacrimogeni ha avuto un infarto). A St. Gilles la battaglia è stata più violenta. Il Belgio si trova di fronte a un problema imprevisto, quello degli "hooligans a cinque stelle". Il ministro Jean Gol non può rimangiarsi la lunga lista delle promesse: le due passeggiate al giorno in gruppi di tredici, la disponibilità di libri e giornali della biblioteca ma anche di quelli mandati da casa, la televisione in cella (con allacciamento anche ai due canali della Bbc), una sala di ricreazione con pingpong e calcetto, visite quotidiane dei famigliari, libertà di posta e - sotto controllo - di telefono. Fonte: La Stampa © 8 settembre 1987 Icone: Pngegg.com ©

 
 

"Quei teppisti del Liverpool saranno subito estradati"

BRUXELLES - I ventisei tifosi del Liverpool accusati della strage nello stadio Heysel verranno estradati in Belgio nonostante i disordini scoppiati nei giorni scorsi in due carceri belghe. I detenuti dei penitenziari di Saint Gilles e di Forest, che erano stati protagonisti di una sommossa sedata soltanto dopo molte ore dalla polizia, avevano contestato la decisione delle autorità di concedere un trattamento speciale ai supporter della squadra inglese. I reclusi avevano protestato in particolare perché le celle riservate ai 26 inglesi sono molto più accoglienti delle altre. Ieri la rivolta si è estesa anche nel carcere di Lovanio dove i detenuti si sono rifiutati di svolgere i soliti compiti. "Sono atterrito" - ha dichiarato a Liverpool l'avvocato difensore Sir Harry Livermore. "Dio soltanto sa cosa potrebbe accadere ai nostri compatrioti in Belgio, se prima ancora del loro arrivo le carceri vengono messe a ferro e fuoco". In realtà le preoccupazioni del legale sono giustificate visto che gli hooligans, i teppisti, dovranno rimanere almeno quattro mesi nel carcere di Lovanio in attesa di essere processati per i tumulti avvenuti nel maggio 1985 prima della partita Juventus-Liverpool, in cui morirono 39 persone, 32 delle quali italiane. Nonostante dunque il malcontento e la tensione non si plachino, il ministro degli Interni inglese, Douglas Hurd, è apparso irriducibile e ha dichiarato che sarebbe assurdo tornare su una decisione che, presa dalla magistratura, è stata ratificata anche dal governo. Quindi saranno trasferiti in Belgio senza nessun rinvio. I tentativi in Gran Bretagna di bloccare l'estradizione sembrano dunque falliti. Neppure il ricorso annunciato dall'avvocato Livermore ha distolto il ministro dalla sua decisione. Livermore aveva annunciato una nuova azione legale per impedire l'estradizione se il ministro Hurd non fosse stato in grado di garantire che i teppisti saranno processati per la morte di un solo tifoso, l'Italiano Mario Ronchi.

Infatti l'estradizione era stata concessa per l'omicidio preterintenzionale di Ronchi dopo che i giudici inglesi avevano esaminato il filmato girato dalla polizia belga in cui si vedevano i tifosi del Liverpool lanciarsi all'assalto della tribuna dove sedeva l'italiano. E nemmeno la richiesta del deputato di Liverpool Eric Heffer di convocare tutti i parlamentari della regione per esaminare i gravissimi sviluppi sembra aver prodotto l'effetto di ritardare l'invio dei 26 a Lovanio. L'urgenza del trasferimento è giustificata anche dal fatto che se entro domenica non venisse effettuata l'estradizione il provvedimento cadrebbe in prescrizione. Anche in Belgio ci sono state reazioni ufficiali ai disordini di Forest e di Saint Gilles (il cui bilancio è di un centinaio di feriti) e più in generale sul provvedimento di accogliere gli imputati nel processo per la strage di Heysel. Il ministro della Giustizia belga Jean Gol ha risposto ai detenuti, che lamentavano condizioni di eccessivo affollamento dei penitenziari, e alla stampa belga, che ha dato ampio rilievo all'avvenimento. Gol ha affermato che a Saint Gilles sono soltanto 51 i reclusi che vivono in tre per cella e che comunque sono stati loro stessi a sceglierlo. Per quanto riguarda il supposto trattamento a tre stelle riservato agli imputati inglesi il Guardasigilli ha ribattuto dicendo che non si può parlare di una condizione di privilegio. Infatti secondo Gol si tratterebbe di una sistemazione in celle doppie e per di più con servizi igienici in comune. Certo queste giustificazioni non convincono né l'opinione pubblica né la popolazione carceraria. Ancora ieri su "Le Soir", il più diffuso quotidiano belga in lingua francese, compare una vignetta in cui si vede un signore al telefono, molto somigliante al ministro, che prende appunti ripetendo: "Con servizi privati e letto doppio, certamente signor Hooligan". Tutto ciò sembra non impensierire più di tanto l'energico ministro belga che ha disposto le misure per ricevere nei prossimi giorni i 26 indesiderati. Ma secondo voci ufficiose il trasferimento potrebbe avvenire prima, forse oggi stesso. Fonte: La Repubblica © 9 settembre 1987  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Le rivolte in prigione dovute al timore di favori ai 26 inglesi

Carcere molle ai teppisti dello Heysel. Infuriati i detenuti belgi

BRUXELLES - Sedate le brevi ma violente rivolte nelle carceri ora in Belgio infuriano le polemiche. Non tanto sull’intervento estremamente deciso dei corpi speciali che ha posto fine al tumulto l’altra sera nella prigione di Saint Gilles, ma piuttosto sui motivi che avevano scatenato la protesta dei detenuti. A provocarne la rabbia era stata la notizia di un presunto trattamento privilegiato che le carceri belghe intenderebbero riservare ai 26 teppisti britannici attesi a Bruxelles per il processo sulla strage del 29 maggio 1985 allo stadio Heysel. Quella sera si giocava la finale di Coppa dei Campioni tra le squadre di calcio del Liverpool e della Juventus. Prima della partita sugli spalti i tifosi inglesi assalirono i rivali negli scontri e soprattutto nella tremenda calca che ne seguì morirono 39 persone tra cui 32 italiani. Ieri sia i giornali belgi, sia quelli britannici tornavano sull’argomento riconfermando quanto già scelto in precedenza e cioè che per i 26 fanatici del Liverpool si prepara un’accoglienza di favore se comparata con le condizioni di vita dei detenuti belgi. "Alberghi a tre stelle" venivano definite da un quotidiano le celle riservate ai britannici. Un altro, "Le Soir", pubblicava una vignetta in cui il ministro della Giustizia Jean Gol nelle vesti di un direttore di hotel rispondeva alla telefonata di un cliente: "Certamente signor Hooligan con servizi privati e letto doppio" (hooligan è parola usata per definire i giovani teppisti inglesi). Il ministro Gol al centro della tempesta di critiche ha negato che ai 26 imputati in arrivo da Liverpool possa toccare un trattamento di favore ed ha smentito quanto lamentato dai detenuti di Saint Gilles cioè che in quel carcere esistano condizioni di sovraffollamento.

Disagio e inquietudine si erano manifestati in molte carceri belghe alla fine della settimana scorsa. La pronta esplosione di violenza si era avuta domenica sera a Forest. Una rivolta di breve durata, ma violenta. Alla fine i feriti negli scontri con la polizia intervenuta a riportare l’ordine erano venticinque. Ancora più duri gli scontri lunedì a Saint Gilles quando gendarmi e corpi speciali hanno fatto irruzione nel carcere che i detenuti ribelli stavano mettendo a soqquadro. Lanci di gas lacrimogeni hanno preceduto di pochi attimi l’assalto che si è poi sviluppato in una serie di accaniti corpo a corpo. Iniziata alle 17 la sommossa era già soffocata alle 22, ma a prezzo di un altissimo numero di feriti,  circa 130, molti dei quali con gravi sintomi di asfissia. Ingentissimi i danni anche perché i rivoltosi avevano appiccato il fuoco a molti locali. La durezza dell’intervento poliziesco ha fatto nascere il sospetto in alcuni ambienti che il bilancio dei feriti sia molto più grave di quello ufficiale. Ecco perché gli eurodeputati radicali hanno chiesto che si faccia luce su quanto realmente accaduto a Saint Gilles. Da Londra intanto il ministro degli Interni Douglas Hurd ha confermato che i 26 tifosi del Liverpool saranno estradati comunque, perché la decisione della magistratura è stata ormai ratificata dal governo. Chi tenta ancora di opporsi all’estradizione è il loro difensore avvocato Harry Livermore che ha preannunciato un’azione legale tesa a bloccare il provvedimento in extremis. "Sono atterrito, Dio solo sa cosa potrebbe accadere ai miei assistiti se prima ancora del loro arrivo le carceri vengono messe a ferro e fuoco" ha commentato il legale. Fonte: L’Unità © 9 settembre 1987  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Sono arrivati a Bruxelles

Finalmente davanti al giudice i teppisti dell’Heysel

BRUXELLES - Uno dei detenuti che lunedì hanno partecipato alla rivolta che ha sconvolto il carcere di Bruxelles "Saint Gilles" è morto ieri. Le cause del decesso sarebbero le emanazioni di gas e fumo dovute agli incendi appiccati durante la sommossa. Ma la polizia non ha divulgato il nome del morto indicando solo che era "di origine asiatica". Le rivolte nelle carceri scoppiarono per protestate contro il trattamento di favore riservato dalle autorità belghe ai 25 teppisti britannici che il 29 maggio 1985 si abbandonarono a sanguinose violenze nello stadio Heysel, provocando la morte di 39 spettatori che dovevano assistere alla finale di Coppa dei Campioni fra Juventus e Liverpool. Mentre i detenuti protagonisti delle proteste dei giorni scorsi sono in celle sovraffollate e poco igieniche l’ala della prigione di Lovanio allestita per ospitare i teppisti britannici isolati degli altri detenuti, è spaziosa, dotata di servizi moderni e di un’area di svago, una "prigione di lusso", come dicono i giornali belgi. Comunque gli "Hooligans" sono finalmente giunti ieri davanti al loro giudice a Bruxelles. Erano attesi in 26, ma sono arrivati in 25, uno di loro è stato trattenuto in Gran Bretagna per rispondere di altri reati compiuti nel suo paese prima delle violenze allo stadio Heysel. Gli interrogatori sono subito iniziati condotti dal giudice Istruttore signora Marina Coppieters Wallant. I teppisti rischiano condanne non superiori ai dieci anni. Il reato maggiore di cui sono accusati è infatti quello di lesioni gravi, inferte senza intenzione di uccidere. Il processo durerà molto a lungo, almeno secondo le previsioni. I testimoni che compariranno davanti alla corte sono infatti numerosi. Saranno sottoposti a giudizio anche due ufficiali della gendarmeria che comandavano le forze di sicurezza nello stadio, e il responsabile dell’organizzazione della partita, il segretario della federazione di calcio belga, Albert Roosens. Intanto ieri i familiari dei detenuti del carcere di Saint Gilles hanno protestato contro la sospensione delle visite. Fonte: L’Unità © 10 settembre 1987  Icone: Pngegg.com ©

 
 

A Bruxelles i teppisti inglesi accusati della strage di Heysel

BRUXELLES - Ben arrivati in Belgio, animali rossi. Così la stampa belga ha accolto i 25 teppisti inglesi estradati ieri dopo i disordini e le polemiche dei giorni scorsi. Sono i presunti responsabili della strage avvenuta nello stadio Heysel nel maggio '85, quando morirono 39 persone, 32 delle quali italiane. Sono giunti ieri alle 15 all'aeroporto militare di Melsbroek a bordo di un Hercules dell'esercito. Subito dopo i 25 imputati, e non 26 (uno è stato trattenuto per reati commessi precedentemente in Inghilterra) sono stati trasferiti al palazzo di giustizia di Bruxelles. L'edificio della fine del secolo scorso è stato trasformato per l'occasione in una fortezza ed è sorvegliato da un imponente spiegamento di gendarmi e poliziotti. Il giudice istruttore, la signora Marina Coppieters't Wallanter ad aspettarli per gli interrogatori preliminari. Entro oggi pomeriggio, cioè entro 24 ore dall'arrivo degli accusati, il giudice dovrà notificare i mandati d' arresto che consentiranno il trasferimento dei tifosi nel carcere di Lovanio, a circa mezz'ora dalla capitale. Qui è stata preparata un'ala apposita dove gli imputati attenderanno il processo, che si annuncia lunghissimo. I venticinque sostenitori del Liverpool rischiano condanne non superiori ai dieci anni. Il reato per il quale rischiano la pena più severa è quello di lesioni gravi inferte senza intenzione di uccidere. L'estradizione è avvenuta senza incidenti nonostante il clima di tensione che aveva caratterizzato la vigilia e che tuttora pervade il Belgio. Nei giorni scorsi i detenuti dei carceri belgi di Saint Gilles e di Forest avevano organizzato violente sommosse contro il presunto trattamento di favore che il governo belga si accingerebbe a concedere ai teppisti inglesi. In seguito ai disordini scoppiati nei penitenziari, che poi si sono estesi anche a quello di Lovanio, ci sono stati 100 feriti uno dei quali è morto ieri. La polizia non ha fornito il nome della vittima. Si sa soltanto che è di origine asiatica e che è morto asfissiato dal fumo e dal gas sprigionatisi dagli incendi appiccati dagli stessi rivoltosi. E' stata disposta comunque un'autopsia per accertare le cause della morte del detenuto e anche per fugare i sospetti nati dalle voci di azioni violente della polizia durante gli scontri nel carcere.

Contro la concessione di un trattamento di favore ai tifosi inglesi si era schierata anche la stampa belga. Ieri il quotidiano "La dernière heure" ha scritto: "I teppisti saranno giudicati in modo esemplare e democratico, anche se non sarà facile mantenere la serenità nel corso delle udienze con l'ombra delle 39 vittime sulla coscienza di ognuno". Questa è dunque l'atmosfera creatasi intorno al trasferimento dei probabili responsabili della strage che precedette l'incontro di calcio Juventus-Liverpool. La stampa non è stata ammessa all'aeroporto per assistere all'arrivo degli indesiderati cittadini britannici. Le fonti ufficiali hanno taciuto su tutta l'operazione iniziata ieri mattina in Inghilterra. I 25 che si trovavano nel carcere londinese di Wormwood Scrubs sono stati trasferiti a bordo di alcuni cellulari alla base aerea di Brize Norton nell'Oxfordshire e da lì sono stati presi in consegna dalla polizia belga. A bordo dell'Hercules hanno poi raggiunto Bruxelles. Che a nulla sarebbero valsi i tentativi dei legali per impedire il trasferimento lo si era capito dal tono del ministro degli Interni inglese che martedì aveva confermato la decisione nonostante le rivolte dei detenuti belgi. Ieri infine è naufragato l'ultimo tentativo per rimandare la partenza. L'avvocato Harry Livermore infatti ha ritirato il ricorso contro l'estradizione. Ho rinunciato ad ogni ulteriore azione legale, ha dichiarato Livermore prima che i suoi clienti partissero per il Belgio, e credo che i miei assistiti saranno trasferiti tra breve. L'avvocato aveva presentato a mezzanotte un ricorso all'Alta corte britannica chiedendo un rinvio in seguito agli incidenti nelle carceri belghe. Il magistrato però non aveva voluto prendere una decisione immediata e ha ritardato l'esame del caso, inducendo il difensore a recedere dal suo proposito. Sul trattamento che verrà riservato agli imputati ieri è intervenuto l'ambasciatore belga Jean Paulvan Bellinghen. In un'intervista alla Bbc il diplomatico britannico ha assicurato che i 26 saranno trattati benissimo e giudicati con giustizia. Gli è stato domandato perché saranno processati soltanto i tifosi del Liverpool e non quelli della Juventus. Risposta: Perché gli italiani non parteciparono alla prima fase dei disordini. Vi furono tumulti e dimostrazioni da parte italiana soltanto dopo che tutta quella povera gente era morta. Fonte: La Repubblica © 10 settembre 1987  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Estradati dall'Inghilterra con 2 aerei militari, oggi l'incriminazione

Belgio, gli hooligans in carcere

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE (BRUXELLES) - Venticinque tifosi del Liverpool, accusati della tragedia dell'Heysel che oltre due anni fa costò la vita a 39 persone, sono stati estradati ieri dall'Inghilterra e presi in consegna dalle autorità giudiziarie belghe. Nel pomeriggio, al Palazzo di Giustizia di Bruxelles, il giudice istruttore Marina Coppieters't Wallant ha già avviato gli interrogatori formali ed entro 24 ore - cioè entro oggi pomeriggio - dovrà rimetterli in libertà o, come sembra fuori dubbio, emettere l'accusa formale. Solo allora gli hooligans potranno essere trasferiti nel carcere di Lovanio, dove li attendono le modernissime celle che nei giorni scorsi hanno provocato risentite proteste dei carcerati belgi e violente rivolte nelle prigioni brussellesi di Forest e St. Gilles. Proprio ieri, mentre i 25 venivano trasferiti con eccezionali misure di sicurezza dall'aeroporto militare di Melsbroek al Palazzo di Giustizia, si è appreso che uno dei detenuti di St. Gilles - un uomo "di origine asiatica" e già sofferente d'asma, hanno precisato le autorità - era deceduto in mattinata. Sarebbe stato vittima di complicazioni polmonari dovute al fumo degli incendi appiccati martedì sera a numerose parti del carcere. Il ministro della Giustizia Jean Gol, tuttavia, ha ordinato l'autopsia. La prima vittima della rivolta carceraria, che ha fatto anche 25 feriti a Forest e 70 a St.Gilles, ha alimentato altre proteste, soprattutto da parte dei familiari dei detenuti. Ma anche la minaccia di altri disordini è stata ieri relegata in secondo piano dall'arrivo dei 25 (non 26: uno degli accusati, infatti, è stato trattenuto in Inghilterra perché deve rispondere di altri gravi reati davanti alla giustizia britannica).

Per evitare gli squadroni di fotografi e teleoperatori in attesa all'aeroporto militare, il corteo - tre furgoni cellulari e decine di auto - ha percorso una strada interna, emergendo dai cancelli dell'aeroporto civile di Zaventem prima di dirigersi, indisturbato, verso il centro di Bruxelles. Gli hooligans, i cui avvocati si erano battuti fino all'ultimo per evitare l'estradizione, e il cui arrivo in Belgio è stato di fatto ritardato di qualche ora (era previsto in origine per martedì notte) in seguito alla grave situazione creatasi in alcune carceri, sono stati visti soltanto al loro arrivo al Palazzo di Giustizia, verso le 16.15. Ad uno ad uno sono apparsi davanti al giudice istruttore, che completerà stamane gli interrogatori. Poi hanno affrontato la loro prima notte belga, nelle celle della polizia giudiziaria, sicuramente non confortevoli come quelle di Lovanio - tv in cella, servizi moderni, clima asettico da ospedale - che durante le rivolte nei carceri brussellesi avevano fatto coniare ai detenuti uno slogan di sicuro effetto: "Hooligans a cinque stelle".  Accusati di quello che nella lunga e complessa dicitura belga è l'equivalente dell'omicidio preterintenzionale - una derubricazione che ha facilitato l'estradizione e che consente il processo davanti a tre magistrati anziché una giuria popolare - i 25 hooligans rischiano condanne che variano fra un minimo di 8 giorni e un massimo di 10 anni a processo, secondo le previsioni espresse nei giorni scorsi dal ministro Gol, dovrebbe svolgersi entro fine anno. T. GAL. Fonte: La Stampa © 10 settembre 1987  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Sparano già su Matarrese

"Heysel" forse l'Uefa a giudizio

Incarichi politici e sportivi sarebbero incompatibili. Interrogazione di 3 deputati sulla presidenza Federcalcio.

LONDRA - Harry Livermore, l'avvocato difensore dei 25 tifosi del Liverpool ritenuti responsabili del massacro di 39 persone avvenuto due anni fa allo stadio Heysel, ha rivelato oggi che potrebbero essere incriminati anche il Borgomastro di Bruxelles, Herve Brouhon, il capo della gendarmeria belga, Robert Bernaert e due funzionari dell'Uefa che avevano ispezionato lo stadio prima dei sanguinosi disordini. Secondo i legali belgi che difendono gli "hooligans", i quattro potrebbero diventare coimputati in quanto colpevoli di negligenza. L'impianto sportivo non era infatti in condizioni adeguate per ospitare un evento come la finale di Coppa del Campioni e la polizia dimostrò di non essere all'altezza. Fonte: Stampa Sera © 11 settembre 1987  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Il Belgio non scorda Heysel "per i teppisti niente privilegi"

BRUXELLES - I teppisti inglesi accusati della strage avvenuta 27 mesi fa nello stadio di Heysel sono stati trasferiti, come previsto, nel carcere belga di Lovanio, a 20 chilometri dalla capitale. I tifosi del Liverpool compariranno lunedì o martedì della prossima settimana di fronte alla Camera di consiglio del tribunale di Bruxelles che dovrà confermare il mandato d'arresto. Poi dovranno attendere il processo che dovrebbe svolgersi entro la fine dell'anno o all'inizio del prossimo. Sul banco degli imputatati saliranno a fianco degli inglesi anche tre belgi. Si tratta dell'ex segretario della federazione gioco calcio belga e di due ufficiali della gendarmeria addetti al servizio d' ordine la sera del 29 maggio. Intanto, ieri notte sono continuati gli incidenti nelle carceri belghe. Dopo le sommosse di Saint Gilles, di Forest e poi di Lovanio, che hanno provocato la morte di un cambogiano e circa cento feriti, stavolta è toccato alla prigione di Merxplas, nei pressi di Anversa. A quanto pare durante i disordini sarebbero evase una trentina di persone, la metà delle quali sono già state riprese. Il motivo della protesta è sempre lo stesso: il presunto trattamento di favore che il governo belga avrebbe intenzione di concedere agli imputati. Il carcere a cinque stelle, come sintetizzava uno slogan coniato dai carcerati durante le rivolte, era stato in qualche modo promesso dalle autorità belghe per tranquillizzare gli avvocati difensori degli inglesi. Ma nonostante i numerosi tentativi da parte degli avvocati per impedire o almeno ritardare la partenza dei 26 supporter del Liverpool, gli hooligans sono stati ugualmente estradati in Belgio. Mercoledì sono giunti nella capitale belga coperti dal massimo riserbo. Dopo gli interrogatori preliminari il giudice istruttore, signora Marina Coppieters' t Wallant, ha notificato loro il mandato d'arresto per il reato che nella procedura italiana corrisponde all'omicidio preterintenzionale. L'accusa si riferisce agli incidenti avvenuti a maggio del 1985 nello stadio di Heysel prima dell'incontro di calcio valido per la finale della Coppa dei campioni tra Liverpool e Juventus. Sugli spalti ci furono degli scontri violentissimi tra opposte tifoserie che costarono la vita a 39 persone, 32 delle quali italiane. Grazie alla registrazione di quei drammatici momenti, vissuti da milioni di telespettatori in diretta, la polizia ha potuto individuare gran parte dei teppisti inglesi responsabili della strage.

Di una vera e propria strage infatti si trattò. Gli incidenti scoppiarono poco prima che scendessero in campo i giocatori. Dal settore dei tifosi del Liverpool partirono prima insulti, poi sassi e in pochi minuti si passò ad un vero e proprio assalto agli italiani, che nel tentativo di fuggire, abbatterono il muretto opposto della curva zeta. Oltre alla recinzione caddero nel vuoto decine di persone. Nonostante i gravi incidenti la partita si disputò ugualmente. I protagonisti di quella notte di violenza hanno però potuto beneficiare della derubricazione del reato di strage per il quale avrebbero rischiato l'ergastolo. Il capo d'imputazione è stato tramutato in omicidio preterintenzionale, consentendo di sveltire le operazioni d'estradizione. Inoltre l'accusa per un reato meno grave consentirà di celebrare il primo grande processo internazionale contro i teppisti degli stadi, davanti a tre magistrati che dovranno esaminare un dossier di 47 mila pagine. Gli imputati altrimenti sarebbero dovuti comparire di fronte ad una giuria popolare che sarebbe più facilmente influenzabile dal movimento d' opinione diffusosi in Belgio negli ultimi giorni. Ad accentuare il clima di tensione avevano contribuito sia gli incidenti scoppiati nelle carceri sia la stampa belga, insorta, per ragioni diverse, contro i 25 hooligans (il ventiseiesimo è stato trattenuto in Inghilterra per reati commessi in patria precedentemente al maggio 85, ma sarà estradato al più presto). I giornali locali mercoledì titolavano: ben arrivati, animali rossi, riferendosi al colore della maglia del Liverpool. I mass media del Belgio hanno quasi unanimemente chiesto una condanna esemplare che faccia giustizia. Con l'invio degli inglesi nella prigione di Lovanio non si sono placate le polemiche sulle condizioni privilegiate riservate loro. Infatti la sezione in cui sono ospitati gli hooligans è la più confortevole dell'antica prigione costruita nel 1860. Hanno a disposizione 14 celle, ciascuna composta di due ambienti ben illuminati, le docce, una sala comune con la televisione e inoltre potranno ricevere le visite dei familiari per due ore al giorno. Inoltre la sezione del partito radicale belga ha chiesto le dimissioni del ministro della Giustizia Jean Gol. Fonte: La Repubblica © 11 settembre 1987  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Tempi lunghi per il processo

Lunedì in Belgio si decide per la libertà

provvisoria agli hooligans dell’Heysel

BRUXELLES - Lunedì prossimo la Camera di consiglio di Bruxelles deciderà se prolungare o meno la carcerazione preventiva dei 22 Hooligans inglesi accusati della strage dello stadio Heysel dove la sera del 29 maggio 1985, prima della finale di Coppa Campioni, morirono 39 persone. I teppisti inglesi sui quali grava il pesante capo di accusa di aver provocato i tragici incidenti sono stati estradati nel settembre scorso dalla Gran Bretagna e da allora detenuti nel carcere di Lovanio. Fino a pochi giorni fa erano 25 gli hooligans in attesa di giudizio poi i giudici ne hanno messi in libertà provvisoria tre lunedì, in attesa del processo, che difficilmente verrà celebrato entro la fine dell'anno. La Camera di consiglio di Bruxelles deciderà la momentanea sorte degli altri. Una decisione che verrà presa proprio quando vengono alla luce gli inquietanti legami internazionali dei teppisti degli stadi. Esisterebbe una vera multinazionale del teppismo sportivo che godrebbe di appoggi e sostegni logistici forniti da movimenti europei di estrema destra. Una triste e sconcertante verità è contenuta nel dossier elaborato da un’equipe di studiosi dell'università cattolica di Lovanio (Kul) alla quale, proprio all’indomani della strage dell’Heysel venne commissionata dal ministero degli Interni belga la ricerca. Il materiale raccolto dagli studiosi dell’Università cattolica di Lovanio parla di organizzatissime "squadre del disordine" che "accompagnerebbero" anche squadre che non sono le loro. Esistono, ad esempio, prove che incidenti fra due squadre belghe sarebbero stati provocati da "tifosi" olandesi. Fonte: L’Unità © 7 novembre 1987 Icone: Pngegg.com ©

 
ARTICOLI STAMPA PROCESSO HEYSEL 1988
 
 

"E dopo il danno, le beffe"

Strage Bruxelles ventinove rinvii a giudizio

BRUXELLES - Ventinove rinvii a giudizio per la strage dello stadio Heysel del 29 maggio 1985: prima della partita Juventus-Liverpool morirono negli incidenti trentanove persone, tra cui 32 italiani. La sentenza è stata emessa ieri dal tribunale di Bruxelles che ha accolto così le richieste del pubblico ministero. Ventisei dei ventinove rinviati a giudizio sono tifosi inglesi. Si tratta delle venticinque persone di cui era stata ottenuta l'estradizione dalla Gran Bretagna, più un altro tifoso di cui non era stata richiesta l'estradizione. Per tutti l'accusa principale è quella di "ferite volontarie e premeditate" e di "omicidio preterintenzionale". Gli altri tre rinviati a giudizio sono cittadini belgi. Si tratta di due gendarmi e dell'ex segretario della Federcalcio belga Albert Roosens. A loro viene imputata, in sostanza, l'estrema inefficacia delle misure di sicurezza e dei primi interventi in soccorso dei feriti. Per la prossima settimana è previsto l'inizio del dibattimento processuale. Fonte: La Repubblica © 9 gennaio 1988  GETTY IMAGES © (Not for commercial use) Icone: Pngegg.com ©

 
 

Strage dello stadio Heysel Processo il 18 aprile

BRUXELLES - Il processo contro i ventisei tifosi del Liverpool accusati della strage dello stadio Heysel avrà inizio il 18 aprile; lo ha reso noto oggi un funzionario del ministero della Giustizia belga. Fonte: Stampa Sera © 2 marzo 1988  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Vittime dell'Heysel Appello dei familiari

AREZZO - Nella imminenza del processo per gli incidenti avvenuti nello stadio Heysel di Bruxelles, in occasione di Juventus-Liverpool, la cui prima udienza è fissata per il 18 aprile prossimo nella capitale belga, l'Associazione delle famiglie delle vittime, riunitasi ieri ad Arezzo, ha inviato una lettera alla presidenza del Consiglio dei ministri, alla Juventus ed alla Federazione italiana gioco calcio, nella quale chiede di essere concretamente aiutata, nel suo intervento processuale di parte civile. Gli associati hanno ascoltato la relazione dei legali italiani Paolo Ammirati e Domenico Mammoli, che insieme all'avvocato Brusio Pirrongelli, di Roma, e Daniel Vedovatto, di Bruxelles, assistono le famiglie dei morti e dei feriti, costituitesi parte civile. I presenti - si afferma in un comunicato - hanno concordemente rilevato come di fronte al massiccio schieramento difensivo dei 26 imputati inglesi, che si fanno assistere da 40 avvocati, dei quattro imputati belgi che si fanno difendere da altri 12 avvocati, le famiglie italiane siano state lasciate sole ad affrontare una dura battaglia processuale dove saranno in discussione oltre la dignità nazionale, la responsabilità dei singoli e dei gruppi. Fonte: Stampa Sera © 21 marzo 1988  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Subito rinviato al 17 ottobre il processo per lo stadio Heysel

BRUXELLES - E' stato rinviato al 17 ottobre il processo per la strage dello stadio di Heysel, dove, il 29 maggio 1985, 39 tifosi - 32 dei quali italiani - morirono durante gli incidenti che precedettero la finale della Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool. Il processo, apertosi oggi nell'aula principale del palazzo di giustizia di Bruxelles, è stato subito aggiornato, come era previsto, perché gli avvocati difensori hanno chiesto tempo per studiare il dossier che è di ben 50 mila pagine. Imputati sono 27 tifosi teppisti britannici del Liverpool, i cosiddetti "hooligans", per omicidio preterintenzionale, e due ufficiali di gendarmeria e un ex-funzionario dell'Unione calcistica belga, per concorso nello stesso reato. Tutti gli imputati sono a piede libero. Fonte: Stampa Sera © 18 aprile 1988  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Strage Heysel Oggi prima udienza e poi rinvio

BRUXELLES - A quasi tre anni dai drammatici incidenti in cui allo stadio di Heysel persero la vita 39 persone, 32 delle quali italiane, si aprirà stamane a Bruxelles il processo ai 27 "hooligans", tifosi teppisti del Liverpool, la squadra inglese che quel giorno, 29 maggio '85, doveva incontrare la Juve per la finale della Coppa dei campioni. Ma l'udienza durerà pochi minuti, il tempo per la difesa di chiedere un rinvio di alcuni mesi. L'accusa non si opporrà. Fonte: Stampa Sera © 18 aprile 1988  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Oggi a Bruxelles comincia il processo per i gravi disordini avvenuti tre anni fa allo stadio in cui morirono6 39 persone. I tifosi del Liverpool e tre dirigenti belgi accusati degli scontri in cui morirono 39 persone.

In tribunale la strage di Heysel Ma sarà fatta giustizia ?

di Paolo Soldini

La tragedia di Heysel approda in tribunale. Ma è dubbio che giustizia sarà fatta ! Quasi certamente il processo che inizia oggi a Bruxelles contro 26 tifosi del Liverpool, tre dirigenti belgi, accusati per i gravissimi incidenti che il 29 maggio 1985 costarono la vita a 39 persone, sarà aggiornato alla prima udienza. E nessuno sa quando potrà riprendere.

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE (BRUXELLES) - Tre anni non sono bastati. L’inchiesta che approda oggi nell'aula del tribunale di Bruxelles è incompleta, monca, avvelenata dalle polemiche. Dei 29 accusati per la follia di quella tremenda serata allo stadio di Heysel pochi, probabilmente, siederanno al banco degli imputati. Forse i tre belgi, il segretario generale dell'Unione calcistica Albert Roosens e i due dirigenti della gendarmeria che quella sera avevano la responsabilità del servizio d'ordine, il maggiore Kensier e il capitano Mahieu. Forse qualcuno dei 26 teppisti britannici che erano stati individuati nei filmati della tv, estradati in Belgio e poi scarcerati dietro cauzione. Centoventimila franchi belgi, meno di quattro milioni di lire: tanto è stato valutato il prezzo della loro libertà e secondo gli avvocati difensori questo basterà a convincerli a non sottrarsi al giudizio... D'altronde nessuno degli imputati ha troppo da temere, almeno per ora. L'istruttoria su cui si basa il processo è tanto debole che dopo l’udienza di oggi si dovrà, probabilmente, incominciare tutto daccapo. Di fronte alla tremenda vividezza delle immagini di quel 29 maggio, l'immagine della giustizia è grigia, sfocata, elusiva. Ed è stata così fin dall'inizio: c’era un ministro degli Interni che non si volle dimettere e con il suo cinismo e la sua arroganza diede l’esempio. Jean-Ferdinand Nothomb se ne sarebbe andato dal governo qualche mese dopo, per una storiaccia tutta "belga" di rivalità linguistiche, ma di fronte ai 39 morti di Heysel non ebbe neppure la sensibilità, minima, di cercare, almeno, qualche giustificazione.

Ma se l'esempio veniva dall’alto perché stupirsi, poi, se l'inchiesta si sarebbe impantanata sulle reticenze, i silenzi, i più penosi scaricabarile ? E con che coraggio la magistratura belga avrebbe potuto reclamare una più attiva collaborazione delle autorità britanniche, per individuare e punire i teppisti assassini ? Così, se per i belgi sul banco degli imputati siedono oggi solo Roosens e i due dirigenti della gendarmeria, per gli inglesi sarà ben difficile trovare le prove dalle loro responsabilità individuali e, per quelli che saranno condannati, se il processo arriverà mai a termine, sarà altrettanto difficile ottenere che scontino davvero la pena. Questo esito triste della storia cominciata quella maledetta sera allo stadio era, d'altronde già scritto, in qualche modo, dalle prime battute. 30 maggio 85. Il giudice istruttore Marina Coppieters’t Wallant, incaricato dell’inchiesta, incarica decine di investigatori di studiarsi, a Bruxelles, Londra e Liverpool, le riprese televisive e le foto per identificare il maggior numero possibile di teppisti e la natura dei loro atti di violenza. Ma le difficoltà maggiori sono sul fronte belga. Chi è responsabile delle incredibili falle del servizio d'ordine e dei ritardi nell’intervento delle forze di polizia ? Comincia, su questi punti, uno scandaloso palleggio delle responsabilità. 4-5 giugno. Il presidente della Camera Jean Defraigne accusa le forze dell’ordine e il ministro Nothomb. Al termine di una seduta tumultuosa viene votata la costituzione di una commissione d’inchiesta. 6 luglio, la commissione rende il suo rapporto. Contiene critiche severe all'Unione calcistica belga, alla Uefa e alla gendarmeria. Cinque membri su nove mettono sotto accusa Nothomb, ma questi rifiuta di dimettersi.

13 luglio. Mentre alla Camera il dibattito è accesissimo, il ministro della Giustizia e vicepremier Jean Gol annuncia le proprie dimissioni per protestare contro "il rifiuto ingiustificato da parte del ministro degli Interni di assumersi le proprie responsabilità". Sembra un gesto nobile, ma probabilmente è solo un pretesto per regolare ben altri conti tra il partito liberale, di cui Gol è uno del massimi esponenti, e i social-cristiani di Nothomb. La crisi di governo, aperta dal gesto di Gol, sarà ricomposta in estate con la decisione di andare alle elezioni anticipate. 2 luglio 86. Per 26 teppisti, riconosciuti nelle riprese televisive, il governo belga chiede a Londra l'estradizione. La procedura sarà lunga e difficile: gli inglesi chiedono "garanzie" e solo il 9 settembre dell'anno successivo 25 dei 26 sospetti arriveranno in Belgio. 29 gennaio 87. Roosens, Kensier e Mahieu sono incolpati di omicidio involontario. 4 settembre. Per rassicurare l'opinione pubblica britannica, il ministro della Giustizia mostra ai giornalisti le celle della prigione di Lovanio dove saranno incarcerati i teppisti; sono dotate di ogni comfort. 6 settembre. Anche i detenuti leggono i giornali. Nelle prigioni di Saint-Gilles e Forest, a Bruxelles, scoppia una rivolta contro il trattamento di favore riservato ai britannici. 23 ottobre. La Camera di consiglio del tribunale di Bruxelles decide la scarcerazione dietro cauzione di sei imputati. Il 26 febbraio di quest'anno tocca anche agli altri venti. La cauzione è fissata a 120 mila franchi e per tutti c'è l'obbligo di presentarsi al processo. Quanti ce ne saranno, in aula, stamane ?  Fonte: L’Unità © 18 aprile 1988  Icone: Pngegg.com ©

 
 

La tragedia allo stadio Heysel

Un tifoso torinese di nuovo fermato

E' Salussoglia, condannato a 2 anni in Belgio

Umberto Salussoglia, il tifoso della Juventus condannato dal tribunale di Bruxelles a due anni di reclusione nel processo per le violenze nello stadio Heysel la tragica sera del 25 maggio '85, rischia di scontare la pena nelle carceri del Belgio. La polizia tedesca di Kiefesfelden, posto di frontiera con l'Austria, ha identificato ieri il giovane, ricercato nei Paesi della Cee con un ordine di arresto provvisorio emesso dalle autorità di Bruxelles un anno fa, quando la sentenza divenne definitiva. Umberto Salussoglia stava lasciando la Germania, dopo aver trascorso alcuni giorni di vacanza a Monaco di Baviera per l'Oktoberfest. La magistratura belga, non appena appresa la notizia del fermo, ha chiesto l'estradizione del giovane alle autorità tedesche: se sarà concessa, Salussoglia, che è difeso dall'avv. Carlo Altara, passerà due anni in una prigione belga. Ma la possibilità di estradizione dipende dalle convenzioni esistenti tra Belgio e Germania. I 24 mesi di reclusione gli furono inflitti, senza sospensione condizionale della pena, il 19 novembre '86, alla fine del processo in cui era accusato di aggressione ad un poliziotto, comportamento violento e danneggiamenti. Accuse ritenute fondate dai giudici. Salussoglia venne condannato in contumacia: rimase a casa, mandò un certificato medico: "Ho l'epatite". Estraneo agli scontri (Ndr: falso storico leggi Nota Associazione) che provocarono il massacro (38 morti) dei tifosi (Ndr: 39) italiani accorsi all'Heysel per la finale di Coppa campioni tra Juventus e Liverpool, Umberto Salussoglia fu ripreso dalla televisione mentre con una scacciacani sparava verso la curva occupata dai fans inglesi: l'immagine del teppista con la pistola in pugno fu trasmessa in tutto il mondo; divenne emblema della violenza negli stadi. Fonte: La Stampa © 27 settembre 1988  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Per i 38 morti dell'Heysel 27 "hooligans" alla sbarra

La tragedia di Juventus-Liverpool il 29 maggio 1985. Imputati anche 2 gendarmi e l'ex segretario della Federazione Calcio belga. Trentadue le vittime italiane.

BRUXELLES - Giustizia, tre anni dopo, per i 38 morti e i circa 300 feriti di Juventus - Liverpool, la finale di Coppa dei Campioni trasformatasi in strage la sera del 29 maggio 1985. Lunedì mattina, alle 8 e 45, i giudici della corte d'appello di Bruxelles cominceranno il lungo processo contro 30 imputati. Sono 27 "hooligans", i teppisti da stadio inglesi che con il loro assalto provocarono il crollo del muro del settore "Z" dello stadio Heysel: cadendo nel vuoto, perirono 38 persone di cui 32 italiani, 4 Belgi, un francese e un irlandese. Un cittadino inglese, invece, morì accoltellato fuori dello stadio. Estradati dall'Inghilterra due anni fa, gli "hooligans" sono poi stati rilasciati in libertà vigilata e rimpatriati a Liverpool (è difficile che lunedì siano presenti per l'apertura del dibattimento). Nella Sala delle udienze solenni del Palazzo di Giustizia di Bruxelles, invece, dovrebbero esserci i tre imputati belgi: due poliziotti che erano di servizio allo stadio e l'ex segretario della Federazione Calcio belga, Albert Roosens. I legali di parte civile, però, costituitisi per i familiari delle vittime, hanno chiesto la convocazione (per i danni civili) di altre quattro persone: il sindaco della capitale belga, Brouhon, l'ex assessore allo Sport, il presidente dell'Uefa, Jorge, e il segretario della stessa organizzazione, Wangester. Per i teppisti di Liverpool le accuse sono di ferite volontarie e premeditate ed omicidio plurimo preterintenzionale. Roosens e i due gendarmi devono rispondere di omicidio e ferite preterintenzionali. In sostanza non avrebbero garantito la sicurezza nello stadio. Un tifoso torinese, Umberto Salussoglia, è già stato condannato a 2 anni di carcere per violenza. Fonte: Stampa Sera © 15 ottobre 1988 Icone: Pngegg.com ©

 
 

Inizia domani a Bruxelles il dibattimento per la strage allo stadio del 29 maggio ’85. Sul banco degli9 imputati 26 hooligans, dirigenti belgi e Uefa. Storia di compromessi e dimenticanze.

Heysel, un processo farsa

di Paolo Soldini

Trentatré imputati alla sbarra per un processo che si annuncia lungo e difficile. La strage dello stadio di Heysel, 39 morti, approda nell'aula di un tribunale. Si avvicina il momento della giustizia ? E’ una domanda cui non è facile rispondere: troppe esitazioni, troppe manovre e troppe fughe dalle responsabilità hanno riempito la storia dei tre anni e mezzo che dividono da quel 29 maggio 1985...

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE (BRUXELLES) - Tornano le immagini di quella serata di incubo, come in un corto circuito della memoria. Come se non fossero passati i mesi e gli anni. Invece il tempo è passato. Il processo per la strage di Heysel si apre, domani, tre anni e meno dopo l'orrore di quella serata del 29 maggio 1985 allo stadio; I 1236 giorni che sembrano un nulla di fronte alla scena della tribuna disseminata di cadaveri, cristallizzata in tutta la sua irreparabilità, e che invece sono tanti, troppi, e riempiti di niente. Ci sono stati polemiche, buoni propositi, un’inchiesta amministrativa e una giudiziaria. Parole, tante. Ma le conseguenze ? Il teppismo negli stadi è continuato, e "di calcio" si continua a morire; la "severa punizione" per i tifosi dei club britannici, l'interdizione delle trasferte all’estero, è presto diventata l'oggetto di un mercato politico-sportivo. La ricerca delle colpe specifiche, per la follia di quella finale di coppa tra la Juventus e il Liverpool trasformata in spettacolo di orrore e morte, ha rischiato di affondare nelle sabbie mobili delle irresponsabilità amministrative, per cui nessuno è responsabile di nulla: la gendarmeria sul posto perché aveva ricevuto l'ordine di comportarsi così e basta, i dirigenti della gendarmeria perché non erano sul posto, il borgomastro di Bruxelles perché l'ordine pubblico negli stadi non compete a lui, l'Unione calcistica belga perché prende le direttive dall'Unione europea, l'Uefa perché i suoi dirigenti non potevano certo sapere delle magagne nel sistema di sicurezza di Heysel... Perfino il ministro degli Interni dell'epoca Ferdinand Nothomb, che pochi mesi dopo se ne sarebbe andato dal governo sbattendo la porta per una questione di rivalità linguistiche in un piccolo comune del Limburgo, alle richieste di dimissioni aveva risposto, sprezzante: "E io che c’entro ?". Solo i ventisei teppisti che gli inquirenti britannici e belgi sono riusciti a identificare nelle riprese tv della massa scatenata dei tifosi del Liverpool di quella sera sono stati inchiodati alle proprie responsabilità. Ma ottenerne l'estradizione è stato lungo e difficile, e al momento del rinvio a giudizio Londra ha voluto e ottenuto per loro "garanzie" tali di buon trattamento da provocare una rivolta tra i detenuti "normali" nei carceri di Bruxelles. D'altronde, è durata poco: dopo qualche giorno erano tutti fuori, liberi su cauzione.

È una vicenda avvilente, insomma, quella che arriva domani davanti ai giudici della quarantaseiesima sezione del Tribunale penale di Bruxelles. E ne dà la misura il commento che al processo ha dedicato un settimanale belga; in buona sostanza, il procedimento verterà sul diritto al risarcimento, e da parte di chi, delle famiglie delle 39 vittime del 29 maggio, 32 italiani, quattro belgi, due francesi e un irlandese. Perché c'è anche questo da dire: nonostante le promesse a caldo, subito dopo la strage, del governo belga, di quello britannico e anche di quello italiano, alle famiglie delle vittime nessuno ha pensato, e neanche ai feriti, né ai mutilati. Nessuno ha pagato, neppure con un atto minimo, incommensurabile alla tragedia di 39 vite stroncate, ma che comunque avrebbe dato il segnale di una giustizia che esiste. Riuscirà il processo a rovesciare questa triste lezione di impotenza della giustizia ? Sul banco degli imputati vi siederanno, con i 26 hooligans britannici, il più vecchio 36 anni, il più giovane 21, tutti accusati di omicidio involontario e di lesioni involontarie, cinque belgi: Albert Roosens, segretario generale dell'Unione calcistica belga, il maggiore della gendarmeria Michel Kensier, comandante del distretto di Bruxelles, il capitano Johan Mahieu, che comandava le forze dell’ordine allo stadio quella sera, il borgomastro Hervé Brouhon e la responsabile dell’assessorato allo sport Vivane Baro. Dovranno rispondere, a vario titolo, delle insufficienze del servizio d'ordine e della struttura dello stadio. Ma gli ultimi due sono alla sbarra solo perché citati dalle parti civili: l'istruttoria non li aveva sfiorati. Gli altri due imputati sono il presidente della Uefa, il francese Georges, e il segretario generale, lo svizzero Bangerter. Sarà un dibattimento lungo, si parla di sei-sette mesi, accidentato dalle eccezioni che gli avvocati della difesa preannunciano già a valanga e complicato dalle traduzioni dal francese in italiano, in inglese e in tedesco. Si comincerà così ha disposto il giudice Verlinden, presidente della Corte, con la proiezione dei filmati di quella tragica sera. Immagini che non sarà facile riguardare. Speriamo, almeno, che serva a qualcosa. Fonte: L’Unità © 16 ottobre 1988  Icone: Pngegg.com ©

 
 

A Liverpool i tifosi si sentono perseguitati

di Alfio Bernabei

LONDRA - "Prevedo che a Bruxelles ci sarà solo del gran caos", ha detto ieri Sir Harry Livermore, il legale di 14 dei 26 tifosi del Liverpool imputati di omicidio involontario per il massacro di Heysel. Come ha già fatto in passato alla vigilia di sedute processuali, ha indicato che nutre profonde riserve sull'organizzazione e l'andamento del processo in Belgio. "Manca la traduzione simultanea. I belgi dicono che non possono permetterselo. Ci sarà un interprete per ogni quattro imputati. Come faremo ? C'è poi un'altra complicazione: la Corte ha pure il compito di risolvere 1.200 richieste di indennizzi". L’ambasciata belga a Londra ha nuovamente ricordato al legale che i processi a Bruxelles non si svolgono come in Inghilterra. "Seguiamo il Code Napoleon. Forse i tifosi del Liverpool sono fortunati di non avere a che fare con una giuria che potrebbe anche tener conto dei sentimenti che ha suscitato la tragedia". L'altro avvocato britannico degli imputati, Rex Makin, si è dimostrato un po’ meno prevenuto: "In Belgio c'è un sistema diverso", ma sono convinto che i nostri clienti avranno la possibilità di ottenere un processo regolare come da noi". Due degli imputati non saranno in aula. Anthony Hogan sta scontando una condanna a 4 anni per atti di violenza e Gary Hynes si trova in stato di detenzione in attesa di processo per rapina aggravata. Ci sarà invece Terry Wilson che, intervistato ieri, ha detto: "Vorremmo vedere la fine di questa storia. Ma dobbiamo tornare a Bruxelles, altrimenti i Belgi potrebbero dire che siamo dei ragazzacci". "Siamo innocenti", insiste, "abbiamo visto le prove" non abbiamo commesso proprio nessun omicidio o comunque lo vogliate chiamare. Io ho solo cercato di salvare i miei compagni che erano stati attaccati dagli italiani. E’ stato solo al ritorno, sul ferry, che ho visto alla televisione quello che era successo e ne sono rimasto disgustato". Dice che i suoi compagni erano tentati di non tornare in Belgio, ma ci hanno ripensato dopo aver ricevuto lettere dai loro avvocati. Così i 24 torneranno a Bruxelles pur avendo dei gravi problemi finanziari che non sanno come risolvere. E la signora Jean Hunt, coordinatrice del "comitato dei genitori degli imputati" che si è occupata di trovare fondi per aiutarli. Due amici di suo figlio che non era alla partita" sono fra gli imputati. La signora Hurst li ritiene innocenti. "E’ diventata una questione politica fin da quando la Thatcher ha deciso che potevano essere estradati in Belgio. E perché sono di Liverpool. Se fossero stati fans di una squadra del Sud, forse sarebbe stato diverso". E’ una allusione non solo alla divisione che è venuta a crearsi fra il ricco Sud e il povero Nord, ma anche al fatto che il governo è venuto ai ferri corti con l'amministrazione locale della città di Liverpool, accusata di essersi ribellata alle direttive governative sui tagli alle spese pubbliche e di continuare a tener testa ai conservatori. E far passare Liverpool come città violenta, sempre secondo la signora Hurst, potrebbe essere anche una manovra deliberata. Intanto sta per essere messa a punto la nuova legge per controllare la violenza degli hooligans nei campi di football. I tribunali potranno imporre anche un bando a vita su fans incriminati. C'è sempre maggiore preoccupazione davanti alla nuova ondata di criminalità che solo nell'ultimo anno ha registrato un aumento del venti per cento e tende a salire. I conservatori hanno annunciato nuove misure preventive di sorveglianza. In sei città entrerà in vigore un bando sulla riduzione nelle vendite di bevande alcoliche e verrà introdotto, per coloro in libertà provvisoria o in stato di sorveglianza, un nuovo sistema di controllo elettronico, si tratta di un bracciale della grandezza di un orologio da polso: allacciato alla persona. Invia segnali ad una centrale d'ascolto e ne permette la sorveglianza. Fonte: L’Unità © 16 ottobre 1988  Icone: Pngegg.com ©

 
 

I 26 hooligans autori della strage rischiano poco: veri imputati, le autorità che non presero misure adeguate

Heysel, il Belgio processa se stesso

di Fabio Galvano

II dibattimento si annuncia particolarmente irto di scogli procedurali, qualcuno grida già allo scandalo.

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE (BRUXELLES) - Sotto processo non saranno soltanto i 26 hooligan inglesi, ma piuttosto il Belgio delle manchevolezze e dei ritardi, quando domani si avvierà nella sala delle udienze solenni, al primo piano del Palazzo di Giustizia, l'atteso processo di Heysel. A più di tre anni da quella notte di Bruxelles in cui il tifo per la finale di Coppa dei Campioni tra Liverpool e Juventus si tramutò in morte e 39 persone (32 italiani) furono uccise nell'orrore della diretta televisiva, saranno pochi - e forse nessuno - i supporter inglesi a sedere sul banco degli accusati. Rimessi tutti in libertà provvisoria e rientrati in Inghilterra dopo una breve permanenza in carcere (un trattamento "cinque stelle" che aveva anche provocato violente proteste in altre prigioni belghe), sanno che anche in caso di condanna non potranno essere estradati e quindi, venendo in Belgio, correrebbero soltanto un grave rischio. Davanti al giudice Verlinden, invece, ci saranno i responsabili belgi dell'ordine pubblico in quella sera del 29 maggio 1985, ci saranno le autorità calcistiche - belghe ed europee - chiamate in causa dalla parte civile. Ma tant'è: la giustizia, tre anni dopo, si chiama soprattutto indennizzo, e si rivolge quindi non a un drappello di squattrinati teppisti, ma alle istituzioni - la gendarmeria, la città di Bruxelles, la Federcalcio belga, l'Uefa - che hanno solide polizze d'assicurazione. I morti riposano; ma alla loro ombra si gioca da domani una partita che può valere svariati miliardi. Nello stadio della morte molte cose sono cambiate. Il settore della tragedia - il "blocco Z" - è stato ribattezzato "Nord 1". Il muretto di cinta che cedette sotto la spinta degli hooligan ubriachi è stato ricostruito, le reti di protezione sostituite, rinnovati i parapetti d'acciaio.

Ma la cosmesi dell'acciaio e del cemento, che ha riaperto lo stadio ai grandi appuntamenti internazionali, non rimargina le altre ferite lasciate aperte da quella serata di orrore: troppo a lungo è continuato il palleggio delle responsabilità. Nei giorni scorsi il maggiore settimanale d'informazione di questo Paese, Le Vif, parlava di "un cumulo di errori, d'irresponsabilità e di negligenze", di "un Belgio che ha offerto al mondo l'immagine di una spaventosa inefficienza" e che, sul problema degli indennizzi, "ha mancato l'occasione di salvare la faccia", quindi di "un processo al sistema belga". Gli hooligan sono accusati di "avere inflitto con premeditazione, volontariamente ma senza l'intenzione di uccidere, colpi per provocare ferite a persone; colpi e ferite che hanno tuttavia provocato la morte". Parallelamente c'è l'accusa di avere provocato lesioni permanenti, mutilazioni, invalidità. Rischiano anni di carcere, ma il compito dell'accusa e del pubblico ministero Pierre Erauw non sarà facile: la legge belga non riconosce la colpa collettiva e ciascun imputato dovrà essere giudicato per la sua responsabilità personale, ricostruita attraverso venti ore di filmati cinematografici e televisivi che riporteranno sotto la grande cupola del Palazzo di Giustizia l'orrore di quella notte. C'è chi dubita che l'accusa potrà mai esibire prove convincenti, che gli hooligan potrebbero anche essere assolti quando il processo si concluderà fra tre, quattro, forse anche sei mesi. Diversa la posizione degli accusati belgi ed europei.

Sul banco degli imputati siederanno domani il maggiore della gendarmeria Michel Kensier, comandante del distretto di Bruxelles, che quella sera era rimasto al centro operativo, e il capitano Johan Mahieu, che era il diretto responsabile per l'ordine e la sicurezza allo stadio di Heysel, ma che al momento della carica omicida si stava occupando di un incidente minore avvenuto all'esterno. Dovranno rispondere di "mancanza di previsione o di precauzione, che ha involontariamente provocato la morte". E' la stessa accusa rivolta ad Albert Roosens, segretario generale della Federcalcio belga responsabile dell'organizzazione degli incontri internazionali fra cui, appunto, la fatidica finale del 29 maggio. Ma su iniziativa della parte civile, che è guidata dall'avvocato Daniel Vedovano cui sono affidati 104 dossier relativi a 26 morti e 7 feriti, e che chiede indennizzi che in qualche caso raggiungono i 22 milioni di franchi (770 milioni di lire), dovrà comparire in tribunale - poiché l'Heysel è uno stadio comunale - anche il sindaco di Bruxelles: l'impagabile Hervé Brouhon, che nelle ore della tragedia difese l'operato della polizia affermando di avere "fatto tutto il possibile, anzi il necessario" e che, un anno dopo, rifiutò il permesso a una cerimonia commemorativa. Con il sindaco comparirà anche l'assessore allo sport Vivianne Baro la quale, rispondendo a una lettera di Roosens che esprimeva allarme per la vetustà degli impianti, affermò che tutto il necessario sarebbe stato fatto in tempo utile per "evitare qualsiasi incidente". La parte civile, che ha citato anche lo Stato belga, ha inoltre messo sotto accusa Jacques Georges e Hans Bangerter, il primo francese l'altro svizzero, rispettivamente presidente e segretario generale dell'Uefa, la federazione calcistica europea. Fonte: La Stampa © 16 ottobre 1988  GETTY IMAGES © (Not for commercial use) Icone: Pngegg.com ©

 
 

A Londra, però, hanno dimenticato tutto

Tacciono i giornali Parla solo il legale

di Mario Ciriello

Il nostro corrispondente ci telefona da Londra: è l'ora del processo per i ventisei dell'Heysel. Ma soltanto il "Guardian" di sabato ha ricordato il dramma; il resto della stampa pubblica sbrigative notizie, non analizza né commenta. Ciò non significa che si siano dissolte tutte le apprensioni. I 26 imputati temono condanne pesanti; le loro famiglie, gente modesta, temono dolorose conseguenze finanziarie; Sir Harry Livermore, il giurista che difende 15 degli accusati, teme le "debolezze" del gratuito patrocinio belga. Sir Harry, che ha celebrato ieri il suo ottantesimo compleanno, è figura di rilievo in Gran Bretagna, paladino delle arti, amministratore municipale. Ha dichiarato: "Il sistema legale belga è forse migliore dell'inglese, ma purtroppo mette a disposizione degli imputati poveri soltanto avvocati con meno di tre anni d'esperienza. Per di più questi giovani devono occuparsi anche di altri casi, perché il gratuito patrocinio non rende loro quasi nulla". Ha parlato anche Joan Hurst, una signora che assiste le famiglie degli imputati nelle loro molte difficoltà. "Le spese per i viaggi e per le cauzioni hanno colpito duramente molti genitori. Una famiglia ha venduto la casa". Il "Guardian" ha intervistato Terry Wilson, 22 anni, uno dei 26. "Sono innocente", ha dichiarato. E ha aggiunto: "Anche gli altri ragazzi sono innocenti". Come spiega allora la tragedia del 29 maggio '85 ? E’ una versione che già conosciamo. "I nostri compagni furono aggrediti dagli italiani. Soltanto allora, noi passammo all'attacco. Per difendere gli aggrediti. Poi arrivò la polizia. Gli agenti mi percossero una decina di volte. Lasciammo lo stadio senza renderci conto di quanto era avvenuto: lo scoprimmo soltanto sulla nave traghetto, quella sera, quando guardammo la televisione. Restammo sconvolti. Non potevamo credere a quelle immagini. Io non avevo visto nessun morto". Fonte: Stampa Sera © 17 ottobre 1988  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Si apre oggi a Bruxelles il processo ai responsabili della tragedia

Heysel, teppismo alla sbarra

di Lorenzo Del Boca

Il 29 maggio 1985, partita Liverpool-Juventus, nel crollo della gradinata morirono 39 persone, due torinesi, e centinaia furono i feriti. Alcuni scampati parteciperanno, a Londra, ad una trasmissione rievocativa della rete tv Bbc. Ma chi è riuscito a scappare da quell'inferno ora vuole soltanto dimenticare: "E’ come rivivere un incubo". Ventinove maggio 1985, stadio Heysel, partita Juventus-Liverpool, crolla il parapetto della tribuna e precipitano gli spettatori: 39 morti - uno di Torino e uno di Moncalieri - centinaia di feriti. A Bruxelles, da oggi, compaiono alla sbarra 26 hooligans, i tifosi sanguigni del Liverpool facili all'alcool e alla rissa, accusati di aver provocato gli incidenti. Imputati che, forse, non saranno in tribunale: perché andare in un Paese straniero a rischiare una condanna ? Invece, saranno fisicamente presenti i due responsabili della polizia e Albert Roosens, segretario della Federcalcio Belga. Loro dovranno rispondere di "mancanza di previsione e di precauzione" tanto da trovarsi impreparati ad affrontare l'emergenza. Emergenza che la televisione ha mandato in onda in diretta proiettando le immagini di un massacro. La tragedia si è spezzettata in una quantità di storie personali. Francesco Galli, carpentiere di Bergamo, ultimo di undici fratelli, mediano di una squadretta di calcio, la "Kals", è andato in Belgio per "farsi un regalo" e non è più tornato. Domenico Russo di Moncalieri è morto lasciando la moglie incinta: il figlio che è nato è stato battezzato come lui e nessuno se l'è sentita di andare alla Sip per togliere il suo nome dall'elenco del telefono. Giovanni Casula aveva accompagnato il figlio Andrea alla partita per rispettare una promessa fatta due anni prima: "se fai il bravo a scuola, ti porto in Belgio". Era stato davvero bravo e nell'ultimo tema aveva raccontato la sua speranza di vedere la Juve dal vivo. Quanti sono tornati con il volto sfatto dalle botte ? Hanno raccontato di aver calpestato i cadaveri per scappare, si sono fatti vedere con le sciarpe bianconere usate come bende per tamponare le ferite.

Carlo Duchene di Pinerolo è rimasto in coma per parecchi giorni, ha avuto conseguenze nell'uso delle braccia e ha difficoltà nel suo lavoro da parrucchiere. Sono flash-back su ricordi che nessuno ha accarezzato in questi tre anni e mezzo e che, anzi, i più hanno tentato di nascondere fra le pieghe della memoria. Meglio dimenticare quella notte allo stadio di Heysel: credevano di partecipare a una festa del calcio e si sono trovati coinvolti in una battaglia di lattine di birra lanciate come se fossero proiettili. Per feriti e per familiari di morti non fa differenza. Chi è tornato a casa malconcio ma ha salvato la pelle ha la sensazione che ripensare a quella marea di gente spaventata sia come rivivere un incubo di grandezza disumana. Mentre i familiari dei morti hanno posto soltanto per un loro dolore - privato e dignitoso - amplificato dal fatto di sapere che i parenti se ne sono andati "inutilmente". La televisione di Londra BBC ha fatto fatica per convincere alcuni protagonisti di quella notte a raccontare la loro triste esperienza per un trasmissione che andrà in onda mercoledì. "Guardi, non ho mai chiesto, a mio marito di quei momenti. Lui non ne ha parlato e io non ho cercato di farlo parlare...". Rosita Binelli è la moglie di Marco Manfredi, autista dell'ospedale di Moncalieri, tifoso della Juventus, partito per Bruxelles per vedere la sua squadra, travolto e calpestato da gente che scappava, "scomparso" per una settimana e tornato a casa come resuscitato ma senza memoria. La sua vita è finita all'ingresso dello stadio nello sventolare delle bandiere ed è ricominciata in Francia quando gli hanno dato da mangiare minestra e mele. Non sa come è arrivato fin là, con chi, con che cosa. "E per la verità non mi va nemmeno di pensarci". Non andrà al processo e, come lui, la maggior parte delle vittime. Alcune non hanno presentato nemmeno la costituzione di parte civile, altre si fanno rappresentare da un legale ma più per formalità che per desiderio di risarcimento o di vendetta. Fonte: Stampa Sera © 17 ottobre 1988 Icone: Pngegg.com ©

 
 

Intanto è iniziato a Bruxelles il maxi-giudizio (durerà da tre a sei mesi) per la strage dell'Heysel

Autodifesa degli hooligans: "Processo assurdo"

di Fabio Galvano

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE (BRUXELLES) - Sono venuti tutti, per l'apertura del processo: tutti tranne due, trattenuti per altri reati nelle patrie galere. I 24 hooligans inglesi accusati della tragedia dell'Heysel, accompagnati da una schiera di oltre trenta avvocati le cui parcelle sono a carico d'un benefattore misterioso (ma qualcuno suggerisce che si tratti del Liverpool), si sono fatti strada a fatica - e in qualche caso a gomitate - fra le telecamere che li attendevano: ammorbiditi i toni punk e nascosti i tatuaggi, sembravano ragazzi timidi e spaesati quando il giudice Verlinden ha fatto l'appello. Si sono fatti rimproverare una sola volta dal magistrato, che nel mezzo dell'udienza li ha invitati a "tacere e stare seduti composti". E nei corridoi del Palazzo di Giustizia, a contatto con cento giornalisti venuti da tutta Europa, ripetevano a cantilena la lezione mandata a memoria: "E’ un processo assurdo, ci dispiace solo per i morti italiani". E' cominciato così l'atteso processo per i fatti del 29 maggio 1985, quando la grande festa del calcio europeo, la finale di Coppa dei Campioni fra Juventus e Liverpool, si trasformò in tragedia, con 39 spettatori uccisi (32 italiani) e oltre 500 feriti nell'orrore della diretta televisiva. Era presente uno sparuto gruppo di parenti delle vittime italiane: fra di loro Otello Lorentini, presidente dell'associazione che raccoglie 23 delle 31 famiglie coinvolte in quel lutto, padre del medico Roberto Lorentini che fu ucciso mentre assisteva le vittime della prima ondata e che per quel gesto ha ricevuto la medaglia d'argento al valore civile. Ma c'era soprattutto una nutrita schiera di avvocati (459 persone si sono costituite parte civile) per un processo destinato a tempi lunghi, fra tre e sei mesi. Ci sono voluti più di tre anni perché la giustizia belga potesse individuare i presunti colpevoli e completare 50 mila pagine d'istruttoria, in un palleggiarsi di responsabilità che ha finito per mettere sul banco degli imputati anche il Belgio delle manchevolezze e del ritardi.

I tifosi inglesi, accusati di lesioni volontarie e omicidio preterintenzionale, rischiano dieci anni di carcere (ma sicuramente non attenderanno la sentenza); non sono però i soli imputati. Ieri, seduti a qualche metro dagli hooligans, c'erano anche il maggiore della gendarmeria Michel Kensier e il capitano Johan Mahieu, responsabili quella sera della sicurezza all'Heysel, e l'ex segretario della Federcalcio belga, Albert Roosens, organizzatore della partita. Questo è un processo che si svolge all'insegna degli indennizzi: le famiglie delle vittime, ha precisato Lorentini, hanno finora visto pochi soldi; a parte il governo britannico e la Fondazione Agnelli, egli spiega, nessuno si è fatto avanti e il fondo stanziato dal governo belga è congelato dalla corte dei conti. Ecco quindi sul banco degli imputati, citati dall'avvocato Daniel Vedovatto che guida i cinque legali italiani di parte civile (Pirrongelli, Mammoli, Ammirati, Catallotti e Pasqualin), il sindaco di Bruxelles Hervé Brouhon e l'assessore allo Sport Vivianne Baro (lo stadio è del Comune), oltre a Jacques Georges e Hans Bangerter, presidente e segretario dell'Uefa. Le prime battute della babele processuale - cinque le lingue in aula: francese, fiammingo, inglese, italiano e tedesco - si sono svolte nel segno delle eccezioni procedurali: quella, per esempio, con cui lo Stato vorrebbe far derubricare la propria imputazione per l'operato della gendarmeria. Gli hooligans, affiancati dagli interpreti, hanno assistito senza molto comprendere a questa fase d'avvio. Né sono valsi, ad animare quest'aula austera, i due allarmi alla bomba di cui ha dato notizia, senza crederci molto, il giudice Verlinden: "Siete tutti liberi di uscire - egli ha detto - ma io continuerò il processo: Stancamente, il grande processo si è messo in moto: forse venerdì, dopo un sopralluogo all'Heysel e al tragico "blocco Z", potrà avviarsi l'esame dei filmati televisivi - 18 ore - che sono serviti a identificare gli hooligans; ma si dovrà attendere fino al 4 novembre perché s'avvii l'interrogatorio dei testimoni. E chissà se a quell'epoca i 24 tifosi inglesi saranno ancora a Bruxelles. Fonte: Fonte: La Stampa © 18 ottobre 1988 Icone: Pngegg.com ©

 
 

"Chiediamo solo giustizia"... Bruxelles processa i "red"

di Daniele Mastrogiacomo

BRUXELLES - Arrivano all'alba. Due, tre, poi gli altri, tutti in gruppo. Si abbracciano, sorridono. Ma gli sguardi sono nervosi, duri, quasi sprezzanti. Valigie in mano, vestiti eleganti, capelli tagliati a zero, l'immancabile orecchino, avanzano nella nebbia che ancora avvolge l'ingresso del Palazzo di giustizia. Varcano il portone decisi, scortati da un gruppo di gendarmi armato di manganelli. Tra la folla che, paziente, attende di assistere al primo grande processo contro la violenza negli stadi, qualcuno li riconosce. Eccoli, urla, sono loro. Sì, gli hooligans. La fila, fino a quel punto ordinata e composta, si scioglie. C'è uno sbandamento. Premono gli agenti, premono i fotografi, accorrono i giornalisti. Spintoni, grida, gesti minacciosi, ma soprattutto grande sorpresa. Nessuno se l'aspettava. Invece loro, i reds, i supporters del Liverpool, i più famosi e temibili tifosi inglesi, sono lì. Ventiquattro robusti giovanotti. Avranno al massimo 25 anni. Operai, minatori, falegnami, pittori, molti disoccupati. Ognuno con la propria storia da raccontare: grande povertà, una cittadina colpita dalla crisi economica, le speranze di trovare un impiego, l'incertezza del futuro. Una vita consumata per strada, tra mille delusioni e una sola grande passione: il calcio e la squadra del cuore, il Liverpool. Sono accusati di omicidio preterintenzionale e di lesioni gravissime. Tre anni e mezzo fa, la sera del 29 maggio 1985, qui a Bruxelles, nello stadio di Heysel, assaltarono ad ondate successive il settore riservato ai tifosi della Juventus. La finale della Coppa dei Campioni doveva ancora iniziare. Ma sugli spalti, sulle gradinate e ai bordi del campo già si contavano 39 morti e 450 feriti. Un massacro, una vera strage, che colpì soprattutto gli italiani. Ci furono ben 32 vittime. Vittime giovani, ma anche vecchi, donne e bambini.

Le immagini strazianti di quei sanguinosi momenti sono state immortalate e poi trasmesse in diretta dalle televisioni di tutto il mondo. Oggi sono conservate negli archivi del tribunale di Bruxelles e fanno parte dell'inchiesta. Scarcerati all'inizio di quest'anno, i 24 hooligans hanno deciso di presenziare ugualmente al dibattimento per la strage allo stadio di Heysel. Una decisione importante, che imprime al processo un carattere diverso. Non più un atto ufficiale, un impegno formale del governo belga per cancellare l'onta di un massacro che si poteva evitare, ma un processo senza precedenti contro la violenza nello sport. Aperto e subito rinviato nell'aprile scorso per le eccezioni sollevate dalla difesa, il giudizio per quello che viene definito dalle cronache locali l'affare di Heysel, prende dunque avvio in un clima solenne e spettacolare. La sede scelta è quella delle grandi occasioni: l'aula centrale del vecchio Palazzo di giustizia, un austero immobile tutto in marmo costruito nel 1883 sotto il regno di Leopoldo II. Le misure di sicurezza sono imponenti. Jeep e blindati schierati davanti agli ingressi principali, transenne, agenti in divisa e in borghese, rigidi controlli con metal detector. Si temono incidenti e l'incubo del passato invita alla prudenza. Così, quando il presidente della quarantottesima Chambre du tribunal de correction Verlynde, dà inizio all'udienza, la folla di curiosi, di testimoni e di familiari delle vittime è ancora impegnata a superare le rigide formalità d'ingresso. Alle 9.00 l'aula è già colma di gente. Il tavolo della Corte, con un presidente e due giudici a latere, entrambi donne, è in fondo vicino a una parete. Ai lati siedono gli avvocati. Quaranta rappresentano la difesa, una decina la parte civile. Gli imputati, gli hooligans, sono raggruppati in mezzo alla grande stanza, assistiti da tre interpreti.

A lato, ci sono invece gli imputati eccellenti, quelli citati in giudizio dai legali dei familiari degli uccisi. Nomi importanti, tutti accusati di concorso in omicidio preterintenzionale: Hervé Brouhon, sindaco di Bruxelles, l'assessore comunale allo Sport, Vivianne Baro, Albert Roosens, presidente dell'Unione calcio belga, George Jacques, presidente della Uefa; quindi due ufficiali della Gendarmeria: Johan Mahieu e Michel Kensier. Devono rispondere anche loro di concorso in omicidio. Stando al nutrito dossier elaborato dalla commissione parlamentare d'inchiesta, i due dirigenti della Gendarmerie, responsabili dell'ordine pubblico durante la partita, sarebbero intervenuti in modo tardivo e scoordinato. Centinaia di testimonianze e le diciotto ore di filmati allegati agli atti dell'inchiesta formale, non lasciano dubbi: l'atteggiamento della polizia quella sera fu incerto e tentennante. Centinaia di supporters inglesi vennero ammassati proprio a fianco della curva Z, destinata ad accogliere i tifosi della Juve. I due gruppi erano separati soltanto da una rete di ferro. Una rete da pollaio, ricorda oggi Otello Lorentini, presidente dell'Associazione delle vittime di Heysel e presente in aula come teste. Quel giorno ero sugli spalti con mio figlio e due nipoti. Gli hooligans erano lì, a pochi metri da noi. Erano ubriachi. Urlavano, cantavano, lanciavano lattine, qualche razzo. Atteggiamenti, come dire, normali, folcloristici. Nessuno poteva immaginare cosa stavano meditando. Di colpo hanno iniziato a rompere i gradini di marmo. Poi, lo ricordo bene, è una scena che non scorderò mai, uno di quelli è saltato sulla rete e con due colpi l'ha distrutta. Venivano a ondate. Facevano vere e proprie cariche. Andavano e tornavano. La gente è stata presa dal panico. Ha cercato scampo... E' stato un massacro.

Otello Lorentini quella sera ha perso un figlio. Un medico di ventotto anni. L'ho rivisto soltanto a mezzanotte, racconta con gli occhi lucidi, era deforme. La folla l'ha schiacciato mentre tentava di rianimare uno spettatore con la respirazione artificiale. Che cosa doveva fare ? Era un medico e di fronte a quel massacro stava facendo il suo dovere. Ci hanno offerto un risarcimento di pochi milioni. Ma è un argomento che non voglio affrontare. Io non cerco vendetta, chiedo solo giustizia". Decine e decine di testimonianze. Racconti, grandi tragedie, vite sconvolte in pochi minuti di assurda violenza. I familiari delle vittime partecipano al dibattimento. Ma solo in pochi sono riusciti a venire. "Troppe spese da affrontare", spiega ancora Lorentini. "La nostra Associazione vive attraverso un'autotassazione. Ogni tanto raccogliamo dei fondi. Sì è vero la Thatcher ci ha inviato pochi mesi dopo la tragedia 250 mila sterline, circa 500 milioni di lire. Un altro miliardo lo abbiamo ricevuto dalla Fondazione Agnelli. Ma i soldi serviranno soprattutto a risarcire i familiari". L'appello degli imputati finisce poco prima delle 11.00. Vengono proposte le prime eccezioni procedurali. Parla l'avvocato generale che difende lo Stato, anch'esso citato in giudizio; parla il legale della Gendarmerie. L'udienza scorre tra mille difficoltà. Sarà un processo lungo: almeno cinque-sei mesi. I primi interrogatori sono previsti per il 4 novembre, venerdì prossimo ci sarà un sopralluogo allo stadio di Heysel con la visione dei filmati che hanno consentito di individuare alcuni dei responsabili del massacro. Alle 17.00 il presidente aggiorna il dibattimento. Si prosegue stamani. Bombe permettendo. Per ben due volte i soliti anonimi hanno minacciato di far saltare in aria il palazzo. Fonte: La Repubblica © 18 ottobre 1988 Icone: Pngegg.com ©

 
 

Platini sull'Heysel

Ha ribadito: "Bisognava giocare" - Carraro: "Dobbiamo aiutare i familiari delle vittime".

Mentre a Bruxelles prosegue, fra eccezioni e traduzioni in cinque lingue, il processo ai 24 hooligans inglesi accusati della tragedia dell'Heysel, due voci importanti sono intervenute ieri per parlare del tragico avvenimento. Una è quella di Michel Platini, testimone oculare. In una serie di interviste a quotidiani francesi, l'ex calciatore e neo vicepresidente della squadra del Nancy, ha dichiarato fra l'altro: "Sono convinto, ancora oggi, che fosse necessario giocare l'incontro, altrimenti i morti sarebbero stati di più. Prima del calcio d'avvio, ritardato di due ore circa e dopo la vittoria della Juventus siamo stati presi dalla tristezza. Ma sul terreno, anche se molti non lo hanno capito, ha prevalso la passione. L'Heysel è l'orrore, il peggiore ricordo della mia carriera. Quello che si fa a Bruxelles è il processo alla società attuale". "Perché un processo ! - ha continuato Platini - Non ci sono responsabili. Voglio dire che tutti e nessuno lo sono. Io, in passato, me la sono presa con gli organizzatori e l'Uefa, ma credo invece che questa tragedia prima o poi doveva succedere". A Rimini, partecipando ad un dibattito sull'innovazione turistica, il ministro Franco Carraro ha detto: "Le famiglie delle vittime all'Heysel devono avere giustizia e lo Stato italiano non può non provare sgomento nel sentire che la parte civile che li rappresenta al processo si trova in precarie condizioni economiche. E' per questo motivo che intendo sottoporre alle organizzazioni sportive e a tutti gli organi competenti di farsi carico di un aiuto per non lasciarle sole". Sempre a proposito dell'Heysel, la Bbc ha organizzato a Londra un dibattito fra alcuni familiari delle vittime, parenti degli hooligans accusati e giocatori del Liverpool. Al termine, il principale imputato è sembrato essere lo stadio della capitale belga, definito "decrepito, inadatto, spaventoso". Il giocatore Phil Neal ha poi confermato che anche il Liverpool dopo aver saputo della "tragedia", voleva giocare per "evitare altri problemi". R.S. Fonte: La Stampa © 19 ottobre 1988  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Strage Heysel. Aperto il processo a Bruxelles per i 39 morti allo stadio: imputati eccellenti, insieme ai teppisti 17  inglesi, ora liberi dietro cauzione.

"In nome della legge": hooligans alla sbarra

di Paolo Soldini

Prima udienza al processo per la strage di Heysel. Tre anni e mezzo dopo, i responsabili delle violenze che costarono la vita a 39 persone, nello stadio dove si attendeva la finale della Coppa dei campioni tra la Juve e il Liverpool arrivano in un aula di tribunale. Ma le prime battute, ieri, hanno già fatto intendere che il processo sarà lungo e difficile. II momento della giustizia è ancora lontano.

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE (BRUXELLES) - Un processo difficile, lo si sapeva dalla vigilia, e la conferma è venuta subito ieri mattina nella grande sala delle udienze solenni della Corte d’Assise quando il presidente della quarantesima sezione del tribunale Verlynde ha aperto il procedimento "in nome del Re". Erano passate da poco le nove e fin dal primo mattino la folla dei giornalisti cameramen e fotoreporter in agguato si accalcava davanti ai "metal detectors" piazzati all’ingresso del palazzo di Giustizia, attraverso i quali occhiuti gendarmi facevano filtrare insieme curiosi, imputati e familiari delle vittime. Anonimi questi ultimi se non per il lutto di qualche donna e qualche parola scambiata in italiano, riconoscibili gli hooligans inglesi con il bavero alzato a coprire il viso o il cappuccio dell’eskimo calato sulla testa, arcinote le facce degli imputati "eccellenti", il Borgomastro di Bruxelles Brouhon, l’assessore allo sport signora Baro, i dirigenti dell’Unione calcistica belga e dell’Uefa fatti scivolare discretamente insieme con gli avvocati da un’altra entrata. Il processo per la strage dello stadio di Heysel è cominciato così quasi tre anni dopo l’orrore di quella serata del 29 maggio 1985 con i suoi 39 morti. E’ ricominciato, anzi, perché una prima seduta c’era stata già il 18 aprile scorso, ma gli avvocati della difesa avevano chiesto e ottenuto un rinvio per studiarsi gli atti, 48 mila pagine in cui quei pochi minuti di follia sono fissati nel linguaggio della giustizia.

E’ ricominciato sotto la sorveglianza di un imponente servizio di sicurezza dispiegato anche a proteggere le udienze di un altro processo delicato quello ai terroristi delle "cellule comuniste combattenti" che si celebra in un aula accanto e in un clima teso in cui non è mancato neppure un falso allarme alla bomba lanciato chissà da chi e chissà perché. Ed è incominciato soprattutto sotto il segno di una battaglia procedurale che si annuncia complicata e lunghissima. Gli avvocati della difesa si preparano su una trincea di eccezioni che contestano tutto, dalla competenza del tribunale al modo in cui è stata condotta l’istruttoria, al sistema delle traduzioni. Nessuno è in grado di prevedere quando ci sarà la sentenza. I più ottimisti dicono verso gennaio o febbraio, ma c’è anche chi parla di sei, sette, forse, otto mesi. La cronaca delle prime battute è già la cronaca di questa battaglia fatta di schermaglie tecniche e di considerazioni giuridiche scambiate a colpi di fioretto tra l’accusa rappresentata dal procuratore del Re, Erauw, e i trenta avvocati della difesa, coordinati dal britannico sir Livermoore. Le prime testimonianze su quei terribili momenti che sembravano lontani anni luce ieri dall’aula del tribunale di Bruxelles sono previste per l’udienza del 4 novembre. Subito prima o subito dopo dovrebbero essere proiettati i mille e più fotogrammi ripresi dalle tv la sera del 29 maggio. Sarà il momento più duro per i superstiti e per i familiari delle vittime. E forse anche per gli hooligans accusati che liberi sotto cauzione si sono presentati alla prima udienza quasi tutti. Ce n’erano 24 su 26, uno è in galera in Inghilterra per motivi che con Heysel non hanno a che fare, un altro è fuggito, non si sa dove. Fonte: L’Unità © 19 Ottobre 1988  Icone: Pngegg.com ©

 
 

E gli "hooligans" tornano a casa

BRUXELLES - Gli hooligans, sono tornati a casa. In Inghilterra. Non abbiamo soldi, hanno detto al presidente del tribunale che li sta giudicando per la strage allo stadio di Heysel. Non possiamo restare in Belgio per cinque mesi. Rientreremo quando dovremo testimoniare o essere interrogati. Il giudice Pierre Verlynde, il flemmatico presidente della 48esima Chambre de Tribunal de Correction, ha accolto la richiesta dei ventiquattro imputati concedendo loro il nulla osta per il rimpatrio. Siete liberi cittadini, ha detto, potete fare quello che volete. Ma solo una parte dei supporters del Liverpool, accusati di omicidio preterintenzionale e di lesioni gravissime, per la morte di 39 persone e il ferimento di altre 500, ha seguito l'esempio dei compagni. Nonostante le dichiarazioni della vigilia, ieri, alla seconda udienza di questo imponente e difficile dibattimento, otto imputati si sono ugualmente presentati in aula. Per tutta la mattina hanno seguito con attenzione, confortati dall'aiuto degli interpreti, la fitta serie di eccezioni sollevate nuovamente dalla difesa delle parti civili. Uno scontro duro, compatto, che vede contrapposti illustri avvocati internazionali su temi squisitamente tecnico-giuridici. Tre ore e mezzo di battaglia con interventi a raffica, serviti più che altro a chiarire sin dall'inizio la piega che assumerà il vero e proprio dibattimento. Tre i punti più controversi.

La difesa, rappresentata dall'ex sindaco di Liverpool, il principe del foro sir Harry Livermore, lamenta il fatto di non avere potuto prendere visione degli atti istruttori. Un dossier imponente, oltre 54 mila pagine, che raccoglie tutte le testimonianze e le perizie compiute durante i 41 mesi dell'inchiesta. Il secondo punto sollevato dai legali degli imputati, riguarda i filmati: 18 ore di riprese tv montate in una sola bobina dalla polizia scientifica. Grazie a queste immagini, si sono potute ricostruire tutte le fasi dell'assurdo attacco alla curva Z, dove erano raggruppati i tifosi italiani, da parte dei reds del Liverpool, e identificare gran parte degli autori delle violenze. La difesa adesso mette in dubbio la validità di quei filmati, parlando apertamente di manipolazione. Terza questione, la citazione a giudizio chiesta da alcune parti civili, del segretario generale della Uefa, lo svizzero Hans Bangerter. Molto probabilmente prima della prossima settimana il dibattimento non riuscirà a decollare. Troppe eccezioni, troppi temi tecnico-giuridici da affrontare e da risolvere. E il presidente, apparentemente, non ha fretta. Il sopralluogo, fissato per venerdì prossimo allo stadio di Heysel può aspettare. Così come gli interrogatori degli imputati inglesi. Sei degli otto hooligans presenti ieri hanno deciso di rientrare in Inghilterra. Torneranno qui a Bruxelles soltanto lunedì prossimo. Si prosegue oggi, nel pomeriggio. (Dal nostro inviato D.M.)  Fonte: La Repubblica © 19 ottobre 1988  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Gli avvocati dei tifosi inglesi minacciano di abbandonare la difesa

Subito fermo il processo dell'Heysel

di Fabio Galvano

I legali chiedono di poter avere a disposizione tutti gli atti (48 mila pagine) dell'istruttoria - Forse dovranno testimoniare anche Michel Platini, Giampiero Boniperti e il presidente del Liverpool.

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE (BRUXELLES) - Il processo dell'Heysel ha rischiato di saltare. A più riprese, nella drammatica seduta di ieri, gli avvocati degli hooligans inglesi sono entrati in aperto conflitto con il giudice Pierre Verlynde e hanno minacciato di abbandonare la difesa se non otterranno soddisfazione su alcune richieste che definiscono "fondamentali" e che il magistrato ha invece respinto. Così, mentre il processo per la strage del 29 maggio 1985 - 39 morti, fra i quali 32 italiani - entrava nel vivo con l'agghiacciante proiezione dei filmati di quella notte, sono stati gli scontri procedurali a tenere banco. L'eventualità di clamorose svolte non è scomparsa, anche se una mediazione da parte del decano degli avvocati ha rimesso ieri il processo in carreggiata dopo che i legali della difesa avevano già abbandonato l'aula. Ieri a Bruxelles è anche corsa la voce secondo cui Michel Platini, il presidente della Juventus Giampiero Boniperti e il presidente del Liverpool saranno chiamati sul banco dei testimoni da Paul Lombard, uno dei più noti avvocati parigini, che cura gli interessi di alcune vittime francesi. Ma in attesa di conferma, presumibilmente fra una decina di giorni, è la compagine di avvocati guidata dall'anziano Sir Harry Livermore che suscita il maggiore interesse in questa seconda settimana di udienze. Lo scontro è avvenuto alle prime battute della giornata, dopo che il giudice Verlynde aveva emesso la sua sentenza sulle eccezioni procedurali sollevate la scorsa settimana dalla difesa. Le ha, di fatto, respinte: in primo luogo il magistrato si è dichiarato incompetente sulla richiesta della difesa di avere a disposizione, gratuitamente, il dossier degli atti processuali, 48 mila pagine per i cui diritti di riproduzione il tribunale chiede 45 milioni di lire.

Tale vicenda, ha detto il giudice, riguarda il ministero delle Finanze. La seconda eccezione riguardava il diritto di chiamare a testimoniare molte delle persone le cui deposizioni sono agli atti: il giudice, che in un primo tempo aveva risposto con un secco no, ha precisato che tale eventualità sarà esaminata sulla scorta del dibattito. Irritati da queste decisioni, gli avvocati difensori hanno chiesto la parola, sentendosela però negare: possono parlare, ha detto il giudice, soltanto i legali degli imputati presenti in aula. E nel Palazzo di Giustizia c'erano, ieri, soltanto due dei ventisei tifosi del Liverpool accusati della strage. E' stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. "Se non possiamo parlare, se non abbiamo certezze sui testimoni e se non abbiamo la possibilità di consultare a nostro agio gli atti - ha dichiarato uno degli avvocati - tanto vale rinunciare alla difesa". Il folto gruppo degli avvocati degli hooligans ha cosi lasciato l'aula; e soltanto la mediazione del decano ha permesso che il dibattito riprendesse. La minaccia di abbandono non è l'unica spada di Damocle che pende sul "processo maledetto": dopo gli scontri di ieri la difesa ha presentato un'eccezione scritta in cui si chiede, dopo la mancata consegna gratuita di una copia del dossier, che tutte le 48 mila pagine vengano lette pubblicamente. Sarebbe la paralisi del processo, settimane da aggiungere ai sei mesi che già si prevedono prima della sentenza. Ma l'obiettivo vero, secondo quanto si osservava ieri nei corridoi del Palazzo di Giustizia, fra i commenti sulle orrende scene dei filmati, è forse di indurre la Corte ad approvare la lettura di parti fondamentali in momenti precisi del dibattito, per sopperire in qualche maniera alle testimonianze che il giudice non vorrebbe ammettere. Fonte: La Stampa © 25 ottobre 1988  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Nella curva della morte

BRUXELLES - E’ Gesù che mi ha dato la forza di tornare qui. Da lui ho avuto la forza per sopravvivere giorno dopo giorno, da quando sono stato in carcere. E' la prima volta che vengo in questo stadio dopo la sera della tragedia, ma dovevo venire, era mio dovere. Alan Woodray ha lo sguardo un po' fisso, è emozionato, ha il viso paonazzo, i capelli biondo rossi sulla camicia a quadretti e i jeans di velluto celeste. E' l'unico degli hooligans accusati per la strage dello Heysel che abbia accettato di tornare sul luogo della tragedia. Ed è anche l'unico che mostri segni di pentimento e che accetti fino in fondo il peso delle proprie azioni. Ieri a Bruxelles, al processo per le violenze nello stadio Heysel, che il 29 maggio di tre anni fa costarono la vita a 39 persone (fra le quali 32 italiani), sono accaduti due fatti importanti: l'interrogatorio di Staney Conroy, 36 anni, e David Duncan, 25, entrambi inglesi, due degli accusati. Ed è stato condotto un sopralluogo allo stadio: con Woodray. C'erano il presidente del tribunale, Pierry Verlynde, gli avvocati delle famiglie delle vittime, il presidente della Federcalcio belga Albert Roosens, il sindaco di Bruxelles e due suoi assessori, tutti coinvolti nel processo per le responsabilità attinenti alle condizioni dell'impianto. Conroy è un disoccupato ed è stato il secondo fra gli accusati ad essere sentito dal tribunale. Ha negato quasi tutto: "Non ho minacciato nessuno, non ho partecipato direttamente a quegli incidenti. Avevo solo una bandiera, ma non c'erano sbarre di ferro". La circostanza della spranga metallica era stata indicata da due testimoni italiani e dalle immagini televisive proiettate nel corso dell'udienza. Conroy ha però ammesso di essere stato già condannato, qualche tempo fa, dal tribunale londinese per ubriachezza e violenze nei pressi dello stadio del Tottenham. Nel pomeriggio il presidente Verlynde ha guidato il sopralluogo all'Heysel.

C'erano anche i gendarmi responsabili dell'ordine pubblico allo stadio la sera di Juventus-Liverpool e il padre di una delle vittime, il pescarese Nino Cerullo che qui ha perso il figlio, Agostino. Non sono state ammesse le telecamere e gli amministratori e i dirigenti del calcio belga hanno colto l'occasione per scaricarsi di ogni addebito. Così il sindaco Brouhon, presidente federale, ha preso a calci le gradinate della curva Z per dimostrare questa teoria: Vedete, non è possibile né con le mani né coi piedi staccare un pezzo di questa pietra. Ci vogliono dei coltelli. E lascia intendere che quelli erano accessori usati dai tifosi britannici. C'è perfino una piccola polemica, perché Roosens sostiene che lo stadio non è cambiato, che è ancora in perfetta efficienza nonostante sia stato costruito nel 1930. Ma gli avvocati fanno notare che le scale d'accesso sono più larghe di tre anni fa, che ci sono nuovi frangi folla, un accorgimento che nella sera della strage sarebbero tornati assai utili: avrebbero frenato la spinta della gente in fuga e quindi diminuito lo schiacciamento. E la nuova curva: che adesso si chiama settore numero 1 e nella quale è stato rifatto il muretto decrepito che quella notte cedette facendo cadere dall'alto di molti metri alcune delle vittime. La signora Vivane Baro, assessore allo sport, dice che dove si mettono i tifosi belgi, là in alto, non succede mai nulla. Parole di difficile comprensione, forse vuol dire che anche i morti hanno qualche colpa. Alle 15.30 il presidente Verlynde ha dichiarato chiuso il sopralluogo. L'appuntamento è per lunedì mattina nell'aula del tribunale. Fonte: La Repubblica © 29 ottobre 1988  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Heysel, solo un "hooligan" sul luogo del delitto

Mr. Alan Woodray è stato I ‘unico dei 26 "hooligans" inglesi, attualmente processati a Bruxelles per la "strage Heysel", ad avere il coraggio di tornare sul luogo del delitto" tre anni e mezzo dopo la tragedia in cui morirono 39 persone. Al sopralluogo di ieri, organizzato dal tribunale belga che sta giudicando la vicenda, hanno preso parte anche alcuni imputati "eccellenti" come il sindaco di Bruxelles Brouhon e I’ex segretario della Federcalcio belga Roosens. Fonte: L’Unità © 29 ottobre 1988  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Al processo di Bruxelles per i 39 morti allo stadio non emergono prove decisive contro i teppisti

Heysel, difficile incastrare gli hooligans

Le riprese filmate sono poco chiare e facilmente confutabili dalla difesa - Sarà molto arduo provare le responsabilità dirette - E gli imputati proprio per questo acquistano ogni giorno sicurezza e arroganza.

BRUXELLES - I 24 hooligans inglesi ritenuti responsabili della tragedia dell'Heysel e della morte di 39 persone (fra le quali 32 tifosi italiani), attualmente sotto processo nel tribunale della capitale belga, potrebbero farla franca. Le due prime settimane del complicato dibattimento hanno infatti evidenziato che sarà molto difficile provare la responsabilità diretta degli accusati. Tanto è vero che il collegio dei difensori si fa di giorno in giorno più aggressivo sollevando obiezioni, demolendo testimonianze. In particolare l'esame dei numerosi filmati e delle riprese televisive non ha portato elementi di rilievo a favore dell'accusa. Le immagini della tragica serata del match fra Liverpool e Juventus, trasmesse e ritrasmesse in tribunale al rallentatore, hanno messo in evidenza al momento solo l'assenza delle forze dell'ordine e l'incapacità di queste ultime nel controllare la situazione. E così il gruppo di legali belgi incaricati della difesa sta cercando di raggiungere lo scopo di provare che si tratta di un "processo impossibile", nel quale gli unici imputati realmente accusabili potrebbero diventare il Comune di Bruxelles, proprietario dello stadio obsoleto e l'Unione belga di football, che affitta l'impianto. E gli hooligans si fanno baldanzosi. Michael Barnes, 23 anni, uno dei "duri" del gruppo, il primo ad essere stato ascoltato dal tribunale, definito dalle testimonianze italiane "aggressore, provocatore, elemento attivo della banda e minaccia grave per le forze dell'ordine", ha detto nel corso del suo recente interrogatorio: "Non mi sono mai drogato, non bevo alcol, le testimonianze sono false. Io sono andato a vedere un match di football e non allo stadio per partecipare a risse". Ed in effetti sinora non è stato possibile smentirlo concretamente.

Lo stesso Barnes ha detto anzi di essere stato attaccato da un tifoso italiano e di non essere riuscito ad inseguirlo. E le immagini tv gli danno ragione: lo si vede mentre si tiene lontano dal luogo, la tragica tribuna Z, dove sono morti trentanove spettatori. Stessa constatazione per altri tre interrogati successivamente. Un altro degli inglesi (imprigionato in seguito ad una denuncia anonima), Stanley Conroy, 36 anni, il più anziano fra gli imputati, ha replicato alle accuse di avere preso a calci dei tifosi: "Guardate bene il video, non è il mio piede quello che si vede alzarsi, ma quello di un uomo alle mie spalle". In effetti le immagini sono confuse. Sarebbero più chiare quelle riguardanti Gary Evans, 24 anni, ripreso mentre insegue tre gendarmi con un'altra trentina di tifosi del Liverpool. Ma lui si difende: "I poliziotti mi avevano colpito in testa. Qualche istante dopo avevo lanciato delle lattine di birra, ma era molto dopo la caduta del muro". Altri due imputati sentiti ieri, come quelli che li avevano preceduti, si sono dichiarati innocenti. Si tratta di Paul Howard, 23 anni, impiegato in un ristorante italiano, e Kevin Hughes, operaio edile, 22 anni: il primo, in particolare, è considerato uno dei principali responsabili delle cariche mortali. Ma anche per lui la linea difensiva è chiara: nessuna ammissione di responsabilità. Per quanto riguarda le testimonianze di coloro, italiani e non, che hanno affermato nel corso dell'istruttoria di riconoscere negli hooligans interrogati protagonisti precisi della strage, gli imputati se la cavano negando, con maggiore o minore contrizione, su tutta la linea. In sostanza non sembra che l'accusa possa avere nelle mani prove schiaccianti. Gli interrogatori degli hoolingans procederanno sino a metà novembre. L'Uefa proprio ieri è stata chiamata ancora a correo dai difensori delle vittime francesi. Il dibattimento si protrarrà a lungo. Per il nostro ministro degli esteri, Andreotti, la sentenza non si avrà prima di quattro anni. R.S. Fonte: La Stampa © 3 novembre 1988 Icone: Pngegg.com ©

 
 

Strage dell’Heysel: in Inghilterra una crociata per salvare i 26 imputati.

Martellante campagna di stampa per cercare di imporre un verdetto di assoluzione.

Gli hooligans ? Sono bravi ragazzi

di Alfio Bernabei

I 26 imputati inglesi nel processo per il massacro nello stadio di Heysel che costò la vita di 39 persone saranno tutti assolti per insufficienza di prove. Questo è il parere quasi unanime della stampa britannica. A torto o a ragione si sta creando l'aspettativa per l‘inevitabile risultato, intorno ai 26 esiste ormai un clima di indulgenza con il paese che reclama "vera giustizia" e assoluzione per "i nostri ragazzi".

LONDRA - Dopo aver messo una pietra sopra alla "sfortunata tragedia", i giornali stanno demolendo la farsa nell‘aula del palazzo di Giustizia a Bruxelles sulla quale sono state pubblicate le prime vignette satiriche. "Fuori, fuori, fuori", urlano gli avvocati dipinti come hooligan togati. Non si capisce bene se si riferiscano a se stessi, al giudice Pierre Verlynde che tende a pronunciamenti contraddittori, o ai lacrimosi italiani che come nel film del neorealismo si fanno prendere dalle emozioni. La colpevolezza o meno degli imputati è diventata un argomento di secondo ordine, la linea seguita dalla stampa è quella influentissima suggerita fin dall'inizio dall'avvocato di Liverpool Sir Harry Livermore: il processo è una perdita di tempo, il sistema giudiziario belga è inferiore a quello britannico e il governo non avrebbe mai dovuto acconsentire all'estradizione degli imputati mettendoli in balia di un sistema processuale così diverso che è diventato sinonimo di inefficienza. E adesso che gli imputati sono circondati da confusione procedurale, manovre forensi asservite a scopi politici interni al Belgio e per giunta ad italiani emotivi, è venuto il momento di far scattare la crociata della salvezza, bisogna estricare i 24 (due sono in prigione in Inghilterra per altri motivi) prima che diventino essi stessi vittime innocenti di circostanze pericolose. Gli hooligans di ieri sono diventati "our boys", i nostri ragazzi, e l'altro giorno Sir Harry Livermore, che rappresenta 15 imputati, ha impressionato i giornalisti quando ha usato nei loro riguardi l'espressione "gallant young gang", gruppo di giovani galanti. Che ci sia della messa in scena bene organizzata appare evidente.

I 24 imputati non si danno più di gomito sorridendo delle loro bravate come li abbiamo visti fare nell'aula numero 4 della Corte di Highbury a Londra durante le fasi iniziali del processo e non cantano più i loro inni goliardici nel sottoscala del tribunale. In Gran Bretagna macchine fotografiche e telecamere sono vietate così non esiste traccia visuale di questo comportamento. Ora i giornalisti inglesi li descrivono in cravatta, cortesissimi davanti al giudice al quale si rivolgono con un "monsieur le president". Tutti hanno chiesto scusa ai familiari delle vittime prima di tornarsene in Inghilterra perché dopo la confusione nel palazzo di Giustizia sono pervenuti al loro proprio verdetto, non vale la pena di rimanere in Belgio, hanno cose più importanti da fare. Forse non è un caso che l'unico imputato che è tornato nello stadio fra dozzine di giornalisti e telecamere è stato Allan Woodray. "Certo che si provano delle emozioni nel tornare qui, ma sono determinato a non farmi trasportare da esse. In questi anni ho ritrovato Dio ed è lui il solo che mi controlla", ha detto ai giornalisti. A poca distanza da lui c’era il padre italiano di una delle vittime ed è logico pensare che se avesse osato mormorare qualcosa in più del suo "questo è un brutto momento", avrebbe fatto una pessima figura verso il giovane inglese rinato in Dio, ma soprattutto nei confronti dei molti giornalisti presenti. "E’ chiaro che gli avvocati hanno fatto scuola ai loro clienti", scrive il Sunday Times. E aggiunge che secondo voci alcuni avvocati belgi avrebbero accettato di rappresentarli senza percepire alcun compenso o per farsi notare o perché il processo offre loro la possibilità di criticare il sistema legale belga verso cui hanno dette rimostranze di vecchia data. Da qui sarebbe originato il loro comportamento da "ragazzi disordinati", impegnati in una serie di trovate pubblicitarie.

In questo modo le sedute vanno avanti lentamente senza che ancora si siano toccati gli aspetti principali e potrebbero continuare fino a febbraio ed oltre. A quel punto anche se uno o due degli accusati fossero giudicati colpevoli, sullo sfondo di tanti elementi confusionari o farseschi, i legali non avrebbero difficoltà nel presentare un appello dopo l’altro. L'andamento del processo e il verdetto che ne verrà fuori non sono esenti da considerazioni di natura interna britannica, in parte legate allo sport e in parte alla politica. Il mondo dello sport ha bisogno di un lifting morale dopo le accuse di doping, di razzismo e l'imprigionamento di un eroe nazionale come il fantino Lester Piggott per evasione fiscale (rimesso in libertà in questi giorni). Sul piano politico non bisogna dimenticare che il premier Thatcher proprio durante una recente visita in Belgio ha posto importanti freni alla nozione dell’integrazione europea in vista del 1992. Uno degli argomenti più sacrosanti è la preservazione dei processi decisionali interni con la massima determinazione di impedire qualsiasi interferenza in aree domestiche tipo quella giudiziaria. La condanna di 26 cittadini britannici all’estero sarebbe uno choc anche politico per il paese. Lo scorso anno i giornali britannici si sono scagliati per diversi mesi e con straordinaria violenza (e con pochi motivi, oltre a quello di rinforzare in senso nazionalistico la propria supposta superiorità legale) contro il sistema giudiziario svedese in seguito alla condanna di un membro dell'esercito inglese trovato in possesso di una vasta quantità di stupefacenti. Quest'anno, come alcuni fanno notare, è la volta del Belgio. Fonte: L’Unità © 3 novembre 1988 Icone: Pngegg.com ©

 
 

Con i torinesi per la prima volta in Belgio dopo l'Heysel

Quei 39 morti calpestati nel processo di Bruxelles

di Fabio Galvano

Da un mese di interrogatori-farsa emergono solo stupidità e faciloneria.

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE (BRUXELLES) - Sembra un'antologia delle occasioni perdute o peggio un tragicomico catalogo di agghiaccianti facilonerie - mentre la Juventus tornava ieri per la prima volta in Belgio a tre anni dalla tragica serata dell'Heysel - il bilancio di oltre un mese di udienze sul processo contro gli hooligans del Liverpool. Di tutto si è sentito nell'imponente aula del Palazzo di Giustizia di Bruxelles: persino il Papa è stato chiamato in causa; e il responsabile della sicurezza ha dovuto ammettere che non aveva mai visto uno stadio prima di quella sera. Ma non una parola di pentimento o di schietto dolore è echeggiata per i 39 morti - 32 italiani - di quel 29 maggio 1985. Dal banco degli imputati il ritornello non cambia: nessuna responsabilità, dicono i tifosi del Liverpool, tutt'al più coinvolgimenti involontari: "7 testimoni che sostengono il contrario sbagliano o mentono". A stupire ha cominciato, l'altra settimana, l'ex segretario generale della federazione calcistica belga, Albert Roosens, accusato di concorso in strage. E' stato lui a tirare in ballo il Papa. Certo che quella era una partita delicata, ha detto: più volte ne aveva discusso con polizia e gendarmeria, ma invano aveva chiesto misure speciali di prevenzione. E quella sera le forze dell'ordine gli erano parse stanche, "forse in conseguenza della visita del Papa". Che, per onor di cronaca, era ripartito dal Belgio già da due settimane. E' poi salito, su quel palcoscenico di toghe nere, il borgomastro di Bruxelles, Hervé Brouhon, chiamato in causa in quanto lo stadio dell'Heysel appartiene al Comune. Brouhon è il personaggio che, l'indomani della tragedia, per difendere l'operato della polizia aveva coniato un'indimenticabile battuta: "E’ stato fatto tutto il possibile - aveva detto - anzi il necessario". In tribunale egli ha continuato sulla stessa falsariga: "Tutto era stato previsto", ha detto.

Ma non che gli incidenti scoppiassero prima della gara; non che 39 persone potessero rimanere uccise. Le forze dell'ordine erano poche ? Di più non era stato possibile mobilitarne, ha risposto. Perché non si provvide a proibire la vendita di alcolici ? Perché amministrativamente era impossibile. Tutto così, in tono burocratico; come se il massacro di quella sera fosse davvero una fatalità imprevedibile. Ma la palma degli interrogatori in tribunale spetta forse ai responsabili della sicurezza. Johan Mahieu, capitano della gendarmeria, dirigeva il servizio d'ordine all'interno dello stadio. "Non avevo mai visto una partita di calcio in vita mia", ha candidamente confessato. Per quell'incarico, ha rivelato, lo avevano scelto soltanto il giorno prima, ai suoi ordini aveva non più di cento uomini per controllare 30 mila tifosi. E quando il "blocco Z" dell'Heysel esplose, lui era all'esterno dello stadio, chiamato per altri piccoli incidenti. Per i primi venti minuti del dramma, probabilmente i più drammatici, lui non c'era. Nessuno lo avvisò ? Probabilmente sì, ma chi avrebbe potuto prevedere che il boato degli spalti potesse coprire la gracchiante voce dei walkie-talkie utilizzati per garantire il coordinamento fra l'interno e l'esterno dello stadio ? Perché il capitano Mahieu fu scelto per quell'incarico, nonostante la sua mancanza d'esperienza ? "Perché l'ufficiale originariamente preposto a quel servizio aveva la scarlattina", ha risposto senza battere ciglio il maggiore Michel Kensier. Lui era alla centrale, coordinava da lontano la sicurezza allo stadio; e al processo se l'è presa con gli organizzatori di quella tragica finale di Coppa: "Mi dissero che i tifosi del Liverpool non erano teppisti". Un'altra "perla", che fa a gara con quella emersa dalla testimonianza di Vivianne Baro, Assessore allo Sport del Comune di Bruxelles, quella sera anche lei andò allo stadio. Ma non mentiva quando al giudice ha detto di non sapere nulla di quanto accadde. La spiegazione c'è, ed è stupenda: un poliziotto le disse che c'erano incidenti e lei, saggiamente, se ne tornò a casa. Fonte: La Stampa © 24 novembre 1988 Icone: Pngegg.com ©

 
 

Nella strage dell'Heysel perse l'uso di una mano, ora è senza pensione

"E dopo il danno, le beffe"

La rabbia di Carlo Duchene, il parrucchiere rimasto ferito 3 anni fa a Bruxelles. Secondo l'Inps non raggiunge più la percentuale d'invalidità sufficiente per ottenere l'assegno d'invalidità.

La mano destra è quasi inservibile da quando, quella sera, la usò per ripararsi il capo dai colpi di spranga di un "hooligan" impazzito; soffre di improvvise vertigini, tira avanti a medicine e lavora come può, cercando di non affaticarsi troppo. Eppure Carlo Duchene, 36 anni, ha perso la pensione di invalidità, 420 mila lire al mese: le botte prese allo stadio Heysel di Bruxelles lo hanno menomato per sempre, ma il grado di invalidità non raggiunge più quel 67,7 per cento previsto dalla legge che gli era stato riconosciuto tre anni fa. Duchene non ci sta, sostiene che l'ultima visita a cui si è sottoposto "è stata frettolosa e incompleta", esibisce una perizia di parte, firmata dal prof. Baima Bollone, che attesta una menomazione superiore al 70 per cento. Farà ricorso, se andasse male è disposto a citare l'Inps. La sera del 29 maggio '85, prima della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, lo stadio di Bruxelles fu teatro di un autentico massacro: 39 morti (32 italiani), oltre 200 feriti. Duchene, parrucchiere di Vigone, restò per settimane tra la vita e la morte, con un trauma cranico che costrinse i medici belgi a un delicato intervento. E' guarito, se può dirsi guarito un uomo bisognoso di cure e periodici controlli, costretto a dosare le proprie forze nel lavoro in negozio. Dall'85 percepiva la pensione di invalidità, l'hanno chiamato a Pinerolo per la visita di conferma (per legge va effettuata ogni tre anni). Racconta: "La dottoressa mi ha fatto dire "trentatré", proprio come nelle barzellette.

Mi ha guardato gli occhi, non le mani o la testa. "Sappiamo tutto di lei" mi ha detto congedandomi. Ero tranquillo, poi dall'Inps è arrivata la comunicazione che mi avrebbero tolto l'assegno". Alla sede Inps di Pinerolo, il direttore, Raffaele Tassone, tenta di smorzare la polemica: "Escluderei controlli sommari e frettolosi. Tanto più che, in caso di dubbi, i sanitari possono richiedere visite specialistiche". Aggiunge la dottoressa Trinchino, che ha effettuato la visita: "Ho seguito le normali procedure, basandomi anche sulla documentazione che riassume tutta la vicenda dell'assistito. Visita frettolosa ? Non è vero, tutto normale". Il ricorso, comunque, ci sarà. Lo sta preparando l'avvocato Andrea Gaspari: "Dobbiamo presentarlo entro 90 giorni, ma ne basteranno molti meno. Siamo disposti ad arrivare alla causa civile". L'asso nella manica sarebbe la perizia del professor Baima Bollone, dove si parla di "capacità di lavoro ridotta a meno di un terzo", invalidità dal 71 all'80 per cento, danni permanenti alla mano destra, postumi di trauma cranico e vertigini ricorrenti. Duchene: "Non riesco a capire come tutto questo possa accadere. Del resto, sembra proprio che la maledizione dell'Heysel non debba finire: 2 anni fa mi arrivò perfino il conto dall'ospedale di Bruxelles". Fu un "disguido amministrativo" di cui le autorità belghe si scusarono prontamente. Questa volta, invece, la vicenda potrebbe finire in tribunale. A. GIA' Fonte: La Stampa © 26 novembre 1988  Icone: Pngegg.com ©

 
ARTICOLI STAMPA PROCESSO HEYSEL 1989
 
 

Processo dell’Heysel

Pubblico ministero generoso. Chieste pene irrisorie per hooligan e autorità.

BRUXELLES - Una requisitoria debole, costellata da numerose contraddizioni, assoluzioni e infine una richiesta di pene miti, che hanno sollevato la reazione della parte civile. Queste sono le prime risultanze del processo dell’Heysel, in corso di svolgimento a Bruxelles, dopo l'intervento del pubblico ministero, che si è rimesso al giudizio della Corte e confessando di non riuscire a valutare con esattezza se le cariche e gli atti teppistici degli hooligan inglesi, durante la finale della Coppa dei Campioni di calcio Juventus-Liverpool, disputata allo stadio Heysel di Bruxelles il 29 maggio dell’85, fossero premeditate o meno. Un’ammissione che potrebbe partorire una conclusione scandalosa del processo, con numerosi imputati, che potrebbero venirne fuori con pene irrisorie in pieno contrasto con i gravi fatti avvenuti in quella terribile serata, dove persero la vita 39 persone di cui 32 italiane. Il pubblico ministero ha praticamente scagionato tutte le "teste d’uovo" belghe direttamente interessate all’avvenimento, cioè i "grandi capi" della gendarmeria, quelli della federazione calcio e il sindaco della città, che ha concesso l'utilizzo di uno stadio non adeguato all’avvenimento, privo delle necessarie misure di sicurezza. Imputati erano 26 teppisti inglesi per i quali sono state chieste due assoluzioni piene, otto assoluzioni con il beneficio del dubbio e 15 condanne da un minimo di tre ad un massimo di quattro anni. Per l’allora segretario generale della Unione calcio belga e per i due responsabili del servizio d’ordine, la richiesta di condanna non è stata neanche quantificata. Sarà la Corte a decidere. Nessun accenno all’Uefa e alla Municipalità chiamate a correo dalle parti civili, per i quali l’accusa ha chiesto l’assoluzione. Lunedì cominceranno le arringhe della difesa. Il dibattito dovrebbe concludersi verso metà marzo, il verdetto a metà aprile. Fonte: L’Unità © 18 gennaio 1989 Fotografia: GETTY IMAGES © (Not for commercial use) Icone: Pngegg.com ©

 
 

Processo Heysel, scandalo !

Pene irrisorie per i maggiori responsabili dei 39 morti. Per i 25 teppisti imputati, 10 assoluzioni e 15 condanne da 3 a 4 anni; per i responsabili dell'ordine nello stadio non è nemmeno quantificata la pena.

TORINO - Pene miti, troppo miti, per i 25 teppisti inglesi imputati. Pene neanche quantificate per Albert Roosens, l'allora segretario generale dell'unione calcio belga, responsabile dell'organizzazione, e per i due ufficiali della gendarmeria che avrebbero dovuto garantire l'ordine nello stadio. Queste le richieste avanzate ieri pomeriggio dal pubblico ministero, il procuratore del Re Pierre Erauw, al processo per la strage di Heysel, 29 maggio 1985, finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool. Gli "hooligans" inglesi, fradici di birra, causarono con una carica sulle gradinate: 39 morti, 32 dei quali tifosi italiani della Juventus giunti in Belgio con migliaia di altri appassionati. Tra i morti ci furono anche due torinesi, Domenico Russo e Giovacchino Landini. Gli imputati principali sono 26 teppisti inglesi. La posizione di uno di loro è stata stralciata, essendo in carcere in Gran Bretagna. Per gli altri 25, l'accusa ha chiesto due assoluzioni piene, otto assoluzioni col beneficio del dubbio, e 15 condanne a tre o quattro anni. Il pubblico ministero si rimette inoltre al giudizio della corte per quel che riguarda la "premeditazione" della carica. Il procuratore del re ha detto di non essere in grado di valutare se la carica dei tifosi britannici fosse premeditata o no. Non è un particolare secondario: se si propende per la premeditazione, la pena è fino a 10 anni (e l'accusa diventa di lesioni volontarie e omicidio preterintenzionale) al contrario, il massimo della condanna è cinque. L'accusa, come detto, si rimette alla Corte, ma intanto si è limitata a chiedere quattro anni. Per l'allora segretario generale dell'unione calcio belga, e per i due responsabili del servizio d'ordine (i tre, comunque, rischiano un massimo di due anni) la richiesta di condanna non è neanche stata quantificata, tutto è rimesso alla corte. Le reazioni alla requisitoria sono state ovviamente negative. La parte civile, ma anche altri avvocati, perfino alcuni difensori di imputati britannici, l'hanno giudicata debole, poco incisiva, ed, in alcuni casi, contraddittoria. Lunedì cominciano le arringhe della difesa, che dureranno almeno un mese. Verso la metà di marzo la fine del dibattito in aula, quattro settimane dopo la sentenza. Fonte: Stampa Sera © 19 gennaio 1989 Icone: Pngegg.com ©

 
 

A quattro anni dalla strage nello stadio di Bruxelles

Domani la sentenza per i morti all'Heysel

di Fabio Galvano

L'ombra del dramma di Sheffield su un processo che non trova colpevoli.

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE (BRUXELLES) - Risvegliati dal dramma di Sheffield, i fantasmi dell'Heysel battono alla porta della giustizia. Ma dalla sentenza che pronuncerà domani il giudice Verlinden, sotto la grande cupola del tribunale di Bruxelles, difficilmente emergerà un esauriente quadro delle colpe per i 39 spettatori - 32 erano italiani - uccisi la sera del 29 maggio 1985. A conclusione di un processo durato più di sei mesi, le labili prove portate contro gli hooligans del Liverpool non apriranno la strada alle severe condanne che si erano auspicate. Quasi dimenticato e stancamente avviato verso il suo esito inconcludente, il processo dell'Heysel riflette inevitabilmente l'angoscia dell'ultima tragedia calcistica britannica: protagonisti in entrambi i casi i supporters inglesi, anzi proprio quelli del Liverpool, è difficile sfuggire alla conclusione che la meccanica dei due incidenti può essere stata diversa, ma che identica - la violenza - ne è stata la matrice. Probabilmente la sentenza di domani non sarà l'ultimo atto dell'Heysel. Seguiranno infatti ricorsi e azioni civili; ma per 39 morti e per i 600 feriti, per i loro familiari, per tutti coloro che hanno sofferto in seguito agli avvenimenti di quella notte, è come se si chiudesse la rincorsa alla giustizia. Dei 26 hooligans portati in giudizio dopo oltre tre anni di indagini, undici sono stati esonerati dalla stessa accusa: uno era in carcere in Gran Bretagna e due sono stati ritenuti estranei ai fatti, mentre per altri otto è stata chiesta l'assoluzione col beneficio del dubbio.

Per i rimanenti quindici sono state chieste condanne di tre o quattro anni, non meglio specificate, per le quali il pubblico ministero si è rimesso al giudizio della corte. Questo può significare che l'accusa non ritiene di avere dimostrato gli estremi della premeditazione, che si tradurrebbe in pene massime di dieci anni; peggio, che non è neppure convinta di avere dimostrato le lesioni volontarie e l'omicidio preterintenzionale. Come ha ben sottolineato la difesa, inoltre, non esiste nella giurisprudenza belga il concetto di "reato collettivo". I gesti di alcuni singoli, cioè, non possono essere "collettivizzati"; e quindi non può esserci condanna per la causa principale dei decessi, il soffocamento dovuto ai grandi spostamenti di folla, sebbene questi siano stati a loro volta dovuti a gesti teppistici di singoli individui. E se anche il giudice Verlinden indicherà responsabilità civili per gli autorevoli personaggi che hanno diviso con gli hooligans il banco degli accusati, mossa che aprirebbe la via ai risarcimenti da parte delle compagnie assicuratrici, pochi saranno gli strascichi penali. Per il presidente e per il segretario dell'Uefa, Jacques Georges e Hans Bangerter, nonché per il sindaco di Bruxelles Hervé Brouhon e per l'assessore allo sport Vivianne Baro, è stata la stessa accusa a chiedere l'assoluzione. Per gli altri imputati - il segretario della federazione belga Albert Roosens e i due gendarmi responsabili della sicurezza nello stadio, il maggiore Michel Kensier e il capitano Johan Mahieu, tutti passibili di pene massime di due anni - il pubblico ministero non ha fatto una richiesta precisa: come per gli hooligans, si è rimesso alla volontà della corte. Potrebbe davvero finire con tutti in libertà, sia pure attraverso i benefici della condizionale. A meno che l'esigenza di un capro espiatorio spinga all'esemplare condanna di almeno una persona. Fonte: La Stampa © 27 aprile 1989 Icone: Pngegg.com ©

 
 

Heysel, 14 condanne

Sentenza stamane per la strage di Juve-Liverpool.

BRUXELLES - Un processo per la strage dello stadio di Heysel si concluderà con la condanna di 14 dei 25 tifosi teppisti britannici. Questo l'annuncio che ha dato stamani il presidente del tribunale, Pierre Verlinden, iniziando la lettura delle conclusioni del procedimento. Gli altri 11 teppisti, i tristemente famosi "hooligans" a giudizio, saranno assolti. Le richieste della pubblica accusa erano state: la condanna di 15 teppisti e l'assoluzione, per non avere commesso il fatto o per insufficienza di prove, di dieci di essi. L'entità delle pene, ha detto il presidente del tribunale, sarà annunciata in un secondo tempo, probabilmente nella tarda serata. Si è potuto constatare alla lettura delle conclusioni del processo che il tono del presidente nei confronti degli imputati è stato estremamente duro e severo. Si sta esaurendo così, dopo un lungo e travagliato periodo di indagini non sempre condotte secondo quanto speravano e pretendevano i familiari delle vittime, il primo atto di una delle più tragiche vicende che abbiano funestato il mondo dello sport. Il dibattito iniziatosi il 17 ottobre racchiude in 564 pagine la "verità" su quella terribile serata del 29 maggio 1985 in cui morirono allo stadio dell'Heysel 39 persone delle quali 32 italiane. Soltanto il 9 settembre del 1987 gli hooligans furono trasferiti dall'Inghilterra a Bruxelles e rinchiusi nel carcere di Leuven. Ma la detenzione durò soltanto un mese, il 17 ottobre 1988 ebbe finalmente inizio il processo che rischiò subito la paralisi giacché i difensori degli hooligans chiesero che fossero lette in aula tutte le 48 mila pagine agli atti. Per fortuna, il presidente volle sfoltire la procedura, ma lo scorso 13 febbraio vi fu un nuovo colpo di scena. Dopo le arringhe dei difensori, il procuratore del re chiese due assoluzioni con formula piena e 8 con formula dubitativa per gli imputati inglesi e per gli altri 15 condanne a discrezione della corte. Inoltre, chiese l'assoluzione per l'Uefa e per la città di Bruxelles individuando solo nel capitano della gendarmeria Mahieu e nel segretario dell'Unione belga Roosens eventuali responsabili. Questa mattina alle ore 9, il presidente del tribunale ha dato inizio alla lettura della sentenza che continuerà per tutta la giornata di oggi. In aula oltre agli imputati, erano presenti 150 giornalisti provenienti da tutto il mondo (una decina dall'Italia). Fonte: Stampa Sera © 28 aprile 1989 Icone: Pngegg.com ©

 
 

"Giustizia per i morti dell'Heysel"

di Daniele Mastrogiacomo

BRUXELLES - Nessuna vendetta, chiediamo solo giustizia. Lidia e Salvatore Mastroiaco parlano con un filo di voce. Si tengono per mano, gli occhi lucidi, sconvolti da una tragedia immensa. La sera del 29 maggio 1985 il loro figlio Gianni era lì, nel settore Z della curva allo stadio di Heysel. Era partito da Rieti con un gruppo di amici. "C'era la Juve, finale della Coppa dei Campioni - ricordano. Era un ragazzo felice, spensierato. Non lo abbiamo più visto, l'ha ucciso la furia degli hooligans. Una violenza senza ragione, bestiale, immotivata... Cosa ci aspettiamo ? Solo giustizia. Vogliamo che venga punito chi ha assassinato nostro figlio". Sul DC9 Alitalia diretto a Bruxelles rabbia e speranza dominano i racconti. A bordo ci sono una trentina di parenti dei 32 italiani morti dopo l'assalto dei red del Liverpool. Madri e padri che hanno perso i loro cari. Mogli rimaste improvvisamente vedove. Sguardi spenti che si perdono nel vuoto. Stamani saranno tutti lì, nella grande aula del tribunale del Palais de Justice di Bruxelles, per ascoltare il verdetto della corte chiamata a giudicare 32 imputati del massacro di Heysel. Dai 25 supporter del Liverpool (la posizione di un tifoso è stata stralciata perché in galera in Inghilterra), inchiodati dalle riprese Tv, a Jacques Georges e Hans Bangerter, presidente e segretario della Uefa. Da Hervé Brouhon, sindaco di Bruxelles, a Vivianne Baro, assessore allo sport, ad Albert Roosens, segretario dell'Unione calcio belga, a Michel Kensier e Johans Mahieu, rispettivamente maggiore e capitano della Gendarmerie, entrambi responsabili del servizio d'ordine allo stadio della città. Saranno presenti anche gli avvocati di parte civile. Uno stuolo di legali, deciso e combattivo. Per tutti questi mesi hanno seguito le udienze del dibattimento, incalzando la corte con una serie di richieste. Per tutti parla l'avvocato Bruzio Pirroncelli, del Foro di Roma. Da questa sentenza ci aspettiamo ben poco, ammette. Gli hooligans, probabilmente, saranno assolti per insufficienza di prove. Ma quello che non riusciamo ad accettare è l'assoluzione del responsabili della Uefa. Loro hanno organizzato l'incontro, loro hanno incassato l'83 per cento degli introiti, loro hanno svolto un ruolo determinante in tutta la vicenda. Ci aspettiamo la condanna dell'Unione calcio belga e dei responsabili del servizio d' ordine. Interviene Otello Lorentini, 54 anni.

E' il presidente dell'associazione che raccoglie i familiari delle vittime di Heysel. Nello stadio della morte ha perso un figlio, Roberto. Una tragedia nella tragedia. Si era salvato dalle cariche bestiali degli hooligans. Ma, in quanto medico, era tornato indietro per assistere i feriti. La seconda carica lo ha travolto. Il padre non si dà pace: Come faccio a dimenticare quella gente ? Io li ho visti, con i miei occhi. Ci aggredivano con violenza, con rabbia. Armati di spranghe, di bastoni, di pietre, ci spingevano verso il muro. Li ho visti picchiare, sputare, lanciare in aria, in segno di spregio, i documenti e gli oggetti personali dei feriti e dei moribondi. Adesso ci chiedono di perdonare, come la Candy, che sponsorizza la squadra del Liverpool... No, purtroppo, non ce la sentiamo di perdonare. E' ancora troppo presto. Il massacro di Sheffield forse avrà insegnato loro qualcosa. Avranno finalmente capito cosa si prova quando si muore in modo così assurdo"... Ma la requisitoria del Pubblico ministero, Pierre Erauw, ha spianato la strada verso un verdetto mite. Gli hooligans hanno continuato a gridare la loro innocenza. I filmati, acquisiti agli atti del processo, mostrano due, tre giovani che brandiscono dei bastoni e lanciano alcune pietre. Prove che, per la pubblica accusa, sono insufficienti per incastrare i responsabili. E, motivo determinante, per accogliere la tesi della premeditazione. Alla fine, ha chiesto l'assoluzione per otto hooligans, e la condanna per altri quindici. Nessuno azzarda previsioni. Anche se molti sono convinti che l'unico a pagare il prezzo della strage sarà il capitano della Gendarmerie, Johans Mahieu. Era la sua prima esperienza di ordine pubblico allo stadio ed in aula ha ammesso che i walkie-talkie della polizia non erano muniti di batterie. In questo clima di generale indifferenza, creato da una città che vuole rimuovere e dimenticare l'incubo di un assurdo massacro, i parenti delle vittime si aggrappano all'ultima speranza. La speranza di una condanna che apra la strada verso il risarcimento. Fonte: La Repubblica © 28 aprile 1989  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Oggi a Bruxelles si conclude il processo

Indizi confusi e giuridicamente dubbi: dei 32 imputati (25 hooligan) nessuno rischia condanne troppo dure. L'ombra della tragedia di Sheffield. Solo la recente strage in Inghilterra ha in parte ravvivato l’interesse per una vicenda che dura dal luglio ’86.

Heysel, una sentenza piccola piccola ?

di Paolo Soldini

Tre anni e undici mesi dopo quella maledetta sera del 29 maggio 1985, sulla strage dello stadio di Heysel (39 morti, travolti dalla furia scatenata dei tifosi del Liverpool) cala il sipario della giustizia. Oggi il tribunale di Bruxelles emetterà la sentenza di un processo che dura, ormai, dal luglio dell'86. Dei 92 imputati nessuno rischia condanne troppo dure.

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE (BRUXELLES) - Per leggere la sentenza, si prevede, il presidente del tribunale Pierre Verlynden impiegherà diverse ore, per dar tempo agli interpreti di tradurla. Ma tanta lentezza non rischia davvero di rovinare la "suspense": dalla conclusione del processo per la tragedia di Heysel nessuno si aspetta fatti sconvolgenti, né giustizie esemplari. Dei 32 imputati, 25 "hooligan" britannici (all'inizio erano 26, poi la posizione di uno è stata stralciata perché è già condannato, per altri motivi, in patria), due ufficiali della gendarmeria belga, l'ex segretario dell’Unione calcistica belga, il presidente e il segretario generale della Uefa, il borgomastro e l'assessore allo Sport della città di Bruxelles, nessuno rischia più di tanto. Gli elementi a carico dei teppisti, identificati sulla base delle riprese televisive, sono abbastanza confusi e giuridicamente dubbi, al punto che lo stesso pubblico ministero, nel corso del dibattimento, ha messo in Iuce il fatto che per molti regga l'imputazione di omicidio preterintenzionale. L'Unione calcistica belga e la Uefa rischiano al massimo una condanna simbolica e pro-forma, che servirebbe solo a permettere alle assicurazioni di pagare (chissà quando) il premio alle famiglie delle vittime e ai feriti di quel 29 maggio. Il borgomastro e l'assessore allo sport di Bruxelles sono già, praticamente, usciti dal processo: "puliti", come si dice. L’unico che ha da temere, fra gli imputati belgi, è il capitano della gendarmeria Johan Mahieu, che quella sera maledetta era "responsabile" dell'ordine pubblico all’Heysel e sbagliò tutto. "Fino ad allora - si è giustificato al processo - non avevo mai messo piede in uno stadio"... Il suo superiore diretto, il maggiore Michel Kensier, invece, ha ottime probabilità di passarla liscia; Il principio delle responsabilità di chi comanda, in questa tristissima storia, non ha mai contato molto.

Fin dall’inizio, quando, poche ore dopo la strage, il ministro degli interni Charles-Ferdinand Nothomb a chi gli chiedeva le dimissioni rispose: "E perché mai ? lo che c’entro ?". È ben difficile, insomma, che i parenti dei 32 morti di Heysel, una trentina, attesi a Bruxelles per stamani, scioperi aerei permettendo, possano aver almeno la consolazione di veder fatta giustizia. D'altronde, nonostante l'impegno dei legali di parte civile, coordinati dall’avvocato italo-belga Daniel Vedovatto, il processo aveva preso un andamento discutibile fin dalle prime battute. Per ottenere l'estradizione dei 26, poi diventati 25, "hooligans" riconosciuti nelle riprese tv, le autorità belghe avevano impiegato mesi e mesi. Poi, in base ad accordi mai chiariti del tutto con il governo di Londra, li aveva sistemati in prigioni di tutto comodo (il che provocò addirittura la rivolta dei detenuti "normali" in due carceri di Bruxelles) e quindi rilasciati su una serie di cauzioni che non si sa chi abbia, alla fine, pagato. La prima apertura del procedimento, il 2 luglio dell’86, fu una specie di finta giuridica: gli atti, oltre 50 mila pagine, che il tribunale pretendeva che venissero pagate, e a peso d’oro, erano del tutto sconosciuti agli avvocati, cosicché fu necessario un rinvio di oltre due anni, fino all'ottobre dell‘88. Tra le schermaglie legali e le lungaggini, il dibattito aveva finito per perdere ogni interesse e la fiducia che arrivasse a una conclusione significativa si era ben presto persa. Dalle udienze, a poco e poco, scomparivano i vestiti a lutto dei parenti delle vittime e i giornali relegavano la cronaca nelle pagine interne. La tragedia di Sheffield ha riacceso l'attenzione su una storia che cominciava a divenire "lontana" nel tempo e, soprattutto, nelle coscienze. Resta da chiedersi se quello che è successo nello stadio inglese, la ripetizione di una follia che dopo Heysel era sembrata davvero irripetibile, influirà in qualche modo sulla conclusione del processo di Bruxelles. Ma c’è da dubitarne. Fonte: L’Unità © 28 aprile 1989 Icone: Pngegg.com ©

 
 

Heysel, la sentenza di Bruxelles

Sedici condannati e sei assolti. Riconosciuta la responsabilità della Federcalcio belga ma non dell’Uefa. Duri commenti dei parenti delle vittime.

Strage archiviata. Assoluzione per i padroni del pallone. Sedici condanne e sedici assoluzioni; tre anni di reclusione con la condizionale per 14 dei 25 teppisti britannici individuati tra la folla; pene minori per due degli accusati belgi; negata ogni responsabilità dell’Uefa. Il processo per la strage dell’Heysel si è chiuso ieri con una sentenza che lascia l'amaro in bocca. Quattro anni dopo, nessuno dei responsabili di quella follia è in carcere. DAL NOSTRO CORRISPONDENTE. BRUXELLES - Delle meticolose misure di sicurezza dispiegate il 17 ottobre scorso, quando il processo per la strage dell'Heysel si era aperto (o, meglio, riaperto, dopo una prima falsa partenza) sono rimasti il "metal detector" all'ingresso dell'aula e un cordone di poliziotti annoiati. Il grande processo alla follia della violenza negli stadi non eccita più gli animi, e da un bel po' di tempo. Sotto la cupola enorme del palazzo di giustizia di Bruxelles, che dovrebbe simboleggiare nel suo neoclassico "kitsch" la sacralità della Giustizia, si affollano giornalisti e cameramen, ma di curiosi, stavolta, non ce ne sono molti. Di avvocati, sì, invece, in tocco e toga e sir Henry Livermoore, il super patron degli accusati inglesi, anche con la parrucca in testa, come si usa a casa sua. Tanti avvocati perché questo è un processo difficile, molto "tecnico", come dice chi se ne intende, e senza precedenti, almeno in Belgio: 50 mila pagine di atti istruttori, elementi di prova inediti, come le riprese tv che hanno permesso di identificare 26 persone (su quanti: cinquecento, mille ?) "nella massa scatenata che quella sera, tre anni e 11 mesi fa, travolse la tribuna "Z" e lasciò per terra 39 morti, un complicato intreccio di elementi penali ed elementi civili, i risarcimenti per i sopravvissuti e i parenti delle vittime…

Quando il presidente della Corte Pierre Verlynden comincia, verso le 10 del mattino, a leggere la sentenza, le ultime curiosità si sono già spente. Come finirà questo processo "esemplare", più o meno già si sa. A fugare le ultime incertezze, il giudice Verlynden ha fatto discretamente sapere in giro che la sua sentenza era pronta da tempo, da prima, per intenderci, del nuovo massacro della "guerra degli stadi", quello di Sheffield, che così qualcuno aveva pensato avrebbe potuto influire sul giudizio. Solo dalle file in cui si sono raggruppati i parenti dei morti, le vedove con il nero del lutto, le madri, i padri, i fratelli viene ancora qualche segno di passione, scambi di occhiate inquiete, qualche parola a bassa voce, qualche messaggio per gli avvocati di parte civile. Più avanti, dove sono seduti i 32 imputati, l'atmosfera è distesa: nessuno rischia troppo. E tutti già lo sanno. Pian piano, in francese prima e in inglese poi, si sgranano le cifre della sentenze. Undici degli accusati inglesi sono assolti: la Corte non ha potuto provare nessuna particolare colpevolezza, pur se li ha riconosciuti tutti nella massa inquadrata dalle telecamere quella sera maledetta. Assolto il maggiore Michel Kensier, che quella sera dirigeva dal suo ufficio le operazioni della gendarmeria dentro e intorno allo stadio: non ha sbagliato nulla, secondo il tribunale, e una responsabilità particolare, per chi risponde dell'operato dei propri sottoposti, non esiste, evidentemente. D’altronde, neppure il ministro degli Interni del tempo, Charles Ferdinand Nothomb, sentì il dovere di dimettersi (figuriamoci) e neppure di scusarsi...

Assolta anche l'Uefa, nelle persone del presidente Jacques George e del segretario generale Hans Baugerter. L’idea di far giocare una partita "calda" come la finale della Coppa dei Campioni fra il Liverpool e la Juventus in uno stadio per niente attrezzato come quello di Bruxelles fu certo un errore, ma non è una colpa, secondo la giustizia belga. Assolti e questo era previsto fin dall’inizio anche il borgomastro di Bruxelles Hervé Brouhon e l’assessore allo sport Viviane Baro. La signora Baro, la sera del 29 maggio '85, era anche lei allo stadio, ma se ne andò quando cominciarono gli incidenti. Non aveva visto, non sapeva che le tribune dell’Heysel erano insicure, una trappola nel caso di scontri fra tifosi o di aggressioni. Ed ecco le condanne. Quattordici dei 26 teppisti chiamati in giudizio (la posizione di uno è stata poi stralciata perché sconta già una pena in patria) sono stati riconosciuti colpevoli di colpi e lesioni tali da provocare la morte e condannati a tre anni di reclusione con sospensione condizionale della metà della pena per un periodo di cinque anni. Significa un anno e mezzo di carcere a meno che, nel corso dei prossimi cinque anni, e qui in Belgio, non vengano condannati per qualche altro reato penale. A quell'anno e mezzo vanno tolti sei mesi, già scontati di carcerazione preventiva. Ma anche i dodici mesi che restano è molto, molto difficile che li debbano trascorrere davvero in prigione. Il pubblico ministero Pierre Erauw avrebbe dovuto chiedere l'ordine d'arresto, e fino a ieri sera non lo aveva fatto. E dei quattordici condannati britannici, alla riapertura dell'udienza del pomeriggio, nell'aula del processo non restava che la memoria e la preoccupazione di un'avvocatessa belga che aveva visto sparire il suo cliente e, probabilmente, la parcella. In teoria i 14 potrebbero essere riestradati in Belgio, ma chi ci crede ?

Tanto per confermare l'impressione che, anche in questo caso, la giustizia sia particolarmente severa solo con i pesci piccoli, il tribunale, che ha assolto il suo diretto superiore, ha condannato invece 9 mesi con la condizionale e una fortuna in indennizzi alle parti lese per il maggiore della gendarmeria Johan Mahieu che quella sera era sul posto. E l’ex segretario dell'Unione calcistica belga Albert Roosens che si è preso sei mesi con la condizionale sacrificato sull’altare della necessità di considerare comunque responsabile l'Unione in modo da assicurare una "parte solvente" per i risarcimenti civili. L'udienza del mattino si conclude ed è il momento, amaro, dei commenti: "Volevamo una sentenza esemplare e non l'abbiamo avuta" dice Otello Lorentini, che all’Heysel ha perso un figlio e dirige l’associazione dei parenti delle vittime – quindi che vuole che dica ? Siamo delusi. Avrebbero almeno dovuto condannare l'Uefa: sono i dirigenti del calcio internazionale che hanno sbagliato allora e che potrebbero sbagliare ancora". "Una sentenza deludente - aggiunge Marilena Fabbro che ha perso il marito - non cercavamo vendetta, ma giustizia quella sì, ci era dovuta". Poche ore più tardi comincia la lettura del dispositivo civile della sentenza: i risarcimenti e gli indennizzi per i morti e i feriti. Il presidente spiega chi e quanto deve pagare, e a chi e perché in una contabilità crudele, che stabilisce quanto "valga" un morto, quanto si debba "pagare" un lutto, o il dramma di chi porta ancora sul corpo o nella mente le ferite di quella sera maledetta. A pagare saranno, probabilmente le assicurazioni e l'Unione calcistica perché gli accusati britannici non sono "solvibili". Si tratta di povera gente. E anche questo è un aspetto amaro della storia dell’Heysel che arriva alla sua fine. Fonte: L’Unità © 29 aprile 1989  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Miti condanne per la strage allo stadio di Bruxelles che costò la vita a 39 persone. Liberi (tre anni con la 8 condizionale) 14 hooligan, 9 mesi al capo della sicurezza, assolta la Uefa.

Tutti fuori, nessuno paga per i morti dell’Heysel

di Paolo Soldini

Sedici assoluzioni e sedici condanne, ma nessuno è in carcere, e nessuno probabilmente ci andrà, per la strage dello stadio di Heysel che costò la vita, il 29 maggio di quattro anni fa, a 39 persone. Il Tribunale di Bruxelles ha condannato 14 "hooligan", ma ha assolto i dirigenti del calcio internazionale e le autorità belghe che della follia di quella sera portano responsabilità non facili da dimenticare.

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE (BRUXELLES) - "Volevamo una sentenza esemplare e non l'abbiamo avuta". Otello Lorentini nella tragedia del Heysel ha perso un figlio, ed è presidente dell'associazione dei parenti delle vittime: il suo commento vale più di ogni altra spiegazione sul significato della sentenza con cui ieri si è concluso il lungo e difficile processo per la strage del 29 maggio dell'85. Trentanove morti (trentadue italiani), uccisi sulle gradinate dello stadio di Bruxelles dalla furia dei teppisti del Liverpool, ma anche dall'insipienza, dagli errori e dalla irresponsabilità di chi avrebbe dovuto impedire che una simile tragedia avvenisse: l'Uefa, che aveva organizzato la finale della Coppa dei Campioni, Juventus-Liverpool, in uno stadio manifestamente inadatto; la gendarmeria belga, che non seppe mantenere l’ordine; le autorità di Bruxelles, che non si erano "accorte" che l'Heysel era in realtà una trappola pericolosa. La sentenza punisce solo una parte dei colpevoli, lascia la sensazione amara che i morti di Heysel non abbiano diritto alla giustizia e il dubbio inquietante che il fenomeno della violenza negli stadi (riesploso in forma ancor più tragica a Sheffield) possa continuare a sfuggire ai principi di responsabilità che regolano la vita civile. Dei condannati i 14 teppisti, un ufficiale della gendarmeria e il segretario dell'Unione calcistica belga nessuno è in prigione e nessuno, probabilmente, ci andrà mai. Riconosciuti colpevoli di "colpi e lesioni tali da provocare la morte", sono stati condannati a tre anni di reclusione con sospensione condizionale di metà della pena per un periodo di cinque anni. Un anno e mezzo di carcere; quindi, e in Belgio, a condizione che entro i prossimi cinque anni non vengono condannati per altri reati nello stesso territorio belga. I britannici se ne sono tornati a casa prima ancora che fosse finita la lettura della sentenza ed è molto improbabile che vengano in futuro rinviati in Belgio. Gli altri due beneficeranno della condizionale. Per quanto riguarda i risarcimenti e gli indennizzi per i morti e per i feriti, si incaricheranno probabilmente le assicurazioni e l'Unione calcistica, dal momento che gli accusati britannici non sono "solvibili". Fonte: L’Unità © 29 aprile 1989  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Dalla Thatcher agli hooligan un sospiro di sollievo

di Alfio Bernabei

LONDRA - C'è grande sollievo a Liverpool e in tutta l’Inghilterra dopo la sentenza pronunciata ieri a Bruxelles. Il segretario all'Interno Douglas Hard si è dichiarato soddisfatto del verdetto. "Il governo venne criticato quando decidemmo di permettere l'estradizione dei tifosi in Belgio, ma ora gli eventi hanno provato la giustezza della nostra posizione. Il sistema giudiziario belga è diverso dal nostro, ma nel complesso tutto si è svolto secondo le regole". Alla domanda se consentirà l'estradizione dei quattordici tifosi che sono stati condannati nel caso le autorità belghe decidano di procedere alla loro incarcerazione, Hurd ha risposto: "È troppo presto per dare una risposta. Probabilmente ci sarà un appello. Vedremo". Anche a Downing Street dove la Thatcher proprio oggi ha ricevuto Ciriaco De Mita l'impressione è che le cose siano andate secondo i piani. Il premier è riuscito a dimostrare agli altri paesi della Comunità che quando si tratta di hooligan non c’è protezione che tenga. Se un tribunale straniero li vuole, deve averli, affinché venga fatta giustizia. Ma il sollievo negli ambienti governativi è anche dovuto al fatto che la natura della sentenza non crea problemi a livello diplomatico tra i due paesi. Anche sir Harry Livermoore, l'avvocato di Liverpool che ha difeso alcuni degli imputati, si è dichiarato soddisfatto. In passato aveva criticato le procedure legali belghe trattandole come inferiori a quelle britanniche tanto da sollevare dubbi sulla possibilità di un'equa sentenza. "Le assoluzioni sono ok. Mi pare però che una condanna alla prigione dopo che sono trascorsi quattro anni dagli avvenimenti, sia un po’ forte.

Allo stesso tempo devo dire che, se fossero stati processati in Gran Bretagna, le cose sarebbero andate peggio". Ha confermato che ci sarà un appello entro i prossimi quindici giorni. "Anche se non lo chiediamo noi, lo chiederanno i rappresentanti degli altri imputati belgi che sono stati condannati. Speriamo solo che questo non ci riporti indietro creando complicazioni per i nostri giovani. Hanno sofferto abbastanza". Uno degli imputati che non è andato a Bruxelles per ascoltare la sentenza ha dichiarato: "Sono stato trattato ottimamente dalle autorità belghe. La sentenza è giusta". Ma una reazione completamente diversa è venuta da un tifoso presente alla lettura del verdetto. Si è alzato ed è uscito quasi di corsa senza aspettare di conoscere la sentenza e, scontrandosi coi cameramen inglesi, ha gridato: "È caos completo, tutto il processo è stato un caos". La frase è servita a ricordare che lo scorso anno questa definizione venne usata da quasi tutti i tifosi, dai loro avvocati e dalla maggior parte dei media britannici per indicare la loro mancanza di fiducia nella giustizia belga. Secondo un loro imputato, Alan Woodray, "il processo è stato preordinato e la sentenza non è venuta dal giudice, ma da qualche altra fonte". John Smith, dirigente del Liverpool Football Club, ha dichiarato; "Spero che ora si sia giunti alla fine di questa storia. Si è protratta troppo a lungo ed è tempo che le cose tornino alla normalità". La sentenza era attesa con particolare ansia a Liverpool e a Sheffield dove proprio ieri sono iniziati i lavori dell'inchiesta per stabilire le responsabilità della tragedia di Hillsborough dove hooliganismo, cattiva organizzazione e deficienze nelle misure di sicurezza dentro e fuori lo stadio, hanno causato la morte di novantacinque tifosi. Fonte: L’Unità © 29 aprile 1989  Fotografia: GETTY IMAGES © (Not for commercial use)  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Inchiesta ignobile Sentenza amara

di Michele Serra

Non saranno molto soddisfatti, i parenti delle vittime di Bruxelles, di questa sentenza blanda seguita a un'istruttoria pigra. Ci si chiede quale "soddisfazione giudiziaria", e insomma quanti anni di galera, ci vorrebbero per lavare una macchia di dolore così indelebile perché così stupida e inutile. Gli hooligans se la cavano a buon prezzo; anche nel loro caso, del resto, nessun castigo sembrerebbe in grado di ricondurli alla ragione, visto che neppure i cento morti di Sheffield (quasi tutti tifosi del Liverpool) sono serviti a placare i gruppetti di potenziali assassini che riempiono gli stadi d’Europa. La sentenza di Bruxelles (imperdonabile per la pilatesca decisione di non coinvolgere nemmeno da lontano i capoccioni dell'Uefa, che decisero di assegnare a uno stadio pateticamente vecchio e insicuro una finale "calda" come Liverpool-Juventus) attribuisce almeno la responsabilità civile dell'eccidio alla Federcalcio belga. Cosa che consentirà ai parenti delle vittime, probabilmente, di ottenere lo straccio di un risarcimento. Ma è scandaloso, per tutti gli uomini di buona volontà, che i padroni del calcio (coloro, per entrare nel merito, che ci mangiano sopra e sul pallone ritagliando fette di potere) continuino a godere di una sostanziale impunità per tutto ciò che dentro al calcio accade. Fonte: L’Unità © 29 aprile 1989 Icone: Pngegg.com ©

 
 

Le reazioni a Torino

"È tutta una presa in giro

Come al solito i veri colpevoli non pagano"

di Tullio Parisi

TORINO - Una sentenza che ha lasciato sconcertati. Quattordici condanne per la strage dell'Heysel, tutti hooligans. Altri undici teppisti liberi, nessuna pena per i poliziotti e le autorità belghe. A Torino sono stanchi di ripetere le stesse cose. La fiducia nella giustizia belga era già venuta meno in questi quattro lunghi anni di attesa. Nessuno si illudeva più di tanto, come aveva detto Scirea in questi giorni, facendosi portavoce di una sensazione generale. Il presidente della Juve, Giampiero Boniperti, ha detto: "Come sempre, purtroppo, si è rivelato estremamente difficile individuare e colpire i responsabili. Condivido e capisco l'amarezza dei parenti delle vittime. Nessuna sentenza avrebbe mai potuto ripagarli, né restituire loro gli affetti che hanno perso". Ma le loro reazioni autentiche non lasciano dubbi sui sentimenti con cui la notizia della sentenza viene accolta. Tiziana Russo, vedova del marito Domenico, si era già espressa pessimisticamente in altre circostanze. È ancora l'amarezza che sgorga dalle sue parole: "Non è che la logica conclusione dei fatti di questi anni. Prima il tentativo di insabbiare tutto, poi i rinvii e adesso la sentenza che è una presa in giro. Non si capisce perché i colpevoli siano solo i teppisti e perché, fra loro, una parte sia meno colpevole". Carlo Duchene, pinerolese, fu preso a sprangate da James Mcgill, tifoso del Liverpool. Rimase invalido, mentre l'inglese se la cavò con 40 mesi di carcere e una multa di 5 milioni di franchi. "Avrebbe dovuto restare in prigione per tutta la vita - dice Duchene.

Ora sono diventato anche più cattivo di allora, il calcio non mi interessa più, è finito tutto quella sera nel settore dell'Heysel. La sentenza conferma l'atmosfera che c'era al processo: gli avvocati degli hooligan" hanno avuto il coraggio di accusare gli italiani. Ormai si va allo stadio par sfogarsi, non più per divertirsi. Isabella Landini, nipote di Gioacchino Landini, perito all’Heysel, va controcorrente, solo per affermare l'angoscia accumulata e per testimoniare uno stato d'animo vicino alla rassegnazione: "Pensavamo peggio. Dopo tutti i rinvii, gli insabbiamenti, il minimo che ci si poteva aspettare era una manciata di assoluzioni. E’ vero, le pene non sono state né severe, né distribuite con equità. Non vedo nomi di poliziotti o di autorità tra i condannati. Eppure la polizia non ha fatto niente per evitare il massacro, anzi, respingeva la folla che cercava di scappare. Gli hooligans non sono stati i soli responsabili. E poi, perché punirne solo una parte ? La follia collettiva è stata responsabilità di tutti". Per lei, diciannovenne, sarà un po’ più facile dimenticare. Per suo padre, no. "Non bisogna fare di tutte le erbe un fascio: e la mia famiglia ha cercato di mantenere il senso della giustizia senza odiare indiscriminatamente tutti. Ma rimarrà sempre un senso di profonda ingiustizia fuori, quando ti presenti agli occhi della gente e non puoi nascondere il peso che ti si legge in viso". Fonte: L’Unità © 29 aprile 1989  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Boniperti: "Niente vale quegli affetti perduti"

Giampiero Boniperti, presidente della Juventus, ha così commentato la sentenza di Bruxelles sull'Heysel: "Purtroppo si è rivelato molto difficile, come spesso accade, individuare e colpire i responsabili. Anche se la tragedia dell'Heysel è stata così atroce, da lasciare in tutti noi una ferita profonda, che non potrà rimarginarsi facilmente. Non abbiamo elementi sufficienti per giudicare con serenità e competenza, la giustizia ha fatto il suo corso, però capisco e condivido l'amarezza dei parenti delle vittime: nessuna sentenza avrebbe mai potuto ripagarli, né restituire loro gli affetti che hanno perso per una assurda follia collettiva che è difficile, realisticamente, imputare soltanto a pochi teppisti". In Gran Bretagna la sentenza ha scatenato la protesta delle famiglie dei tifosi condannati. "Sono disgustata - è la reazione di Gillian Evans, moglie di uno dei 14 tifosi del Liverpool indicati come colpevoli dalla corte belga - ancora una volta siamo stati trattati come capri espiatori. Questa non è giustizia". Joan Hurst, a capo di un'associazione di solidarietà fra le famiglie degli accusati, si è detta "addolorata per le mamme dei condannati. Questa sentenza scarica addosso alle famiglie un ulteriore carico di pressioni e problemi dopo che hanno già sofferto così tanto". Il presidente del Liverpool, John Smith, ha detto: "Processo è durato fin troppo, spero che sia l'epilogo di questo sconvolgente disastro. Ora potremo ritornare il più presto alla normalità". Il portavoce laborista Barry Sheerman ha detto alla Bbc: "Se qualcuno va all'estero per commettere reati di violenza e di aggressione è lecito che si aspetti di essere portato davanti ad un tribunale nel Paese dove ha commesso il crimine". R. S. Fonte: La Stampa © 29 aprile 1989 Icone: Pngegg.com ©

 
 

I parenti delle vittime e gli scampati reagiscono con sdegno alla sentenza sull'Heysel

"Anche la legge ha perso la sua partita"

di Ezio Mascarino

"E le responsabilità degli organizzatori ?" - si chiede Carlo Duchene che rimase in coma per 27 giorni. "Non volevamo vendette, non abbiamo avuto giustizia" dice Otello Lorentini che perse il figlio. "Provo gli stessi sentimenti di allora" confessa Tiziana Russo, che non rivide, più il marito.

TORINO - La disperazione e la rabbia di quei giorni si sono stemperate, ma tutti dicono: "Volevamo giustizia e non c'è stata; siamo delusi, e sconfitti". Carlo Duchene ha oggi 38 anni. Il 29 maggio 1985 fu preso a sprangate da un tifoso del Liverpool mentre già era lontano dallo stadio: "Mi aggredì alle spalle, ma io non ricordo più nulla. Ho ancora in mente l'eco festosa della tifoseria italiana, lo sventolare delle bandiere. Poi tutto è confuso. Non voglio più pensare, altrimenti impazzirei". Rimase in coma per 27 giorni, poi si riprese; la moglie dice: "Un miracolo". Abitavano a Pinerolo, nel Torinese; da un mese la famiglia si è trasferita a Bordighera, un negozio di parrucchiere nel centro, due passi dal mare. "Mi aiuta Yvette, mia moglie; Claude, nostra figlia, ha 11 anni. Se sono vivo debbo molto a lei". Non c'erano più speranze, i medici di Bruxelles suggerirono di far sentire a Carlo Duchene la voce della figlia, registrata su un nastro. Lui ora mormora: "Sento ancora quelle parole, anelli di una catena che mi ha ancorato alla vita". Sulla sentenza dice: "Troppe assoluzioni, pare che nessuno abbia colpe, solo i teppisti, coloro che materialmente ci hanno aggrediti. E le responsabilità degli organizzatori ? No, non chiedetemi un giudizio: io sono vivo, molti hanno perso mariti, figli, parenti. Loro, solo loro, hanno diritto a parlare". Otello Lorentini è presidente dell'Associazione parenti delle vittime: ieri è uscito dal tribunale a capo chino: "Avremmo voluto una sentenza esemplare, siamo profondamente delusi". All'Heysel ha perso il figlio. "Lo so, lo sappiamo, nessuna sentenza avrebbe potuto restituirci i nostri cari. Non volevamo vendette, ma non abbiamo avuto giustizia". Una "giustizia" che invocava anche Carola Bandiera Landini. Abita a Torino in via (omissis), quel giorno all'Heysel ha perso il marito. Ieri mattina era in aula. E' una donna timida, ha portato i figli. Monica ed Andrea. Aveva detto ai vicini, chiudendo casa: "voglio esserci, voglio guardare negli occhi i giudici, voglio capire e sapere perché Gioacchino, mio marito, è morto". E' uscita dall'aula del tribunale con gli occhi gonfi di lacrime: chissà se ha saputo, se ha capito.

A Bruxelles doveva andare anche Tiziana Russo. 30 anni, abita a Moncalieri, all'Heysel perse il marito Domenico. In quelle ore drammatiche, quando le prime notizie rimbalzavamo confuse e contraddittorie, aveva "rifiutato" l'ipotesi che il marito fosse tra le vittime. I parenti: "Capitela, è incinta al settimo mese, come può essere così sfortunata ? Continua a ripetere che Domenico è vivo". Poi la bara dal Belgio, le corone dei fiori, il cordoglio della città. "Eravamo felici per il bimbo che doveva nascere, lui non voleva andare, "non ti lascio ", diceva; fui io ad insistere. La morte lo attendeva in quello stadio". Anche lei dai magistrati di Bruxelles aspettava "solo giustizia, ma non basta punire solo qualche tifoso: ci sono le responsabilità degli organizzatori. dell'Uefa, di chi ha venduto biglietti per una zona riservata agli inglesi. Sono passati quattro anni, provo gli stessi sentimenti di allora: dolore, rabbia". Per non rivivere quei momenti, per non ritrovarsi in un incubo, Marco Manfredi, 44 anni, dipendente dell'ospedale Santa Croce di Moncalieri ha preso qualche giorno di ferie ed è fuggito a Massa, in casa di parenti. "Voglio essere lasciato in pace, non voglio neppure sapere", ha detto ai colleghi di lavoro. Era in quello stadio, riuscì a scappare: come, rimarrà sempre un mistero. Si perse, girovago per una settimana, finì in Francia, rientrò in Italia e fu trovato da un amico a Torino. Era in stato confusionale, di quei momenti ha ricordi vaghi, confusi: un "buco nero". Si è ripreso, lavora sempre in ospedale. "Ma è cambiato" - dicono i compagni.- "Parla, ride, ma ogni tanto gli occhi si appannano, fissi nel vuoto, in quel vuoto durato sette lunghi giorni". Delusione, profonda delusione per la sentenza dei giudici di Bruxelles. "Eppure - sono ancora parole di Carlo Duchene - bisogna trovar la forza per perdonare. Ma anche fare di tutto per impedire che quei momenti debbano ripetersi". Lui, strappato alla morte dalle parole della figlia incise su un nastro, ha seguito per televisione quanto è accaduto a Sheffield, altri 95 tifosi massacrati in uno stadio: "Mi sono sentito lì tra loro: qualcuno mi spingeva, stavo cadendo, sono caduto, mi hanno calpestato. Ancora, come quel giorno, quattro anni fa". Fonte: La Stampa © 29 aprile 1989  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Condannati, ma con la condizionale, i tifosi che causarono 39 morti

Per la strage dell'Heysel nessuno finisce in carcere

Assolti Comune di Bruxelles e Uefa. I parenti delle vittime: "I nostri figli si sono uccisi da soli ?"

BRUXELLES - Nessuno in carcere per la strage dell'Heysel. Così hanno deciso i giudici nel processo di primo grado, la cui sentenza è stata letta ieri. I parenti dei 39 tifosi uccisi nel vetusto stadio di Bruxelles chiedevano giustizia. "Ma questa sentenza è un'offesa" hanno detto alla fine. Molti ricorreranno in appello, ma intanto oggi torneranno in Italia "con il cuore pieno di tristezza. Così sembra proprio che i nostri figli si siano uccisi da soli", come dice scuotendo il capo Otello Lorentini, presidente dell'Associazione famigliari delle vittime dell'Heysel. "Volevamo una sentenza esemplare, ma non l'abbiamo avuta. Siamo delusi". La lettura della sentenza per la strage prima di Liverpool-Juventus prende sei ore abbondanti. E riserva qualche sorpresa. Le previsioni della vigilia facevano temere ancor peggio. Soprattutto per gli hooligans, nei confronti dei quali si parlava di un'ampia assoluzione. Non è stato proprio così. Pur escludendo la premeditazione, il tribunale ha ritenuto che non ci siano dubbi sul fatto che 14 dei 25 tifosi inglesi incriminati abbiano capeggiato le cariche selvagge che hanno ferito e ucciso i tifosi: lesioni volontarie, dunque, e tre anni a tutti. Seppur attenuati dalla circostanza che per la metà della pena (decurtata del periodo di detenzione preventiva effettuato, circa sei mesi) viene concessa la condizionale per cinque anni. Ma in galera non finisce nessuno. Il pubblico ministero (Pierre Erauw, che ha brillato per assenza) avrebbe potuto chiederne l'arresto immediato, ma non lo ha fatto. Del resto, probabilmente sarebbe stato troppo tardi. Quando, nella mattinata, le condanne hanno cominciato a prendere forma si è visto un immediato sfoltimento tra i ranghi dei 18 hooligans che si erano presentati in aula. Altre due le condanne, ambedue importanti. Una scontata: quella del capitano della gendarmeria Mahieu. Era lui il responsabile della sicurezza sul campo quella sera. Ha sbagliato tutto, rifugiandosi pateticamente dietro alla circostanza di avere ricevuto ordini sbagliati. "Anche se è vero, ed è tutt'altro che provato - ha detto con durezza il presidente - un ufficiale responsabile adegua gli ordini all'evoluzione delle circostanze e non si comporta da esecutore cieco". A Mahieu sono stati inflitti nove mesi con la condizionale, una multa di 30 mila franchi belgi (poco più di un milione di lire), più un indennizzo simbolico di 5 franchi. 175 lire, per ogni vittima.

Condannato anche Albert Roosens, segretario dell'Associazione calcio belga. Sei mesi con la condizionale, più multa e rimborso simbolico. Ma i toni del giudice verso di lui sono stati meno duri. Comprensione, stima per una carriera onorata: ma evidenza penale che era lui il responsabile dell'organizzazione della partita, organizzazione curata con negligenza, così come "insufficiente controllo ed anarchica leggerezza" è stato rivelato dalla sentenza nella vendita dei biglietti, un elemento centrale nella meccanica della tragedia: italiani e britannici non si sarebbero dovuti mai trovare fianco a fianco come avvenne quella sera. Maggiori controlli, poi, dovevano essere fatti perché non erano mancate le "avvisaglie", prima della gara: bande di hooligans avevano sfasciato vetrine e negozi, seminando panico in città. L'importanza della condanna di Roosens è comunque nel fatto che essa trascina con sé la responsabilità civile dell'Unione calcio belga, che dovrà pagare i risarcimenti. E quello dei risarcimenti è un capitolo doloroso. Avviato, seppur non confuso, nella sentenza, sembra promettere molto poco. I danni morali assegnati dalla Corte appaiono bassissimi, oscillando tra i 4 ed i 7 milioni. Ma i belgi spiegano che questi sono i parametri del Paese. Tempi lunghi, invece, per i danni materiali. Nella maggioranza dei casi il giudice ha sì affermato il principio della loro esigibilità, ma ha assegnato una cifra simbolica di rimborso, rinviando tutto ad ulteriori accertamenti peritali. Che sembra aprire la strada ad una serie di transazioni. Poche le decisioni in materia prese già ieri: il rimborso più alto è stato assegnato alla vedova del figlio di Otello Lorentini: 300 milioni di lire. Esce di scena, invece, l'Uefa. La sentenza ne esclude ogni responsabilità, e la stessa cosa ha deciso per il Comune di Bruxelles. Fisicamente alla sbarra erano presidente e segretario generale dell'Uefa, Jacques George e Hans Bargerter, e sindaco ed assessore allo sport di Bruxelles, Hervé Brouhon e Vivianne Baro. Mentre l'assoluzione della municipalità appariva scontata e non ha suscitato reazioni, quella dell'Uefa è stata accolta male dalle parti civili. Insomma, una triste conclusione dopo 5 mesi di processo, 84 udienze, 260 ore di dibattito. E qualcuno mormora che senza la tragedia di Sheffield le cose potevano andare ancora peggio. Non che volessimo vendetta - mormora Marilena Fabbro, che all'Heysel ha perso marito e figlio - ma la giustizia non l'abbiamo avuta. G. E. Fonte: La Stampa © 29 aprile 1989 Icone: Pngegg.com ©

 
 

Sentenza Heysel, vergognoso ricorso in appello

L'Unione Belga rifiuta di risarcire le famiglie

I commenti inglesi: "Le radici delle stragi nella cultura del nostro calcio".

BRUXELLES - "Sentenze come questa non riusciranno a tenere alla larga il teppismo", sostiene l'avvocato Claudio Pasqualin che insieme ad altri cinque legali ha rappresentato al processo sui fatti dell'Heysel i congiunti delle vittime. E aggiunge: "I giudici sono stati troppo indulgenti ed il pubblico ministero Pierre Eraux non ha neppure ordinato l'arresto dei colpevoli dopo la sentenza". Amarezza nelle parole di Marilena Fabbro che nella strage di Bruxelles ha perduto il marito: "In base alla legge belga i quattordici teppisti riconosciuti colpevoli avrebbero potuto essere condannati ad una pena massima di cinque anni di reclusione. Un avvocato, che ha chiesto di conservare l'anonimato, ha spiegato che i giudici si sono trovati in difficoltà nel verdetto perché consapevoli che nella strage erano rimasti coinvolti altri tifosi del Liverpool mai assicurati alla giustizia". La delusione dei familiari delle vittime dell'Heysel è ribadita da Otello Lorentini, presidente dell'associazione costituita dopo la strage. Lorentini ha rilevato una cauta soddisfazione solo per le responsabilità riconosciute all'Unione calcio belga. Ma ha espresso amarezza per la completa assoluzione dell'Uefa e del governo belga. Nel commentare la sentenza il presidente dell'Uefa, Jacques Georges, prosciolto da ogni accusa, se l'è cavata con un generico: "Spero ardentemente che il calcio non debba mai più trovarsi in veste di imputato nell'aula di un tribunale". La stampa inglese non ha accennato soddisfazione per la sentenza, il "Guardian" spera che proprio la tragedia di Sheffield "possa aiutare Liverpool a comprendere l'angoscia in Italia per il disastro dell'Heysel. Nessuna somma offerta dal governo britannico, a parte le miserevoli 5000 sterline pagate per ogni vittima, può compensare le perdite sofferte dalle famiglie italiane". Per l'Independent la sentenza mette in risalto: "...Le radici dei disastri sono insite nella cultura del calcio inglese". Intanto, fatto clamoroso, l'Unione calcio belga riconosciuta civilmente responsabile della tragedia dell'Heysel, e quindi tenuta a risarcire i danni alle famiglie delle vittime, intende ricorrere in appello contro la sentenza. Fra i condannati solo per risarcimento danni anche 14 teppisti, l'ex segretario dell'Unione calcio belga Roosens, un capitano della gendarmeria. La Federazione belga è considerata l'unica parte solvibile, sia per disponibilità proprie sia perché coperta da forti assicurazioni. C. P. Fonte: La Stampa © 30 aprile 1989 Icone: Pngegg.com ©

 
 

In appello sentenze strage Heysel

BRUXELLES - Le sentenze emesse per la strage dell'Heysel saranno riesaminate in appello. La magistratura belga ha dato parere favorevole alle istanze presentate dai difensori degli imputati e dai rappresentanti delle parti civili al termine del processo di primo grado, conclusosi il 28 aprile. Non è stata ancora fissata la data d'inizio del nuovo processo, che riguarderà tutti gli imputati, con l'eccezione del vicesindaco della capitale belga Viviane Baro. In primo grado i giudici hanno condannato 14 tifosi inglesi a tre anni e ne hanno assolto altri 11. Fonte: La Stampa © 19 maggio 1989 Icone: Pngegg.com ©

 
 

Per i morti dell'Heysel l'Europa ha stanziato oltre tre miliardi di lire

ROMA - A favore delle famiglie colpite tre anni fa dall'eccidio allo stadio Heysel, sarebbero stati stanziati complessivamente in ambito Cee, 205 mila sterline (oltre 870 milioni di lire), 200 mila Ecu (300 milioni di lire), 100 mila marchi tedeschi (più di 70 milioni) e oltre due miliardi di lire. Lo rende noto il ministro del Turismo, Sport e Spettacolo, Franco Carraro, in un documento con cui risponde ai deputati Francesco Servello e Adriana Poli Bortone (msi-dn) autori di una interrogazione "sulle gravi difficoltà finanziarie" delle famiglie delle vittime dell'Heysel. I due parlamentari chiedevano fra l'altro al ministro se non ritenesse necessario promuovere "appropriate iniziative" di sostegno economico "sia direttamente, sia presso la Federazione italiana Gioco Calcio". L'elenco delle iniziative rese note dal ministro comprende: 1°) un accredito del governo britannico presso la propria ambasciata a Roma di 155 mila sterline (da destinare alle famiglie colpite), oltre all'istituzione di un fondo supplementare di 50 mila sterline. 2°) 200 mila Ecu stanziati dalla Comunità europea che ha provveduto alla "distribuzione diretta delle relative quote alle famiglie interessate". 3°) L'iniziativa del Belgio per il sostegno "delle spese ospedaliere e funebri". 4°) 100 mila marchi raccolti e distribuiti direttamente dall'Uefa. 5°) Il complesso delle iniziative italiane per oltre 2 miliardi di lire, di cui 197 milioni erogati dal ministero degli Interni e ripartiti "sulla base delle condizioni economiche dei rispettivi nuclei familiari". Fra le altre iniziative italiane si contano 34 milioni di donazioni private "suddivise secondo gli stessi criteri assistenziali del ministero dell'Interno"; 320 milioni, corrispondenti a 10 milioni per ogni congiunto deceduto, sono stati erogati dalla Federazione italiana Gioco Calcio che ha provveduto anche ad un "ulteriore contributo diretto" di 611 milioni. Infine la Fondazione Agnelli è intervenuta con 970 milioni, di cui 812 distribuiti alle famiglie delle 32 vittime e 158 milioni ai 34 feriti, escludendo i 220 casi di feriti leggeri. Fonte: Stampa Sera © 25 maggio 1989 Icone: Pngegg.com ©

 
 

L’arcivescovo di Torino chiede giustizia per l’Heysel

"Chiediamo giustizia per le vittime dell'Heysel se ancora non è stata fatta del tutto". Così ha detto l’Arcivescovo di Torino, mons. Giovanni Saldarini, durante l’omelia della messa in occasione del quinto anniversario della tragedia di Bruxelles in cui ha ricordato le "vittime di uno dei tanti gesti irragionevoli che si compiono sulla terra quando si perde la misura". Alla cerimonia religiosa erano presenti molti tifosi, dirigenti e giocatori della Juventus, fra cui il presidente Boniperti e gli allenatori Zoff e Scirea. Fonte: L’Unità © 31 maggio 1989 Icone: Pngegg.com ©

 
 

Sarà abbattuto l'Heysel nascerà uno stadio sicuro

BRUXELLES - Entro il 1991 lo stadio Heysel di Bruxelles sarà interamente ricostruito. I lavori di demolizione delle strutture attuali cominceranno l'anno prossimo. Lo ha deciso il Consiglio comunale della capitale belga. Il nuovo stadio - destinato a sostituire quello in cui 39 tifosi italiani trovarono la morte il 29 maggio 1985 sotto l'urto degli hooligans del Liverpool, prima della finale di Coppa Campioni con la Juventus - sarà in regola con le più rigorose norme di sicurezza. Lo ha assicurato il borgomastro di Bruxelles, Hervé Brouhon, commentando ieri sera la decisione adottata dal Consiglio comunale. Nell'analisi delle cause della tragedia dell'Heysel, Brouhon era stato severamente criticato: lo stadio infatti appartiene al Comune e il sindaco è responsabile della sicurezza delle strutture che risultarono inadeguate la sera di quella tragica finale. Fonte: Stampa Sera © 23 settembre 1989 Icone: Pngegg.com ©

 
ARTICOLI STAMPA PROCESSO HEYSEL 1990
 
 

Perdonata l'Inghilterra, non il Liverpool

Malines-Milan Protestano i familiari delle vittime dell’Heysel

di Enrico Conti

L'associazione delle famiglie delle vittime allo stadio di Bruxelles è "indignata" per la concessione da parte dell’Uefa dello stadio Heysel per la partita di coppa dei Campioni tra Malines e Milan. L'associazione, in una nota, denuncia all'opinione pubblica "l’assoluta mancanza di sensibilità e di buon gusto dell'Uefa verso la memoria dei morti e di rispetto verso le loro famiglie proprio in concomitanza del quinto anniversario della tragedia". Secondo il presidente dell’associazione, Otello Lorentini, "appare sintomatico il fatto che la concessione dello stadio avvenga nel momento in cui comincia il processo di appello davanti al tribunale di Bruxelles che avrà luogo il 12 marzo prossimo e che vede imputati l’Uefa e la Federazione calcio belga". Fonte: L'Unità © 14 febbraio 1990  Fotografia: GETTY IMAGES © (Not for commercial use) Icone: Pngegg.com ©

 
 

"Ma la messa non la vogliamo"

di Gianni Cerasuolo

Otello Lorentini e gli altri familiari delle vittime proprio non riescono a mandare giù quest'ultimo boccone amaro. Vogliono dimostrare che l'Heysel è uno stadio sicuro e che quelle morti di cinque anni fa furono dovute a pura fatalità, al caso. E il 12 c'è il processo d'appello. Quale occasione migliore per sfruttare la partita di domani sera ? E' la rabbia, un dolore sempre vivo a dettare lo sdegno di Lorentini, presidente dell'associazione dei familiari delle vittime: loro si sentono abbandonati. Una sensazione che ha provato altra gente, altri cittadini che hanno chiesto giustizia ricevendo in risposta soltanto menzogne e facce di circostanza nelle commemorazioni ufficiali. Di stragi è pieno il nostro paese. L'Heysel fu una strage lontana, un mattatoio quasi annunciato e aggravato dall'ignavia e dall'incompetenza dell'autorità belghe e dell'Uefa. Oggi la sensazione è che, facendo giocare domani sera il Milan in quello stadio che è rimasto inadeguato e angusto, il calcio e i suoi patron vogliano passare la spugna su tutto quanto successe in quella serata di cinque anni fa, il 29 maggio: 39 persone furono schiacciate, maciullate dalla furia degli hooligans. Ma non solo da quella. Lorentini e gli altri non mandano giù soprattutto l'atteggiamento del Milan, spiegata dal clan rossonero come una decisione subita. In realtà è un fatto di cassetta. Più posti a disposizione rispetto allo stadio del Malines, più pubblicità da piazzare ai bordi del campo, maggiore incasso. Sta bene a tutte e due le società. E di conseguenza riesce insopportabile la proposta di parte milanista di una messa in suffragio di quei morti. In questi cinque anni nessuno si è mai fatto vivo con noi, qualche telefonata dalla Federcalcio e basta. I belgi ci hanno impedito persino di deporre dei fiori in quella curva maledetta, un atto di pietà elementare. E adesso vogliono dir messa. No, io mi ribello a queste ipocrisie !

Cita, Lorentini, una lettera inviatagli dalla signora Tiziana Fecchio, vedova Russo, che così gli ha scritto: "l'Uefa ha dimenticato i nostri morti mentre io non so che cosa rispondere a un bambino di quattro anni quando mi chiede dov'è suo padre". Questo bambino nacque qualche mese dopo la tragedia. Nessuno o quasi ha pagato. Tranne quei quattordici imputati inglesi colpiti peraltro con pene abbastanza lievi e comunque mandati liberi che erano la catena più debole nella catena delle responsabilità. Il sindaco di Bruxelles Hervé Brouhon è ancora lì al suo posto, i responsabili del servizio d'ordine se la sono cavata con un po' di multe. Quelli dell'Uefa erano e sono degli intoccabili. Sicuramente il Milan non poteva rifiutarsi di giocare: ma dopo l'Heysel, il calcio ha bisogno anche di gesti clamorosi, di sensibilità più spessa per non continuare ad alimentare lo stillicidio di violenza che pervade gli stadi di tutto il mondo, a cominciare dai nostri. Invece chi prova ad andare controcorrente, e ce n'è gente che lo fa (Sacchi, per dirne uno, quando ha detto di voler fermare il campionato di fronte all'infamia degli striscioni), viene preso per un folle, un originale. Così deve sembrare una persona come Otello Lorentini, un rompiscatole. Il quale fa sapere che probabilmente i familiari delle vittime dell'Heysel non potranno sostenere la causa civile. I milioni che servirebbero non ci sono. Fonte: La Repubblica © 6 marzo 1990  Icone: Pngegg.com ©

 
 

"Non giocate all'Heysel"

di Vittorio Zambardino

ANGHIARI - L'intervento più duro è stato quello dei familiari delle vittime dell'Heysel. Hanno scelto di non parlare al convegno di Anghiari organizzato da Crescere giocando (una fondazione culturale per un calcio più civile), hanno preso la strada della denuncia scritta: Siamo fortemente indignati per la concessione del nullaosta da parte dell'Uefa per giocare all'Heysel la partita fra il Milan e il Malines di Coppa dei Campioni. E' una totale mancanza di sensibilità e di buongusto verso la memoria dei nostri morti. La concessione dello stadio coincide con l'inizio a Bruxelles del processo di appello per la strage. Per questo procedimento l'Associazione è costretta ad andare avanti da sola e senza l'aiuto di nessuno, sobbarcandosi insopportabili spese, e senza una sola lira di risarcimento. Ma l'attacco più forte viene nella conclusione del documento: La Federcalcio e il Milan hanno avallato una scandalosa decisione giustificata, a nostro avviso, unicamente dalla cupidigia d'incassare qualche soldo in più. E il comunicato si chiude denunciando la latitanza delle autorità che lasciano correre. Mentre queste poche righe venivano distribuite Otello Lorentini e Piero Cioni, fondatori dell'Associazione famiglie delle vittime di Bruxelles, sedevano gomito a gomito a molti ultrà di diverse squadre di calcio. Nessun contrasto. Il problema del convegno sta proprio qui, come smontare pezzo per pezzo il calcio, rivisitandone gli aspetti violenti, e facendo compiere quest'operazione dai protagonisti. Ci sono state anche due interviste-confessione date a Gianni Minà da Ferruccio Valcareggi e Alfredo Di Stefano. "Nel '74 in Germania - dice l'ex Ct della Nazionale - quando c'era quel clima di discussioni continue avvertivo un forte senso di saturazione. Adesso penso che fosse una malattia del nostro calcio. Una cosa analoga la provai dopo la finale del Messico, nel '70: al primo giorno di vacanza a Viareggio, esco a fare una passeggiata e m'insultano fin quando non vado a chiudermi in casa. Credo che questi siano sintomi di violenza chiari che hanno poi fatto molta strada". Poi parla Alfredo Di Stefano: "Io credo che ci sia una violenza innata nel calcio che va limitata. Il giocatore non vuol perdere, l'allenatore non vuol perdere. La stampa ricorda ai tifosi che quello stesso arbitro che va in campo oggi ci ha tolto un rigore quindici anni fa. E quando c'è il fischio d'inizio tutti sono già pronti per rompersi le ossa. Credo molto nella proposta fatta dal giudice inglese, dopo la strage di Sheffield: tutti i posti a sedere numerati. O si fa così o si chiude". Fonte: La Repubblica © 14 marzo 1990  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Con 14 hooligans

Oggi appello per la strage dell'Heysel

BRUXELLES - Si apre oggi al Palazzo di Giustizia di Bruxelles il processo di appello per la strage dello stadio di Heysel, in cui persero la vita 39 tifosi (32 gli italiani) il 29 maggio 1985. Il dramma avvenne poco prima dell'inizio della finale della Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool e fu provocato da una carica di teppisti britannici. Davanti alla corte compariranno 14 hooligans tifosi del Liverpool, nonché, fra gli altri, l'ex-segretario della Federcalcio belga Albert Roosens, il presidente della Uefa George e l'allora borgomastro di Bruxelles. Nel processo di primo grado, conclusosi il 28 aprile scorso, i 14 teppisti britannici furono condannati a tre anni metà dei quali con sospensione condizionale per cinque anni (il restante della pena è stato "depurato" dal periodo di carcerazione preventiva). Fonte: Stampa Sera © 12 marzo 1990  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Strage dell'Heysel il processo d'appello

BRUXELLES - Settecentotre vittime, non posso dimenticarlo: e tutto questo per una partita di calcio mal organizzata e mal controllata dalle forze dell'ordine. Sono le parole centrali della prima parte della requisitoria del pubblico ministero al processo d'appello per la strage dell'Heysel: una requisitoria che continuerà oggi. Ufficialmente è dedicata ai soli 14 imputati britannici, ma dal suo tono è lecito comprendere che le richieste saranno dure: non solo nei confronti degli hooligan, ma anche di organizzatori e responsabili dell'ordine. Il pubblico ministero, Oscar Vandemeulebroeke, ha cominciato proprio ricordando il bilancio di quella sera, il 29 maggio 1985. Settecentotre le vittime: 39 morti, 32 dei quali italiani, 42 che hanno subito una invalidità permanente di lavoro sia in seguito ad una malattia incurabile che alla perdita totale dell'uso di un organo, e 459 persone colpite da una incapacità parziale o temporanea di lavoro. Fonte: La Repubblica © 20 marzo 1990  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Il pubblico ministero al processo per l’Heysel

"I teppisti esaltati dai giocatori cattivi"

Il teppismo sugli spalti degli stadi nasce anche dai calci, dagli interventi fallosi, dagli isterismi dei calciatori in campo. Questa la tesi sostenuta dal pubblico ministero Oscar Vandemuelebroecke al processo d'appello per la tragedia dello stadio Heysel di Bruxelles. "Quando un episodio diventa criminale - ha affermato il pm - le autorità devono adottare misure sia preventive e anche, e necessario, repressive. E quindi, per gli episodi di violenza che accadono sui campi di gioco, non bisogna aver dubbi, non si può che essere decisi". La pubblica accusa aveva chiesto pene più pesanti per dieci dei quattordici tifosi inglesi condannati in prima istanza a tre anni di carcere, di cui un anno e mezzo con la condizionale, per il ruolo avuto nei disordini del 29 maggio 1985 prima dell’inizio della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool. Trentanove spettatori, di cui 32 italiani, morirono schiacciati dalla calca provocata dai teppisti. Per gli altri quattro imputati, gli unici presenti al processo, Vandemuelebroecke ha usato una mano più leggera, limitandosi a chiedere la conferma della pena inflitta a conclusione del primo processo. A Bramshill, intanto, nel locale college di Scotland Yard prosegue il corso di studio di un contingente di carabinieri italiani che dai colleghi inglesi stanno apprendendo tutte le tecniche usate dagli hooligan nei loro attacchi dentro e fuori gli stadi. Fonte: L’Unità © 21 marzo 1990 Icone: Pngegg.com ©

 
 

PROCESSO HEYSEL

Nel processo d'appello per la strage dell'85

Il sindaco non accetta critiche sull'impianto

BRUXELLES - "Le condizioni dello stadio di Heysel non hanno contribuito ad aggravare il bilancio degli incidenti" in cui, il 29 maggio 1985, morirono, sotto le cariche bestiali di teppisti britannici, trentanove spettatori, trentadue dei quali italiani, poco prima della finale della Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool. Lo ha sostenuto ieri il sindaco di Bruxelles, Hervé Brouhon, al processo di appello per la strage dello stadio di Heysel, iniziato il 12 marzo scorso nella capitale belga. Brouhonera stato assolto in prima istanza. Lo stadio di Heysel appartiene alla città di Bruxelles era stato assolto in prima istanza. Lo stadio di Heysel appartiene alla città di Bruxelles e Brouhon, come sindaco, è il responsabile della manutenzione dell'impianto. Per Brouhon, inoltre, "è escluso che il tipo di costruzione usata per il blocco Z (NdR: la curva dove morirono schiacciate e soffocate la maggior parte delle trentanove vittime) abbia contribuito ad aumentare il numero dei tifosi che persero la vita". La pubblica accusa ha sostenuto invece che il blocco Z si sgretolò sotto la pressione degli spettatori che vi si ammassavano contro per sfuggire alla furia dei teppisti britannici. La polizia, secondo il procuratore del re, raccolse allora varie decine di chili di pezzi di gradinata lanciati dai teppisti britannici contro gli spettatori che si trovavano nel blocco Z. Il processo d'appello, oltre al sindaco Brouhon, riguarda quattordici teppisti britannici, l'ex segretario della Federcalcio belga, Albert Roosen, il presidente e il segretario generale, il presidente e il segretario generale dell'UEFA, Jacques Georges e Hans, Jacques Georges e Hans Bangerter, e due ufficiali della gendarmeria belga. Il verdetto della corte d'appello di Bruxelles è atteso per il 23 maggio. Fonte: La Stampa © 19 aprile 1990  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Heysel

Per 11 tifosi pene più severe

BRUXELLES - Undici dei quattordici tifosi inglesi, condannati l'anno scorso a tre anni di prigione per i tragici incidenti del 1985 allo stadio Heysel, si sono visti inasprire la sentenza in appello. La corte d'Appello di Bruxelles ha prosciolto uno degli imputati, ha confermato la sentenza a tre anni per due di loro ma l'ha aumentata a 5 per gli altri undici. E' stata disposta, inoltre, la sospensione delle condanne a tre anni. Erano stati riconosciuti colpevoli di omicidio preterintenzionale per i disordini del 29 maggio del 1985 durante la finale della Coppa dei Campioni tra il Liverpool e la Juventus, che causarono la morte di 39 spettatori, la maggior parte italiani, e centinaia di feriti. In seguito agli incidenti le squadre di club inglesi sono state bandite dalle tre coppe europee. Il divieto non riguarda invece la nazionale che può competere nei campionati europei e nella coppa del mondo. (Agi-Ap)  Fonte:  La Stampa © 27 giugno 1990  Icone: Pngegg.com ©

 
 

Familiari vittime Heysel

"Niente violenza, per carità"

"Ho sperato fino all'ultimo che gli inglesi non ce la facessero a superare il turno. Ora non resta che augurarsi che durante l'incontro tra Inghilterra e Germania non succedano incidenti. Ho sofferto troppo e non auguro a nessuno di dover avere un figlio o un marito ucciso in uno stadio". La signora Carolina Bandiera vive le sue giornate nel ricordo della terribile serata all'Heysel di cinque anni fa che costò la vita a 39 tifosi juventini. Suo marito, Giovacchino Landini, 49 anni, finì schiacciato come molti altri nella calca. "Non ho alcun rancore, così come d'altronde tutti gli altri famigliari che hanno dato vita al "Comitato parenti delle vittime dell'Heysel" l'associazione costituitasi parte civile nel processo di Bruxelles. Non è con la violenza che si combatte la violenza e quindi mi auguro che gli hooligans vengano ignorati da tutti i torinesi. Niente rancori, ma la polizia deve tenerli costantemente sotto controllo. Non bisogna assolutamente dare loro la possibilità di comportarsi da vandali quali sono". Anche il presidente del "Comitato", Otello Lorentini che a Bruxelles ha perso il figlio Roberto di 31 anni, è d'accordo: "Gli hooligans quando vengono ignorati sono innocui. Soltanto se istigati diventano pericolosi". Fonte: Stampa Sera © 2 luglio 1990  Icone: Pngegg.com ©

 
 

A 5 anni dall'Heysel l'Uefa riammette due club (Manchester U. e Aston Villa) senza restrizioni per i tifosi

Perdonata l'Inghilterra, non il Liverpool

Matarrese: ma i familiari delle vittime sapranno capire ?

di Giorgio Gandolfi

(GINEVRA) DAL NOSTRO INVIATO - L'Inghilterra non è più un'isola calcistica, da ieri fa ancora parte dell'Europa. Cinque anni dopo la strage dell'Heysel, l'Uefa ha cercato di dimenticare (ma non potrà mai cancellarli) i 39 morti di Bruxelles e le responsabilità degli hooligans. Ha annullato una parte della squalifica inflitta dall'allora presidente Uefa, Georges, quando nel giugno dell'85 a Basilea promulgò il bando d'interdizione degli inglesi. Ora due società sono state riammesse nelle Coppe, Manchester United e Aston Villa; il Liverpool resta in castigo per via dei 3 anni da scontare ma è probabile che già nel luglio del '91 si torni a parlare del suo reinserimento, così come avverrà anche per gli olandesi dell'Ajax tuttora fuori, dunque, dal grande giro. Col Manchester United in Coppa delle Coppe, considerato che Juventus e Sampdoria sono teste di serie, oggi a mezzogiorno dal sorteggio all'Hilton potrebbe saltare fuori un accoppiamento fra i bianconeri o i blucerchiati col club inglese. E' augurabile di no, almeno all'inizio ma tutto è possibile. "Il calcio - ha commentato il presidente della Federcalcio, Matarrese, uno dei 4 vice dell'esecutivo Uefa presieduto dallo svedese Johansson - è condannato ad andare avanti. Dobbiamo guardare avanti. Non abbiamo dimenticato i nostri morti, ma siamo stati esortati a dare il nostro contributo per una ricomposizione del movimento calcistico. Anch'io ho vissuto quella tremenda giornata e non potrò sicuramente dimenticarla ma ho dovuto accettare questa decisione. Speriamo che anche i famigliari delle vittime sappiano accettare questo provvedimento. Noi avremmo voluto che la cosa slittasse ancora per un anno ma stamane c'è stato un incontro dell'Esecutivo col ministro inglese dello Sport, Moynihan, il quale ha assicurato le massime garanzie da parte del Governo qualora i club inglesi tornino a competere col resto d'Europa". Il rappresentante della Thatcher ha ricordato il buon comportamento su quasi tutti i fronti dei tifosi inglesi durante l'ultimo mondiale e lo stesso Matarrese ha convenuto che "a Bari, dopo la finale del 3° posto, c'è stato un abbraccio generale coi giocatori inglesi".

Quindi ha aggiunto: "Anche i loro tifosi si sono comportati bene per cui abbiamo finito per dare la nostra adesione". Matarrese era in una posizione molto delicata, a mezza via fra il suo ruolo politico e i sentimenti dei famigliari delle vittime che avrebbero voluto interdetti per sempre gli inglesi dalle competizioni sul continente. Lo stesso presidente della Federcalcio inglese, Millichip, aveva presentato un rapporto contenente le norme restrittive cui si sarebbero assoggettati i club in caso di una risposta positiva dell'Uefa. E cioè il divieto di portarsi dietro tifosi sul continente e soprattutto di vendere i biglietti delle competizioni in Inghilterra. L'Esecutivo ha dato atto alla Federazione della sua buona volontà ma ha respinto questa ipotesi affermando che le condizioni di partecipazione devono essere uguali per tutti ma chiedendo che i club si assumano le spese per eventuali operazioni di polizia". Dal quadro generale delle Coppe, dunque, mancano ora soltanto tre società e cioè Ajax (Olanda) e Liverpool (Inghilterra) escluse dalla Coppa dei campioni nonché l'Hajduk Spalato, finalista della Coppa di Jugoslavia ma impossibilitata a partecipare alla Coppa delle Coppe in quanto squalificata per due anni dopo i gravi incidenti di Zagabria. Col ritorno degli inglesi, la Scozia ha visto annullata la possibilità della partecipazione di una sua rappresentante in più, il Celtic, nella Coppa Uefa. Da notare che l'organismo europeo ha anche dato mandato ad un noto legale di fare ricorso presso la magistratura belga contro l'incriminazione a carico dell'ex presidente Georges e del segretario, considerati corresponsabili degli incidenti avvenuti all'Heysel. Fonte: La Stampa © 11 luglio 1990  Icone: Pngegg.com ©

 
ARTICOLI STAMPA PROCESSO HEYSEL 1991
 
 

Sentenza d'appello per i morti allo stadio di Juve-Liverpool

Heysel, altro scandalo

Un piccolo risarcimento, 6 anni dopo la tragedia dell'Heysel, lo stadio di Bruxelles dove morirono 32 tifosi della Juventus travolti dagli "hooligans" del Liverpool, continua, dopo quasi 6 anni, a sconvolgere la vita dei familiari delle vittime. La notizia che la Corte di appello di Bruxelles ha quantificato in complessivi 80 milioni di franchi (meno di tre miliardi di lire) l'ammontare del risarcimento che l'Uefa e la Federazione calcio belga dovranno sborsare, li ha amareggiati. Nessuno dei familiari di Domenico Russo e Giovacchino Landini, il primo di Moncalieri, il secondo di Torino, si lamenta però, dell'esiguità del risarcimento. Ciò che maggiormente li infastidisce è l'indifferenza seguita ai primi momenti in cui tutti sembravano fare a gara nell'interessarsi di loro e dei loro problemi. "Certo, sono con un bambino da crescere e senza lavoro fisso - dice Tiziana Fecchio, 30 anni, moglie di Domenico Russo che faceva l'elettricista - ma non so, perché a Bruxelles non sono potuta andare, quanto mi toccherà". Forse per pudore, lei che quando il marito morì era incinta di 7 mesi, non dice che, per tirare avanti, va a lavorare ad ore in una casa privata. Aveva tentato, in passato, con la sorella Mara di 35 anni, separata e madre di una bambina e con la quale divide la casa, di gestire un negozio di alimentari, ma dovettero chiudere. Il bambino - si chiama Domenico come il papà - ha concentrato nella madre tutto il suo affetto ed è impossibile per la donna stare troppo lontano da lui. E' seccata e amareggiata anche Carola Bandiera, la moglie di Giovacchino Landini, che quando morì aveva 50 anni e la lasciò sola con due figli 15 e 22 anni da accudire.

"Ho dovuto abbandonare la trattoria che avevamo in via Spotorno e mio figlio sta facendo il militare - dice - ma del risarcimento, in fondo, non m'importa molto. Tutti si sono dimenticati presto di noi". A concretizzare in argomenti l'amarezza delle due donne ci pensa Otello Lorentini, aretino e presidente del comitato delle vittime dell'Heysel che ha seguito e curato, a nome di tutti, la vertenza legale. "Il processo penale di appello - dice - si svolse nel giugno scorso ma, complici i Mondiali, nessun giornale diede la notizia che avevamo ottenuto la condanna anche dell'Uefa, assolta in primo grado. La causa del risarcimento, invece, venne posticipata alla scorsa settimana. Al di là dell'esiguità della cifra che ci dovranno versare, ciò che scandalizza è che i giudici ci hanno dato dei "truffatori". Per quantificare il danno si sono infatti basati sulle dichiarazioni dei redditi presentate dalle vittime nell'84 e non su quelle dell'85, come chiedevamo noi, perché, secondo loro, potevano essere state "gonfiate". Anche chi, nei fatti dell'Heysel, non ha perso la vita, ma ha riportato danni permanenti, non ha di che gioire. A Carlo Duchene, ad esempio, che sopravvisse solo grazie a un delicato intervento chirurgico alla testa, un paio di anni fa l'Inps tolse la pensione d'invalidità. "Ho la mano destra paralizzata - racconta Duchene che, almeno fino a qualche tempo fa, faceva il parrucchiere - ma il medico alla visita di controllo mi abbassò il "punteggio" di quel tanto da essere privato della pensione". B. MIN. Fonte: La Stampa © 24 gennaio 1991 Fotografia: GETTY IMAGES © (Not for commercial use) Icone: Pngegg.com ©

 
 

Sentenza Heysel

Elemosina ai parenti dei morti

Oltre cinque anni e mezzo di attesa e ieri i familiari delle vittime dell'Heysel hanno ricevuto la notizia che non ha certo alleviato il loro dolore: riceveranno, complessivamente, un risarcimento di ottanta milioni di franchi belgi, qualcosa come tre miliardi di lire. Lo ha stabilito la Corte d'Appello di Bruxelles. La richiesta della parte civile era stata di cinquecento milioni di franchi, diciannove miliardi di lire. Toccherà all'Uefa e alla federazione calcistica belga pagare, giacché il 26 giugno del 1990 il segretario generale dell'Uefa, Hans Bangerter, e il presidente dell'Unione calcio belga, Albert Roosens, furono giudicati, in prima istanza, responsabili della tragedia. Ma l'attesa dei familiari non può dirsi conclusa. Uefa e federazione belga potrebbero ricorrere in Cassazione contro la sentenza della corte d'appello, ritardando non si sa di quanto ancora il risarcimento. Nella notte del 29 maggio del 1985, nello stadio di Bruxelles che doveva essere "teatro" di un grande spettacolo sportivo, la finale di Coppa Campioni tra la Juventus e il Liverpool, morirono a causa della furia degli hooligans trentanove persone, trentadue delle quali italiane. La corte d'appello di Bruxelles nella sua decisione ha dunque quantificato in una cifra irrisoria il valore di una vita umana troncata (poco meno di ottanta milioni per ognuna delle vittime, se il risarcimento considerasse soltanto i morti, ma nel conto sono compresi anche gli invalidi). Nel ricco mondo del calcio un giocatore di tornei interregionali ha quotazioni ben più alte. Il processo per i fatti dell'Heysel si iniziò a Bruxelles nell'aprile del 1988. Sul banco degli imputati non c'erano i trenta incriminati: ventisette hooligans inglesi e tre tifosi belgi. Tutti conosciuti, identificati, arrestati e poi rilasciati su cauzione (una cifra pari a quattro milioni di lire). Un avvio di processo senza protagonisti, annunciò che i tempi del dibattimento sarebbe stati assai lunghi. Fonte: La Stampa © 24 gennaio 1991 Icone: Pngegg.com ©

 
 

Confermate le condanne per la tragedia dell’Heysel

La corte di Cassazione belga ha respinto i ricorsi dell’Uefa e del suo ex segretario, lo svizzero Hans Bangerter, contro le condanne che avevano subito per la strage dell’Heysel. Confermate anche le condanne contro l’ex segretario della lega calcio belga, Albert Roosens e il responsabile del servizio d’ordine, il capitano della gendarmeria Mahieu. Con queste sentenze la cassazione ha chiuso definitivamente i procedimenti giudiziari per la tragedia dello stadio di Bruxelles avvenuta prima della finale di Coppa dei Campioni tra la Juventus e il Liverpool del 29 maggio 1985, dove morirono 39 tifosi dei quali 34 italiani. Fonte: L’Unità © 17 ottobre 1991  Icone: Pngegg.com ©

 
 

E il Belgio paga per l’Heysel e le sue vittime oltre 7 miliardi

Il ministero degli interni belga ha reso noto che saranno indennizzate le famiglie delle vittime (39 morti di cui 32 italiani) e coloro che hanno riportato danni per la strage dello stadio di Heysel, a Bruxelles, il 29 maggio 1985. I risarcimenti saranno versati già nelle prossime settimane. Il totale degli indennizzi è più di 7 miliardi di lire. Fonte: L’Unità © 10 dicembre 1991 Icone: Pngegg.com ©

 
ARTICOLI STAMPA PROCESSO HEYSEL 1992
 
 

Vicenda Heysel

"Tassato persino il dolore"

AREZZO - "E' stata fatta giustizia e quindi il nostro compito adesso è terminato. Ma quello che abbiamo perduto non potrà mai esserci restituito". Con queste parole Otello Lorentini ha annunciato lo scioglimento del comitato dei parenti delle vittime dell'Heysel, di cui è stato presidente per sette anni. Lo scioglimento segue il pagamento degli indennizzi ai familiari ordinato dal tribunale di Bruxelles che ha ritenuto l'Uefa, lo Stato e la federazione calcistica belga "corresponsabili per carenze organizzative" della tragedia avvenuta il 29 maggio 1985 nello stadio della capitale belga. Quella notte persero la vita 39 persone, 32 delle quali italiane, presenti all'Heysel per assistere alla finale di Coppa dei Campioni fra la Juventus e il Liverpool. Una vicenda lunga e dolorosa, conclusasi con i risarcimenti alle famiglie ma anche con una severa e addolorata critica al fisco italiano che, in base ai recenti provvedimenti sui depositi bancari, ha applicato sugli indennizzi ottenuti una tassa complessiva di oltre otto milioni. "Ci hanno imposto anche una tassa sul dolore" ha commentato Lorentini con molta amarezza. La complessa e delicata lunga battaglia legale è arrivata a conclusione solo domenica, quando Lorentini, nel corso di una breve cerimonia a cui hanno partecipato tutte le 25 famiglie che avevano fondato il comitato, ha consegnato gli indennizzi alle 95 persone che si erano costituite parte civile. I risarcimenti, calcolati in base ai parametri di reddito, oscillano fra i 7 e i 500 milioni di lire, ed hanno dato luogo anche ad alcuni casi definiti "moralmente discutibili". La morte di alcuni giovani studenti, per esempio, è stata "valutata" secondo il minimo consentito dalla legge belga, circa 7 milioni di lire, in quanto i ragazzi sono stati ritenuti "non produttori di reddito". "Al di là dell'esiguità delle cifre ha detto Lorentini devo ringraziare gli avvocati che ci hanno assistito in questi anni. Per merito loro abbiamo ottenuto una sentenza che sta già facendo giurisprudenza". R. S. Fonte: La Stampa © 29 settembre 1992 Fotografia: GETTY IMAGES © (Not for commercial use) Icone: Pngegg.com ©

 
 

Vittime dell'Heysel, sciolto il comitato

AREZZO - "E' stata fatta giustizia, il nostro compito è terminato. Ma quello che abbiamo perduto non potrà mai esserci restituito". Con queste parole Otello Lorentini ha sciolto il comitato dei parenti delle vittime dell'Heysel, lo stadio di Bruxelles dove il 29 maggio del 1985 morirono 39 persone. Nelle settimane scorse lo Stato e la federazione calcistica del Belgio, oltre all'Uefa - ritenuti responsabili di gravi carenze organizzative - hanno pagato gli indennizzi. "La sentenza che ci riguarda sta già facendo giurisprudenza" ha detto Lorentini, che ha ringraziato gli avvocati dell'Associazione. Purtroppo non sono mancate le storture e qualche aberrazione. I giovani non lavoratori sono stati "valutati", in sede di indennizzo, solo sette milioni, perché "non produttori di reddito". E lo Stato italiano ha tassato le somme corrisposte sulla base della nuova legge sui depositi bancari per una cifra complessiva superiore agli otto milioni. "Ci hanno imposto anche la tassa sul dolore" ha commentato Lorentini. Fonte: La Repubblica © 29 settembre 1992 Fotografia: GETTY IMAGES © (Not for commercial use) Audio: Francesco Caremani © Icone: Pngegg.com © Grafica Logo: Gianni Valle (Studio Charivari grafica design) ©

 

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