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ARTICOLO 27-05-2020
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Tirreno.gelocal.it 27.05.2020
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Heysel, l’avvocato Claudio Pasqualin:

"Per i familiari delle vittime risarcimenti che sono briciole"

di Antonio Simeoli

Il "re del calciomercato" rivive le tormentate fasi del procedimento giudiziario: "Ricordo i volti degli hooligans imputati e il loro sguardo perso nel vuoto".

Alessandro Del Piero quel 29 maggio 1985 non aveva nemmeno 11 anni, 12 anni dopo avrebbe alzato a Roma la Coppa dei Campioni, quella "vera" per la Juventus. Claudio Pasqualin, avvocato vicentino di origini friulane, è stato il celebre procuratore di Del Piero. Prima di diventare re del calciomercato fu uno dei legali italiani che seguirono il processo che cercò di trovare dei colpevoli alla tragedia dell’Heysel. Assisteva per la parte civile la moglie di Nisio Fabbro, una delle 39 vittime. "Fu una disgrazia immane e alla fine i familiari delle vittime ebbero solo briciole - ricorda - È vero, la perdita di una persona cara non potrò mai avere prezzo, ma quello che accadde negli anni successivi a Bruxelles, nell’interminabile coda giudiziaria della tragedia, per quei familiari, se possibile, aggiunse dolore al dolore. Il "re del calciomercato" allora aveva 45 anni, cominciò a seguire le vicende processuali dell’Heysel mettendosi innanzi tutto in contatto e lavorando in sinergia con l’Associazione familiari delle vittime che nel frattempo Otello Lorentini ad Arezzo aveva costituito. "Ricordo quando arrivai per la prima volta all’aeroporto di Bruxelles per l’udienza inaugurale. Presi un taxi diretto al palazzo di giustizia. Il taxista dallo specchietto mi squadrava, a un certo punto mi chiese cosa andassi a fare al Palazzo di giustizia, io nominai la parola Heysel e notai subito sul suo volto una sincera commozione. Corse ad aprirmi la porta, non volle un franco, e mi batté più volte la mano sulla spalla: "Courage". "Ce ne volle in quelle interminabili udienze. Degli hooligans protagonisti dell’orda, solo 26 vennero portati davanti a un giudice". Qui il ricordo di Pasqualin è nitido: "Quei ragazzi avevano sguardi persi nel vuoto, mentre il magistrato leggeva i loro nomi e cognomi e accanto pronunciava per tutti due parole: "Sans occupation". Molti di loro riuscimmo a inchiodarli alle loro responsabilità guardando e riguardando i fotogrammi delle immagini tv. Non c’erano le tecnologie di adesso, fu un’impresa titanica perché c’erano 18 ore di immagini da scandagliare". Trentacinque anni dopo nel legale vicentino la ferita è ancora aperta. "Ne ho avuto modo di parlare in questi anni diverse volte con l’amico Bruno Pizzul, che quel giorno fece la telecronaca della partita per la Rai: si tratta di una immane tragedia che ha cambiato la storia delle competizioni sportive". Poi quella battuta tranciante sui risarcimenti alle vittime. Che ripete e ripete: "Briciole, alle famiglie diedero le briciole". E quelle briciole, va detto arrivarono, grazie soprattutto alla tenacia del toscano Lorentini. Da qualche anno non c’è più. Ma è stato il motore per la ricerca della giustizia. A Bruxelles, assieme al figlio Roberto, subito si salvò dalla morte riuscendo a scappare sul campo di gioco. Il figlio, però, giovane medico tornò indietro in quella carneficina per cercare di salvare un bambino e fu travolto da una seconda ondata di folla spinta dagli hooligans. Ha ricevuto per questo una medaglia d’argento al valor civile. Ma la legge belga, in un primo momento fu clemente per gli inglesi e soprattutto per Federcalcio locale e Uefa. Nel marzo 1989 in primo grado solo 13 hooligans vennero condannati a una pena mite di tre anni con la condizionale. Lievi le condanne per il capo della Federcalcio belga e per i responsabili delle forze dell’ordine, praticamente inesistenti la sera di 1985 allo stadio. L’appello, un anno dopo, almeno inchiodò l’Uefa alle proprie responsabilità. E le briciole ? Per le 39 vittime, 32 italiane, e i quasi 600 feriti, trecento dei quali in modo serio, furono decisi indennizzi da 4 a 400 milioni di lire (da 2.065 a 206 mila euro) a seconda del reddito ripartiti tra Stato, federazione belga e Uefa. Ma molti di quei soldi o non arrivarono davvero oppure servirono a malapena per pagare le spese legali. E a ogni anniversario spuntano in giro per l’Italia una vedova, un figlio, un parente che reclamano ancora quei denari. Se la Fiat, ad esempio, per ciascuna vittima stanziò 100 milioni di lire (52 mila euro circa), dalla Federcalcio italiana, invece, non arrivò alcun contributo. Il Governo del calcio condannato pur solo per il reato di omessa prevenzione ? Reagì con sdegno. Lennard Johannson, svedese, numero uno del calcio europeo, si disse addirittura "sorpreso e indignato". Le squadre inglesi furono squalificate dalle coppe europee per cinque anni, il Liverpool per sei. "È un verdetto che tende a considerare l’Uefa responsabile della sicurezza dei giocatori e degli spettatori per tutte le partite giocate in Europa, il che significa oltre 500 gare all’anno distribuite in una trentina di Paesi, scaricando gli organizzatori locali sportivi e politici, di tutte le responsabilità in materia di sicurezza", disse. E definì la sentenza "incoraggiamento alla passività per le organizzazioni locali". Nemmeno i risarcimenti per le spese mediche in Belgio arrivarono per i feriti. Le autorità sanitarie del regno chiedevano le ricevute. "Briciole dopo una tragedia immane", ripete Pasqualin. Briciole e pure meschinità. Poi l’ultimo ricordo: "Dopo un’udienza tornai all’aeroporto, riconobbi uno degli hooligans. Lo vidi passare accanto a un’edicola dove c’erano le foto in prima pagina degli imputati. Diede una distratta occhiata e tirò dritto. Con lo sguardo vuoto". Di chi aveva pensato di averla fatta franca. Fonte: Tirreno.gelocal.it © 27 maggio 2020 Fotografie: Urban.brussels/fr © Vvox.it

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